Data: 
Lunedì, 16 Marzo, 2015
Nome: 
Marco Fedi

Presidente, sottosegretario, onorevoli colleghi, il tema che affrontiamo oggi è particolarmente importante. Per questa ragione, credo sia stato utile aver raggiunto un testo unificato con la collega Nissoli, che vede anche la firma di molti colleghi del Partito Democratico e che sono certo vedrà in Aula un voto comune di questo Parlamento e un impegno del Governo. 
La prima considerazione che vorrei fare riguarda la natura stessa del tema: le convenzioni bilaterali. Non si tratta unicamente, come qualcuno potrebbe pensare, di riconoscere diritti previdenziali, consentire la totalizzazione, questo strano meccanismo che consente di totalizzare, di sommare periodi di contribuzione versati in Paesi diversi o la portabilità, cioè la piena trasferibilità della pensione contributiva; parliamo di un diritto, del diritto di avere riconosciuti il lavoro svolto e i contributi versati. Un tema che affianca tutte le altre forme di tutela dei diritti umani e di protezione della persona. È il riconoscimento che diritti e doveri, anche economici, devono affermarsi in una dimensione internazionale e globale, attraverso le convenzioni bilaterali, sempre più anche multilaterali. Dobbiamo ricordarlo per evitare che queste scelte appaiano legate esclusivamente alla presenza di nostri connazionali nel mondo, sicuramente importante e significativa, come è stato ricordato, nei Paesi extraeuropei, oppure alle nuove emigrazioni in Italia. 
È, invece, veramente un tema di politica internazionale anche questo, è affermazione di diritti e doveri delle persone, riconoscendo che queste oggi, sia nella protezione umana, come nella tutela previdenziale o nei doveri fiscali, vivono realtà complesse che superano i confini nazionali e l'Italia è un Paese moderno che deve dare risposte di livello internazionale in una logica di reciprocità che consente anche ad altri Paesi di crescere e di riconoscere il valore delle convenzioni bilaterali. 
La nostra epoca è caratterizzata da una mobilità lavorativa transnazionale che interessa sempre di più tutti i settori e tutte le attività lavorative, nessuno più sfugge. Oggi il nostro Paese si trova ad affrontare un nuovo esodo di giovani verso il mondo e il tema delle tutele previdenziali deve tornare ad essere centrale anche per loro. La mobilità in ambito dell'Unione europea oggi è tutelata sia nella fase professionale, ad esempio con il riconoscimento delle qualifiche, che nella tutela previdenziale. 
Per i Paesi extraeuropei dobbiamo continuare a lavorare, invece, per aggiornare le convenzioni già esistenti, ai cambiamenti in campo nazionale, ma anche alle nuove esigenze: dai fondi privati e complementari, ad esempio, assicurandone la piena portabilità, fino ai nuovi meccanismi di totalizzazione in sistemi previdenziali che mutano in ciascuno dei Paesi extraeuropei dove le nostre nuove migrazioni arrivano. 
Così come dobbiamo lavorare per il riconoscimento delle qualifiche professionali e dei titoli di studio, così come dobbiamo superare anacronistiche distinzioni tra pensioni pubbliche e private, che ancora oggi limitano l'applicazione di tanti accordi, vere e proprie discriminazioni tra categorie di lavoratori. 
Le pensioni liquidate con la totalizzazione di contribuzione italiana ed estera al gennaio 2014 erano 793.432, a gennaio 2014 sono stati disposti a favore dei pensionati all'estero 358.210 pagamenti pensionistici; quindi, circa il 50 per cento delle pensioni in regime internazionale è liquidato, sulla base di contribuzione italiana e di Paesi dell'Unione europea, in Italia o nei Paesi in ambito UE. 
A ciò dobbiamo aggiungere che, se è vero che l'INPS paga pensioni verso l'estero, l'estero paga pensioni verso l'Italia. Per citare solo un esempio, l'Australia, attraverso il Centrelink corrisponde verso l'Italia un totale di circa 16.800 pensioni tassate in Italia, contro le circa 45 mila pensioni pagate verso l'Australia dall'Italia. Ma le pensioni australiane sono di importo medio decisamente superiore a quello italiano, quindi l'effetto economico sull'Italia è visibile. 
Il costo delle convenzioni, quindi, deve intendersi mediato, se non in alcune situazioni addirittura superato, dall'elemento della reciprocità in campo previdenziale e fiscale. In sostanza, ai sostenitori della tesi secondo cui le convenzioni costano troppo, per i quali l'Italia dovrebbe chiudersi in una sorta di splendido isolamento, ricordiamo i vantaggi economici e fiscali, il valore della reciprocità come strumento internazionale e la tutela delle persone, come aspetto centrale della tutela dei diritti umani. 
Nella mozione chiediamo che, alla luce delle importanti e sostanziali modifiche intervenute in questi ultimi anni nel nostro sistema previdenziale, venga istituito un tavolo tecnico che veda la presenza dei rappresentanti dei ministeri interessati, dell'INPS e dei patronati nazionali con il preciso compito di: monitorare lo stato delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale in essere – cioè quelle gia esistenti – verificando la loro compatibilità con le modifiche intervenute nel nostro sistema previdenziale e l'eventuale conseguente necessità di rinegoziarle sulla base di nuove esigenze di tutela internazionale; verificare, a fronte dell'aumentata mobilità internazionale di lavoratori e lavoratrici, sia in uscita che in ingresso in Italia, la necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali di sicurezza sociale, completando quindi il quadro giuridico di salvaguardia dei diritti sociali e aggiornando quelli in vigore, a garanzia di una più adeguata, efficace ed ampia tutela previdenziale. 
Il sistema previdenziale italiano con l'INPS si è impegnato ad assicurare ai residenti all'estero, per quanto reso possibile dalle caratteristiche dei vari Paesi, un trattamento analogo a quello riservato ai pensionati in Italia. Non sono mancati negli anni problemi, dal ritardo della verifica reddituale, con i conseguenti indebiti, alle lentezze nei pagamenti con le tante disfunzioni organizzative e burocratiche. Riteniamo incomprensibile, come è stato ricordato dalla relatrice Fitzgerald Nissoli, l'eliminazione dell'unità di consulenza per la sicurezza sociale del Ministero degli affari esteri, strumento di ricerca, consulenza e progettazione per l'avvio di negoziati bilaterali. 
Le convenzioni bilaterali di sicurezza sociale non devono tutelare solo la vecchia emigrazione. Stanno emergendo, infatti, moderne figure di nuovi migranti italiani, come i liberi professionisti, i ricercatori, i piccoli imprenditori, gli artigiani, gli insegnanti, gli studenti, i lavoratori al seguito delle imprese e i tanti giovani che si recano a lavorare all'estero anche per lunghi periodi, dove versano i contributi e pagano le tasse, che sono esclusi dall'attuale regime delle convenzioni bilaterali. 
Crediamo sia indispensabile superare ogni ingiustificata distinzione tra lavoratori pubblici e privati, sia in termini previdenziali che fiscali. Riteniamo sia opportuno rivedere anche i modelli OCSE, spesso superati e da aggiornare. L'esperienza di questi anni dimostra che lo scambio di informazioni a livello previdenziale e fiscale migliora il sistema di pagamento delle pensioni in termini di equità e che il regime fiscale, dallo scambio di informazioni, può migliorare in termini anche di contrasto ad elusione ed evasione fiscale. 
Lo scambio di informazioni garantisce, in sostanza, la trasparenza e la legalità nazionale ed internazionale dell'intero sistema delle convenzioni bilaterali. Dobbiamo ancora migliorare il regime dei cambi per assicurare efficienza e trasparenza per i pagamenti extra-euro. Le stesse modalità di pagamento sul conto corrente, le procedure di verifica dell'esistenza in vita e la verifica annuale dei redditi devono migliorare. 
In sostanza – e questo è un appello che rivolgo al Governo – i miglioramenti nei rapporti con la pubblica amministrazione, con l'INPS, con la Citibank, che paga le pensioni all'estero per le pensioni pagate nel mondo, devono essere in linea con le migliori pratiche amministrative e con l'agenda digitale e per la comunicazione elettronica che ci vede impegnati in Italia. 
L'idea di parità di trattamento – e con questo concludo –, estesa anche alle procedure burocratiche amministrative, è quello che chiediamo. 
Infine, quanto al ruolo insostituibile all'estero e in Italia dei patronati, una convenzione che affidi ai patronati, nel ruolo di sussidiarietà che già svolgono accanto alla rete consolare nel mondo, un ruolo di ulteriore assistenza e sostegno ai nostri connazionali stabilmente residenti nel mondo, ai nuovi migranti che si spostano nel mondo e anche alle imprese nei rapporti previdenziali locali. 
Darebbe tutto questo, Presidente, un forte segnale di rinnovato interesse in questo settore da parte del Parlamento e, auspichiamo, anche da parte del Governo.