A.C. 896-A
Grazie, Presidente. Stiamo discutendo l'ennesimo provvedimento, l'ennesimo decreto-legge da convertire in fretta e furia e, quindi, l'ennesimo abuso, da parte del Governo, dell'uso dei decreti-legge, che obbligano il Parlamento a velocizzare i tempi dell'esame pena la loro decadenza. Ancora una volta, non sussistono le condizioni di necessità e urgenza per usare lo strumento, appunto, del decreto-legge. Ed è l'ennesimo provvedimento su cui, probabilmente, si metterà la fiducia. Ormai abbiamo perso il conto di quanti voti di fiducia ha fatto fare questo Governo. Una storia che si ripete ormai da oltre 20 mesi, una storia già scritta, una storia che vede questo Parlamento svilito, ridotto a mero passacarte del Governo, mortificato nel suo ruolo, ed è doveroso ribadire, ancora una volta, quanto sia ingiusto e scorretto questo modo di lavorare, è doveroso suonare l'ennesimo allarme per censurare il modo con cui si usano le istituzioni, si abusa dei decreti-legge per approvare leggi che hanno un impatto sulla vita delle persone.
Venendo al provvedimento in esame, voglio iniziare richiamando le dichiarazioni del Ministro Salvini, che ha ripetuto continuamente che l'approvazione di questo decreto “sistemerà i problemi burocratici che da anni tengono in ostaggio milioni di famiglie italiane per qualche centimetro fuori posto, la finestra o la veranda, la mansarda o il sottotetto”. Salvini ripete che si tratta di piccole irregolarità da sanare e burocrazia da togliere nei comuni, ma non è vero, non è vero per niente, e proverò a spiegarlo in questo intervento. Ma prima di entrare nel merito, alcune osservazioni sull'iter di questo provvedimento. Ci sono stati tanti, tanti emendamenti da parte della maggioranza, oltre 300, un vero e proprio assalto al provvedimento, una dimostrazione di confusione e di vere e proprie spaccature all'interno della maggioranza: 105 emendamenti della Lega, 103 di Forza Italia, 66 di Fratelli d'Italia sono senza alcun dubbio un dato politico che non può passare inosservato, come rilevato immediatamente e correttamente dal capogruppo del PD in Commissione Ambiente, il collega Simiani. Relativamente ai lavori in Commissione, è da sottolineare la confusione che ha regnato sovrana fin dal principio dei lavori, e fino alla fine. Lavori confusi e penosi, onestamente, come ad esempio il fatto che i pareri sugli emendamenti e le riformulazioni arrivassero a singhiozzo, più di una volta è parso di essere tutti relatori in primis in ostaggio delle decisioni del Governo, quando a guidare i lavori in Parlamento dovrebbero essere i parlamentari. O ancora, le richieste di chiarimenti, le spiegazioni e le relazioni tecniche, le motivazioni dei relatori e del Governo non pervenute. Fino ad arrivare alla situazione più incredibile ed incresciosa: emendamenti della maggioranza, e anche dell'opposizione, accantonati per giorni e giorni che solo all'ultimo hanno avuto un parere contrario. Il cosiddetto “Salva Milano”, che la Lega stessa, prima sulle agenzie e con dichiarazioni sui giornali, fino a questo lunedì si era impegnata a fare, per poi rimangiarsi una promessa. Quindi tutto posticipato, forse in un nuovo provvedimento, forse nel decreto Infrastrutture, chi lo sa.
Nel merito abbiamo di fronte un provvedimento che ha molte, molte criticità, a partire - come detto - dalla tipologia di strumento utilizzato e dalle relative tempistiche, come hanno fatto notare anche numerosi dei soggetti auditi, in quanto questi temi, oltre a non possedere, appunto, i presupposti costituzionali di straordinarietà e urgenza - come detto in precedenza -, non sono idonei per un decreto- legge, con il quale non si permette una seria e costruttiva discussione e un confronto su un numero di disposizioni così tecniche con implicazioni multiple. Inoltre, perché, con questo strumento, si prevede un'entrata in vigore immediata di norme che sono anche molto complesse e senza una minima, previa informazione applicativa ai soggetti direttamente interessati, in primis gli uffici tecnici delle amministrazioni comunali, che dal 30 maggio sono in una totale incertezza e indeterminatezza applicativa, nonché i professionisti. Inoltre, la portata dell'intervento normativo è ampia e profonda. Con questo provvedimento, che ha forza di legge, non si sono corrette o inserite semplici disposizioni per migliorare l'applicazione del testo unico dell'edilizia, ma si è variata radicalmente tutta una parte di norme, in primis quelle legate alla legittimità degli immobili e alla loro regolarizzazione, che si erano sedimentate da oltre decenni, ed ancora prima, tra l'altro perché discendono dalla legge n. 47 del 1985.
Sarebbe stato più giusto ed efficace operare per il tramite di un disegno di legge per la revisione di alcune parti del testo unico dell'edilizia, garantendo, quindi, un sano confronto e ascolto in tempi adeguati, interlocuzioni vere e proficue con le parti sociali che si occupano dell'abitare e delle politiche per la casa, cosa che non è avvenuta, nonostante in questi mesi sappiamo che presso il MIT sono stati istituiti dei tavoli di lavoro dal Ministro Salvini, ma che non hanno, appunto, considerato il contributo delle parti sociali, dei sindacati degli inquilini, ad esempio, e degli altri sindacati maggiormente rappresentativi. Invece, molto probabilmente, ancora una volta a colpi di fiducia, comprimendo i tempi del dibattito, si procederà ad adottare un intervento normativo che, in forme più o meno dirette, si traduce di fatto nell'ennesimo condono edilizio. Si, l'ennesimo condono edilizio varato nel nostro Paese, dopo quelli del 1985, del 1994 e del 2003, e, come ricorda molto chiaramente Legambiente nel documento acquisito dalla Commissione Ambiente, la loro consolidata esperienza in materia, confermata dalle stime sull'andamento dell'abusivismo in Italia, li porta ad affermare che il solo annuncio di nuovi eventuali condoni generi la crescita dell'illegalità, spesso a prescindere dalle norme che vengono effettivamente approvate. Nel caso di questo provvedimento, il fatto che si ripeta e si sottolinei continuamente che l'applicabilità di queste sanatorie sarà limitata agli abusi di piccole dimensioni, non rassicura per nulla. Infatti, dietro le chiacchiere e le dichiarazioni, vi è poi la realtà di ciò che si è votato in Commissione, di ciò che voteremo in quest'Aula, ossia un ennesimo condono nemmeno tanto nascosto, appunto, ed una pericolosa e devastante deregulation totale. Infatti - cito nuovamente la documentazione acquisita da Legambiente - il rapporto 2022 sul benessere equo e sostenibile dell'Istat, che è alla base della relazione sul BES dell'allegato al DEF presentati al Parlamento nel 2023, segnala un incremento nel 2022 del 9,1 per cento delle case abusive, con una crescita che non si registrava dal 2004. La situazione nelle regioni del Sud viene definita come insostenibile, con 42,1 abitazioni costruite illegalmente ogni 100 realizzate nel rispetto delle regole. Secondo i dati delle Forze dell'ordine elaborati dal Rapporto ecomafia 2023 di Legambiente, il ciclo del cemento illegale nel 2022 è stata la prima voce tra i crimini ambientali accertati dalle Forze dell'Ordine e dalle capitanerie di porto. Con 12.216 reati contestati ha sfiorato il 40 per cento del totale, in crescita del 28,7 per cento rispetto al 2021. A fronte di questi numeri, che quindi fotografano la recrudescenza di un fenomeno con gravi conseguenze ambientali, sociali ed economiche, risulta eseguito, al 31 dicembre 2022, soltanto il 15,3 per cento delle oltre 70.000 ordinanze di demolizione emesse dai 485 comuni di Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Lazio - che sono le regioni più colpite dal fenomeno -, che hanno risposto al monitoraggio civico promosso da Legambiente stessa e pubblicato nel dossier “Abbatti l'abuso, i numeri delle (mancate) demolizioni nei comuni italiani”.
Dunque, sarebbe stato sicuramente più utile, e soprattutto efficace, inserire legittimi obiettivi di semplificazione delle norme in vigore in un quadro più generale di analisi dei fenomeni dell'illegalità che condizionano il mercato edilizio in Italia, per individuare correttamente le priorità e agire di conseguenza, anche attraverso modifiche normative. Ma perché? Perché fermarsi ad analizzare i problemi e cercare di trovare soluzioni efficaci che contribuiscano a far crescere la cultura della legalità e del rispetto delle regole, con l'obiettivo prioritario della tutela dei beni pubblici e dell'interesse collettivo, perché farlo? Perché percorrere questa strada, quando è così facile intervenire con norme per favorire speculazione, strizzare l'occhio ai furbetti, condonare e sanare nel nome di una imprecisata logica di mercato che tutto può risolvere? Non funziona così. Abbiamo cercato di dirvelo, opponendoci in Commissione con i nostri emendamenti. Abbiamo cercato di dirvi che, quella della casa, è una vera e propria emergenza nel Paese che voi continuate a sottovalutare, e che pensare di risolverla creando alloggi mono stanza di 20 metri quadrati bagno incluso, recuperando sottotetti e cantine invivibili non è solamente illusorio, ma è proprio l'esatto contrario, è aggravare il problema, perché la conseguenza di norme che consentono, con enorme facilità, di cambiare la destinazione d'uso degli immobili sarà quella di favorire la speculazione, ancora più desertificazione nelle aree urbane e nei centri storici con affitti turistici, affitti brevi - o peggio - alimentare disuguaglianze ed ingiustizie.
Infatti in quegli alloggi mono stanza saranno probabilmente costretti a vivere le persone più in difficoltà, magari studenti costretti a pagare affitti sempre più costosi per alloggi sempre meno vivibili. Insomma, questo Governo e questa maggioranza fanno favori alle rendite immobiliari, ma non fanno nulla per sostenere gli affitti, per rifinanziare il Fondo affitti e il Fondo per la morosità incolpevole, e per affrontare seriamente l'emergenza abitativa, la precarietà abitativa e la carenza di case per studenti, per esempio.
D'altronde, le dichiarazioni della Ministra Santanche', secondo la quale la proprietà privata è sacra e chi possiede una casa può farne ciò che vuole, rendono bene l'idea di mettere davanti sempre e solo il privato, il profitto e il business di qualcuno; pazienza se a pagarne le spese sono le persone più in difficoltà o la vivibilità dei centri storici per i residenti e, in generale, una visione di città che mette al centro l'interesse collettivo e la lotta alle disuguaglianze e alla precarietà abitativa. Insomma, questo provvedimento rappresenta l'ennesima occasione mancata per lavorare ad un vero e serio “piano casa”: questo sì che servirebbe al Paese, altro che questo decreto denominato “Salva casa” e che potrebbe essere tranquillamente ribattezzato “salva abusi, a tutto profitto”.
Il provvedimento, così come è stato inizialmente proposto, contiene quattro articoli e prevede delle modifiche puntuali al DPR n. 380 del 2001, che attengono a diverse aree. In prima battuta, l'ampliamento di categorie di interventi nella cosiddetta edilizia libera; la documentazione attestante lo stato legittimo degli immobili; la disciplina dei cambi di destinazione d'uso, in relazione alle singole unità immobiliari (che poi, in realtà, nel testo si parla anche di interi immobili e non solo delle singole unità immobiliari); disciplina degli acquisti o alienazioni delle opere acquisite dal comune, eseguita in assenza di permesso di costruire in totale difformità o con variazioni essenziali; le tolleranze costruttive; il superamento della cosiddetta doppia conformità.
Entrando nel merito e nel dettaglio delle modifiche che sono state adottate dalla Commissione ambiente e che noi giudichiamo scellerate, posto che - se è ancora possibile - peggiorano e sono ancora più devastanti rispetto al testo originario, troviamo quanto segue e vado per punti. Sul fronte della agibilità, la proposta approvata modifica l'articolo 24 del Testo unico dell'edilizia prevedendo che, nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 20 comma 1-bis da parte del Ministro della Salute, volto a definire i requisiti igienico-sanitari di carattere prestazionale degli edifici, il progettista, ai fini del rilascio del certificato di agibilità, in sede di verifica circa la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, è autorizzato ad asseverare il rispetto del progetto ai predetti parametri igienico-sanitari in due nuove ipotesi, puntualmente previste e concernenti, rispettivamente, le altezze e le superfici interne degli edifici. Nel dettaglio, con riguardo alle altezze, il progettista è autorizzato, dove risultino sussistenti i requisiti minimi igienico-sanitari, ad asseverare il progetto nei locali aventi un'altezza minima interna inferiore ai 2,70 metri, fino al limite massimo di 2,40 metri; mentre con riguardo alla superficie degli alloggi mono-stanza, aventi una superficie minima comprensiva dei servizi - e lo sottolineo, comprensiva dei servizi - inferiore a 28 metri quadrati, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure se abitati a due persone, inferiore a 38 metri quadrati, fino al limite massimo di 28 metri quadrati.
Siamo di fronte ad una scelta veramente scellerata, che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi, da parte di un Governo che è pronto a fare favori alla rendita immobiliare, ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa e neppure la carenza di case per studenti, che saranno i più penalizzati da questa pessima norma.
Sul tema è doveroso un altro commento. In uno degli emendamenti, ma anche nelle dichiarazioni del Vice Ministro Rixi e nelle altre dichiarazioni che abbiamo letto in più occasioni, c'è un riferimento a dir poco paradossale, tanto quanto ipocrita. Si dice - e qui cito il Ministro Salvini - “una misura che rimette sul mercato numerosi appartamenti, andando incontro a necessità di studenti e lavoratori, specialmente nelle grandi città, oltre a favorire la riduzione del consumo di suolo”. Che ipocrisia, che presa in giro.
Un Paese che aspetta da troppo tempo una legge per fermare il consumo di suolo, che procede alla velocità incredibile di 2 metri quadrati al secondo in alcune province - penso al mio territorio, la Lombardia, in particolare, la provincia di Monza e della Brianza, che detiene questo triste record - e che, nonostante questo, vede continuamente progetti, come ad esempio, ne cito uno per fare un esempio: l'Autostrada pedemontana lombarda, voluta a tutti i costi dalla regione Lombardia - ovviamente guidata da molto tempo dal centrodestra - che andrà a distruggere l'ultimo polmone verde del territorio con una variante totalmente inutile, anche sotto il profilo dei flussi di traffico, costruendo una strada che consumerà suolo e aggraverà l'inquinamento atmosferico, anche questo sempre a livelli intollerabili in questo territorio. Ecco, sentire usare dal Ministro Salvini, totalmente a sproposito e in modo ipocrita, l'argomentazione della riduzione del consumo di suolo, suona davvero come un brutto scherzo.
È davvero paradossale: è un po' come dire che, ampliando un aeroporto per far volare più merci e distruggendo ettari di preziosa brughiera, si riduce l'inquinamento atmosferico. Ma no, anche questo non è un brutto scherzo, è la vergognosa realtà dell'area cargo dell'aeroporto di Malpensa. Si evoca la riduzione del consumo di suolo per un provvedimento che, invece, consentirà di fare variazioni significative - come meglio dirò tra poco - anche su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico o paesistico e non solo, anche variazioni su immobili ricadenti su parchi e aree protette nazionali e regionali. Insomma, siamo davanti ad un vero e proprio colpo di mano in spregio alle più avanzate norme di tutela del patrimonio storico e di salvaguardia ambientale. È vergognoso.
Sul fronte della soppressione della doppia conformità. Prima dell'entrata in vigore del decreto-legge di cui stiamo discutendo, per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Attualmente, non è più necessaria questa verifica: non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè, quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abitativo. Di fatto, sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature e opere difformi realizzati in aree a rischio sismico. Il provvedimento, quindi, ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza e il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici.
Nello specifico, il decreto-legge in esame ha introdotto nel Testo unico in materia edilizia un nuovo articolo, il 36-bis, una disciplina semplificata per regolarizzare le parziali difformità. Ma la proposta emendativa approvata ha esteso il regime semplificato per sanare le parziali difformità di cui al nuovo articolo 36-bis anche alle ipotesi di variazioni essenziali, prima ricadenti sotto il regime della doppia conformità. Inoltre, è stata prevista la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo: tale modifica, invero, assicura l'applicazione della procedura semplificata per l'accertamento di conformità di cui all'articolo 36-bis anche agli interventi effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, posti in essere in parziale difformità dal titolo edilizio. Quindi, a legislazione vigente, in forza dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo, qualsiasi intervento posto in essere in difformità dal titolo edilizio è considerato variazione essenziale, ponendo un importante limite alla portata dell'articolo 36-bis. Avete stravolto tutto questo.
Vado rapidamente sul tema della definizione dello stato legittimo. Anche su questo fronte, ritengo che siano stati fatti errori gravi; anche in questo caso c'è una deregulation davvero preoccupante. Passo velocemente al tema del mutamento di destinazione d'uso, che è un altro fronte su cui gravi errori sono stati fatti.
Con le modifiche all'articolo 23-ter, in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante, volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, si prevede, in particolare, il principio della indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale.
La norma, per come è scritta - e lo abbiamo segnalato molte volte in Commissione attraverso i nostri emendamenti, accogliendo anche quanto segnalato dagli auditi, tra cui, in particolare, l'ANCI - rischia di limitare una possibilità importante per gli strumenti urbanistici comunali, ovvero la possibilità di prevenire o arginare i fenomeni di degrado urbano, squilibri funzionali connessi agli usi impropri degli immobili. Qui il tema è cercare di arginare il fenomeno, sempre più preoccupante e di cui ho già fatto menzione prima, della desertificazione dei centri storici, un vero e proprio svuotamento residenziale dei centri delle nostre città, sempre più soggetti a forte pressione turistica e, conseguentemente, alla diffusione dei cosiddetti affitti brevi, spesso residenze ricavate da fondi commerciali temporaneamente inutilizzati, alimentando, quindi, una desertificazione di interi quartieri, che vengono di fatto privati di servizi e di attività commerciali.
Si è tentato di introdurre dei correttivi che salvaguardassero il potere - ma anche il dovere - degli strumenti urbanistici comunali di dettare motivatamente anche delle limitazioni e non solo delle mere condizioni e mutamenti della destinazione d'uso degli immobili con o senza opere, ma non c'è stato nulla da fare. Invece, non solo non si è presa in considerazione questa modifica, ma si è fatto pure di peggio, di molto peggio. Infatti, la misura è stata ulteriormente ampliata in Commissione, prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso con o senza opere, senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi, quindi decidendo sulla testa dei comuni, come dicevo, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione. In definitiva, quindi, sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe davvero causare degli stravolgimenti di interi quartieri delle nostre città.
In conclusione, un provvedimento che nasce con già pesanti criticità e che viene peggiorato nella fase emendativa in Commissione, in un clima di totale confusione, senza un vero e approfondito confronto con le parti sociali e con la società civile, con una spinta forte a deregolamentare un settore, quello abitativo, che avrebbe dovuto essere trattato con ben altra attenzione e visione. Dunque, un provvedimento che non farà altro che aumentare le disuguaglianze che colpiranno inquilini, studenti fuori sede e famiglie meno abbienti alla ricerca di un alloggio in affitto a canone sostenibile, tutti soggetti che hanno bisogno di interventi strutturali e immediati sull'abitare come il ripristino del finanziamento al Fondo per l'affitto e per la morosità incolpevole, risorse per il recupero energetico degli stabili di edilizia residenziale pubblica e per la creazione di nuove comunità energetiche. Insomma, occorre un reale piano casa che consenta il recupero e la trasformazione ai fini abitativi dello sfitto pubblico presente in molte città italiane, ma non è evidentemente questo decreto-legge che stiamo convertendo .