Discussione generale
Data: 
Lunedì, 11 Novembre, 2024
Nome: 
Gian Antonio Girelli

Sì, grazie, Presidente. Si tratta, indubbiamente, di una mozione che raccoglie grande interesse e attenzione anche da parte nostra che, ad onor del vero, unitamente ad altre minoranze, avevamo anche noi, in via di stesura, una mozione da affiancare a quella della collega Loizzo, non certo per sminuirne il valore, ma per rafforzare la necessità di occuparci in maniera sistemica di una patologia tanto complessa, come è stato ben descritto precedentemente.

Certo, fa parte un po' di una necessità generale, che abbiamo come Stato, prenderci in carico la situazione di alcune persone che vivono con situazioni davvero complesse e spesso non sufficientemente conosciute e riconosciute, sia all'interno della organizzazione sanitaria del nostro Paese, che rispetto a quelle che sono le ricadute sociali, che sono conseguenti alle patologie stesse. Questo perché è indubbio che quanto è già stato detto implica un cambio di passo, ma anche un modo diverso di affrontare alcune questioni.

Anch'io voglio richiamare alcuni dati di contesto e, poi, sottolineare alcune necessità, perché a volte quando si parla di queste patologie si perde di vista che stiamo parlando di un numero considerevole di persone, circa 230.000 vengono stimate. Poi, le statistiche a volte cambiano di alcune decine di migliaia, però l'ordine di grandezza è questo. Significa, più o meno, che una persona ogni 500 vive questa situazione, col caso davvero da comprendere della Sardegna, che è al di fuori da qualsiasi statistica, anzi, ha una frequenza quasi doppia rispetto al resto del Paese.

C'è anche da rilevare come, all'interno dei percorsi della presa in carico della patologia stessa, ci sia un'enorme diversità tra regione e regione, perché non tutti hanno la stessa capacità di approntare dei percorsi ben definiti. Mi verrebbe da dire che, anche all'interno delle stesse regioni, non tutti i territori hanno una risposta uguale, secondo uno squilibrio - ahimè - crescente di diversità, tra quelle che sono le città e le zone altamente abitate, rispetto alle aree interne - proprio dopo faremo una mozione che parla delle aree interne - o le zone montane, con una ricaduta che, si può ben immaginare, è di grande difficoltà per le persone ammalate, ma anche per il contesto familiare che vivono con loro.

Si tratta anche di una maggior capacità di sviluppare una consapevolezza, una conoscenza, una preparazione e una formazione da parte del personale sanitario in generale, rispetto patologie di questo genere, che, pur essendo in numeri rilevanti, rischiano di non entrare nella routine dell'attività sanitaria e viene spesso visto come una dalle patologie serie da affrontare con la dovuta perizia attenzione, ma senza una necessaria conoscenza e consapevolezza di cosa questo comporti, perché - come già la collega Loizzo ho voluto sottolineare e come quasi sempre accade, a onor del vero, davanti delle patologie - accanto alla malattia presa singolarmente, vi è una ricaduta di contesto non indifferente, cominciando dalla difficoltà psicologica di reggere, oltretutto in questo caso con una patologia che si presenta anche in maniera molto altalenante, dove momenti di grande difficoltà e sofferenza si possono alternare, specie nella prima fase, a momenti in cui sembra quasi di essere usciti, per poi ricadere in maniera ancora più pesante, accumulando, un po' alla volta, quel sedimento che porta poi ad un'inabilità di grande ed enorme gravità.

Cosa significa, però, cambiare passo? Significa, dal nostro punto di vista, avere il coraggio di immettere maggiori risorse nel Servizio sanitario nazionale e in tutte le sue diramazioni, ma questo è un tema anche di confronto e di dibattito che ha già caratterizzato altri momenti e che risparmio in questo in questa discussione, perché senza soldi difficilmente si possono portare dei cambiamenti e cambiamenti veri. I cambiamenti dove vanno principalmente focalizzati? Alcuni temi li ho già detti: formazione, educazione alla multidisciplinarietà, capacità di essere più capaci di fare rete riguardo la presa in carico della patologia, superamento della frammentazione territoriale, come appunto dicevo, che, tradotto in poche parole, significa affrontare anche l'applicazione della cosiddetta autonomia differenziata, che non ci ha soddisfatto, come ben sapete, che ha trovato il nostro voto contrario, ma che è legge dello Stato, e che dobbiamo vigilare perché non diventi un momento di accentuazione di discriminazioni e di diversità, rispetto al territorio e rispetto, per esempio, al trattamento di malati che, comunque e dovunque vivono, hanno gli stessi diritti di risposta e non possono essere lasciati così in balia della sensibilità e della capacità di questa o quella regione, di questa o quell'azienda nel trovare soddisfatto il loro bisogno di cura.

Significa anche un forte investimento in ricerca, perché è indubbio che patologie di questo genere, che non trovano ancora delle cure definitive, trovano, però, una ricerca che ci sta consegnando sempre di più farmaci che tendono a rallentare e modificare quella che è la ricaduta sul paziente della patologia stessa e che si spera, con ulteriore attenzione, investimento, messa in condivisione di quelli che sono i risultati della ricerca, possa consegnarci un futuro che possa affrontare davvero e - magari fosse così - curare definitivamente questa patologia.

Quando si parla di ricerca significa anche avere la capacità, come è già stato detto, di condivisione dei dati clinici, perché la gestione dei dati, sempre di più se si vuole davvero prefigurare una possibilità di analisi di una certa qualità, deve essere messa a disposizione, deve essere condivisa. Fa parte del valore per la ricerca, fa parte anche della capacità di presa in carico delle singole patologie in maniera più appropriata e adeguata alla situazione della persona. Si tratta anche di utilizzare al meglio tutti gli strumenti che sempre la scienza ci mette a disposizione. Pensiamo al tema della telemedicina, come è stato detto: anche qui, diventi però strumento abituale per tutti ovunque e non particolare per alcuni casi e solamente in determinate zone.

Non vorrei che si dimenticasse anche la persona che soffre di questa patologia che, come dicevo prima, è un qualcosa di più di una semplice malattia. Allora, è indispensabile avere dei percorsi di presa in carico, che tolgano perlomeno la difficoltà burocratica nell'affrontare le tante difficoltà di risposta sanitaria; capire come la burocrazia, anche in questo caso, spesso e volentieri, diventi una complicazione incredibile, sotto tanti punti di vista, ed è del tutto inaccettabile; comprendere anche come essere di supporto a queste persone significa garanzia di quel sostegno psicologico - che ormai diventa quasi un'aggettivazione che riguarda tutti gli ambiti, perché sempre di più siamo in una società complessa e sempre di più ravvisiamo questo bisogno, sia per la persona direttamente colpita, che molte volte per il nucleo familiare in cui vive - che riguarda anche l'attenzione, per esempio, l'inclusione sociale in tutti i suoi aspetti, dove spesso la malattia, la caduta anche di forza psicologica, ricade anche nella chiusura delle attività di relazione.

Allora, avere la capacità di intervenire perché questo non avvenga è di assoluta importanza e riguarda la persona colpita sulla famiglia, ma, mi verrebbe da dire, una cultura generale un po' più attenta verso le persone che vivono certe difficoltà e verso anche quegli atteggiamenti, quelle pazienze, inteso in senso virtuoso, che bisogna avere nell'impedire che si isolino, sforzandoci tutti per tenerli ancorate in un contesto sociale, che riguarda anche e soprattutto il tema il tema del lavoro. Questo perché penso che il COVID, tra i tanti dolorosi insegnamenti che ci ha lasciato, ci ha fatto comprendere che il lavoro può essere svolto anche in maniera diversa.

E questo lavorare in maniera diversa, dato che solo in quel modo spesso e volentieri possono lavorare, è una cosa di grandissima e fondamentale importanza. Lo è nei confronti di queste persone perché sentirsi parte e attive, non sentirsi via via escluse da un contesto generale aiuta a stare meglio; aiuta ad avere quella forza e quella determinazione nell'affrontare le difficoltà che stanno vivendo. Ma se vogliamo darne una lettura anche più cinica, dal punto di vista economico-finanziario, sappiamo bene che tutto ciò si trasforma anche in un contributo all'economia generale. E ciò significa giorni di lavoro non persi, significa contributi di queste persone, che, ricordiamo bene, rappresentano uno spaccato della società in tutte le sue diramazioni, quindi in tutta la loro capacità di portare il loro singolo contributo. Significa farli sentire parte, significa non disperderne i valori, significa non avere, spesso e volentieri, quel costo economico sull'impresa e sul mondo del lavoro. Ecco che è doppiamente intelligente perché c'è quel valore sulla persona, sul singolo, sulla comunità, che già di per sé basterebbe, ma c'è anche quel qualcosa in più che ci permette di non disperdere energie e risorse. Mi verrebbe da dire, utilizzare quell'energia e quelle risorse nella ricerca, nella scienza, nella risposta clinica e sanitaria alle patologie.

Tutto questo è ravvisato nel testo della collega Loizzo e anche nelle bozze che avevamo predisposto, che non so bene che fine faranno, ma è detto questo; però, rimane il tema di fondo è che, ahimè, spesso e volentieri caratterizza la vita del Parlamento e di quest'Aula, dove le risoluzioni, le mozioni, gli ordini del giorno diventano momenti di seria elaborazione. Perché avendo, a mia volta approfondito il tema, non avendo la specifica formazione medica - che invidio molto, in questo caso, alla collega Loizzo -, so bene il lavoro certosino che c'è dietro la stesura di testi di questo genere perché significa rapportarsi con le varie realtà, significa coglierne tutte le difficoltà, significa cercare di fare un'elencazione non formale di impegni che hanno a che fare con la vita delle persone. Proprio per questo, io credo che dobbiamo sentirci addosso quella responsabilità in più che possa portare a tradurre questi impegni, questi buoni propositi in azioni conseguenti.

Mi rendo conto che difficilmente possono essere fatte tutte domani mattina, ma che hanno bisogno, da domani mattina, di trovare un primo passo, per poi vedere un altro successivo, per essere messi insieme ad altri passi per altre situazioni altrettanto gravi e altrettanto difficoltose, che hanno bisogno delle stesse risposte per introdurre quei cambiamenti che prima dicevo. Quel modo diverso di guardare alla sanità, quel parlarne in termini di salute e di presa in carico delle persone, di diagnosi precoce, di indagini di screening che ci permettono di andare a individuare le platee che potenzialmente possono incorrere nelle patologie, che si trasforma in un futuro che consegni alle nostre comunità più salute, più attenzione e una qualità della vita migliore.

Guardate, ne va ovviamente del benessere di chi ha la sfortuna di incorrere nelle patologie, ma più in generale ne va del benessere diffuso perché si sta veramente bene quando si cerca di far star bene il più possibile tutti, specialmente quelli che vivono una qualche difficoltà.