Discussione generale
Data: 
Mercoledì, 2 Ottobre, 2024
Nome: 
Luciano D'Alfonso

A.C. 2066

Presidente, grazie. Io mi aiuto sempre, quando argomento in pubblico, con la maestra di tutte le discipline e, come si dice in periferia, la maestra di tutte le discipline è il diritto penale. Nel diritto penale c'è una lettura prima facie dei documenti; un documento incontra la verità se, prima facie, ictu oculi, cioè a prima lettura, è tutto pacificamente accettabile.

Mi dispiace molto per la fatica che devono fare i colleghi di maggioranza, in particolare gli affaticati relatori per la maggioranza delle due Commissioni, che hanno fatto una illustrazione prima facie che, però, non permette l'emersione della ragione del contenuto del provvedimento che abbiamo in esame. Si è trattato di un contributo - il loro -, che soprattutto alla Camera dei deputati non produce alcuna fruttuosità di comprensione aggiuntiva. Si capisce che è un provvedimento completamente pensato nelle Aule di quella geometria elevata, che è la geometria del Senato, di Palazzo Madama; si capisce anche l'andamento zigzagante che hanno avuto la produzione normativa e l'incrocio con le promesse che quella produzione normativa ha voluto assicurare. E siccome voglio essere convincente, magari accontentandomi, nonostante lo sforzo di convincimento che farò, di un silenzio e di un assenso degli sguardi dei colleghi di maggioranza, comincio a sfoderare gli argomenti numericamente forti che aiutano il mio intervento.

Io non so quanti colleghi abbiano potuto mettere a confronto due articoli che sembrano concepiti in due geografie diverse, in due stivali italici diversi: uno stivale italico bagnato dal Mediterraneo e un altro dall'oceano. L'articolo 7-ter - Proroga di termini per l'affidamento dei lavori - e l'articolo 10-bis sono due articoli che, secondo me, sono stati concepiti sotto qualche gradinata, nella penombra della luminosità difficile di accordi politici, secondo me, molto aggressivi.

L'articolo 7-ter, pur assumendo come oggetto una norma di finanziamento di opere pubbliche destinata ai comuni, pur assumendo questo tema come oggetto - parte dal 2018, sono risorse del 2018 -, per non far perdere queste risorse, i comuni possono contare su un tempo lungo, elasticizzato, io dico giustamente, fino al 31 ottobre. Quindi il dies a quo è prima, il dies successivo di conclusione arriva al 31 ottobre 2018.

Sono opere che potrebbero avere anche un nome e un cognome per la descrittività, quasi neurochirurgica, di questo emendamento. I giuristi, quelli raffinati che parlano nelle università importanti, direbbero che siamo davanti a un caso di amministrativizzazione della norma, che perde quella grande qualificazione che è la generalità, la capacità della sua generalità, che poi nutre di sé tutta l'attività amministrativa sottostante. Non ci siamo su questo, perché, quando la si confronta con un'altra norma praticamente corrispondente e paritetica, quella che ho ricordato con la numerazione 10-bis, si dice addirittura che il termine entro il quale bisogna contrattualizzare per non perdere i fondi è addirittura il 15 settembre del 2024, cioè una data già scaduta, che non ha la fortuna della consistenza normativa di essere collocata dopo. E naturalmente, quei sindaci, che si sono trovati in difficoltà nel proceduralizzare quelle risorse, perché erano privi di segretari comunali e di personale appropriato per mettere a terra, in esecuzione, le risorse destinate al risanamento o alla mitigazione idrogeologica, si trovano una data scaduta, nonostante il finanziamento addirittura sia, come dies a quo, successivo a quello della norma precedente.

Quand'è che accade questo tipo di procedere da Arlecchini? Quando le norme vengono negoziate qui e lì, senza un luogo prevalente, senza una direzione di marcia prevalente. Alla facoltà di scienze politiche de La Sapienza c'è una cattedra che, grosso modo, insegna storia e teoria della decisione. E agli studenti, da quella cattedra, sia gli ordinari che gli associati spiegano che, quando si fa l'agenda delle priorità per un'azione di Governo, tre sono i moventi: un'azione di Governo si fa carico delle emergenze, al primo posto; un'azione di Governo si fa carico delle priorità dettate da un impianto politico specifico; un'azione di Governo si fa carico delle opportunità che, di volta in volta, insorgono. Noi abbiamo contenuti normativi tipo quello di questo decreto-legge, che non ce la fa a rispondere ad una di queste ragioni, nemmeno ad una, perché è il frutto di un tira e molla, di un tiro alla fune, che si capisce pari pari, tant'è che le norme traino, alla fine, quali sono? Le norme che denominano, e voi avete avuto anche un'insorgenza di straordinaria onestà espressiva, quando avete accettato di denominarlo decreto-legge omnibus; poi, strada facendo, ha assunto un gilet e ha ripreso una denominazione un po' più accettabile e meno autodenunciante. Ma quali sono le norme traino di questo provvedimento?

C'è la norma traino riguardante questa specie di Giubileo fiscale, il concordato; a un certo punto perde ogni capacità sanzionatoria e si dice: è vero che questo concordato preventivo biennale, con il meccanismo ulteriormente premiante bonificatore ha una copertura finanziaria di 780 milioni di euro, ma è solo tecnica, è solo un'esigenza di corrispondenza tecnica, perché alla fine produrrà una tale rinvenienza economico-finanziaria che non ci sarà bisogno di attingimento. A parte che questo non è vero, ma c'è un costo morale di normatività che noi sosteniamo. Praticamente, gli italiani sono abilitati a pensare che ogni 9 mesi si partorirà una donazione di questo tipo, un Giubileo di questo tipo.

Questo è il mio secondo mandato parlamentare, a volte ho difficoltà a rintracciarne la produttività complessiva, però dalla mia ho una fortuna: ho potuto, nel tempo che ho avuto libero e liberato, studiare un po' di storia parlamentare; ho avuto modo di incrociare i testi di Manzella e di Manin Carabba, che è un formidabile magistrato della Corte dei conti, che donava la sua bravura a intere generazioni di eletti. Ebbene, noi dobbiamo sapere che, quando si determina una norma che impatta sulla normatività dell'ordinamento, una norma che costa sul piano etico e morale, non è vero che c'è soltanto quel dato di cui alle tabelle e ai documenti contabili. Quando poi ci ritorni, per avere una capacità di esazione fiscale, non ce lo trovi, l'italiano, perché tu hai slabbrato l'articolo 53 della Costituzione. Fai pensare che si insedia una specie di principio di affidamento al contrario: l'italiano ha il diritto di pensare che ogni 9 mesi si farà una donazione giubilare di questo tipo. Questo è il costo. Questo è il costo. Voi, prima, con la vostra onestà, che io riconosco, avete pronunciato una parola: le coperture di competenza. Nel Novecento si spiegava, a chi faceva scuola di partito e scuola istituzionale, la distinzione tra copertura di competenza e di cassa. Noi stiamo determinando una condizione per cui salta questa distinzione, perché ogni volta ricompare il drago che mangia l'obbligo della responsabilità tributaria, per cui se non si paga non succede nulla, tanto si aggiusta a valle. Questo è il punto, oneroso, rischioso e debilitante.

La seconda norma traino riguarda la ZES: vedete, in Italia noi abbiamo fatto nascere giuridicamente la ZES nel 2016, poi l'abbiamo affannata di un bombardamento modificatore emendativo, come se fossimo diventati tutti assessori vogliosi di modificarne il funzionamento. Nel mondo funzionano 3.000 ZES: la Polonia sta diventando insidiosa per questo; così come parti importanti della Francia e dell'Inghilterra. Noi, ogni volta che abbiamo modo di dare luogo all'atto dovuto del rinnovo dei documenti contabili dello Stato, rimettiamo mano alla ZES. Questa cosa di averla ingrandita fino alla grandezza di tutto il Mezzogiorno è stata sbagliata, perché abbiamo perso l'appropriatezza della ZES, che deve corrispondere, come ambito territoriale ottimale, esattamente al luogo dove ci sono di più le difficoltà. Sarebbe interessante incrociare e vedere un dialogo onestissimo tra un giornalista di pagina economica della Polonia, della Francia, dell'Inghilterra, ma anche dell'Italia, con l'ex Ministro della Coesione, e chiedere cosa pensa adesso, a valle, di quella operazione fatta più per controllare la finanza regionale di quelle regioni che non erano omologabili e fare in modo che emergesse questo tipo di giudizio in quell'attività di intervista immaginifica. Sono, infatti, convinto che il Ministro emerito della Coesione, oggi Commissario europeo e Vicepresidente, riconoscerà l'errore, anche perché ha avuto accanto un autorevole magistrato di Corte dei conti, che oggi è a Bruxelles, Carlo Alberto Manfredi Selvaggi, del Molise, il quale sa esattamente come si aiuta un territorio svantaggiato a trovare gli strumenti: con l'appropriatezza della corrispondenza delle previsioni, e non determinando un meccanismo così slabbrato, tanto che le attività di istruttoria impiegano troppo tempo per rintracciare cosa è urgente, ossia dire di sì, sottoporre a un consenso istruttorio. Io, sul piano territoriale, ho amministrato tutto, ho fatto il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della regione, ho nutrito contratti istituzionali di sviluppo per aziende farmaceutiche, per quelle della pasta, per quelle del turismo. La velocità è un requisito fondamentale per facilitare lo sviluppo, la velocità, ma anche la semplicità, il non disturbare quella infrastruttura ordinamentale che è una procedura e che, una volta conosciuta, non si mette sempre in discussione. Dopo averla modificata e averne fatto perdere il requisito prevalente, che è l'appropriatezza territoriale, adesso si dice: ne aumentiamo la copertura finanziaria, rastrellando nell'esistente quello che può far aumentare per l'annualità 2024. È una maniera di procedere per finzione. È un fare finta. Servono risorse adeguate, senza disturbare ripetutamente la tradizione di istruttoria, quando c'è di mezzo un investimento. E poi, permettetemi, non era questa la sede per fare un lavoro approfondito e cercare di capire come sta andando la vita di questa ZES ingigantita? Dopo che aveva, in qualche modo, demolito la tradizione delle ZES regionaliste, che avevano cominciato a produrre con soddisfazione degli imprenditori piccoli, medi e grandi.

E poi, permettetemi, la terza, a mio avviso, è l'operazione traino che è stata fatta, quella del bonus destinato a una platea di bisognosi numericamente irrilevante, sembra quasi solo per metterci una spruzzatina di sensibilità sociale. C'è una norma che ha la mia simpatia. Dopo la rottura di civiltà del Covid, è comparsa una fragilità che riguarda le giovani generazioni che deve trovare un'attenzione adeguata sul piano, per esempio, dei servizi di psicologia e di psicoterapia. Ma anche qui, si dà luogo a un arricchimento normativo di 2 milioni di euro. La mia regione, l'Abruzzo, 2 milioni di euro li può mettere in campo per sé stessa, per le Marche, per l'Umbria e anche per il Molise; 2 milioni di euro sono un cenno di esistenza in vita, non di un ordinamento nazionale, e non per una consistenza di gravità problematica, tipo quella che colleghi dedicati a questo settore sanno rappresentare meglio di me.

Adesso, però, voglio aggiungere un dato: cosa sta accadendo in Italia, dal momento nel quale i cambiamenti climatici sono usciti dai convegni e sono entrati nella realtà? Le vicende che conoscono bene i colleghi di Emilia-Romagna e di Toscana ci ricordano tutto. Io, nella mia regione, ho realizzato le vasche di laminazione in 54 mesi: pensate, progettate, appaltate ed eseguite e, consentitemi, anche consegnate al patrimonio collettivo, con quella quota di festa che si chiama inaugurazione. Ma non è soltanto l'operazione vasche di laminazione che risolve il problema dei cambiamenti climatici che prendono la forma delle esondazioni fluviali. C'è una direttiva europea - mi vorrei rivolgere ai colleghi dell'Alleanza Verdi e Sinistra - la direttiva n. 2014/89/UE che obbliga i territori che hanno a che fare con gli specchi d'acqua a ripensare completamente la programmazione urbanistica. Non si risolve il dettato di quella norma europea, organizzando la delega a una università, ancorché prestigiosa. Si tratta di canalizzare procedure che rieduchino, lo ripeto, rieduchino; altrimenti, noi avremo attacchi esondativi anche dal mare, altroché direttiva Bolkestein. Allora, una sede dove si organizzano risorse finanziarie, normative, umane, tecnologiche, di procedura. Qual è la sede per evitare di intervenire il giorno dopo, facendo lo spettacolo della solidarietà? È la sede del Parlamento, alla condizione che il Parlamento, però, non perda il senso della sua vita e del suo procedere. Questa storia che si ritiene che l'attività discorsiva, questa attività che è di istruttoria, emendativa, e la si ritiene quasi come un inciampo, nega decenni di storia parlamentare che a me fanno ricordare dei giganti. Ce n'è uno, per esempio, della mia regione, Spataro, che diceva: guardate che l'attività emendativa serve a mettere più realtà nell'attività decisionale. Fare entrare la società, i fatti della società, i fatti dell'economia, la problematica anche del rapporto, per esempio, natura-vita delle collettività. E se noi rendiamo l'attività istruttoria delle Commissioni parlamentari, come se fosse un'attività degli usi civici di Foggia, fastidiosa, odiosa, da scavalcare, è chiaro che ogni volta tutto sembra una maschera insufficiente, un grembiule da strapazzare perché magari dà fastidio.

Ultima annotazione: sono rimasto molto colpito dalla vicenda del ponte Morandi caduto, una vicenda incredibile. Spero che prima o poi anche il mio partito faciliti una riflessione su questo.

Quella vicenda addirittura ha fatto guadagnare 9 miliardi di euro in più a chi doveva pagare, ma il tema di quella vicenda evoca una grande questione: la vita tecnica delle infrastrutture del nostro Paese. La legislazione italiana ed europea affermano che la vita tecnica delle nostre infrastrutture ha una durata di cinquant'anni. L'Europa, adesso, solleva un tema, ossia che le infrastrutture devono durare 100 anni attraverso un grande piano di rigenerazione. Chi lo finanzia? Come? Con quali procedure, risorse tecnologiche? Chi ci sta pensando?

Guardate, io non nego il diritto della classe dirigente che ha vinto le elezioni che possa scegliere un bersaglio come priorità, si chiami ponte o non so che altro, ma intanto deve provvedere a ciò che è emergenza. I trasporti eccezionali delle imprese del Nord non possono camminare più. Per camminare, i trasporti eccezionali hanno bisogno di autodichiarazioni - non so quanti di voi lo sanno - autodichiarazioni con garanzie performanti. Vale a dire che non è più possibile immettere nel circuito delle grandi distanze ciò che si produce nei distretti industriali perché il parco delle nostre infrastrutture ha superato la vita tecnica.

Riguardatevi gli incidenti che ci sono stati. Quando ci si pensa a questo, senza emotività e atteggiamento modaiolo? Quando si fa un lavoro che scommette davvero sulla programmazione?

Concludo, il Parlamento e il Governo dovrebbero pensare con categorie larghe, territoriali si diceva una volta; larghe; poi, sono le amministrazioni che devono avere una lettura puntuale. Qui ci sono assegnazioni di risorse che sembrano proprio dei pacchetti di salvadanaio. Un'operazione che ho visto fare nei consigli provinciali, nei consigli comunali, ma non a livello di un Parlamento che deve avere la capacità di veduta ampia, capace di prefigurare. È su questo che io avverto il limite di questo prodotto e anche la difficoltà dei nostri colleghi di maggioranza. Oggi non sembrava loro vero che il tempo della clessidra stesse finendo e che si potesse arrivare a questo momento conclusivo, validativo finale, ma manca la qualità del prodotto normativo. Non abbiamo combinato nulla, se non alcune dazioni e donazioni.