Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, rappresentanti del Governo, io non parteciperò all'apertura della campagna elettorale, avviata qui, in quest'Aula in questo momento, dal collega Di Maio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), mi atterrò all'oggetto di questo nostro dibattito, cercando di usare le mozioni parlamentari (Commenti del deputato Di Battista)... cercando di usare le mozioni parlamentari per quello che servono e cioè a dare indirizzi al Governo rispetto ad una situazione complessa, una situazione non facile, rispetto alla quale noi e i nostri amministratori ci prendiamo tutti giorni la responsabilità di fare i conti. Quindi, cercherò di utilizzare questi minuti, per richiamare cosa noi chiediamo al Governo, quali sono gli impegni che noi, insieme ai nostri amministratori, chiediamo al Governo di assumere e sui quali già, peraltro, ha cominciato a pronunciarsi il Viceministro Morando. E se dovessi indicare l'obiettivo prioritario di questo atto di indirizzo lo sintetizzerei così: uscire dall'emergenza, dall'incertezza e dal proliferare dei provvedimenti normativi, per approdare ad una fase di medio-lungo, periodo della vita finanziaria e organizzativa delle autonomie locali, fondata su principi di autonomia, responsabilità, trasparenza ed equità.
Con una considerazione aggiuntiva: la ripresa, ma anche la trasformazione del Paese, hanno uno dei loro passaggi indispensabili e ineludibili nella riforma e nella modernizzazione del sistema delle autonomie locali. Su questo versante si regge l'altro fronte del cambiamento dell'assetto istituzionale dell'Italia, necessariamente legato e intrecciato al versante delle riforme costituzionali. Sul fronte delle autonomie si è giocata e si gioca tanta parte della capacità di tenuta e coesione economica e sociale dentro i colpi inferti dalla crisi di questi anni e, insieme, si gioca oggi tanta parte della possibilità di ripresa. Non cresce l'Italia se non si consolida, se non si rinnova, se non si ritrova la possibilità e capacità piena di azione e di programmazione da parte del sistema delle autonomie territoriali.
Le necessità politiche di fondo, che chiediamo al Governo di assumere pienamente, organizzando in modo conseguente la propria azione, sono esattamente queste: il carattere strategico per il futuro dell'Italia del tema delle autonomie locali e la necessità di un approdo riformatore, che superi la stagione delle emergenze. Noi abbiamo alle spalle almeno due fasi, che si sono in parte succedute nel tempo e in parte si sono intrecciate e non sempre, purtroppo, in modo virtuoso. C’è stata una stagione cosiddetta federalista, o comunque della valorizzazione delle autonomie, che ha spostato verso i territori competenze e responsabilità, dalla legge n. 142 del 1990 alle norme sul decentramento amministrativo, passando per la riforma del Titolo V della Costituzione fino alla legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale ed ora alla legge n. 56 del 2014, una linea normativa che nel bene e nel male, pur con errori, incertezze e anche contraddizioni, ha lavorato comunque sull'idea della Repubblica delle autonomie, coerente con l'impianto costituzionale.
Su questo percorso normativo si è innestata, con un pesante impatto, una stagione segnata dalla crisi della finanza pubblica, con un'emergenza che è stata declinata anche sottoponendo gli enti locali ad una pesante riduzione della spesa e dei margini di autonomia finanziaria. Vorrei sommessamente ricordare all'onorevole Palese e all'onorevole Castelli che noi abbiamo cominciato a rifinanziare quel fondo per le politiche sociali che altri avevano azzerato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Si tratta di una stagione difficile, che ha coinciso con la pesante crisi economica e sociale che ha investito il Paese e che, mentre le risorse diminuivano, ha chiamato direttamente gli enti locali ad assumere nuove competenze e responsabilità per fronteggiare nuove domande, nuovi e crescenti e a volte drammatici bisogni sociali. Abbiamo così vissuto e siamo ancora dentro una fase segnata da difficoltà serie per le amministrazioni locali (convulsioni normative, interventi occasionali e parziali), soprattutto segnata da una ormai insostenibile incertezza di fondo.
Con la legge n. 56 del 2014, con gli interventi di alleggerimento dei vincoli del Patto di stabilità, con la ripresa, a partire dall'edilizia scolastica, onorevole Di Maio – ma non solo da questa –, del sostegno agli investimenti locali, con l'introduzione di nuovi principi contabili, con l'avanzamento dei lavori sulla determinazione, onorevole Guidesi, dei costi e dei fabbisogni e delle capacità fiscali standard, con l'impegno per la local tax, Governo e Parlamento hanno messo in campo alcuni strumenti che possono contribuire ad un cambio di fase.
Con questa mozione chiediamo al Governo di fare, insieme al Parlamento, del 2015, da qui alla legge di stabilità, l'anno della svolta e dell'approdo del sistema della finanza locale e chiediamo di farlo sulla base di alcune impellenti necessità di intervento, cui rispondere con misure di urgenza, e di alcuni indirizzi di fondo.
Da subito – e su questo rilevo con soddisfazione l'affermazione del Viceministro Morando – occorre dare attuazione alle intese raggiunte a febbraio-marzo in seno alle Conferenze Stato-città e Stato-regioni sulla rideterminazione degli obiettivi di patto, sul sistema delle sanzioni per il loro mancato raggiungimento. Ma bisogna anche trovare un'intesa con il sistema delle autonomie su altre correzioni, a partire dalla questione dei 625 milioni dell'IMU agricola e altre questioni particolari. Occorre intervenire su termini e procedure per dare gradualità e flessibilità alla fase di avvio a regime dell'armonizzazione contabile, uno sforzo importante richiesto quest'anno ai comuni, che ci consegnerà un quadro più trasparente e solido dei bilanci comunali e che non verrà meno se si rivedranno ad esempio i termini per i rendiconti.
Occorrono poi uno sforzo e interventi per garantire effettiva sostenibilità al concorso al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica per le province e per le città metropolitane, anche ragionando su modalità di redazione e di approvazione dei bilanci straordinari per l'esercizio 2015.
Ma poi vi sono almeno quattro questioni di fondo che quest'anno devono trovare un approdo. Innanzitutto, la fiscalità comunale – local tax, ma non solo –: il riordino complessivo nel senso della semplificazione per i cittadini innanzitutto, ma anche per gli amministratori, del sistema dei tributi locali, qualificandolo e dotandolo di stabilità nel tempo, basato su un rapporto chiaro e trasparente tra autonomia tributaria e strumenti di solidarietà e di perequazione.
E qui c’è un secondo nodo di fondo: il rapporto tra autonomia e solidarietà. Quest'anno il comparto dei comuni alimenterà totalmente il fondo di solidarietà comunale con più risorse di quante ne ritrarrà. Siamo non solo al contributo al risanamento finanziario, alla perequazione tutta orizzontale, ma al finanziamento dello Stato da parte di molti comuni. Gli oneri della perequazione e della solidarietà tra territori non possono a regime essere solo a carico di una parte dei comuni, non solo perché lo dice l'articolo 119 della Costituzione, ma anche per evitare che in una stagione difficile per tutti venga alimentata una linea di frattura troppo ampia tra comuni che contribuiscono e comuni che ricevono. Ed anche a questo fine è comunque indispensabile che i criteri di alimentazione e riparto delle risorse del Fondo di solidarietà comunale siano i più trasparenti ed equi possibile e consentano, con un uso appropriato di fabbisogni e capacità fiscali standard, di superare davvero, anche gradualmente, ma con decisione, il sostanziale mantenimento della spesa storica come riferimento, con il risultato paradossale, in alcuni casi, di penalizzare gli enti più virtuosi e garantire e premiare chi virtuoso non è.
La terza questione riguarda l'autonomia e i vincoli organizzativi di spesa. Non solo autonomia finanziaria, occorre un'opera di semplificazione e disboscamento di una miriade di vincoli minuti, specifici, pervasivi delle scelte organizzative degli enti, ormai fonte di diffuse incertezze, di errori, di inefficienze e di diseconomicità. Per risparmiare strutturalmente bisogna poter programmare e bisogna poter manovrare, in relazione alle proprie realtà, le leve dell'organizzazione dell'attività amministrativa. Occorre anche qui una svolta: bene i limiti, i tetti, gli obiettivi generali di saldo sulla spesa, ma è necessario uno sforzo di autonomia nella scelta degli strumenti e dei modi con cui perseguirli. Infatti, misure centralizzate su singole voci spesso non distinguono i vizi dalle virtù.
Infine, vi sono gli investimenti. Negli anni in cui in Italia gli investimenti pubblici locali, che rappresentano il 60 per cento degli investimenti pubblici, si dimezzavano, in altri Paesi europei, che più hanno retto di fronte alla crisi, questi venivano incrementati. Gli investimenti locali si fanno rapidamente, sono utili davvero, fanno migliore questo Paese e sostengono in modo diffuso l'economia, l'occupazione e la ripresa. Occorre proseguire con determinazione – apprezzo l'intervento del Viceministro – sulla via del superamento del patto di stabilità e occorre al contempo una riflessione su modalità più semplici di applicazione agli enti locali del principio di equilibrio di bilancio.
Concludo, Presidente. È uno scenario di impegni non facili, non da spendere semplicemente in una campagna elettorale, ma indispensabili per rispondere insieme alle urgenze con provvedimenti immediati, che chiediamo, e alla necessità di un riassetto del sistema delle autonomie e della finanza locale capace di contribuire a cambiare in meglio questo nostro Paese. È uno scenario non facile da gestire per il legislatore, per chi amministra e per il Governo e non si può neppure liquidare con qualche slogan, ma è uno scenario nel quale il Governo, sulle linee della mozione Marchi ed altri, potrà contare, oltre che sul voto, sul contributo e l'impegno del gruppo del Partito Democratico