Ministro dell'Economia e delle Finanze
Data: 
Mercoledì, 1 Luglio, 2015
Nome: 
Pier Carlo Padoan

Grazie Presidente, buonasera, vorrei scusarmi in anticipo con gli onorevoli deputati se, alle 17,15, sarò costretto a lasciare l'Aula per poter partecipare alla teleconferenza dell'Eurogruppo prevista per le 17,30. 
Onorevoli deputati, il negoziato sulla Grecia non si è mai interrotto. Nonostante la chiusura del secondo programma di assistenza finanziaria avvenuta ieri, le istituzioni europee e l'Eurogruppo stanno continuando a lavorare per trovare una soluzione che rimetta rapidamente la Grecia sulla strada della crescita. Si è perso purtroppo molto tempo prima che le autorità greche facessero proposte concrete e si potessero avviare tavoli tecnici indispensabili a finalizzare accordi. Il mandato dell'Eurogruppo è sempre stato quello di trovare un accordo e l'uscita della Grecia dall'euro non è mai stata un'opzione. Questa posizione è stata fermamente ribadita anche dai Capi di Stato e Governo nel corso dell'Euro Summit del 22 giugno scorso. L'unico obiettivo del negoziato è stato quello di trovare un accordo bilanciato e orientato alla crescita prima della scadenza del secondo programma di assistenza finanziaria che scadeva ieri, un accordo che tenesse conto del recente deterioramento della situazione economica nel Paese, del nuovo contesto politico e di alcune proposte alternative presentate dal Governo di Atene. L'Eurogruppo del 20 febbraio, che aveva accordato alla Grecia l'estensione di quattro mesi del programma, aveva riconosciuto la necessità di applicare margini di flessibilità rispetto agli impegni presi dal precedente Governo. Le istanze politiche della nuova compagine governativa erano state riconosciute come elemento rilevante per valutare l'adempimento della condizionalità che accompagnava il programma. Al tempo stesso era stata riaffermata la necessità di garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche e di portare avanti le riforme necessarie a modernizzare e rilanciare l'economia. La crescita della Grecia non dipende da una ipotetica svalutazione della moneta: dipende dalla fiducia, dal credito, dalla rimozione degli ostacoli strutturali, dalla ricostruzione delle istituzioni. Su molte questioni sono stati compiuti importanti passi avanti, specie nel corso delle intense trattative di queste ultime settimane. Le istituzioni europee hanno esercitato la flessibilità annunciata e questo emerge chiaramente se si valuta la distanza tra le posizioni del 20 febbraio e quelle del documento pronto per essere discusso dall'Eurogruppo lo scorso 27 giugno. In particolare gli obiettivi di avanzo primario richiesti per l'anno in corso e per i prossimi anni sono stati rivisti al ribasso in misura significativa, anche tenendo conto del deterioramento delle condizioni di partenza. Sulla questione dell'IVA la distanza tra le posizioni negoziali delle istituzioni e quelle delle autorità greche si era decisamente accorciata. Sul fronte delle pensioni vi è condivisione che il sistema pensionistico in Grecia è molto frammentato e allo stato dei fatti insostenibile. Sul piano della politica di bilancio le proposte greche concentravano gli interventi dal lato delle entrate, le istituzioni più sul lato delle spese. Le prime, com’è noto, sono potenzialmente più dannose per la crescita delle seconde. 
In un'economia in cui la capacità contributiva è fortemente compromessa sotto molti punti di vista, è necessario valutare accuratamente l'efficacia delle misure e gli interventi sul fronte delle spese che possono rivelarsi necessari. Un accordo sulle misure proposte dalle istituzioni avrebbe, oltre che permesso di far fronte alle esigenze finanziarie dell'estate, reso meno complicato il negoziato per un ulteriore programma di sostegno finanziario. Si stava infatti formando un consenso ampio sulla necessità di fornire alla Grecia ulteriori risorse per far fronte alle necessità dei prossimi anni e sostenere le riforme e le iniziative a favore della crescita, di cui ha immenso bisogno il Paese. Nell'ambito del negoziato di un terzo programma, un ulteriore riscadenzamento del debito, con ricadute positive sulla sostenibilità, sarebbe concretamente possibile. Bisogna anche ricordare che la Commissione stava lavorando ad un pacchetto di sostegno alla crescita e agli investimenti del valore di circa 35 miliardi di euro. È quindi evidente che, oltre a chiedere serietà nella gestione di bilancio, erano mobilitate risorse per promuovere la crescita e gli investimenti, quindi tutt'altro che austerità. 
Le trattative si sono interrotte a seguito della decisione del Governo greco di indire un referendum per il prossimo 5 luglio e la sua raccomandazione di votare contro le ultime proposte avanzate dalle istituzioni. Il programma è quindi scaduto il 30 giugno insieme a tutti gli accordi di sostegno finanziario. Ieri il Governo greco ha inviato una richiesta per un nuovo programma di assistenza finanziato dall’European stability mechanism; la richiesta ncludeva anche un'estensione del programma in scadenza e interventi sul debito. L'estensione del programma non era più tecnicamente realizzabile. 
A norma del Trattato istitutivo dell'ESM, l'Eurogruppo dovrà ora valutare la richiesta di un nuovo programma, che dovrà basarsi su una nuova valutazione del fabbisogno finanziario dello Stato greco, alla luce dell'ulteriore deterioramento della situazione economica del Paese. Il Governo greco ha trasmesso stamattina la lista delle riforme che si impegna a portare avanti nel corso del programma. La decisione dell'Eurogruppo, che sta di nuovo per riunirsi, non può prescindere da alcuni presupposti che servono a verificare il reale impegno politico da parte del Governo greco a sostenere un corso d'azione ritenuto fino a pochi giorni fa inattuabile e la posizione rispetto al referendum. 
L'Italia ha sempre sostenuto, nel corso del negoziato, una posizione di apertura, sottolineando la necessità di continuare a portare avanti il dialogo con Atene. L'importanza che noi attribuiamo alla crescita è nota ed è ben presente anche nelle nostre posizioni nell'ambito dell'Eurogruppo. Valutiamo quindi positivamente la riapertura del dialogo, che intendiamo condurre in maniera costruttiva. 
La Banca centrale europea, nel frattempo, ha deciso di non interrompere il canale di liquidità alle banche greche. Si tratta di un ulteriore importante segnale dell'impegno di tutte le istituzioni europee per una soluzione concordata e positiva. Riguardo a possibili rischi di contagio per l'Italia e gli altri Paesi dell'Eurozona, ricordiamo che la Banca centrale europea ha a disposizione tutti gli strumenti necessari a fronteggiare una possibile forte volatilità e le possibili tensioni sui mercati finanziari. Le istituzioni europee, a cominciare dall'unione bancaria, sono ora più solide, come anche la nostra economia e quella dell'area euro in generale. Il principale canale di contagio della crisi degli anni passati era costituito soprattutto dalle banche: grazie all'unione bancaria è stato rafforzato il funzionamento del settore, che ora non è più un veicolo di contagio. Le reazioni dei mercati, ad oggi, non indicano alcuna presenza evidente di segni di contagio. 
Per quanto riguarda l'implicazione di finanza pubblica di un eventuale default greco sui crediti concessi dall'Italia, occorre ricordare che questi sono già contabilizzati e inclusi nello stock di debito. Il contributo italiano al primo programma per la Grecia, nel 2010-2011, è avvenuto tramite un prestito bilaterale di 10,2 miliardi di euro. Alla luce dei vari emendamenti intervenuti negli anni ai termini del prestito, si è ritenuto opportuno adottare una linea prudenziale, non inserendo nelle previsioni ufficiali di bilancio gli interessi attivi previsti sul prestito in questione. I primi rimborsi in conto capitale sono invece previsti a partire da giugno 2020 e pertanto non rientrano nell'orizzonte temporale del bilancio pluriennale. 
Il contributo italiano al secondo programma della Grecia è avvenuto attraverso la concessione di garanzie sui titoli emessi dal cosiddetto Fondo salva-Stati (EFSF), le garanzie sono contabilizzate sotto la linea e pertanto non contribuiscono alla formazione del fabbisogno, ma vengono direttamente contabilizzate come aumento di debito. Il contributo italiano si può dedurre in base ad una chiave di ripartizione che prevede per l'Italia una quota di 25,7 miliardi di euro. Sul debito contratto con l'EFSF la Grecia ha ottenuto, con l'accordo del novembre del 2012, un periodo di estensione delle scadenze pari a 15 anni, la scadenza media del debito è ora pari a 32,4 anni, e una grazia sui pagamenti per interessi per 10 anni. In caso di mancati pagamenti da parte della Grecia, eventuali perdite a carico dell'Italia si determinerebbero solo se l'EFSF non fosse in grado di rifinanziarsi alla scadenza delle proprie emissioni utilizzate per finanziare i prestiti alla Grecia. L'EFSF è una istituzione finanziaria con un rating elevato che riesce ad emettere con rendimenti molto contenuti. Nel corso delle ultime settimane le tensioni collegate alla crisi greca non hanno comportato conseguenze degne di nota sui rendimenti dei titoli EFSF. L'ipotesi di incapacità da parte di questa istituzione di rifinanziarsi sul mercato sembra decisamente remota. Un eventuale terzo programma di assistenza finanziaria non avrebbe implicazioni di finanza pubblica in quanto sarebbe finanziato da ESM, che avendo un capitale proprio non necessita di garanzie. L'Italia ha contribuito al capitale di ESM con circa 14 miliardi già tutti versati. 
Non temiamo ripercussioni di ampia portata sulla nostra economia, l'esposizione del settore bancario rispetto alla Grecia è molto limitata, inferiore ad un miliardo di euro. La ripresa economica, il consolidamento delle finanze pubbliche e il processo di riforma in atto sostengono la capacità di assorbimento di possibili shock legati all'impatto della crisi greca. La solidità dei fondamentali e la credibilità delle riforme ci mettono al riparo dai rischi del passato, che si scaricavano su un ampliamento degli spread sui nostri titoli di Stato. 
Infine, la crisi greca interviene in un momento in cui le istituzioni europee e i Paesi membri dell'area dell'euro sono coinvolti in un importante esercizio di analisi e proposta di rafforzamento dell'Unione economica e monetaria. Il rapporto dei 5 Presidenti, pubblicato di recente, offre uno spunto importante in questo processo. A fronte di questa crisi, ma indipendentemente dalla sua conclusione, questo processo deve accelerare e produrre in tempi rapidi soluzioni che rafforzino la resilienza dell'area dell'euro. Tali soluzioni non possono limitarsi a contemplare strumenti e processi per consolidare i meccanismi di sorveglianza o di sanzione esistenti. Il sistema delle regole deve essere accompagnato da strumenti di condivisione dei rischi e di stabilizzazione nei confronti di shock. Solo in questo modo riusciremo a testimoniare la nostra determinazione a rafforzare l'Unione monetaria. 
In conclusione, il Governo continua a lavorare attivamente per un accordo positivo e inclusivo. Non ha mai smesso di farlo, pur rifuggendo ad una esposizione mediatica, spesso controproducente nel corso dei negoziati. L'azione del Governo è ispirata dalla necessità e dallo sforzo di ricostruire la fiducia in Europa e sull'Europa, nella convinzione che soluzioni condivise siano le migliori possibili per tutte le parti coinvolte in un contesto in cui sia data priorità alla crescita e all'occupazione, come l'Italia ha sostenuto a partire dalla sua Presidenza dell'Unione europea (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).