Data: 
Venerdì, 27 Febbraio, 2015
Nome: 
Paolo Gentiloni

Presidente, onorevoli colleghi, io innanzitutto apprezzo a nome del Governo l'opportunità che ci viene offerta questa mattina di una riflessione generale, di una riflessione che si potrebbe dire perfino strategica sulla nostra politica estera. 
Naturalmente si potrebbe sostenere che in fondo i pilastri della nostra politica estera sono stabili da parte dei Governi italiani da molti decenni. Sono rimasti coerenti negli ultimi 60-70 anni: l'Italia è un Paese convintamente europeista, è un Paese impegnato nell'Alleanza atlantica, è un Paese più di tanti altri impegnato nei commerci internazionali, anche per le caratteristiche della nostra economia, orientata alle esportazioni. È un Paese molto attivo nel promuovere la pace e i diritti umani su scala internazionale. Questa è la nostra la bussola da decenni. 
La bussola è sempre questa, ma il mare è diventato un oceano, e questo oceano è in tempesta, come tutti credo possiamo vedere. Non c’è più l'ordine che ha caratterizzato una parte consistente della seconda metà del Novecento: l'ordine delle due superpotenze, l'equilibrio del terrore; ed è tramontata l'illusione della belle époque degli anni ’90, in cui sembrava – all'epoca si parlava di mondo piatto, di fine della storia – che una singola iperpotenza avrebbe potuto garantire pace, ordine, sviluppo e tranquillità a tutto il mondo. 
Siamo invece oggi in un contesto che è alla ricerca di un nuovo equilibrio, di un nuovo ordine; e quindi anche il nostro europeismo, il nostro atlantismo non sono dei piloti automatici, a cui un po’ burocraticamente rinviare: la nostra politica economica si decidere a Bruxelles, la nostra sicurezza è garantita dalla NATO. Tutto questo resta vero, ma tutto questo deve avere anche come bussola aggiuntiva, come altro elemento di orientamento da parte del Parlamento e poi del Governo, quello che io, molto tranquillamente, definisco il nostro interesse nazionale; che non è in contraddizione naturalmente con i principi storici della nostra politica estera, che ho richiamato prima, semmai è in contraddizione, il nostro interesse nazionale, con la riluttanza, che in fondo abbiamo ancora, a sentirci, o almeno a dichiararci, nazione. 
Questi pilastri storici – europeismo, atlantismo, apertura agli scambi, impegno nelle missioni di pace e per i diritti umani –, insieme alla considerazione del nostro interesse nazionale, ci guidano quando passiamo in esame le aree di crisi, i momenti di difficoltà che oggi caratterizzano la scena internazionale. 
Prima di passarli in rassegna, voglio evocare un tema che in fondo direttamente evoca il nostro interesse nazionale perché riguarda due nostri connazionali, due fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che sono trattenuti da ormai più di tre anni in una situazione che rappresenta per il nostro Paese una ferita aperta, sulla quale il Parlamento si è sempre pronunciato in modo unito e univoco e sulla quale il Governo sta lavorando senza troppo clamore, ma credo con delle premesse per avviare finalmente a soluzione questa crisi. 
Dicevo che essere europeisti oggi significa, non semplicemente fare riferimento a regole scritte per sempre, ma al contrario battersi per un orientamento diverso dell'Europa, per un'Europa della crescita, degli investimenti, del lavoro e dello sviluppo. Anche la recente cosiddetta questione greca e cioè la vittoria elettorale di Syriza e la spinta che è venuta dal Governo Tsipras, se c’è intelligenza politica da parte dell'Europa e da parte dello stesso Governo greco, io credo che possa tradursi in un fattore che incentiva e rende più possibile questa spinta a un'Europa più attenta alla crescita, agli investimenti e allo sviluppo. Naturalmente, se invece ci trovassimo di fronte a delle rigidità sarebbe molto pericoloso e l'Italia non può accettare neanche l'idea che un grande Paese come la Grecia possa chiamarsi fuori dall'Unione europea. Questo nuovo corso dell'Europa richiede naturalmente maggiore integrazione. Europa diversa non è sinonimo di euroscetticismo; al contrario: se ci facciamo guidare dal nostro interesse nazionale, significa che abbiamo bisogno di un'Europa diversa, ma anche di un'Europa più integrata, più forte, di una Banca centrale europea che riesca finalmente a fare fino in fondo il mestiere che oggi le regole e i trattati gli rendono così difficile fare in termini di promozione della crescita e dello sviluppo. 
Il cuore della nostra crisi oggi e, quindi, il cuore dell'attenzione di chi si occupa di politica estera, ma in realtà dell'intero Paese, della nostra economia e della nostra sicurezza, è nel Mediterraneo e noi ci battiamo – e credo lo stiamo facendo con qualche risultato – perché la priorità del Mediterraneo diventi sempre più una priorità nell'agenda dell'intera comunità internazionale. Non è un problema che possa riguardare l'Italia, la Spagna, la Grecia, o qualche Paese del Mediterraneo: la crisi del Mediterraneo, cioè di questo incrocio tra Europa, Africa ed Asia, è al centro e deve essere al centro dell'agenda internazionale. Lo sta diventando da parte della NATO – ne abbiamo parlato ieri con il Segretario generale Stoltenberg – lo sarà nel prossimo vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea il 19 marzo, anche perché per noi sono direttamente coinvolti i nostri interessi nazionali da tanti punti di vista. In primo luogo, naturalmente, con la crisi libica, sulla quale non mi dilungherò – anche perché appena una settimana fa ne ho riferito in quest'Aula – e mi limito a ribadire che noi siamo aggrappati agli sforzi che, sotto l'egida delle Nazioni Unite, si stanno facendo per raggiungere almeno una base di un Governo di riconciliazione nazionale. Come sapete, questi sforzi sono in corso in queste ore e in questi giorni, si alternano notizie positive e notizie negative e in questo momento il gioco a livello internazionale è concentrato su quel tavolo del negoziato. Dopodiché, come ci siamo detti una settimana fa, l'Italia è pronta a fare la sua parte, secondo quello che decideranno le Nazioni Unite, se questa prospettiva non riuscisse ad ottenere i risultati per i quali oggi ci battiamo senza alcuna condizione. 
Siamo impegnati, naturalmente, secondo gli indirizzi del Parlamento del 15 agosto scorso, nell'iniziativa internazionale contro il Daesh. Sapete che siamo impegnati in termini di addestramento sia delle forze irachene che delle forze dei peshmerga curdi, siamo impegnati nella fornitura di sistemi d'arma, di nuovo, alle forze regolari irachene e ai peshmerga curdi, siamo impegnati in missioni di ricognizione nell'area di crisi e di intervento del Daesh. 
Vorrei dire che siamo soprattutto impegnati, come Paese, sul piano civile, culturale, della comunicazione, di una sfida terribile che le democrazie occidentali hanno dall'insorgenza di questo fenomeno nuovo di terrorismo fondamentalista, che sequestra una religione, sequestra l'Islam e cerca, attraverso questo sequestro, di minacciare le nostre vite e di minacciare il nostro modo di vivere. 
Non vi sono da parte nostra – lo voglio dire molto serenamente – né crociate né avventure. Vi è la forte considerazione del fatto che occorre battersi per difendere la democrazia e la libertà, e occorre farlo avendo in mente le donne yazide, vittime di un tentativo di sterminio, addirittura, nell'area del nord dell'Iraq, che, avendo evitato lo sterminio, oggi hanno difficoltà a reinserirsi nelle loro comunità tradizionali e che la cooperazione italiana sta aiutando. 
Bisogna battersi pensando ai cristiani della Piana di Ninive, che anche loro rischiano l'estinzione e che, essendo stati cacciati dai loro luoghi tradizionali, fanno fatica a ritornare, hanno paura di ritornare nelle zone da cui sono stati cacciati, pensando ai cristiani copti, vittime di quella orribile strage che abbiamo visto sulle spiagge vicino a Sirte, pensando ai tanti obiettivi di cittadini ebrei che, in giro per l'Europa, sono stati vittime e bersaglio di attentati e di aggressioni di ogni genere. 
L'Italia farà di tutto per difendere la propria sicurezza, e lo farà contrastando questa barbarie con unità. Penso che il messaggio che deve venire dal Parlamento italiano sia un messaggio di unità contro questa barbarie (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC), Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia-Centro Democratico). 
Così come siamo impegnati contro il traffico di esseri umani, che è sempre più evidentemente il motore dei fenomeni di migrazione irregolare che vengono, ormai per più del 90 per cento, dalla Libia, cioè da un Paese privo di stabilità e di istituzioni statali. Ci battiamo contro questo traffico e chiediamo di più all'Unione europea. 
Ho apprezzato che, in seguito a una sollecitazione del Governo, l'Unione europea abbia deciso un piccolo primo contributo di emergenza, facendo ricorso a fondi di emergenza a sostegno di Triton, ma certamente bisogna fare di più, sapendo che il nostro Paese continua ad essere impegnato anche sul terreno umanitario. 
Vi è stata una disputa nominalistica negli ultimi mesi, ma, in realtà, vi voglio segnalare che i nostri mezzi navali, nell'ambito e nella cornice della missione Triton, continuano nell'attività di soccorso in mare delle vittime delle migrazioni clandestine organizzate dalla criminalità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non ci stiamo voltando all'altra parte; lo stiamo facendo e abbiamo l'apprezzamento dell'intera comunità internazionale per questo tipo di lavoro. 
Infine, certamente dobbiamo applicare i nostri pilastri di politica estera, quelli che ho richiamato, nell'altro teatro di crisi così importante, anche se spesso monopolizza un po’ l'attenzione internazionale a scapito di quel Mediterraneo che, dal nostro punto di vista, non è certo meno importante. Parlo della crisi ai confini a nord est dell'Unione europea, della crisi che attraversa l'Ucraina.
In questo caso credo che il Governo italiano, con il sostegno del Parlamento e comunque della maggioranza e in continuo rapporto con il Parlamento, in questi mesi abbia sostenuto, con una coerenza assoluta, sempre la stessa impostazione: da una parte, la ferma reazione alle violazioni del diritto internazionale che sono avvenute in quella terra e, dall'altra parte, l'ostinata ricerca del dialogo e del compromesso. Non abbiamo bisogno di parole forti nei confronti della Russia, abbiamo bisogno di fermezza, da una parte, e di ricerca costante del dialogo, dall'altra parte. E sarà questo il messaggio che il Presidente del Consiglio manderà nei prossimi giorni, in occasione della sua imminente visita a Kiev e a Mosca. Infine, in questa rapida rassegna dei punti principali di crisi, in cui la nostra politica estera è chiamata a intervenire e a decidere, c’è naturalmente la storica crisi del Medio Oriente e l'andamento del processo di pace in Medio Oriente. Io credo che dobbiamo avere tutti la percezione della gravità di quella situazione, del rischio di una escalation religiosa di quel conflitto, che è stato per decenni un conflitto a prevalente carattere nazionale, nazionalistico e che rischia continuamente di slittare in un conflitto religioso e di essere ricompreso in quegli scenari terribili che abbiamo evocato. 
La soluzione di fronte a questa crisi è la soluzione dei due Stati, per la quale la comunità internazionale si pronuncia da tempo. Il che vuol dire il diritto dei palestinesi ad un loro Stato e il diritto dello Stato di Israele a vivere in sicurezza di fronte a chi vorrebbe, addirittura per statuto, cancellarne la stessa esistenza. In questo quadro, il Governo valuta favorevolmente l'impulso parlamentare a promuovere il riconoscimento di uno Stato palestinese e a fare tutti gli sforzi per rilanciare e riprendere il negoziato tra le parti(Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà). 
Signor Presidente, colleghi, navigare in questo oceano in tempesta, in questo mondo alla ricerca di un nuovo ordine, di un nuovo equilibrio richiede, a mio avviso, innanzitutto una chiara scelta politica. In fondo lo scontro tra isolazionismo e apertura, che ha caratterizzato nel secolo scorso le grandi potenze – il dibattito degli Stati Uniti, per esempio, in modo particolare –, ormai riguarda tutti i Paesi, o comunque riguarda non più soltanto le superpotenze, ma riguarda anche i Paesi di media dimensione, come il nostro Paese. 
Isolazionismo o apertura: io credo che l'Italia debba essere dalla parte dell'apertura, debba fare fino in fondo la sua parte nel mondo e a livello internazionale. Ce lo dice la nostra storia, ce lo dice la nostra geografica: siamo in mezzo al Mediterraneo e abbiamo 8 mila chilometri di coste. Dobbiamo fare questa parte contro il terrorismo per partecipare alla soluzione delle crisi, per gestire con umanità, serietà e rigore il tema delle migrazioni irregolari, per competere negli scambi commerciali internazionali, per rilanciare la cooperazione a livelli degni di un Paese con la nostra storia e con la nostra tradizione. Finalmente abbiamo una nuova legge sulla cooperazione che ci aiuterà in questa direzione. Possiamo chiuderci nei nostri confini ? Possiamo voltare la testa di fronte alle tragedie della storia, che ci vengono buttate addosso, innalzando dei muri ? Possiamo rinunciare alle opportunità dei mercati internazionali, che sono opportunità crescenti, promuovendo barriere autarchiche ? Credo che non possiamo, ragionevolmente non possiamo. Non possiamo dire: fermate il mondo, voglio scendere. Non siamo in grado di farlo, anche se ritenessimo giusto farlo. Se chiudi la porta al mondo, nell'oceano in tempesta che prima cercavo di descrivere, quel mondo ti sfonda le finestre e minaccia la tua sicurezza e la tua economia. Per questo credo che il Parlamento possa ritrovarsi e lo può fare anche attraverso lo strumento della diplomazia parlamentare, che è sempre più importante a livello internazionale. Credo che il Parlamento possa ritrovarsi su molti impegni comuni per la democrazia, per i diritti umani, per la tutela delle minoranze, per il libero scambio, per la lotta alla minaccia terroristica che ci sfida. Trovare questa ispirazione comune è possibile; sarà impegno costante del Governo lavorarci e credo che sia uno dei modi per essere all'altezza di un grande Paese come l'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia – Centro Democratico e di deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).