“Immediata revisione dell’articolo 18 del Decreto Sicurezza per evitare il collasso del comparto della canapa industriale che incarna una visione moderna, legale e sostenibile dell’agricoltura italiana. Un divieto imposto senza prevedere deroghe o flessibilità applicative e nessun tipo di ristoro o ammortizzatore sociale”.
Questo il messaggio inviato al governo e alla maggioranza da promotori ed esperti che hanno partecipato oggi alla Camera alla conferenza stampa: “Salviamo la filiera della canapa industriale”.
Il capogruppo dem in commissione Agricoltura, Stefano Vaccari, promotore dell’iniziativa, ha definito la norma “ingiustificabile sul piano della salute e della Sicurezza ed un attacco incomprensibile a un settore che è volano di economia sostenibile e occupazione giovanile”, sottolineando la “necessità di una sua revisione urgente della durante la discussione parlamentare”. Raffaele Desiante, presidente di Imprenditori Canapa Italia, ha evidenziato le conseguenze occupazionali: “Oltre 3mila aziende e più di 30mila lavoratori rischiano di trovarsi senza futuro. Senza ammortizzatori sociali, migliaia di famiglie potrebbero rimanere senza reddito da un giorno all’altro”. Dal mondo accademico, il professor Alfonso Celotto ha denunciato i profili di incostituzionalità e incompatibilità con il diritto Ue: “La norma è sproporzionata e non supportata da evidenze scientifiche, oltre a violare i principi di libera circolazione delle merci e della Costituzione art. 3 e 41”. Anche Stefano Masini di Coldiretti ha richiamato i vincoli europei: “La canapa è riconosciuta come coltura agricola legittima se il Thc è sotto lo 0,3%. Il divieto italiano discrimina le imprese nazionali e danneggia l’intera organizzazione economica della filiera. Occorre tenere aperto un tavolo di lavoro con il governo e il Parlamento per trovare soluzioni utili alla salvaguardia degli interessi economici della filiera”. Dal punto di vista economico e occupazionale, Ivan Nardone (Cia - Agricoltori Italiani) ha ricordato che “la filiera genera oltre 2 miliardi di euro l’anno, bloccarla significa interrompere un’esperienza di successo anche sul fronte del ricambio generazionale”.