A.C. 2985-A
Grazie, signor Presidente. L'assistenza alle persone con disturbi dello spettro autistico rappresenta da una criticità del sistema di cura, mancanza di equità nella risposta ai bisogni ed è nella grande variabilità di interventi regionali, tra esperienze virtuose e di moderna concezione scientifica e la assimilazione alle malattie mentali aspecifiche, tra il poco per i bambini e adolescenti ed il nulla per gli adulti. Un variegato e disomogeneo panorama, nonostante l'accordo Stato-regioni del 22 novembre 2012. È un mondo di solitudine, spesso di disperazione, in attesa di una risposta. Un mondo che, come per tutti, deve essere fatto di salute, affetti, scuola, sport. Si dipinge un quadro ben noto a chi per professione, per affetto, per casualità, ha conosciuto questo mondo in cui il rischio dello stigma della solitudine, della segregazione, della esclusione, è ancora molto alto. Questa legge arriva come risposta a questa disomogeneità. Una legge attesa, accolta con favore ed immediato da molte associazioni e approvata all'unanimità in Senato, sollecitata dalla Presidenza della Repubblica. Senza grossi cambiamenti, con grande rispetto per questo voto unanime, ne abbiamo arricchito il testo con un articolo aggiuntivo, un emendamento della maggioranza che, con lo scopo di rendere il testo più cogente e ridurre il rischio che gli impegni restino solo belle parole, introduce il riferimento alla Conferenza unificata Stato-regioni che nell'applicazione dei LEA deve provvedere all'aggiornamento triennale delle linee di indirizzo, e il comma 2 che recita che l'attuazione delle linee di indirizzo costituisce adempimento ai fini della valutazione da parte del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA. Non si può scappare, i servizi dovranno essere realizzati, la clausola di invarianza di finanza ha condizionato un giudizio sommario, una bella cornice, un manifesto di intenti. In realtà, è una legge di riordino e riordino anche dei fondi frammentati nei diversi, numerosi, progetti. Molto di quello che è già scritto è già in essere nelle diverse realtà regionali, ma in maniera disarmonica. Il cuore della legge sta nell'aggiornamento dei LEA specifici, è in questo passaggio che c’è l'impegno economico del Governo. Si aggiungono LEA, si aggiungono possibilità di cure. È nei LEA la sostanza di questo provvedimento. È questa la promessa da onorare. Tutto il resto è già nelle leggi sulla disabilità e sulla scuola. Sì ai LEA specifici, sì alla spinta inclusiva culturale, sì alla forte indicazione alle regioni e per un reale e omogeneo passo avanti, ma non possiamo fare distinzioni per patologia nel sostegno alla fragilità e nelle regole; non si fanno distinzioni per il tipo di fragilità, ma per i gradi di fragilità e i gradi di gravità. Un disturbo con molte espressioni cliniche e di differenti gravità, alcune solo sfumatamente evidenti e non precludenti la vita sociale, altre con manifestazioni gravissime che non consentono una vita autonoma e non assistita. Tutto questo e le risposte con percorsi terapeutici scientificamente validati è nel riferimento alle linee guida. La diagnosi precoce è nelle linee guida e non ha bisogno di emendamenti rafforzativi, c’è già. La diagnosi precoce è ormai scientificamente riconosciuta come elemento da cui derivano l'andamento delle possibilità di successo di un percorso di cura che è individualizzato, fatto di azioni terapeutiche, educative, abilitative. La diagnosi si basa sul riconoscimento della terna che definisce lo spettro: disturbi del linguaggio, ripetitività anche ossessiva dei gesti, alterazione della sfera relazionale, i diversi stati di gravità distinguono quindi la platea in lievi, medi e gravi, ed è il livello di gravità a determinare i bisogni e condizionare la risposta sanitaria e sociale.
Sappiamo che, quando si ha un disturbo del comportamento, non sono le belle parole a migliorare la qualità della vita, ma l'accesso alle cure, la fornitura di beni e servizi, il sostegno economico. Per un'incontinenza la differenza di qualità sta molto nell'approvvigionamento dei pannoloni. È vero che alle persone interessate da maggiore gravità, prigionieri di una vita difficile, ai limiti della tollerabilità, non si risponde con un principio, ma ritengo che sia un elemento degno di nota la spinta che questo testo dà al cambiamento culturale, per cui si guarda alla persona, non solo al disturbo, alla qualità della vita e non solo alla malattia.
Chi è interessato da un disturbo del comportamento resta, prima di tutto, una persona per cui dobbiamo trovare il modo giusto per una sutura, per un gioco o per un abbraccio. Il testo di legge, quindi, nell'articolo 3, definisce, elencandoli, i compiti delle regioni e delle province autonome, rispettando, però, la loro specifica competenza attuativa e organizzativa.
Parte dei compiti elencati non sono nuovi: per alcune regioni, infatti, sono già pienamente in atto, come conseguenza dell'accordo siglato in Conferenza Stato-Regioni il 22 novembre 2012. Il nuovo è nel sottolineare l'importanza di un coordinatore interdisciplinare e di un raccordo e di un coordinamento nella cura e nei tempi dell'intero arco della vita. La formazione è un nodo reale per il personale sanitario e non; la formazione per l'inclusione scolastica e i percorsi individualizzati di didattica domiciliare sono nel «decreto scuola». L'osservazione della quotidianità, la difficoltà a trovare un dentista o a fare pratiche sanitarie di routine al pronto soccorso, in una radiologia, in chirurgia, ci dice, però, che i nostri percorsi formativi richiedono un aggiornamento.
Formazione e ricerca che è stata fatta oggetto di un emendamento del MoVimento 5 Stelle, che dà vita all'articolo 5, per cui vanno promossi progetti di ricerca con la finalità di conoscere il disturbo e le buone pratiche terapeutiche ed educative. Ed è sulla ricerca e sulla necessità di formazione che voglio ringraziare la relatrice, onorevole Paola Binetti, per l'equilibrio con cui ha condotto i lavori in Commissione.
Di autismo non si muore, non si guarisce, ma si può vivere meglio; le famiglie e la persona hanno il diritto di vivere meglio. E gli adulti sono il vero problema: finora si è poco considerato che i bambini crescono e diventano grandi senza guarire e la soluzione non è quella di asili per grandi che non riescono a crescere, ma è doveroso immaginare ambienti protetti con la tensione all'inclusione sociale permanente. Il lavoro è percorso di cura, il lavoro è terapia, in questo caso, e nell'attuazione dei progetti vanno studiate modalità e procedure per cui le esperienze di lavoro non sospendano l'accesso al sostegno economico, perché le esperienze di lavoro, il più delle volte, non hanno carattere permanente ed essendo trattamento terapeutico non sono di sicura efficacia.
L'informazione capillare nel rispetto delle verità scientifiche e una buona comunicazione possono finalmente far comprendere che i livelli di gravità sono fondamentali e che i disturbi lievi, se precocemente individuati e trattati, determinano solo minime difficoltà relazionali, percorsi impegnativi, faticosi, al cui successo concorrono le istituzioni, la famiglia, la scuola, lo sport, gli educatori, il personale sanitario e di sostegno: è una battaglia lunga, che non si può affrontare in solitudine.
Solo conoscendo la realtà è possibile includere ed amare coloro i quali, nel tempo in cui gli altri vedono solo il caleidoscopio, sono capaci di contare i pezzi e i colori. Solo la conoscenza della realtà spezza la diffidenza alla base dell'emarginazione; solo la conoscenza ci farà dire: se ti abbraccio, non avere paura. Ecco perché il PD voterà a favore di questa legge, per garantire assistenza e cure, inclusione e sostegno, ma, soprattutto, per costruire una cultura in cui tutti, oltre il diritto alla cura, vedano garantito il diritto alla felicità.