Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 24 Luglio, 2024
Nome: 
Maria Cecilia Guerra

A.C. 1951​, A.C. 1952

Grazie, Presidente. L'approvazione del Rendiconto del bilancio dello Stato e, ancor di più, dell'assestamento, non dovrebbe essere un mero adempimento contabile, non lo dovrebbe essere in modo particolare in questo momento storico nel quale è di grande importanza cominciare a capire quale sarà l'evoluzione della finanza pubblica nei prossimi anni.

Il contesto è, infatti, molto complicato non solo per i ritardi dell'attuazione del PNRR, che è il motore principale a sostegno della crescita nel nostro Paese e su cui tornerò, non solo per la procedura di infrazione che interessa l'Italia, ma anche e soprattutto per la necessità di predisporre, in tempi brevi, il Piano strutturale e di bilancio a medio termine previsto dalle nuove regole europee, che definirà, appunto, gli obiettivi di finanza pubblica dei prossimi anni, dovendo anche assicurare la sostenibilità del debito pubblico.

Il tutto in un contesto in cui occorre anche capire in che misura il Governo intenda fornire coperture adeguate agli oneri relativi alle politiche invariate che il DEF indicava in circa 21 miliardi nel 2025, destinati a crescere nel successivo biennio, tra cui rientrano varie voci importanti, come la conferma del taglio del cuneo fiscale sul lavoro e il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, per il quale si pone l'importante tema della difesa del potere d'acquisto di retribuzioni falcidiate dall'inflazione. Occorre anche capire come si intendano individuare le risorse per fare fronte alle forti esigenze che si incontrano in settori chiave come la sanità e l'assistenza. Invece, anche in questo passaggio cruciale, quello che emerge è il vuoto assoluto, l'assenza di ogni informazione, di ogni idea, di ogni indicazione, così come fatto al momento dell'approvazione del DEF - o meglio, del non DEF, perché si è trattato di un documento completamente privo della parte programmatica - anche in questo caso il Governo è complessivamente reticente, se si esclude un qualche Ministro ciarliero che continua a promettere cose come il superamento della legge Fornero pur appartenendo a un Governo che, con l'ultima legge di bilancio, è intervenuto pesantemente in riduzione di tutte, e dico proprio tutte, le forme di uscita anticipata per le pensioni, determinando - come ci dicono i dati dell'Osservatorio INPS di oggi - un calo del 14,15 per cento delle persone che hanno potuto accedere agli anticipi nei primi 6 mesi del 2024, rispetto al medesimo periodo dell'anno scorso, con un forte gap di genere, perché le donne che hanno potuto anticipare sono state meno di un terzo del totale, ricordiamocelo.

Un Governo che ha fatto cassa sulla mancata indicizzazione di una quota rilevante delle pensioni. Eppure, alcune cose, anche in sede di assestamento, si potevano cominciare a dire, perché la sensazione che, in assenza di qualsivoglia trasparenza, si stiano cominciando a mettere i soldi in fienile in vista della manovra è abbastanza chiaro. Faccio alcuni esempi per spiegarmi. Il primo, la povertà.

Come emerge anche dal bilancio consuntivo dell'INPS, abbiamo assistito a un taglio netto di risorse pari a 1.350.000.000 nel 2023, perché il reddito di cittadinanza, e cioè una misura universale di contrasto alla povertà, è stato erogato solo per le prime 7 mensilità, poi si è passato solo alla difesa parziale di alcune categorie con l'assegno di inclusione e, dal 1° settembre, il ridicolo sostegno alla formazione al lavoro, dico ridicolo perché su questo si è spesa una somma di soli 26 milioni. Ora, al 31 maggio 2024, a fronte del dimezzamento della platea, la spesa per l'assegno di inclusione si aggira attorno a soli 2 miliardi. Se sono solo 2 miliardi al 31 maggio, è evidente che anche nel 2024 e negli anni a venire si farà cassa sulla povertà, ma i documenti che oggi votiamo non lo dicono.

Un secondo esempio riguarda il Sud: nel 2024 è stata chiusa anticipatamente la decontribuzione per i lavoratori del Sud, una decontribuzione che era finalizzata a compensare le imprese che operano in un territorio che soffre di svantaggi strutturali in termini di infrastrutture e servizi pubblici rispetto al resto del Paese. La mancata conferma di questa misura, che era finanziata fino al 2029, lascia risorse a disposizione già dal 2024, e quasi 19 miliardi - 15 se li consideriamo al netto degli effetti fiscali indotti - dal 2025 al 2029. Non era il momento di assestare la posta per il 2024 e di cominciare a dirci se e come le ingenti somme residue verranno comunque destinate al Sud?

Sarebbe opportuno, necessario che questo avvenisse, a fronte delle inquietanti notizie che ci vengono dalla misura che il Ministro Fitto ci aveva raccontato come compensativa, il credito d'imposta per le imprese che effettuano investimenti per beni strumentali nella ZES unica, un credito che sarà pari al solo 17,7 circa per cento della somma investita contro la percentuale, compresa fra il 40 e il 60 per cento, cui si pensava, legittimamente, di poter aspirare. Sono arrivate molte richieste, su questo nessun ripensamento in fase di assestamento.

Ora due ultime considerazioni, una sul PNRR. Il PNRR è la fonte principale di sostegno pubblico all'economia. Nelle stime del Governo la quota attesa della crescita del PIL imputabile al PNRR è pari al 90 per cento nel 2024, all'83 per cento nel 2025 e al 73 per cento nel 2026. In 6 mesi la spesa relativa al PNRR è cresciuta di soli 9,3 miliardi, e quest'anno, invece, dovremmo spenderne 42,4. L'Italia ha incassato, fino ad ora, 102,5 dei 194,4 miliardi del PNRR, ma ha speso, appunto, come già detto, solo la metà di quanto ha ricevuto, praticamente meno di un quarto dell'importo complessivo.

Se non riesce a spendere questi soldi nei tempi, o non si ottiene una proroga a cui si oppongono proprio gli alleati politici di questa maggioranza, questi soldi vanno restituiti, non si dovrebbe parlare di questo tema anche in sede di assestamento?

In questo contesto suona beffa il fatto che i comuni, e cioè i soggetti che più di altri sono avanti nella spesa dei fondi PNRR, vengano pesantemente penalizzati non solo perché alcune amministrazioni centrali sono in grande ritardo nel rendere possibile il rimborso degli anticipi che i comuni hanno fatto, ponendo così i comuni, che più si sono impegnati ed esposti, in una grave situazione finanziaria, anche perché i comuni sono stati colpiti da un taglio di ben 250 milioni con la legge di bilancio del 2024 e, paradossalmente, questo taglio colpisce proprio quelli più attivi nello sfruttare le opportunità offerte dal PNRR, scelta che, per quanto in parte rivista a seguito delle proteste dei comuni e delle opposizioni, è stata ugualmente, con protervia incomprensibile, confermata.

Da ultimo, un'osservazione sul Rendiconto 2023 che getta ombre anche sul futuro, da cui emergono, con grande evidenza, i risultati perversi delle diverse misure di condono fiscale adottate da questo Governo, secondo la logica “pochi, maledetti, subito”. Ebbene, nel 2023 la rottamazione-quater ha dato un risultato superiore alle attese: 6,8 miliardi contro i 2,8 inizialmente previsti. Attenzione però, hanno aderito in molti, e quindi si sono avuti subito più introiti, maledetti e subito. Ma molti di quelli che hanno aderito lo hanno fatto solo per farsi un'assicurazione a vita contro la riscossione ordinaria.

Hanno infatti pagato una o due rate e poi basta, confidando che una maggioranza amica - amica degli evasori - non farà loro mancare proroghe su proroghe. E infatti, sempre nel 2023, mancano 5,4 miliardi di rate che dovevano essere versate e non lo sono state. E infatti, leggiamo sui giornali di oggi che la macchina dei condoni è già al lavoro con un ricco menù, tre obiettivi: il primo è proprio il ripescaggio delle rottamazioni decadute; il secondo è prorogare a settembre la rata in scadenza al 31 luglio; il terzo è un'altra bella rottamazione che riguarda gli incarichi affidati al 31 dicembre 2023. Tappeti rossi agli evasori e pochi introiti, pochi, maledetti e subito, ma soprattutto pochi.