A.C. 1691
La ringrazio, signora Presidente, saluto la Sottosegretaria e ringrazio anche il relatore per la compiuta e approfondita relazione relativa al provvedimento. Non posso, però, fare a meno, ovviamente, di fare alcune considerazioni che vanno anche oltre quello che è il testo di legge e le norme nel loro dettaglio, anche perché questo provvedimento arriva in Aula davvero dopo molti mesi dalla sua approvazione nell'Aula del Senato, come è stato ricordato, a gennaio di quest'anno.
Soprattutto ci arriva - è un disegno di legge, quindi non un decreto-legge - senza alcuna possibilità, per questa Camera, di modificare e di intervenire anche su quegli elementi che non condividiamo del testo che è stato approvato, in questo caso al Senato, magari correggendo, appunto, le storture e i limiti che, anche con i nostri emendamenti, abbiamo provato a segnalare.
Penso che - anche per chi ci ascolta all'esterno, oltre che, chiaramente, per noi deputati che, facendo parte della VII Commissione, abbiamo esaminato più da vicino e più direttamente questo provvedimento - una breve cronistoria di questo atto sia utile per ricostruire il contesto in cui esso è stato posto in essere. Il provvedimento è partito dal Senato, addirittura nello scorso autunno. Tra l'altro, era originariamente un provvedimento collegato al bilancio e molto più corposo, perché conteneva anche le norme in materia di valutazione di voto in condotta degli studenti; è stato poi rivisto, ridotto, spacchettato, diciamo, rispetto a quella che è la sua versione originaria. Da quel momento in poi - siamo alla fine di novembre del 2023 - inizia davvero un'accelerazione, una corsa senza sosta da parte del Governo per far arrivare il prima possibile questo provvedimento in Aula.
Addirittura, arriva con un'accelerazione che supera quasi in corsa il provvedimento stesso, proprio perché, contemporaneamente all'adozione e all'esame del disegno di legge, il Ministro Valditara, a dicembre del 2023, adotta un provvedimento di sua competenza, ministeriale, per avviare una sorta di - mi verrebbe da dire – sperimentazione della sperimentazione anticipata, rivolta alle scuole. Ciò, nonostante - questo voglio evidenziarlo - lo stesso massimo organo supremo della scuola, il Consiglio superiore della pubblica istruzione, avesse fatto dei rilievi pesanti rispetto a quel provvedimento. Rilievi pesanti, ma di merito, che chiedevano - ovviamente rispetto alla sperimentazione - una riflessione, magari supplementare, da parte del Ministro.
Invece il Ministro è andato avanti (eravamo alla metà di dicembre del 2023), caricando le scuole - rispetto all'avvio del nuovo anno scolastico, in vista del 2024, a gennaio che, tra l'altro, è un periodo molto complesso per le istituzioni scolastiche per la programmazione dell'anno successivo - di scadenze e di oneri in questo caso ulteriori.
Del resto, però, il fatto che il Governo abbia disatteso il parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione non ci stupisce. Non ci stupisce per quale motivo? Anche alla luce di quegli emendamenti che i colleghi della Lega hanno depositato rispetto all'esame del decreto Scuola, che erano stati annunciati, poi, nel testo originario di quel decreto, che vanno proprio ad intervenire a gamba tesa - mi si consenta - sulla composizione e sulle competenze del Consiglio superiore della pubblica istruzione, aumentandone i membri di nomina governativa a scapito, tra l'altro, di quelli eletti dal mondo della scuola. Le elezioni, tra l'altro, si sono svolte poche settimane fa e i risultati sono stati resi noti nei giorni scorsi. Quindi, si è intervenuti su quella composizione e sulle competenze; come se, ogni volta che si ha a che fare con un organismo indipendente e consultivo - in questo caso, qui stiamo parlando di scuola, ma il discorso e l'orizzonte si potrebbero allargare -, il Governo intervenisse per modificarne, ovviamente, i limiti e i compiti.
Badate, il Consiglio superiore della pubblica istruzione è sempre stato un organo di esame indipendente, ha fatto rilievi pesanti e di merito su ogni provvedimento adottato dai Governi, qualunque fosse il loro colore politico, ma mai nessuno, in questo caso - era successo anche per la precedente sperimentazione, proprio relativa all'istruzione tecnica, messa a punto dal Ministro Bianchi o dalla Ministra Fedeli – si è mai sognato, in quel momento, di intervenire per cambiarne le competenze o, in qualche modo, i compiti.
Noi riteniamo che questo sia un provvedimento e un atto molto grave, ci confronteremo ovviamente con un emendamento, in questo caso, rispetto all'esame successivo del decreto Scuola, che avverrà nei prossimi giorni.
Questo sembra un po' un clima generale - mi verrebbe da dire quasi da “controriforma”, in questo senso - che evidenzia che cosa? Evidenzia una volontà maldestra, ma comunque determinata, molto avanti, di condizionare gli organismi indipendenti e - tornando, in questo caso, al provvedimento oggi in quest'Aula - di disattendere quelli che sono stati elementi di merito, da trasferire, per esempio, nel testo del disegno di legge che stiamo esaminando, consentendo tra l'altro anche alle Commissioni di merito, a cominciare da quella del Senato, un esame più disteso del provvedimento. Invece c'è stato un contingentamento del numero di audizioni da poter effettuare, quindi di contributi che potevano arrivare anche dall'esterno rispetto a questo provvedimento.
Sarebbe stato utile, magari, promuovere una verifica delle sperimentazioni e dei dati delle sperimentazioni passate, che potevano e tuttora possono offrire - a nostro avviso - un'analisi complessiva e anche degli interventi mirati ed adeguati su questo tema.
Ciò sarebbe stato molto utile, e lo sarebbe stato, colleghi, anche alla luce dei dati di adesione alla sperimentazione, che sono stati resi noti all'inizio dell'anno da parte del Ministero: 171 istituti in tutta Italia hanno aderito alla sperimentazione della sperimentazione - dati poco confortanti, diciamo - a dimostrazione che si interviene gettando un carico di lavoro sulle scuole e anche in assenza di prospettive: non è solo una questione di lavoro delle scuole, ma di assenza di chiarezza di quelli che debbono essere gli obiettivi e i contenuti del progetto che si porta avanti.
Le stesse scuole non hanno la facilità o la possibilità di rendersi conto di cosa realmente sono chiamate a fare, anche perché c'è da evidenziare una cosa e cioè che, tra le regioni che hanno aderito, per esempio, hanno aderito, con un numero molto elevato, la Lombardia e la Puglia, regioni che già hanno progettualità molto avanzate, rispetto alla filiera tecnica e professionale e rispetto a sperimentazioni di questo tipo. Tuttavia, così si finisce sempre per intervenire su chi già è più avanti, mentre non si mette in campo nulla per chi, magari, è più indietro. Con questo disegno di legge, che, invece, è una sperimentazione generalizzata a cui si chiamano le scuole, ovviamente, si costringeranno anche quei territori che sono più indietro, in questo caso, senza prevedere degli strumenti per accompagnarli, di prendere parte alla sperimentazione stessa.
E, quindi, in questa lunga cronistoria iniziale, che ho sentito la necessità di fare, evidenziamo un termine: fretta. Vi è una grande fretta nell'esaminare il provvedimento, nell'approvarlo in Senato, nell'arrivare, addirittura, all'approvazione in Aula nel gennaio del 2023. Eppure, oggi - ce lo ricorda il calendario - siamo all'8 luglio e, quindi, visto che tanta fretta non era necessaria né motivata, forse avremmo potuto utilizzare questi mesi non solo per esaminare formalmente i tanti emendamenti che sono stati esaminati in Commissione, ma anche per entrare nel merito di quel provvedimento, per esaminarlo concretamente.
Voi avete dichiarato, tra l'altro, che questo provvedimento - ed è un intento meritevole - è una risposta importante alla dispersione scolastica, un modo per rendere la scuola più vicina ai sistemi europei. Eppure quelle discrepanze che ricordavo poco fa nel mio intervento restano tutte e questo provvedimento che, tra l'altro, è a invarianza di risorse finanziarie, non fa niente per colmarle e per accompagnare più semplicemente le scuole senza pressione, favorendo uno scambio di pratiche e di azioni comuni tra le scuole che sono più avanti e quelle che, invece, non lo sono.
Dovreste sapere anche voi che la fretta non è una buona consigliera e, soprattutto, ricordare cioè che le innovazioni - lo sappiamo tutti - possono far paura, spesso, in generale, sono modifiche sostanziali ad un quadro, ma funzionano. Questo è un dato di fatto e potrebbe valere anche rispetto all'esempio del liceo del made in Italy, su cui è stata messa in atto una riforma, che, a parole, è di grande e ampio respiro, ma le adesioni sono poche in tutta Italia proprio perché si va a compromettere, con poca chiarezza, il percorso del liceo economico e sociale.
Dal decreto Scuola e dagli emendamenti che sono presentati, abbiamo visto che si parla addirittura di derogare ai limiti delle adesioni per classe rispetto al percorso sperimentale, invece che affrontare in generale - come sarebbe giusto fare, anche in applicazione dei temi e segli effetti del dimensionamento scolastico -, il tema centrale e generale del numero minimo e massimo di alunni per classe (a livello generalizzato). Qui gli emendamenti, che sono stati presentati e su cui ci confronteremo, in realtà consentono una deroga per l'attivazione di quei percorsi di made in Italy - così l'abbiamo letto, del liceo del made in Italy - laddove non sia possibile raggiungere i numeri minimi e massimi; beh ci si mette una pezza, ci verrebbe da dire e, forse, di pezza in pezza non riusciamo ed il quadro si fa sempre più disarticolato.
Parlavo poco fa delle innovazioni. Ecco, ogni innovazione, in qualche modo, è figlia della tradizione - perché va a intervenire su quella, ma soprattutto - e qui faccio riferimento alla riduzione a 4 anni, come prevede questo provvedimento - non è di per sé, automaticamente, un'innovazione (il fatto di comprimere da 5 a 4 il percorso scolastico), non lo è, soprattutto se non è pensata e accompagnata. Da cosa? Innanzitutto da un'attività formativa, rivolta ai docenti, per affrontare il cambio della prospettiva curricolare e didattica con cui sono affrontate, in questi anni, queste sperimentazioni, tenendo conto - e ci tengo in questo caso a ribadirlo - dei frutti e degli esiti delle sperimentazioni passate, proprio per evidenziare che non c'è alcun atteggiamento pregiudiziale da parte nostra; anche i Governi a guida del Partito Democratico hanno avviato sperimentazioni da 5 a 4 anni.
Quelle sperimentazioni ci insegnano che, forse, sarebbe stato più positivo trarre elementi e magari fare una sperimentazione con i tempi e con le necessità che c'erano e venivano richiesti, accompagnandola con risorse adeguate, perché anche le risorse stanziate per i campus sono infrastrutturali, mentre, forse, in questo caso, servirebbero risorse di ben altro tipo per accompagnare le scuole e gli studenti verso un percorso di orientamento alla scelta del proprio percorso didattico.
Badate, ci tengo a evidenziare una cosa: noi rivendichiamo e riconosciamo il valore fondamentale e importante dell'istruzione tecnica e professionale in questo Paese e pensiamo anche che la stessa vada potenziata e valorizzata e che non si debba cadere nell'eterna contrapposizione - più a parole che nei fatti - tra licei e istruzione tecnica, soprattutto perché questa non può e non deve essere una seconda scelta, spesso condizionata da situazioni familiari o territoriali in cui gli studenti stessi si trovano. Ecco quello che sarebbe stato necessario.
A ciò va aggiunto un altro elemento. In questo testo, voi date un importanza - anche grazie al passaggio avvenuto al Senato - al ruolo delle regioni, al peso che le regioni hanno nella definizione di questi percorsi. Però, a nostro avviso, questo non può mai prescindere da un'ottica e da una visione nazionale, da linee guida di carattere nazionale che debbono essere attuate e adottate.
Infatti - e lo ricordo per l'ennesima volta -, di fronte a quelle disparità formative tra i territori, pensare che chi è più avanti possa continuare ad andare avanti per la sua strada, mentre chi è indietro - anche rispetto a una realtà produttiva di quei territori che è molto diversa, da territorio a territorio - resta indietro, rischia di inficiare e coinvolgere, sin dall'inizio, gli effetti di questa normativa.
Quindi le nostre perplessità sono relative alle modalità con cui questa sperimentazione sarà attuata, all'assenza di fondi, all'assenza di formazione del personale, a un coinvolgimento e una visione complessivi, magari anche di riordino generale complessivo dei cicli scolastici, che, forse, avrebbe una prospettiva e un respiro molto più ampio, a differenza della semplice compressione o riduzione da 5 a 4 anni del percorso scolastico.
Poi non possiamo fare a meno di evidenziare una cosa. Quello che è stato costruito è un quadro normativo confuso, di difficile lettura e di difficile chiarezza anche per chi, poi - le scuole in primo luogo -, verrà chiamato ad attuarlo e - non lo evidenziamo solo rispetto a questo provvedimento - di scarso e reale confronto con il mondo della scuola. In questo momento, ci sono provvedimenti che, a cascata, stanno riguardando la scuola: ho citato il decreto-legge sulla scuola, ma potrei parlare del provvedimento che è all'esame della Commissione e che riguarda la valutazione degli studenti e la riforma, per esempio - la controriforma mi verrebbe da dire - della valutazione degli studenti alla scuola primaria, anche qui fatta senza tenere conto in alcun modo del grande lavoro, della grande sfida che le scuole avevano accettato e che le scuole, le famiglie e gli studenti avevano colto e fatto propria, nel momento in cui si interveniva e si interviene su una valutazione che non vuole essere solo un una fotografia della situazione attuale degli studenti, ma un modo per incoraggiare una crescita, un apprendimento migliore, il superamento dei limiti di cui la scuola deve farsi carico e di cui deve rendere partecipe anche le famiglie, vista l'età degli studenti, dei bambini e delle bambine che sono coinvolti.
Quindi, anche in questo caso, è mancato e manca un reale clima di confronto in un quadro generale, tra l'altro, in cui si sta iniziando e si annuncia la riforma delle linee guida relative al curriculum e alle indicazioni nazionali. So che il Ministero, in questo momento, sta compiendo una serie di confronti, di attività di ascolto rispetto a tante realtà del mondo scolastico.
Ma quell'ascolto, per non ridursi semplicemente ad una pratica che deve essere sbrigata e messa da parte, lo si sarebbe dovuto fare all'inizio, capendo effettivamente che niente è immutabile, tutto può essere rivisto, migliorato e perfezionato, ma se c'è un reale confronto dal basso.
L'innovazione è efficace e ha un effettivo successo solo se parte dal basso, se è sentita e condivisa, anche dal basso, nei suoi obiettivi, nelle sue necessità e, soprattutto, nell'orizzonte che essa intende perseguire.
In questo momento, tra l'altro, sono tanti i provvedimenti che si stanno attuando e che si dovranno attuare: è stata ricordata la riforma dell'istruzione tecnica; più in generale, questa “sperimentazione delle sperimentazioni”, mi verrebbe da chiamarla in questo senso; il made in Italy.
Voi state caricando gli ITS, che man mano stanno cadendo a terra, rispetto a quella che era la legge del 2022 che li ha disciplinati. Voi state caricando la scuola di una serie di provvedimenti, di scadenze e di obiettivi che rischiano, appunto, di soffocarla e di schiacciarla, e di mancanza di orizzonte che, invece, ci sarebbe dovuto essere. Allora perché, in questi mesi che sono andati dal 31 gennaio all'8 luglio, non abbiamo colto alcuni dei punti che il Consiglio superiore della pubblica istruzione prima e noi stessi poi avevamo evidenziato rispetto a questa riforma? Del resto, può partire la sperimentazione, grazie al decreto ministeriale che è stato adottato nel dicembre scorso.
Forse, se questo provvedimento avesse affrontato, anche in questo passaggio parlamentare, quegli elementi che da tutte le forze di opposizione sono stati fatti propri, avrebbe avuto un effetto migliorativo e, forse, avrebbe avuto quell'effetto concreto di contrasto alla dispersione scolastica che, a parole, il Governo intendeva portare avanti e realizzare.
Guardate, mi avvio alla conclusione. Penso che ci sia un elemento che lega questa riforma ad un'altra legge che è stata approvata, poche settimane fa, quasi all'alba, in quest'Aula: si chiama autonomia differenziata. Perché, nel momento in cui si certifica un ruolo rilevante e quasi esclusivo delle regioni nella definizione degli accordi - regioni che sono molto diverse l'una dall'altra, con contesti didattici e produttivi molto diversi gli uni dagli altri - beh, sembra quasi un anticipo di quella istruzione a più velocità, di quella regionalizzazione delle norme generali in materia di istruzione che la legge Calderoli ha previsto nel suo cronoprogramma.
Si fa riferimento ai LEP, ma non è questo che ci rassicura rispetto al rischio che si andrà a correre. Quello spezzettamento di competenze che rischia di creare tante scuole diverse per ognuna delle regioni del nostro Paese. Anche su quel provvedimento, purtroppo, in quest'Aula, abbiamo assistito ad una corsa senza sosta a tappe forzate; ad un baratto tra forze di maggioranza su quelli che erano gli obiettivi - premierato contro autonomia differenziata - fino alla seduta fiume del giugno scorso.
Ebbene, innanzi a queste scelte, noi cercheremo e continueremo con determinazione a portare avanti un richiamo alla necessità di ascolto e di confronto reale e di merito sui temi rispetto a quello che deve essere un investimento imprescindibile e necessario sull'istruzione pubblica di qualità su scala nazionale, che sia attenta all'autonomia scolastica - su cui, devo dire, anche il Ministro Valditara mi sembra avere qualche problema rispetto alla sua reale e concreta attuazione -, ma che sia, allo stesso tempo, fortemente nazionale. Un'istruzione pubblica pensata non solo per formare i futuri lavoratori: perché è ovvio che la scuola deve dare anche degli strumenti per costruire il proprio futuro di cittadine e cittadini; costruire il proprio futuro personale, prima ancora che professionale.
Invece, quell'ossessione professionalizzante, che sembra emergere da tanti dei vostri interventi, è un'ossessione che mi preoccupa e mi sembra tradire quell'obiettivo generale che, invece, l'istruzione dovrebbe avere con sé per volontà della nostra stessa Costituzione. Quell'obiettivo che oggi voi tradite, per certi versi, perché mi sembra davvero un'occasione mancata questo provvedimento che arriva oggi in Aula: un provvedimento che è confuso, che è incompleto, che manca di una visione di sistema e che rischia, soprattutto, di produrre degli effetti negativi sul percorso complessivo dell'istruzione tecnica e professionale.
Quell'istruzione che - ve lo ribadisco ancora una volta in quest'Aula con fermezza - con il referendum abrogativo della legge Calderoli, noi continueremo a difendere - anche con quel referendum - e a sostenere ogni giorno, in quest'Aula e fuori da quest'Aula.