“Abbiamo presentato un'interrogazione scritta al ministro degli Esteri per sapere quali azioni intenda intraprendere per chiarire la vicenda legata alla società cinese Zhenhua Data che per due anni ha gestito un archivio con informazioni su migliaia di cittadini stranieri. Il database, che in totale comprende oltre 2,4 milioni di nomi di cittadini di tutto il mondo, è stato sottratto all'azienda e trasmesso a una società di intelligence australiana, che a sua volta l'ha girato a un consorzio di giornali internazionali. Nella sezione dedicata all'Italia ci sono 4544 nomi fra politici, personaggi pubblici, imprenditori e persino criminali. Crediamo sia opportuna una dichiarazione ufficiale del governo di Pechino atta a fugare qualsiasi sospetto di connessioni fra il proprio operato e la società di Zhenhua. E in secondo luogo, nell'ambito dei rapporti bilaterali con la Cina, e in quelli internazionali con gli altri Paesi coinvolti, riteniamo necessario fare piena luce su questa sistematica attività di osservazione a cui sono sottoposti cittadini italiani, e garantire il diritto alla protezione dei loro dati così come previsto dalla legislazione italiana e europea”.
Lo dichiarano in una nota i deputati della commissione Esteri del Partito democratico, insieme ai deputati Emanuele Fiano ed Enrico Borghi della presidenza del Gruppo Pd.
“Da tempo, l'intelligence europea e statunitense sono preoccupati della gestione dei dati dei cittadini stranieri da parte cinese, vista la poca trasparenza mostrata dalle stesse società cinesi in materia di protezione dei dati in loro possesso. Qualora fosse confermato che il lavoro di sorveglianza e raccolta dati operato dalla società di Zhenhua sia stato svolto per fornire alla Repubblica popolare cinese gli strumenti per rafforzare la sua influenza sulla discussione pubblica internazionale, si tratterebbe di una vicenda molto pericolosa per la sicurezza nazionale dei paesi coinvolti, nonché un'azione contraria ad ogni tipo di regolamento europeo vigente in materia di protezione dei dati. Ricordiamo infatti - proseguono gli esponenti dem - che in Italia, e in molti altri paesi europei, fare raccolta di informazioni, anche se liberamente accessibili, per conto di soggetti terzi, costituisce un reato qualora non si è autorizzati a norma dell'articolo 134 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”.