• 17/01/2019

“Chiediamo al ministro Bonafede di rimuovere il video dell’arrivo di Cesare Battisti dai propri account social personali e di adottare insieme al ministro Salvini tutte le opportune misure per la tutela della sicurezza degli agenti e per il rispetto della dignità e dei diritti delle persone private della libertà”. È il contenuto dell’interpellanza ai ministri della Giustizia e dell’Interno presentata dal capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera Alfredo Bazoli.

“Proprio per il rispetto che si deve ad una vicenda che si è conclusa assicurando finalmente alla giustizia un latitante pluriomicida e fuggitivo come Battisti appare doveroso sottolineare che nel farlo il Governo, rappresentato in questo caso dal ministro della Giustizia e dal ministro dell’Interno, avrebbe leso alcuni principi di diritto fondamentali del nostro ordinamento, l’articolo 27 e l’articolo 13, comma 4, della Costituzione, l’articolo 114, comma 6 – bis del codice di procedura penale che disciplina 'il divieto di pubblicazione dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica', nonché l’articolo 42-bis dell'ordinamento penitenziario (legge 354/1795) che prevede sanzioni a carico di chi non adotti "le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità, nonché per evitare ad essi inutili disagi.  Appare addirittura sconcertante che Bonafede abbia diffuso un video titolato “Una giornata indimenticabile” nel quale compare il detenuto con due agenti della polizia penitenziaria al fianco. Nel filmato si nota il comportamento di un poliziotto che cerca di coprirsi il volto facendo pensare all’ipotesi che possa trattarsi di un agente che opera sotto copertura e la cui identità sarebbe stata quindi svelata dalla pubblicazione del video. Assicurare un pluriomicida e fuggitivo come Battisti alla sua pena rappresenta un atto di giustizia, non lo è invece la lesione di ogni minimo principio di tutela della dignità della persona, che deve riguardare chiunque, anche i condannati per reati efferati, che non possono essere sottoposti ad una gogna pubblica come accadeva nel passato”.