A.C. 1896-A
Grazie, Presidente. In questo decreto, detto Salva casa, non c'è la casa, ma c'è la salvezza dei furbi e dei potenti, non una norma per rilanciare l'edilizia sociale e convenzionata, per sostenere programmi per gli studenti universitari, per alleviare il dramma delle famiglie sotto sfratto, a cui avete tolto, voi del Governo, crudelmente l'assegno per la morosità incolpevole. Tante norme per rimettere in piedi il mostro dell'abusivismo, del “fai come ti pare”, dell'insulto al territorio e alla città pubblica, del premio alla rendita immobiliare e al mercato senza regole. Si riaffaccia la vecchia ricetta della destra populista italiana, autoritaria, ingiusta e senza un'idea, un pensiero, di che cosa veramente voglia dire essere comunità, vivere in un contesto di regole condivise, che mettano insieme libertà e civiltà.
La lettura della prima versione di questo decreto uscita dal Consiglio dei ministri lasciava intuire la piega che poi avrebbe preso nel corso della discussione in Commissione. Si è iniziato col dire di voler agire per sanare le innumerevoli piccole difformità tra le opere di fatto e quelle depositate nei comuni e autorizzate, che hanno sempre reso complicato il perfezionamento di milioni di case ai fini dell'agibilità, dell'abitabilità e della vendita, con pieno riconoscimento del loro valore: una vecchia storia, che affonda le radici nell'Italia del dopoguerra e anche precedente, quando tutto era diverso, approssimativo e apparentemente più semplice nel percorso delle autorizzazioni edilizie e del loro esercizio reale. Apparentemente è un tema serio, è vero, ma c'era da aspettarsi che questo non sarebbe stato altro che l'innesco di una bomba a testata multipla, di un Big Bang che voi volete fare esplodere dentro le città, nelle periferie, nei territori delle aree interne, già così fragili, e che hanno, invece, bisogno di politiche strutturali, organiche e integrate per rimettersi in piedi e funzionare, per generare le condizioni di una vita più civile per tutti.
Le maschere cadono all'improvviso quando si stancano di coprire il viso e così, in Commissione, è venuto fuori che quel testo non era altro che una cannonata, che voi volete sparare contro l'ordinamento edilizio ed urbanistico vigente: non innovarlo e riformarlo, ma distruggerlo. Per innovare qualcosa c'era l'opportunità del caso Milano, figlio di un corto circuito, uno dei tanti, un cortocircuito normativo, che ostacola adesso l'attuazione di tanti interventi di rigenerazione urbana finalizzati a una migliore qualità dell'edilizia pubblica e dei servizi. È un caso che voi non avete voluto risolvere, secondo le proposte avanzate dal Partito Democratico, solo per un gretto calcolo di parte. Alle norme di questo decreto, si accompagnerà il colpo mortale dell'autonomia differenziata, che spazzerà dal campo ogni principio generale e nazionale sul governo del territorio, devolvendo alle regioni ogni potestà in materia, creando venti micro sistemi di gestione territoriale.
Avete introdotto delle norme assurde, che consentiranno di autorizzare locali abitabili con altezze di 2,40 metri e con superfici abitabili per i monolocali di 20 metri quadrati per una persona e di 28 metri quadrati per due persone, il tutto comprensivo dei servizi igienici. Volete far vivere le persone dentro piccole scatolette chiuse, senza spazio vitale, dentro sottotetti e cantine, come piccioni o come topi, ma lo spazio vitale delle persone è anche lo spazio dell'anima, perché, chi vive male, male pensa. Invece, deve esserci un limite all'ingordigia della rendita immobiliare, che vuole sempre consumare ogni centimetro quadrato e ogni metro cubo, a dispetto della luce, dell'aria, della Terra, delle matrici naturali di cui ogni persona ha diritto incomprimibile per attraversare la vita di cui dispone in modo civile e, possibilmente, uguale per tutti. Avete soppresso quella già fragile e certo insufficiente norma della doppia conformità, che a tutt'oggi limita le continue spinte a riaprire la valanga dei condoni, dei cicli edilizi, dove regnano il lavoro nero e sottopagato, le morti bianche, l'aggressione al territorio e il rischio idrogeologico, quella norma che stabilisce l'aderenza di un'opera alla normativa vigente, sia nella fase della presentazione di un progetto, sia nella fase della sua esecuzione. E, non solo, l'avete tolta per le piccole difformità, ma anche per le variazioni essenziali.
Questa è la deflagrazione che porterà milioni di cantieri e interventi in deroga a tutto. Ognuno potrà fare quello che vuole, un condono ad libitum, un colpo di spugna generalizzato.
Le tre vecchie leggi del condono avevano bisogno, sì, di una rivisitazione e di una messa in coerenza, perché sono contraddittorie, si pestano i piedi l'una con l'altra, e paralizzano la conclusione di migliaia di pratiche in tutta Italia, tenendo milioni di famiglie sospese e spesso senza speranza. Sono tre leggi fatte da Governi di destra o del centrodestra, ma non avevano bisogno di uno scavalcamento tale da ricordare la dinamica precisa della diga del Vajont, perché si scavalca tutto con gli emendamenti della maggioranza, si scavalcano le aree a rischio sismico, le aree soggette a vincolo, ogni tipo di vincolo, sia nei centri storici, che nel resto della città. Si apre il campo ad un'indiscriminata valanga per i cambi di destinazione d'uso delle singole unità immobiliari, prevedendo il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, con o senza opere, senza l'obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici, il verde, i parcheggi in primo luogo, espropriando i comuni della loro naturale e primaria funzione di pianificare il proprio territorio, e aprendo un'autostrada al fenomeno degli affitti brevi, che ha un impatto già fortissimo oggi sulla qualità della vita di tante città e dei centri storici.
Ancora, si applica uno specifico articolo del Testo unico dell'edilizia, il 34-bis, sulle cosiddette tolleranze costruttive, anche agli scostamenti sulle misure minime in materia di distacchi e di requisiti igienico-sanitari, determinando le condizioni, in breve tempo, di quartieri e di abitati più densi, affollati e sottoposti gravemente al già pesante flagello del fenomeno delle isole di calore, tanto che noi riteniamo che queste norme siano in grado di incidere assai negativamente sul diritto alla salute sancito dalla Costituzione. Con l'autonomia differenziata e con questo provvedimento, si aprono le porte all'entropia urbanistica ed edilizia. Ecco a voi le periferie e le città del terzo mondo! E lo diremo ogni qualvolta vedremo, da qui in avanti la Presidente del Consiglio recarsi a Scampia, piuttosto che a Tor Bella Monaca, piuttosto che allo ZEN, a promettere la luna, con il suo modo securitario, poliziesco, dietro il quale non ci sono altro che propaganda e la profonda ignoranza di cosa vuol dire seminare oggi per avere domani città migliori. Volete dare piatti di lenticchie alle periferie, illudendo milioni di famiglie che potranno conquistare il diritto alla casa ampliando gli immobili, per dare la casetta ai figli, in un garage o in una cantina, ma facendoli vivere in territori a rischio, senza igiene, senza sicurezza, affollati. Tanto per i ricchi ci pensa il mercato, che consente ormai di demolire e ricostruire agevolmente nei quartieri di lusso, dove il metro quadrato ha raggiunto valori stellari. Questo si chiama populismo urbanistico e urbanistica di classe.
Le nostre città, i nostri borghi, le nostre periferie, le aree interne, le nostre coste e le nostre isole hanno, invece, bisogno di politiche organiche, che mettano in gioco una visione d'insieme della trasformazione urbana e del territorio, che non perda di vista il diritto primario della cittadinanza e il rispetto per la vita delle persone. Hanno bisogno di una nuova ossatura, adatta ai tempi della sostenibilità e della neutralità climatica. Hanno bisogno di abbandonare i retaggi del fordismo costruttivo degli anni Settanta e dei residui, ancora molto diffusi, di quelle forme insediative sparse che Pasolini definiva marmellata e che, con questa roba qui, voi fate rigenerare come la gramigna. Non interventi puntuali, ma governo del territorio, un governo flessibile e agile, basato su princìpi chiari e irrinunciabili: la sostenibilità ambientale, la riduzione del rischio idrogeologico, l'edilizia residenziale pubblica innervata e diffusa nei tessuti esistenti, il consolidamento delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, l'economia circolare per la gestione del ciclo dei rifiuti, una fiscalità urbana che distribuisca gli utili generati dalle trasformazioni urbane tra chi intraprende e le comunità insediate, e la partecipazione popolare. Princìpi da fissare in una legge nazionale snella e di pochi articoli, da tradurre poi in leggi regionali e norme locali a seconda della specificità dei territori. Questa è l'urbanistica del mondo civile, la frontiera dell'Europa migliore, mentre voi lavorate per un sistema asiatico nel senso peggiore del termine, che guarda a quelle parti del mondo dove dominano lo spazio privato e lo strapotere dei forti, dove la città pubblica è considerata un residuo, un peso, e dove le persone sono soggiogate alle leggi brutali del mercato. Per queste ragioni, che ci vedono collocati su posizioni diametralmente opposte alla vostra idea di città e di vita, annuncio il voto contrario del gruppo del Partito Democratico.