Giustizia

Una ferita allo stato di diritto

19/12/2018

SPAZZA CORROTTI? NO, SPAZZA STATO DI DIRITTO

 

Il Partito Democratico è da sempre in prima linea nella lotta alla corruzione.

Siamo consapevoli che contrastare corruzione e l’illegalità che si annidano nella pubblica amministrazione è un’assoluta necessità e deve essere un obiettivo costante, a maggior ragione in un Paese come il nostro, nel quale il fenomeno è purtroppo diffuso.

Questa attenzione l’abbiamo dimostrata non solo a parole, come i molti che oggi si riempiono la bocca a favore di telecamere, ma con i fatti, quando nella scorsa legislatura abbiamo:

  • inserito un aumento delle pene significativo per tutti i reati contro la pubblica amministrazione;
  • reintrodotto il falso in bilancio, da altri cancellato;
  • istituito il reato di autoriciclaggio;
  • istituito l'Autorità nazionale anticorruzione, che è stata dotata di personale, risorse e poteri per operare adeguatamente;
  • approvata la legge sul cosiddetto whistleblowing, per garantire la possibilità della denuncia anche all'interno delle pubbliche amministrazioni di comportamenti lesivi della pubblica amministrazione stessa.

Quando questo provvedimento della maggioranza è arrivato in Parlamento ci siamo mossi con spirito costruttivo.

Avevamo visto notevoli criticità – confermate anche nel corso delle audizioni durante l’esame nelle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia – che speravamo di poter contribuire a sanare o almeno migliorare.

Questa speranza si è rivelata vana.

La maggioranza si è dimostrata sorda a qualsiasi confronto nel merito del testo e delle disposizioni più critiche, anche dal punto di vista della compatibilità con la Costituzione. Perché alla fine, come sempre in questa legislatura, le esigenze di propaganda politica e di comunicazione sono prevalse sull'interesse del Paese e della giustizia.

 

ALCUNI PUNTI CRITICI DELLA NUOVA DISCIPLINA

 

AGENTE SOTTO COPERTURA O AGENTE PROVOCATORE?

L'agente sotto copertura, così come è stato anche sottolineato molto autorevolmente dagli auditi nel corso dell’iter in Commissione, è una figura “ad effetto” ma che, così come costruita, non rappresenterà uno strumento efficace nella lotta alla corruzione. Quello che introduce la maggioranza sarà, infatti, un agente sotto “scopertura”, e questo perché nell'ambito di un accordo corruttivo tra privati, il terzo che interviene sarà sempre immediatamente riconoscibile, e mai dunque un vero e proprio infiltrato in un’operazione corruttiva. Altro è, invece, il contesto dove oggi questo tipo di attività è già prevista e ci sono evidenze del suo funzionamento, e cioè per i reati che riguardano droga e terrorismo internazionale. Dentro un accordo corruttivo, ripetiamo, l'agente sotto copertura non può funzionare.

Il rischio è che costui si trasformi in un agente provocatore. È stato introdotto nel codice penale un nuovo istituto, (nuovo articolo 323-ter), rubricato come «clausola di non punibilità», che pare reintrodurre surrettiziamente e in maniera mascherata, la figura del cd. «agente provocatore»: tale disposizione, infatti, finisce per richiedere per taluni fatti una sorta di «prova diabolica», molto difficile da ricostruire, con la conseguenza che lo scudo dell'impunibilità introdotto con questa norma potrebbe prestarsi a favorire operazioni di natura criminale dissimulate, con il rischio di recare danno alla collettività e a vittime incolpevoli.

La “causa di non punibilità”: l’agente provocatore privato Nella scorsa legislatura era stata già introdotta una esimente che riduce la pena per chi collabora, per chi aiuta a collaborare: abbiamo introdotto uno strumento importante e nuovo utile a “rompere” il patto di omertà tra chi stipula un patto corruttivo, che spesso costringe e strangola la volontà del corrotto. La “causa di non punibilità” introdotta con questa legge è invece tutt’altro, ed è molto rischiosa: il soggetto che commette un reato gode di fatto della totale impunità, a prescindere dalla volontà di collaborare con la giustizia. Il rischio, più che concreto, è che, ad esempio, un privato provocatore, che agisce al solo fine di tendere delle trappole o animare complotti, si attivi per poi andare a denunciare i fatti da lui stesso istigati, approfittando della “causa di non punibilità”. Si dà così vita ad una nuova figura di agente provocatore: quello “privato”.

 

LA PRESCRIZIONE: PROCESSI A VITA

Il tema della prescrizione è stato inserito all’interno di questa legge con un vero e proprio atto di protervia e di arroganza del Ministro della Giustizia, il quale ha preteso e ottenuto che nel provvedimento venisse inserita una norma delicatissima, che riguarda un istituto fondamentale del nostro sistema del diritto penale. Sulla prescrizione si gioca, infatti, il delicato equilibrio tra la pretesa punitiva dello Stato, che deve cercare di dare giustizia, e le garanzie dei cittadini, che hanno il diritto di non stare sotto processo per tutta la vita. Questa nuova norma, che disciplina l'istituto della prescrizione, con “blocco” dei termini dopo la sentenza di primo grado, anche di assoluzione, altera in modo irrimediabile e pericolosissimo questo equilibrio a favore dello Stato e rischia di mandare a processi eterni qualunque cittadino sottoposto alla pretesa punitiva dello Stato: una norma pericolosa per la tenuta del nostro sistema penale e delle garanzie del nostro sistema costituzionale.

Tra l’altro, anche in questo caso non siamo “all’anno zero”. Si è deliberatamente omesso di ricordare che un'ampia riforma della prescrizione è già stata compiutamente portata a termine nella scorsa legislatura all'interno della riforma del processo penale (legge n. 103/2017, comunemente chiamata “riforma Orlando”), con l’obiettivo principale di limitare l’estinzione dei reati per prescrizione. Tale nuova disciplina della prescrizione si applica però ai soli fatti commessi dopo l’entrata in vigore della legge e pertanto non se ne possono ancora apprezzare gli effetti. Questa maggioranza sta quindi pesantemente intervenendo nuovamente sullo stesso tema senza neanche attendere gli effetti della precedente riforma.

La prescrizione, così come modificata dalla legge appena approvata, a differenza dalla riforma Orlando, viene sospesa “per sempre”, cioè non decorre più, indipendentemente dalla tipologia di sentenza emessa in primo grado: non si fa alcuna differenza, quindi, tra sentenza di condanna o di assoluzione.

Il rischio di un effettivo allungamento dei processi, causato da questa scellerata riforma della prescrizione, avrà certamente importanti ricadute non solo sugli imputati ma anche sulla posizione delle vittime di reato, che dovranno attendere anni prima che si chiuda il processo.