A.C. 2674
Signor Presidente, nel dicembre del 2006, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, dopo circa quarant'anni di battaglie portate avanti da associazioni internazionali per la difesa dei diritti umani e dai familiari dei desaparecidos e voglio ricordare in questa sede il coraggio straordinario delle Madres de Plaza de Mayo nella ricerca della verità. Dopo tanti anni di lotte, questo terribile reato è stato riconosciuto come un crimine contro l'umanità.
Oggi, nell'esprimere il voto favorevole del Partito Democratico su questa ratifica, voglio porre l'accento proprio sulla portata umana, prima che giuridica, di questo odioso crimine. Non credo esista cosa peggiore della scomparsa di una persona a cui vogliamo bene, cui siamo legati. La morte ha uno status drammatico, una sua ineluttabilità; è una tragedia immensa ma, tuttavia, un punto fermo. Quando invece una persona è nel limbo della non presenza, quando non abbiamo sue notizie, non sappiamo nulla della sua salute, ignoriamo se egli soffra o abbia smesso di soffrire, allora siamo impotenti. Nella mente di chi aspetta a casa l'immaginazione ha solo due punti fermi tra i quali oscillare: la vita e la morte. Quello che c’è in mezzo è un vero inferno fatto di attese angosciose e tormentate. Ogni lettera, ogni telefonata, ogni persona che bussa alla porta può renderci felici o dannarci.
Far sparire le persone è un crimine atroce, talmente atroce che, di fronte a questo, persino restituire un cadavere è un atto di umanità. Il crimine diviene perverso quando, a rendere invisibili, è qualcuno di cui ci fidiamo e diventa dieci volte più perverso quando gli uomini e le donne spariscono per il tradimento di chi doveva garantire la loro vita perché, in fondo, gli Stati esistono anche per questo. Hobbes diceva che il Leviatano esiste per garantire l'esistenza dei sudditi e che tutto può, tranne che uccidere chi deve proteggere. È un principio, quello dello Stato garante della vita dei cittadini, che non ha barriere culturali o geografiche e che è presente in ogni ordinamento giuridico degno di questo nome. Chi nega questo principio si pone, semplicemente, al di fuori della comunità umana.
La Convenzione che ci apprestiamo a ratificare è importante proprio perché riconosce, per la prima volta nel panorama dei diritti umani, un nuovo diritto: il diritto di ciascuno a non esser fatto sparire e il diritto alla verità per le vittime della sparizione forzata e per i loro familiari.
Generalmente associamo questa odiosa pratica alle dittature latinoamericane, ma sono state migliaia le persone fatte scomparire dal regime franchista, dalla Germania nazista o da altri regimi.
Le sparizioni purtroppo non sono solo un ricordo della storia – l'hanno già ricordato molti miei colleghi – ma sono presenti ancora oggi in moltissime parti del mondo. Secondo i dati forniti dal Consiglio d'Europa, 14 mila persone si stanno ancora cercando nei Balcani, oltre 2 mila nel Caucaso e altrettanti a Cipro. Secondo dati di febbraio 2015 dell’International Commission on Missing Persons, iniziativa intergovernativa di cui per ora fanno parte Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Regno Unito e Svezia, i dispersi scaturiti dal conflitto della ex Jugoslavia sarebbero addirittura nel complesso circa 40.000.
Noi italiani abbiamo un legame emotivo forte con le sparizioni forzate. Molti dei nostri connazionali erano desaparecidos durante le dittature del Generale Videla in Argentina e di Pinochet in Cile. Delle decine di migliaia di casi denunciati, circa 30 mila possono essere ricondotti alla sola dittatura argentina.
Per il nostro Paese, sulla questione dei desaparecidos, intervenne nel 1983 direttamente il Presidente della Repubblica Sandro Pertini. In quella sede, il Presidente rispose al «documento finale» della giunta militare argentina, che sosteneva che tutte le persone scomparse durante quegli anni dovevano considerarsi morte. «L'agghiacciante cinismo del comunicato con il quale si annuncia la morte di tutti i cittadini argentini e stranieri scomparsi in Argentina nei tragici anni trascorsi sotto la dittatura militare» disse Pertini «colloca i responsabili fuori dall'umanità civile».
Lo scorso anno il Governo italiano si è costituito ad adiuvandum nel processo contro i responsabili del Plan Condor che si sta celebrando proprio in Italia.
Oggi ratifichiamo una Convenzione che mi auguro contribuirà a restituire la verità alle vittime del passato e a quelle purtroppo future, sperando che la storia non si ripeta.
Oppositori politici, attivisti per i diritti umani, semplici cittadini sospettati di attività non gradite ai regimi dittatoriali, ma anche il cattivo funzionamento delle forze di polizia nei Paesi democratici, ci dicono che le sparizioni forzate sono un problema di oggi e sono un problema di proporzioni planetarie.
Rompere l'impunità vuol dire far progredire la nostra civiltà e la storia dei diritti umani universali.
La Convenzione offre un quadro generale, all'interno del quale i singoli Stati sono stimolati ad un'azione legislativa coerente. Sancisce che le sparizioni forzate sono un crimine contro l'umanità, facendole uscire dalla logica del crimine politico, che in alcuni casi poteva portare a un rallentamento delle procedure di estradizione. Vengono stabiliti obblighi precisi per gli Stati: proibizione della detenzione segreta; l'impegno a detenere le persone in strutture ufficialmente riconosciute e controllate; un registro dei detenuti; il rispetto dell’habeas corpus; il diritto di soggetti terzi ad ottenere informazioni. La Convenzione riafferma, inoltre, il diritto delle vittime al riconoscimento della verità e ad un'equa riparazione per sé e per i propri cari. Inoltre, tratta il problema del rapimento dei bambini, i cui genitori sono vittime di sparizioni forzate, la falsificazione della loro identità e la conseguente adozione. La Convenzione impone la collaborazione e lo scambio di informazioni tra i firmatari, squarciando i veli di omertà e scavalcando gli interessi particolari.
Come hanno ricordato molti miei colleghi, la Convenzione è stata adottata nel 2006 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite e fu costruita in base alla dichiarazione ONU sulla protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate. L'Italia ha firmato nel 2007 e da allora sono trascorsi 8 anni senza che il Parlamento ratificasse questa Convenzione.
Lo scorso 27 ottobre 2014, a Ginevra, l'Italia è stata sottoposta, per la seconda volta, alla revisione periodica universale davanti al Consiglio dei diritti umani, procedura che si è conclusa ieri proprio a Ginevra. La procedura rientra fra le misure nuove adottate con la riforma del 2006 e consiste in un esame periodico universale, in base al quale la situazione dei diritti umani di ogni Paese membro è esaminata in modo periodico con scadenza quadriennale. L'Italia ha ricevuto molte raccomandazioni nell'ambito di questa revisione e una di queste raccomandazioni riguarda proprio la ratifica della Convenzione sulle sparizioni forzate.
È dunque questo, a maggior ragione, il tempo di ratificare questa Convenzione. Io credo che lo dobbiamo alla nostra memoria storica, ai nostri connazionali residenti in Argentina e in tutti quei Paesi in cui le sparizioni forzate sono state e sono una pratica odiosa. Lo dobbiamo ad ogni persona, uomo, donna o bambino, che è sottoposta agli abusi di chi agisce per nome e per conto di uno Stato che viene meno al suo dovere fondamentale, che è quello, appunto, di difendere l'esistenza dei suoi cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).