“Ieri durante un comizio a Firenze davanti a una platea di sostenitori sbandieranti, la presidente del consiglio ha detto che la sinistra di casa nostra (saremmo anche noi) è peggio di Hamas. Per essere precisi ha detto “è più fondamentalista di Hamas”.
Tradotto: la più alta carica istituzionale di governo del nostro Paese, prigioniera di una retorica incendiaria, ha (spero metaforicamente) paragonato le forze che democraticamente e legittimamente si oppongono al suo governo ai metodi e alla cultura di un terrorismo che ammazza le persone. Una battuta infelice scappata per caso? Fosse pure così, c’è qualcosa di enorme contenuto non tanto “dentro”, ma “dietro” quell’aggressione. Qualcosa che ha a che vedere con la natura, la cultura, e in fondo anche lo stile di una leadership.
Ho conosciuto alcuni dei più grandi dirigenti storici della sinistra italiana. Li ascoltavo nelle conversazioni private e quando salivano su un palco davanti a piazze gremite. Erano uomini e donne che alle spalle avevano conosciuto le prove del regime più ostile, violento, repressivo.
C’era chi tra loro aveva vissuto il carcere, il confino, molti avevano visto cadere amici e compagni di lotta. Tutto questo si traduceva in una forma altissima di responsabilità nei confronti del ruolo che ricoprivano.
Potevano risultare severi, durissimi nei giudizi politici che solitamente accompagnavano con argomenti di merito, richiami al passato e al futuro. Ma una caratteristica avevano ed era la consapevolezza che il loro compito dinanzi a quelle piazze non era appiccare il fuoco, incendiare gli animi, aizzare con l’insulto un’indole violenta. Credetemi, perché ne sono stato testimone tante volte.
Erano capaci di prendere quelle piazze per mano, farle ragionare e condurle a un punto critico che misurava la realtà per com’era e la descriveva per come avrebbe dovuto e potuto essere. Non erano ministri, la maggior parte di loro non lo era mai stata e mai lo sarebbe divenuta. I loro titoli nascevano dalla militanza politica e dalla presenza nelle istituzioni. Ma tutto ciò li faceva essere a pieno titolo dei grandi, grandissimi, dirigenti politici e parte della migliore classe dirigente italiana.
Tutto ciò che la presidente del consiglio non è mai stata. Non è. E non sarà mai” così sui social il deputato democratico, Gianni Cuperlo.
“Non conosco Ilaria Salis se non per le cronache e per la sua elezione al Parlamento europeo. È probabile che, anche se ci fossimo conosciuti, difficilmente avremmo militato nello stesso movimento o partito. Detto ciò domani il Parlamento europeo sarà chiamato a esprimersi sulla revoca dell’immunità e la possibilità conseguente di consegnare Ilaria alla “giustizia” ungherese (dove le virgolette segnalano l’eufemismo). L’Ungheria, Paese membro dell’Unione Europea, viola sistematicamente da anni la libertà di stampa, l’indipendenza della magistratura, l’autonomia della ricerca. Nelle sue carceri applica metodi di detenzione incompatibili con lo Stato di diritto. Tutto questo per dire che se domani il Parlamento europeo non respingerà la richiesta di revocare l’immunità a un suo membro eletto si macchierà di una colpa imperdonabile”
Così sui social il deputato democratico Gianni Cuperlo.
“Leggo le cronache sull’inchiesta milanese e proverò a commentarle (riflettendo su cosa sia stato e sia il cosiddetto “modello Milano”), da subito, però, vorrei dire che nel solito e completo rispetto del lavoro dei magistrati continuo ad avere piena fiducia nella correttezza dell’amministrazione che col sindaco Sala è stata in questi anni alla guida della città” così sui propri canali social il deputato democratico Gianni Cuperlo che stasera sarà alla festa regionale del Pd lombardo a Melzo in provincia di Milano.
“Calenda dice diverse cose interessanti: smentisce con decisione le voci su una sua possibile candidatura a sindaco di Roma per il centrodestra; contesta a Elly Schlein una qualche vaghezza nella scelta di indicare la Spagna come modello di crescita; chiede a Renzi e alle altre componenti moderate massima coerenza sul sostegno all’Ucraina e il rafforzamento della difesa europea; polemizza con Conte Bonelli e Fratoianni; offre un consiglio alla premier Meloni criticando il ministro Urso e, al fondo, tra il governo e il “campo largo” delle opposizioni fa intendere che il primo è il meno peggio. Che dire? Si tratta di opinioni politiche e giudizi legittimi (per altro senza grandi novità). Per parte mia, ne dissento in larghissima misura, ma questo interessa pochi e certamente non interessa a Calenda. C’è solo un passaggio dell’intervista che mi ha colpito. Quando, interpellato sulla proposta di una “tenda riformista” avanzata nei giorni scorsi da Goffredo Bettini, la sua risposta (di Calenda) suona così: “Mentre il mondo è in fiamme vi pare possibile che stiamo ancora discutendo di Bettini? Paghiamogli un biglietto di sola andata per la Thailandia e parliamo d’altro”. Ora, c’è in questa replica un tratto di scortesia verso un interlocutore dal quale si dissente che è abbastanza inutile commentare. Bettini, per altro, è persona colta e, per chi lo conosca, ben disposta al contraddittorio e alla riflessione critica (credo anche eredità di una formazione oramai antica). Ma non è qui il punto. Che sta altrove, e precisamente nella prima reazione che viene spontanea leggendo quell’espressione in sé sgraziata sull’espulsione di una voce sgradita verso l’oriente estremo. E la reazione è, “ma come, tutto qui?”. Cioè sei in disaccordo con quanto è stato detto (giusto o sbagliato sia) e il massimo che ti viene da replicare è una battuta tanto scolastica e banale? Pofferbacco, bastava rileggersi i versi maestosi del Cyrano quando lo sventurato cavaliere ha l’ardire d’ironizzare sulla misura del di lui naso (parafrasando: la “tenda riformista” di Bettini). E la replica in quel caso è un florilegio di aggettivi, allusioni, simbologie e comparazioni degne di un trattato anatomico. Insomma, caro Carlo, per la linea politica non mi permetterei mai di darti un consiglio. Ma se decidi di condire un tono polemico coll’arma del sarcasmo, allora in amicizia un suggerimento me lo permetto: riscopri l’arguzia e l’eleganza di Pajetta e Fortebraccio, ma pure di Michele Serra e del mio compianto Sergio Staino.
Perché l’alternativa è il Bagaglino. E sinceramente, un tale precipizio non lo meriti. Buona giornata e un abbraccio”
Così sui social il deputato democratico Gianni Cuperlo.
“Chi è un avversario politico? Nella mia esperienza è qualcuno che per formazione, scelte, militanza, si colloca molto lontano da te, talvolta all’opposto dei valori e della cultura a cui senti di appartenere. Da questo punto di vista, Gianni Alemanno è stato parte (e tuttora lo è) di quella destra che fino da ragazzo mi è sembrata un avversario da contrastare, e possibilmente battere nelle urne e nelle coscienze. Oggi, però, riproduco qui sotto il “diario” che Gianni Alemanno (già parlamentare, ministro, sindaco di Roma) ha pubblicato su questi giorni d’inizio estate e su cosa implica viverli dentro un carcere. Credo sia una lettura doverosa, non per la matrice politica e culturale di chi la scrive, ma per quel senso di umanità che lo Stato (e la democrazia) non dovrebbero mai calpestare, per nessuno e in nessun luogo”. Così scrive sui social il deputato democratico Gianni Cuperlo, pubblicando un estratto del diario che l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, sta tenendo dal carcere di Rebibbia, in cui descrive in modo diretto gli effetti del sovraffollamento carcerario.
“Il governo Meloni arriva al Consiglio Europeo in una condizione di marginalità evidente. Mentre Francia, Germania e Regno Unito lavorano da tempo in modo coordinato per costruire una voce europea autorevole sullo scenario internazionale, a partire dalle crisi in Medio Oriente, l’Italia appare isolata e priva di una strategia. È una debolezza che non danneggia solo il governo, ma l’interesse dell’intero Paese”. Così il deputato dem Gianni Cuperlo.
“La presidente Meloni – prosegue l’esponente Pd - si difende dicendo che quel formato a tre esiste da vent’anni, ma questo non è un buon motivo per restare passivi. È urgente colmare il vuoto di credibilità e autorevolezza della nostra diplomazia. In merito al rapporto con gli Stati Uniti, preciso che parliamo di un alleato storico, che ha contribuito alla nostra liberazione. Ma l’amicizia vera si misura nella capacità di dire con franchezza quando l’alleato sbaglia. E oggi, le scelte dell’amministrazione Trump rischiano di incendiare il quadro globale. Prometteva pace in 48 ore, ma stiamo assistendo all’esatto contrario”.
“L’uso dello slogan ‘Si vis pacem, para bellum’ – conclude Cuperlo - va bene al liceo classico in tempo di esami, ma usato fuori contesto rappresenta una forzatura culturale. L’Unione Europea è nata per garantire pace dopo i drammi del Novecento, non per militarizzarsi. Serve un investimento politico e diplomatico nella pacificazione del continente, dove da tre anni l’Ucraina subisce un’aggressione che ha già provocato oltre 600 mila vittime. Il Partito Democratico chiede il riconoscimento dello Stato palestinese, il cessate il fuoco immediato, la liberazione incondizionata degli ostaggi e l’apertura di corridoi umanitari. Quella carneficina è un’offesa alla civiltà.
Potevate scegliere tra la propaganda e la gogna del diritto. Avete scelto la propaganda avrete la gogna.
“Il governo poteva scegliere tra la propaganda e la gogna del diritto: avete scelto la propaganda, avrete la gogna. Ha bocciato decine di ordini del giorno che chiedevano tutela dei diritti e ha fatto suo solo uno, quello sulla castrazione chimica. Un tragico ritorno alla pena corporale, sepolta nel passato più remoto, in barba allo Stato di diritto e alla funzione rieducativa della pena”. Lo ha detto in Aula il deputato dem Gianni Cuperlo, nel corso nel corso delle dichiarazioni di voto al decreto sicurezza.
“Voi illudete i cittadini dicendo che risponderete ad una domanda di sicurezza, cosa che non accadrà, ma in cambio pretendete e state per ottenere con un voto di fiducia, una quota della loro libertà, la libertà di manifestare, la libertà di impiegare il proprio corpo in battaglie non violente per l'affermazione di un diritto negato. Anche esperti ONU, hanno sollevato dubbi gravissimi sulla compatibilità del decreto con i trattati internazionali sottoscritti dall’Italia. Parliamo di figure autorevoli: Gina Romero, Irene Khan, Mary Lawlor, e altri relatori speciali che chiedono di rispettare i diritti fondamentali, e denunciano norme vaghe, applicazioni arbitrarie, e il rischio di discriminazioni verso minoranze, migranti, rifugiati”.
“Non siamo alla vigilia di un nuovo fascismo – ha concluso Cuperlo - ma alcune pulsioni nostalgiche riemergono, come in un riflesso involontario. Ricordate però le parole di Giuseppe Dossetti: ogni regime autoritario nasce da un’iniezione di paura, a cui si offre un antidoto solo apparente. Voi, oggi, iniettate paura e chiedete libertà in cambio. Così non solo rendete l’Italia più ingiusta: la rendete meno libera. E questo, prima o poi, vi verrà chiesto di spiegarlo”.
“Oggi, più che discutere un decreto legge, assistiamo alla celebrazione di una crisi profonda del Parlamento repubblicano”. Lo ha detto in Aula alla Camera, il deputato dem Gianni Cuperlo, intervenendo durante la discussione generale sul decreto sicurezza.
“Il confronto parlamentare - ha proseguito l’esponente Pd - è stato pressoché inesistente. Interi capitoli, come quello sulla canapa, sono stati ignorati. Eppure centinaia di costituzionalisti, magistrati, avvocati hanno lanciato un grido d’allarme, rimasto inascoltato. L’impianto del decreto è figlio di un panpenalismo propagandistico che nulla ha a che vedere con una reale tutela della sicurezza. Si criminalizzano forme di protesta pacifica, si colpisce il dissenso civile, si sovrappone la detenzione amministrativa a quella penale, come nei centri per stranieri, e si reintroduce il reato di blocco stradale, un residuo del 1948 che oggi si trasforma in uno strumento repressivo verso giovani, operai, ambientalisti che manifestano pacificamente, per non parlare dell’aberrazione di prevedere il carcere per madri con figli piccoli”.
“Questo decreto – ha concluso Cuperlo – svilisce i principi della nostra Costituzione e sacrifica la democrazia sull’altare di un patto di potere. Ma sappiate che noi continueremo a opporci, con la schiena dritta, dentro e fuori quest’Aula. Perché la sicurezza non si conquista calpestando le libertà”.
“Riassunto. Ieri mattina Romano Prodi presenta all’Auditorium di Roma il suo libro-dialogo con Massimo Giannini. Una giornalista lo avvicina e gli chiede un giudizio su una delle frasi del Manifesto di Ventotene citate dalla Meloni alla Camera. Prodi reagisce a una domanda che probabilmente aveva un sottotesto polemico (più probabilmente provocatorio), ma che lui ritiene (immagino) semplicemente assurda. E allora, rivolto alla giornalista replica che si tratta di una domanda assurda (come chiedere di commentare un passo di Maometto).
A quel punto, appoggia in modo paternalistico una mano sulla spalla della giornalista (chi conosce e frequenta il Professore sa che lo fa quando deve “spiegare” a qualcuno che sta andando a farfalle) e aggiunge “ma che idea ha lei della storia?”. La giornalista, senza scomporsi, ripete la domanda, e il Professore senza scomporsi reitera la risposta. Fine. Solo più tardi la giornalista dichiara di essere stata offesa, aggredita e che il Professore le avrebbe tirato i capelli (sic). Se potete, guardate il video per credere a come sono andate le cose.
La destra insorge (domani sera, come da copione, Porro su Rete4 ne farà cavallo di battaglia della puntata). Che dire? Bon, da un lato che se la destra arma una polemica sul nulla vien da pensare siano davvero malconci. Al Professore l’augurio di una serena domenica e la solidarietà (perché le “domande del cavolo” temo proseguiranno), ma il tempo di qualche saggezza presto o tardi ritornerà” così sui social il deputato democratico, Gianni Cuperlo.
“La volgarità della replica della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e le frasi che ha pronunciato sul Manifesto di Ventotene, sono una delle pagine più vergognose della storia repubblicana. Giorgia Meloni non è degna di rappresentare la democrazia di un Paese che ha conosciuto la dittatura ventennale del fascismo. Lo scrivo con la tristezza di uno spettacolo che mortifica la memoria e la storia, ma anche con la consapevolezza che questa destra la storia la conosce bene e vuole riscriverla. Un dovere morale non consentirglielo” così sui social il deputato democratico Gianni Cuperlo.
“Perché non si organizza una grande manifestazione di cittadini per l’Europa, la sua unità e la sua libertà. Con zero bandiere di partito, solo bandiere europee”. Così stamane Michele Serra sulla prima pagina di Repubblica. Caro Michele, fissa giorno, ora, piazza e città. Io, come tante e tanti, ci sarò” così il deputato democratico, Gianni Cuperlo, aderendo alla proposta di Michele Serra di una manifestazione per l'Europa.
“Vandalizzare la Foiba di Basovizza a poche ore dal Giorno del Ricordo è un atto sciagurato in sé, chi vuole alimentare l’odio e negare le tragedie vissute sul confine orientale calpesta la storia e il dolore di migliaia di donne e uomini. Ricorderemo il 10 febbraio come è giusto fare, oggi la condanna è verso un gesto che offende tutti, non una parte”.
Così sui social il deputato del Pd, Gianni Cuperlo.
“Conferenza stampa di inizio anno della premier. Giusta e legittima rivendicazione del successo raggiunto col ritorno a casa di Cecilia Sala. Di seguito 41 (quarantuno domande). Una decina sull’amico Elon Musk (forse ne bastava una). Poi, un buontempone le ha chiesto se calpesta le formiche. Alla fine, dopo quasi tre ore, non mezza parola sulla sanità pubblica allo sbando, scuole traballanti (in senso letterale) e salari inchiodati. Sarà per l’anno prossimo. A meno che i tempi non si anticipino perché (citazione di Gino&Michele) anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano” così sui social il deputato democratico, Gianni Cuperlo.
Il nostro giudizio sul provvedimento è molto chiaro. Pensiamo che riduca l'autonomia e l'indipendenza della magistratura spingendo il pubblico ministero sotto il controllo dell'esecutivo. Però il punto è che esiste un testo ed un contesto, e qui il contesto pluridecennale finisce con il prevalere sul testo per due ragioni: la prima è l'assenza di una urgenza della misura. Si denunciano i rischi di un passaggio di ruolo e di funzioni da una carriera all'altra, con un pubblico ministero che, transitando alla funzione di giudice, possa essere condizionato nei suoi giudizi dall'esperienza precedente. Ma lo sa anche la maggioranza: parliamo di circa 20 passaggi all'anno su 10.000 magistrati, quasi sempre dalla carriera di pubblico ministero a giudice. La seconda ragione è sul fatto che non c'è stata sempre una pregiudiziale ostile alla separazione delle carriere. Ma il contesto cambia nei primi anni Duemila, con accuse sempre più violente di una parte della maggioranza di oggi verso la magistratura; con manifestazioni di parlamentari eletti ed istituzioni democratiche dinanzi a singoli tribunali. E allora da qui nasce il sospetto sulla forzatura della maggioranza, anche alla luce di quegli attacchi anche personali che hanno caratterizzato la cronaca di questi anni, con dossier mirati e quindi con una manifestazione politica e ideologica che si proietta in questo provvedimento e che noi giudichiamo estremamente pericolosa. Infine, sul metodo mai vi è stata la ricerca di una vera riforma condivisa col prevalere di uno spirito di rivalsa della politica verso i magistrati. Oggi questa visione giunge a compimento con uno strappo costituzionale, con l'approccio tipico di una spallata neo-autoritaria. Un po' come i surfisti: voi cavalcate l'onda di una stagione che vede le destre sulle due sponde atlantiche aggredire i principi scolpiti nelle democrazie liberali.
Lo ha detto intervenendo in Aula il deputato del Pd Gianni Cuperlo.
“A me sta roba che il ministro della "Pubblica Istruzione e del Merito" querela gli intellettuali che dicono cose sgradite (per lui) mi pare un altro gradino a scendere.
Adesso è il turno di Nicola Lagioia che riceve una richiesta di risarcimento morale di 20mila euro per avere ironizzato sullo stile di scrittura del ministro (l'oggetto era un tweet sul limite di accesso di studenti stranieri nelle nostre classi). Siccome il ministro aveva esordito con l'uscita sulla funzione educativa dell'umiliazione dei bulli (a Roma c'è un modo di dire a commento di simili formule che, però, vi risparmio), tutto sommato penso che il bravissimo Lagioia non debba lamentarsi più di tanto. In fondo poteva andargli peggio: assaggiare l'olio di ricino” così sui social il deputato democratico, Gianni Cuperlo.
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