25/03/2025
Chiara Braga
Merola, Guerra, Ubaldo Pagano, D'Alfonso, Toni Ricciardi, Stefanazzi, Tabacci, Lai, Mancini, Roggiani
1-00421

La Camera,

   premesso che:

    la tassazione delle persone fisiche ha subito negli anni numerosi interventi da parte dei Governi che si sono succeduti. La finalità della riduzione del cuneo fiscale sul lavoro è stata una costante negli ultimi dieci anni, senza dimenticare l'intervento del Governo Prodi nel 2007, che ha segnato il primo passo dell'esclusione del costo del lavoro dalla base imponibile dell'Irap;

    il Governo Draghi aveva privilegiato la riduzione della componente del cuneo fiscale rappresentata dalla contribuzione a carico dei lavoratori dipendenti, con un taglio del cuneo fiscale pari al 2 per cento fino ai 35 mila euro annui di retribuzione annua lorda; misura ampliata e prorogata dal Governo Meloni fino alla fine del 2024;

    successivamente, con la legge di bilancio per il 2025, la riduzione dei contributi previdenziali è stata sostituita da un sistema di benefici di carattere fiscale, cui si assomma un nuovo trasferimento diretto che si aggiunge al trattamento integrativo al reddito di 100 euro mensili già vigente dal 1° luglio 2020 (da maggio 2014 a giugno 2020 il trattamento integrativo era di importo pari a 80 euro mensili);

    per effetto di queste modifiche, che si sono stratificate nel corso degli anni, alla determinazione dell'imposta che grava sul reddito di lavoro dipendente concorrono attualmente quattro diversi strumenti: due tipologie di detrazioni e due tipologie di trasferimenti, che hanno andamenti decrescenti in funzione di regole e con riferimento a indicatori di reddito diversi;

    ne risulta un disegno del prelievo fortemente asistematico e irrazionale, che comporta a tratti la trasformazione del prelievo fiscale in un sussidio e in cui prevale lo scopo di aggiustare effetti non voluti, che si sarebbero altrimenti verificati a seguito del riassorbimento in ambito fiscale, dapprima e in modo parziale del trattamento integrativo e, poi, del taglio del cuneo fiscale sui redditi di lavoro dipendente, che aveva in un primo tempo interessato i contributi sociali a carico dei lavoratori con redditi più bassi;

    gli effetti non voluti si sono comunque manifestati, con un risultato paradossale: come denunciato anche dalla Cgil in un recente studio, il meccanismo di abbattimento del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti, introdotto dal Governo con la legge di bilancio per il 2025, ha impatti negativi diffusi, ma particolarmente forti per i redditi lordi (al lordo anche dei contributi sociali), compresi tra 8.500 e 9.000 euro, che andranno a perdere, rispetto alle previsioni del 2024, 1.200 euro all'anno. Effetto imputabile alla riduzione del reddito imponibile legata al venir meno dell'agevolazione contributiva ora trasformata in agevolazione fiscale, che fa perdere il diritto al trattamento integrativo;

    in risposta a due interrogazioni in Commissione VI finanze della Camera dei deputati la rappresentante del Governo ha dichiarato la disponibilità dell'Esecutivo ad esaminare il sostegno per i lavoratori a più basso reddito nell'ambito di un processo mirato. Ma un processo ad hoc, se mai verrà effettivamente attuato, rischia di contribuire all'andamento erratico dell'Irpef, che avrebbe invece bisogno di una revisione organica, strutturale e complessiva;

    il quadro risulta ulteriormente complicato dal fatto che, in attuazione della legge delega di riforma del sistema fiscale (legge n. 111 del 2023), il Governo è intervenuto in più occasioni sull'Irpef senza alcuna visione organica della struttura del sistema tributario, principalmente riducendo, prima in via temporanea e poi in via strutturale, a tre il numero di aliquote e di scaglioni e articolando e limitando il diritto alla fruizione di un insieme molto ampio di detrazioni;

    il processo in due tappe si è accompagnato a una modulazione degli acconti che per i due anni di imposta 2024 e 2025 non tiene conto delle variazioni intervenute nella scala delle aliquote, traducendosi di fatto in un anticipo forzoso dell'imposta dovuta per tutti i contribuenti che, con la richiesta applicazione delle regole previgenti, si trovano a dovere versare un acconto di imposta maggiore a quello che sarebbe dovuto (o addirittura che non sarebbe dovuto) secondo le regole in essere, comportando quindi un prestito a tasso zero da questi contribuenti all'erario;

    alla stratificazione di interventi richiamati più sopra si è affiancata la costante sottrazione di categorie di redditi o anche solo di componenti di reddito all'imposizione progressiva, che ha reso il sistema di tassazione dell'Irpef, la principale imposta del nostro ordinamento, un sistema disomogeneo, iniquo e irrazionale;

    la situazione è aggravata dalla circostanza per cui il mancato pagamento dell'Irpef comporta anche il mancato pagamento delle addizionali regionali e comunali, facendo venire meno per molti contribuenti ogni obbligo di contribuzione a favore dei territori in cui risiedono;

    quel che resta dell'Irpef è un coacervo in cui le tre aliquote si intersecano con bonus decrescenti al crescere del reddito e detrazioni per tipo di reddito anch'esse variamente articolate, con l'effetto che alle tre aliquote invocate come semplificazione del sistema fiscale si affiancano ora ben sette aliquote marginali effettive, con un andamento totalmente erratico, per cui capita, ad esempio, che un lavoratore con un reddito lordo di 35.000 euro, a fronte di un aumento di 100 euro faticosamente conquistato in contrattazione, si debba confrontare con una aliquota marginale effettiva del 56,18 per cento e gli restino in tasca solo 44 euro netti;

    gli effetti redistributivi delle innovazioni introdotte in campo fiscale sono modesti: secondo l'Istat, guardando alle famiglie con almeno un lavoratore dipendente, la ripartizione del guadagno totale è per più della metà a beneficio di quelle appartenenti ai due quintili più ricchi della distribuzione dei redditi. Ma per le famiglie non interessate dalla riduzione del cuneo fiscale, il beneficio degli interventi fiscali riguarda le famiglie degli ultimi due quintili, per ben il 71,7 per cento del suo ammontare;

    nel complesso la diseguaglianza, come misurata dall'indice di Gini, non subisce di fatto variazioni;

    inoltre, secondo il Rapporto sulla politica di bilancio 2024 pubblicato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, i lavoratori dipendenti, che sono coloro che hanno beneficiato maggiormente degli interventi normativi di riduzione dell'imposta negli ultimi dieci anni, ottenendo un vantaggio pari a circa il 3 per cento del reddito imponibile, hanno visto più che compensare questo beneficio per effetto del drenaggio fiscale, pari a circa 3,6 punti percentuali. Se si confronta, dunque, l'imposta pagata oggi con quanto si sarebbe pagato nel 2014 a parità di capacità contributiva, il saldo sul reddito disponibile è negativo per circa 0,6 punti percentuali; in definitiva, nel 2024 i lavoratori dipendenti pagano aliquote medie generalmente superiori a quelle che si pagavano nel 2014;

    un sistema fiscale che distribuisce l'onere in modo casuale, creando continuamente regimi speciali e alternativi all'Irpef per categorie di reddito, quando non di singole porzioni degli stessi redditi, violando il principio basilare per cui a parità di reddito si dovrebbe pagare la stessa imposta, è sempre meno sostenibile;

    i giovani oggi sono costretti, pur se per guadagnare redditi bassi, ad aprirsi una partita Iva e a lavorare come finti autonomi o come moderni lavoratori su piattaforme che distribuiscono lavori a distanza, sopportando un onere più elevato dei dipendenti con redditi da lavoro simili, mentre gli autonomi con redditi medi o medio alti, purché sotto gli 85 mila euro di ricavi, pagano fino alla metà dei lavoratori dipendenti con uguali redditi, in violazione anche del principio costituzionale di progressività dell'imposta, e sono anche esonerati dal dovere di finanziare i servizi del proprio comune e della propria regione con le addizionali all'Irpef;

    la politica delle rottamazioni e, con essa, il via libera a ogni tipo di evasione fiscale, così come la costruzione di un sistema talmente iniquo da risultare inaccettabile per una società che si voglia coesa, mina la base dell'imposizione generale sui redditi e conseguentemente riduce le risorse necessarie a garantire un welfare universale, cioè sanità, istruzione e assistenza per tutti i cittadini;

    al problema non si può porre rimedio né con il maquillage di questa o quella aliquota, né con l'ulteriore erosione della base imponibile, né con un atteggiamento benevolmente acquiescente nei confronti dell'evasione fiscale;

    è necessaria una riforma che riporti l'equità del sistema, assoggettando tutti i redditi, di qualsiasi fonte, al medesimo onere e che garantisca al tempo stesso la progressività del prelievo;

    al fine di evitare salti di aliquote, sarebbe utile ricorrere per il calcolo dell'imposta ad una funzione matematica continua che determini le aliquote medie per ogni livello di reddito superando la logica degli scaglioni, come avviene in Germania; un metodo condiviso da un numero crescente di studiosi che potrebbe essere modulato per non gravare interamente su un ceto medio sempre più impoverito (per la componente di tale ceto che non sfugge all'Irpef), come al contrario avviene tipicamente nei sistemi di flat tax o con poche aliquote legali;

    la sbandierata riduzione delle tasse deve confrontarsi con la dura realtà dei dati Istat: l'Istituto ha certificato che nel 2024 la pressione fiscale complessiva è risultata pari al 42,6 per cento, in aumento di un punto rispetto al 2023 (41,4 per cento); eppure, la legge di bilancio per il 2025 non è riuscita a trovare risorse per assumere medici e infermieri, la cui carenza sta mettendo in ginocchio il sistema sanitario, e ha tagliato drasticamente i fondi ai comuni, costretti, per finanziare i servizi indispensabili ai cittadini, ad appaltarli a imprese o cooperative a prezzi così bassi da potere reggere solo sottopagando i propri lavoratori;

    la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, nell'ambito di una riforma che distribuisca in modo equo l'onere fiscale, non è né l'unica, né la risposta principale alla riduzione del reddito reale delle lavoratrici e dei lavoratori;

    seppure i dati Istat a gennaio 2025 attestino una crescita del tasso di occupazione in Italia al 62,2 per cento, tuttavia questo valore rimane ancora il più basso in Europa e, inoltre, i dati Istat confermano la realtà di un mercato del lavoro con troppe sacche di sfruttamento e bassi salari: la crescita dell'occupazione avviene nei settori del terziario dove le paghe sono più basse e l'utilizzo del part-time sale a picchi dell'80 per cento, con centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori tra le 5 e le 10 ore settimanali di lavoro con redditi di 400 o 500 euro lordi al mese; anche questa è, di fatto e statisticamente, occupazione;

    se il 10,7 per cento dei lavoratori ha una retribuzione oraria sotto gli 8,8 euro appare chiara la necessità di affiancare agli interventi redistributivi sull'Irpef anche l'introduzione di una tutela di base, come quella offerta dal salario minimo;

    altri profili di diseguaglianza dei redditi e di diminuzione del potere d'acquisto delle famiglie italiane andrebbero affrontate con apposite politiche, al di fuori dell'ambito fiscale. In particolare, la combinazione di basso reddito, alto costo dell'energia e bassa efficienza energetica degli immobili ha prodotto una situazione allarmante: secondo l'Osservatorio italiano sulla povertà energetica (Oipe), nel 2023 il 9 per cento delle famiglie, pari a circa 2,36 milioni di nuclei, viveva in condizioni di povertà energetica, costretti a rinunciare ai servizi energetici essenziali, come, ad esempio, riscaldarsi, con una incidenza maggiore nel Mezzogiorno e un impatto particolarmente forte sulle fasce più vulnerabili: famiglie con minori, anziani soli, persone con disabilità e cittadini stranieri,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a intervenire nell'immediato per compensare gli effetti negativi sui redditi più bassi compresi tra 8.500 e 9.000 euro, che andranno a perdere 1.200 euro all'anno per effetto delle novità introdotte dalla legge di bilancio per il 2025;

2) ad adottare iniziative normative volte a intervenire nell'immediato per evitare che i contribuenti siano chiamati a pagare, anche con riferimento all'anno di imposta 2025, così come già avvenuto per il 2024, acconti non corrispondenti al vigente profilo delle aliquote e delle detrazioni;

3) ad evitare ulteriori interventi frammentari e dannosi, sia da un punto di vista dell'equità sia da quello dell'efficienza economica, per dare vita a una riforma della tassazione sui redditi che rispetti i principi di equità orizzontale e verticale, riducendo drasticamente i regimi sostitutivi, assoggettando tutti i tipi di reddito a un medesimo sistema di aliquota media che cresca con continuità, fino ad un limite superiore, al crescere dei redditi e prevedendo, conseguentemente, l'applicazione delle addizionali regionale e comunale all'Irpef a tutti i redditi, che sarebbero, quindi, ugualmente chiamati, in ragione della propria capacità contributiva, a partecipare al finanziamento dei servizi erogati dal proprio comune e dalla propria regione;

4) a prevedere, nell'ambito dell'attuazione della delega fiscale, correttivi adeguati ad impedire il fenomeno del fiscal drag;

5) a privilegiare, nel sostegno economico ai redditi particolarmente colpiti dall'inflazione e dall'aumento dei costi dell'energia, lo strumento dei trasferimenti diretti, piuttosto che quello delle agevolazioni fiscali, evitando il problema dell'incapienza e privilegiando il riferimento alla condizione economica familiare piuttosto che al reddito individuale;

6) a mettere in atto politiche che prevengano il formarsi delle forti diseguaglianze che caratterizzano il nostro Paese, riducendo la necessità di doverle poi correggere con politiche redistributive, anche fiscali, in primo luogo introducendo una retribuzione minima legale volta a garantire salari minimi adeguati e promuovere condizioni di vita e di lavoro dignitose per le lavoratrici e i lavoratori.

Seduta di lunedì 10 marzo 2025

Intervento in discussione generale di Stefania Marino

Seduta di giovedì 27 marzo 2025

Dichiarazione di voto di Maria Cecilia Guerra