Intervento del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale
Data: 
Venerdì, 24 Aprile, 2015
Nome: 
Paolo Gentiloni Silveri

Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghi, innanzitutto mi unisco alle parole della Presidente della Camera, rinnovando le condoglianze e la vicinanza del Governo e mia personale alla madre di Giovanni Lo Porto, la signora Giusi, e a tutti i familiari e ai suoi amici. 
Giovanni era un volontario generoso ed esperto del mondo della cooperazione allo sviluppo, ultimamente attivo nella ONG tedesca Welt Hunger Hilfe. Giovanni, che in famiglia era chiamato Giancarlo, ha vissuto dedicandosi agli altri e lo ha fatto in maniera concreta, fin dagli anni della sua laurea in cooperazione internazionale presa a Londra, dei suoi viaggi in diversi Paesi del continente africano, ad Haiti, in Birmania e, da ultimo, in Pakistan, dove aveva lavorato anche per ONG italiane, ovunque per portare solidarietà e fattiva assistenza ai più deboli e alle popolazioni sofferenti. 
Lo ha fatto con convinzione e consapevolezza, sapendo bene quali erano le sue responsabilità e le aspettative che le persone avevano nei confronti del suo lavoro e con altrettanta determinazione ed entusiasmo ha sempre portato avanti la sua attività di operatore umanitario: un'attività, cari colleghi, in cui migliaia di nostri volontari sono impegnati in decine di Paesi, nei campi profughi, negli ospedali, nell'assistenza ai più deboli; un'attività in cui crescono i pericoli in questi anni e deve crescere la prudenza, ma, soprattutto, deve crescere il sostegno nostro, del Governo e del Parlamento, e la nostra vicinanza, perché questa attività fa onore all'Italia. 
Giovanni Lo Porto era stato rapito il 19 gennaio 2012 in un'area della regione del Punjab, al confine tra Afghanistan e Pakistan, dove era andato con un collega tedesco, Bernd Muehlenbeck, per prestare assistenza di emergenza alle popolazioni di una zona rurale, la zona di Multan, che era stata pesantemente colpita da alluvioni. Il cooperante tedesco, anch'egli sequestrato insieme a Giovanni, era stato successivamente separato da Lo Porto, per poi essere liberato in Afghanistan, dove è stato rilasciato il 10 ottobre 2014, alla periferia di Kabul. 
Il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha informato il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nella tarda serata del 22 aprile scorso, che, purtroppo, il cooperante americano Warren Weinstein, professore di diritto ed economia dello sviluppo, rapito in Pakistan il 13 agosto 2011, e il nostro connazionale Giovanni Lo Porto avevano perso la vita a seguito di un bombardamento effettuato a metà gennaio da velivoli americani a pilotaggio remoto, i cosiddetti droni, in un'area, appunto, a ridosso del confine tra Pakistan e Afghanistan. 
Tale informazione è stata fornita al nostro Governo e all'opinione pubblica americana appena finalizzate le necessarie verifiche condotte da parte statunitense. Tali verifiche si sarebbero protratte per tre mesi per la particolarissima natura del contesto in cui si è svolta l'azione antiterrorismo: un'area di guerra teatro di numerosi sequestri, un'area che non consentiva certo facile e rapido accesso al compound colpito per accertare le conseguenze dell'azione antiterrorismo e successivamente identificare le persone rimaste colpite. 
Il Governo italiano prende atto di queste affermazioni e prende comunque atto dell'impegno alla massima trasparenza assunto ieri dal Presidente degli Stati Uniti. Nel corso del colloquio telefonico, il Presidente Obama ha informato di voler rendere pubblica la tragica notizia la mattina successiva, giovedì 23 aprile, in modo da poter esprimere, lui stesso, le scuse degli Stati Uniti all'Italia per il tragico epilogo dell'operazione antiterrorismo, assumendosene, come avete poi visto, la piena responsabilità di fronte al popolo americano e al popolo italiano. 
Prima della notizia è stata informata la famiglia, attraverso una missione dell'unità di crisi della Farnesina a Palermo, che è avvenuta, appunto, nella giornata di ieri. Secondo quanto riferito dal Governo americano, l'operazione antiterrorismo era stata condotta per colpire importanti esponenti di Al Qaeda individuati nell'area, tra cui, in particolare, il cittadino americano di origine pakistana Ahmed Farouq. Nel bombardamento, che ha colpito il compound in cui si nascondeva Farouq, sarebbero morti quest'ultimo, alcuni altri affiliati ad Al Qaeda e i due ostaggi. Il Governo statunitense ha confermato che non vi erano informazioni in base alle quali si potesse ritenere che in quel compound vi fossero i due ostaggi. 
Nel premettere che sull'intera vicenda è aperta un'inchiesta della magistratura, vorrei sottolineare come la Farnesina, per il tramite dell'unità di crisi, abbia seguito la vicenda con la più alta attenzione fin dal primo momento e nel corso di tutti questi quaranta mesi, in stretto coordinamento, ovviamente, con l’intelligence nazionale. Era nostro dovere farlo, come è nostro dovere fare ogni sforzo per soccorrere e cercare di sottrarre ai loro sequestratori i nostri connazionali. Lo abbiamo fatto negli anni passati, lo stiamo facendo ora per padre Paolo dall'Oglio in Siria e per Ignazio Scaravilli in Libia. 
A seguito della diffusione della notizia del sequestro, la Farnesina e gli altri organi del Governo interessati avevano, infatti, immediatamente attivato tutti i canali disponibili per rintracciare Giovanni Lo Porto e per avere elementi certi sulla sua condizione. In questo contesto, abbiamo mantenuto un costante scambio di informazioni con la struttura omologa, l'unità di crisi tedesca, anche con ripetuti scambi di visite nelle rispettive capitali, per tutto il periodo in cui Lo Porto è stato insieme al suo collega tedesco e anche nella fase successiva. 
L'unità di crisi si è, inoltre, tenuta in stretto contatto con la Welthungerhilfe e, fin dal primo momento, il Governo italiano ha esercitato la massima pressione diplomatica possibile sulle autorità locali per far luce sulla vicenda, sollevando la questione in tutti gli incontri bilaterali e chiedendo al Governo pakistano – richiesta italiana e tedesca – di istituire, come è stato fatto, per far luce sul rapimento, un'apposita task force, ai cui lavori hanno partecipato regolarmente funzionari diplomatici e dei servizi di informazione presso l'ambasciata italiana a Islamabad.  L'ultima evidenza secondo la quale Giovanni Lo Porto risultava in vita risale allo scorso autunno. Nell'area sono risultate poi sempre più frequenti azioni militari condotte lungo il confine afgano-pakistano. Tali azioni hanno contribuito a rendere ancora più complessa, specie negli ultimi mesi, l'attività di acquisizione delle informazioni sul terreno. La Farnesina, attraverso l'unità di crisi, ha mantenuto in tutti questi anni un costante contatto con la famiglia e, in particolare, con la madre e i fratelli di Giovanni residenti a Palermo. 
Presidente, onorevoli colleghi, voglio assicurare che l'Italia troverà il modo di onorare la memoria di Giovanni, come ha sottolineato ieri il Presidente del Consiglio, e che lavoreremo per acquisire il massimo di ulteriori informazioni possibili sulle circostanze del tragico errore riconosciuto ieri dal Presidente Obama. Ma una cosa deve essere chiara: i tragici errori e le colpe che il Presidente degli Stati Uniti ha direttamente riconosciuto non incrinano la determinazione con cui il Governo intende proseguire la lotta contro il terrorismo. È una minaccia seria, va affrontata collaborando con i nostri alleati, va affrontata sostenendo l'azione di tutte le forze dello Stato impegnate sul terreno, va affrontata con l'unità del Parlamento e del popolo italiano.