Dichiarazione di voto sulla pregiudiziale
Data: 
Martedì, 22 Ottobre, 2024
Nome: 
Paolo Ciani

A.C. 2088

Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, oggi è all'esame dell'Aula la conversione in legge del decreto n. 145, recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia dei lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali, quello che comunemente chiamiamo decreto Flussi, che quest'anno, però, ha un contenuto apprezzabilmente più ampio in termini di temi toccati.

Mi lasci dire, Presidente, che ci troviamo a parlare di quello che dovrebbe essere un provvedimento molto importante - abbiamo sentito gli argomenti - su un fenomeno epocale come quello delle migrazioni, ma, purtroppo, ci ritroviamo a parlarne in un momento in cui l'argomento delle migrazioni è nuovamente trattato come cronaca quotidiana e, purtroppo, nel peggiore dei modi. Parlando di pregiudiziali di costituzionalità e pensando alla centralità della persona nella nostra Costituzione, Presidente, non posso non dirle tutta la mia tristezza, indignazione e vergogna per le parole del Vicepresidente del Consiglio sui migranti espresse in questi giorni. Pensare che una delle tre figure apicali del Governo definisca cani e porci degli esseri umani, dà tutta la misura di chi le pronuncia e, purtroppo, anche la misura di un indirizzo e di quanto poco serio e disumano sia l'approccio a questo fenomeno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Per suo tramite, in maniera molto pacata ma anche molto seria, invito tutti, anche i nostri colleghi della maggioranza, a dissociarsi da questo linguaggio violento. Non c'è nessuna propaganda politica che giustifica questo, non possiamo scandalizzarci o fingerci di scandalizzarci di fronte alle violenze che vediamo ogni giorno e poi avallare e non dissociarci da un linguaggio violento che colpisce esseri umani.

Torniamo al provvedimento. È composto da 21 articoli, è suddivisi in cinque capi e introduce numerose norme piuttosto articolate, alcune delle quali sollevano serie preoccupazioni per la violazione di principi fondamentali garantiti dalla Costituzione. Particolarmente grave ci appare la norma all'articolo 12 del provvedimento in esame, che, dopo aver introdotto in capo ai richiedenti asilo e agli stranieri un obbligo di cooperazione ai fini dell'accertamento dell'identità e di esibire o produrre elementi in loro possesso relativi all'età, all'identità e alla cittadinanza, nonché ai Paesi in cui hanno soggiornato o sono transitati, consentendo, quando è necessario per acquisire i predetti elementi, l'accesso ai dispositivi o supporti elettronici o digitali in loro possesso, introduce al comma 2 un vero e proprio potere ispettivo da parte del questore, che, in caso di inosservanza di quest'obbligo di cooperazione, può disporre che gli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza procedano all'accesso immediato ai dati identificativi dei dispositivi elettronici e delle eventuali schede elettroniche o digitali in possesso dello straniero, nonché ai documenti, anche video o fotografici, contenuti nei medesimi dispositivi. Tale potere ispettivo appare innanzitutto sproporzionato, se si considera che l'accesso a un dispositivo elettronico costituisce una procedura estremamente invasiva.

Come sottolineato anche nella recente giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, infatti, dall'esame del contenuto di un telefonino, in particolare dei documenti anche video o fotografici, o anche solo dall'esame della cronologia di una navigazione in Internet, si possono desumere informazioni molto precise sulla vita privata dell'interessato e tali informazioni sono suscettibili di fornire indicazioni anche sulle sue convinzioni religiose, politiche e filosofiche, o possono rivelare l'origine razziale ed etnica dell'interessato. Ciò rischia di favorire un utilizzo improprio delle informazioni e potrebbe compromettere le valutazioni in merito alle domande dei richiedenti, configurandosi anche una possibile violazione dell'articolo 97 della Costituzione; né appare affatto sufficiente la prevista successiva convalida da parte del giudice, pena l'inutilizzabilità dei dati conseguiti, che interviene solo a valle della già avvenuta compressione di libertà fondamentali così significative. Quanto esposto appare ancora più grave se applicato nei confronti di un minore straniero, come il testo consente, non considerando che sia la normativa europea, sia la normativa italiana di recepimento, prevedono numerose norme di garanzia rafforzate nei confronti dei minori, che si fondano proprio sul principio cardine del loro superiore interesse e sulla presunzione di minore età nei casi dubbi, la quale, dunque, avrebbe dovuto portare ad escludere tutti i casi in cui si intenda procedere alla perquisizione di un dispositivo elettronico appartenente ad un soggetto del quale non è stata accertata la minore o maggiore età.

L'articolo 12 del provvedimento in esame è, dunque, in evidente violazione dell'articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione; dell'articolo 117, comma 1, della Costituzione, che prevede che la potestà legislativa sia esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, ma anche dell'articolo 2 della Carta costituzionale, che riconosce chiaramente il rispetto dei diritti fondamentali e inviolabili dell'uomo.

La prima considerazione suggerita dalla lettura dell'articolo 2 è che al centro dell'attenzione sono collocati i diritti dell'uomo: diritti definiti inviolabili e, come tali, garantiti, ma ancor prima riconosciuti. Nessuna parola è casuale nella Costituzione: diritti riconosciuti, in quanto preesistono.

L'articolo 12 è, poi, sicuramente lesivo dell'articolo 15 della Costituzione in materia di tutela della riservatezza, né vale ad escludere tale violazione l'aver inserito nella norma in esame la previsione che sia in ogni caso vietato l'accesso alla corrispondenza e a qualunque altra forma di comunicazione. È sufficiente, infatti, pensare che lo screenshot della chat di un cellulare, che si presenta come materiale fotografico, rappresenta sicuramente una forma di comunicazione protetta dalla tutela offerta dall'articolo 15 della Costituzione. Sempre l'articolo 15 stabilisce che la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili: diritto fondamentale che si applica a tutti gli individui, a prescindere dalla cittadinanza. Appare, infatti, del tutto irricevibile e costituirebbe un grave precedente l'apertura di un doppio binario che vede l'applicazione nella sua interezza di una garanzia costituzionale così pregnante a favore dei soli cittadini, configurandosi per questo la potenziale violazione del principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione, in quanto discriminante nei confronti delle persone migranti.

Critico è poi anche l'articolo 11, che interviene sui tempi di impugnazione del provvedimento di fermo amministrativo delle navi che si occupano di salvataggio e soccorso in mare, portando da 60 a 10 giorni questi tempi.

Si tratta di un'ulteriore disposizione orientata a penalizzare e limitare l'azione delle ONG - così come quanto previsto in questo articolo sugli aeromobili che monitorano le navi in mare - che altro non fanno che rispettare quanto disposto dal diritto internazionale e stabilito all'interno della Convenzione di Montego Bay: l'obbligo di prestare soccorso in mare a chiunque si trovi in pericolo. Oltre a rispondere a una chiara intenzione politica e ideologica, questa disposizione comprime notevolmente il diritto di difesa, andando a minare l'articolo 24 della Costituzione, che prevede che tutti abbiano diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

Per concludere, Presidente, noi abbiamo più volte provato a interloquire su questi argomenti in maniera molto seria e molto documentata; abbiamo provato, anche otto mesi fa, a parlare e a spiegare perché ci opponevamo a quello che avete definito il decreto Albania. Abbiamo visto in questi giorni perché ci opponevamo: basti pensare alle tante volte in cui abbiamo provato a far presente che queste misure sui migranti sono misure ideologiche, che non intervengono su un fenomeno su cui bisognerebbe lavorare in maniera unitaria dal punto di vista dell'interesse del Paese e, soprattutto, dal punto di vista dei diritti umani