Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 25 Giugno, 2024
Nome: 
Marco Furfaro

A.C. 433-A

Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, sono stato eletto in una terra che ha fatto della cura degli altri la sua cifra sociale e politica: la Toscana. In un collegio che ha dato i natali a un prete di periferia che ha fatto dell'emancipazione degli altri e dei più fragili la sua missione di vita: don Lorenzo Milani. Don Milani era solito ripetere una frase “I care”. Significa “me ne importa”, “mi sta a cuore” ed è esattamente il contrario del motto fascista “me ne frego”. Mi sta a cuore, ci sta a cuore. Dovremmo ripartire proprio da qui se vogliamo riattivare quella speranza persa in tanti cittadini che hanno difficoltà con la propria vita e non trovano risposte dalla politica. Viviamo un tempo in cui le persone sono disilluse, rassegnate e non credono più che la politica possa cambiare la propria vita e combattere le ingiustizie.

Una di queste ingiustizie è sicuramente quella che subiscono ogni giorno le persone senza dimore. Una condizione di invisibilità che rende gli esseri umani vite di scarto, così li chiamava Bauman. Sì, perché i senza dimora non solo soffrono la mancanza di un tetto, di una casa propria in cui vivere, ma la loro condizione diventa per uno Stato disattento il motivo per la perdita di ulteriori diritti. Pensate, un paradosso insopportabile, in contrasto con la Costituzione, ma soprattutto con la dignità umana.

Infatti, senza dimora, una volta in strada, in macchina, sotto un ponte o da amici, purtroppo, perdono la residenza, facendo venir meno così una serie di diritti, tra cui il diritto alla salute. Questo perché la cancellazione della residenza comporta il venir meno dell'assistenza sanitaria del medico di base e per curarsi, in questo caso, possono ricorrere solo al pronto soccorso.

Questa proposta di legge, a mia prima firma, del Partito Democratico, la proposta dell'onorevole Sportiello, nasce proprio da qua, dall'esigenza di sanare questa ingiustizia e sanarla restituendo a tante persone quanto è stato loro ingiustamente tolto da una stortura. Il diritto di accedere pienamente a ciò che più oggi ci rende degni dell'aggettivo “civili”: il sistema sanitario pubblico e gratuito. Quel sistema che non dovrebbe lasciare indietro nessuno, che dovrebbe riservare cura e assistenza a tutte e a tutti, senza distinzioni di nessun genere. Perché, lasciatemelo dire: è da come un Paese tratta la cura delle persone che si valuta il suo livello di civiltà.

Siamo abituati a pensare ai senza dimora come persone che vivono sotto un ponte o su un giaciglio delle nostre stazioni. Certo, sono molti quelli che, non arrivando più a fine mese, o che perdono il lavoro, diventano così poveri da non permettersi più di pagare un affitto o un mutuo e finiscono per perdere la propria casa e sono costretti a vivere in strada.

Ma nel tempo, in questi anni, purtroppo, questo fenomeno si è ampliato a decine di migliaia di persone: padri e madri di famiglia che si separano e finiscono a vivere in macchina, donne, le donne vittime di violenza che magari scappano dal marito, dalla propria violenza domestica e si rifugiano a casa di un amico, pensionati che non riescono più a pagare l'affitto, lavoratori licenziati e incapaci di ritrovare un lavoro. Inoltre, i loro bambini - pensate, persino i loro bambini che non hanno certo alcuna colpa - perdono anche il diritto ad avere un pediatra. Una struttura normativa in contrasto con la nostra Costituzione: sì, perché i padri e le madri costituenti hanno usato l'aggettivo “fondamentale” solo una volta in tutto il dettato costituzionale e lo hanno usato per l'articolo 32 della Costituzione, che recita: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”. “Fondamentale”, per un motivo molto semplice: senza diritto alla salute, non c'è vita per avere altri diritti.

Il diritto alla salute è sancito dalla Costituzione, ma è lo Stato, è il Parlamento, è il Governo, siamo noi che dobbiamo garantirlo. Il dramma nel dramma è che la legge italiana collega una serie di diritti fondamentali al possesso di una residenza, non solo il medico di base. A chi non ha la residenza è impedito anche l'accesso al centro di salute mentale, ai SerT, al consultorio. Impedisce loro di vaccinarsi e di accedere alla medicina preventiva, avendo accesso solamente al pronto soccorso.

Quando una persona perde la residenza in questo Paese è come se scomparisse. L'Istat ci dice che nel nostro Paese ci sono circa 96.000 persone senza dimora, 65.000 maschi e 31.000 donne, il 62 per cento di nazionalità italiana, con un'età media di quarant'anni. Tuttavia, sono dati che prendono in considerazione quelle persone che hanno una residenza o sono in qualche modo iscritte all'anagrafe, anche con indirizzi magari fittizi attraverso enti, associazioni, comuni, che permettono loro di usufruire dei diritti di base.

Molti altri cittadini, tuttavia, sfuggono all'Anagrafe, diventando di fatto invisibili alla società. È a loro che si rivolge questa nostra proposta di legge, che è arrivata sotto la spinta di tante associazioni, laiche e cattoliche di volontariato. Vorrei ringraziare: in primis, Antonio Mumolo, il presidente dell'Associazione Avvocato di strada, che tanto si è battuto per arrivare fino a qui. Poi, Alleanza contro la Povertà, Caritas, CNCA, la Comunità di Sant'Egidio, la Comunità Papa Giovanni XXII, Cittadinanzattiva, Emergency, fio.PSD e non solo.

In alcune regioni - Emilia-Romagna, Puglia, Abruzzo, Liguria e Marche - si sono approvate leggi all'unanimità di forze politiche di centrodestra e di centrosinistra che assicurano il diritto all'assistenza sanitaria territoriale alle persone senza dimora. A maggior ragione, oggi ed ora, era diventata necessaria una legge a livello nazionale.

Tra l'altro, garantire l'accesso al medico di famiglia consente non solo un passo in avanti in termini di civiltà ma anche un rilevante risparmio economico per un sistema sanitario così in difficoltà. Basti pensare a quanto costi meno la prevenzione, il fatto che un medico di base costa allo Stato circa 80 euro l'anno mentre ogni entrata al pronto soccorso ne costa 250.

Quindi, non solo si farebbe, per queste persone, un atto di civiltà, ma ci sarebbe anche la possibilità di sbloccare i fondi da investire proprio nel sistema sanitario nazionale.

Sono cresciuto con un tetto sulla testa ma conosco la miseria, la paura e anche la povertà. Se ho avuto la fortuna di arrivare fino a dove sono adesso è anche grazie al fatto che, non solo la mia famiglia, ma anche e soprattutto lo Stato è riuscito a darmi fiducia, con un sistema di welfare che era fattivo e percepibile sulla pelle. Nel mio caso era una borsa di studio che mi ha permesso di laurearmi e non mi ha fatto sentire solo. Per molti, per troppi, oggi non è così. Anche per questo, c'è un grande astensionismo, non solo per i giovani che non vedono alcuna prospettiva ma, come abbiamo visto, in questo Paese per decine di migliaia di persone nemmeno il diritto alla salute è assicurato.

Non solo: ritrovarsi in strada oggi può essere la conseguenza di un semplice evento, di una concatenazione di situazioni sfavorevoli, a volte di imprevisti, di eventi inaspettati, la perdita del lavoro, una separazione, una malattia, una violenza di genere. La garanzia di un medico farebbe sentire queste persone di nuovo cittadini, parte sostanziale di una democrazia. Per altri sarebbe uno stimolo ad uscire dalla strada e, soprattutto, sancirebbe che la politica sa ancora a trovare gli strumenti per rendere il nostro Paese un posto più giusto e più solidale. Questo è il messaggio che daremo oggi approvando la legge. Dal 1° gennaio 2025 finalmente le persone senza dimora potranno iscriversi nei registri delle ASL e accedere al medico di base.

Avverrà dapprima in tutte le città metropolitane con l'aiuto e il coinvolgimento delle associazioni del Terzo settore, per poi ovviamente estendersi ovunque. Si doveva fare meglio? Sicuramente, ma confesso che poche volte nella mia vita mi sono sentito orgoglioso come oggi, perché oggi qui il Parlamento torna a dare il migliore degli esempi. Decine di migliaia di persone da domani non solo avranno pieno diritto alle cure, ma finalmente sapranno che lo Stato non le ha abbandonate. Sia beninteso: non stiamo dando diritti, li stiamo restituendo; il diritto alla salute e il diritto di emanciparsi da una condizione di fragilità per giocarsi la partita della vita, alla pari di tutti gli altri. Questo significa dare il diritto alle cure e togliere le persone dalla strada. Non è uno Stato che ti dà una pacca sulla spalla; è uno Stato che ti dice “io credo in te”. È uno Stato a cui non interessa da dove vieni, chi sei, chi ami e da quale famiglia provieni; è uno Stato che ti prende in considerazione e ti dice “ho cura di te”, perché l'unico interesse è avere il diritto - anche tu, anche tu che non stai bene - di essere felice.

Credo che dobbiamo esserne fieri come io lo sono oggi e come spero lo siate tutti voi, perché oggi la politica e questo Parlamento riescono a dare di sé l'immagine più bella, quella che cambia la vita delle persone in meglio. Per questo ringrazio davvero tutte e tutti voi per questo passo di civiltà che regaliamo al Paese.