Zero rimborsi, dopo tre mesi, per le aziende agricole alluvionate in Romagna. L'assenza di liquidità e la mancata produzione comporterà licenziamenti a raffica e rischio di chiusura definitiva per le imprese, anche a conduzione familiare, del comparto agricolo.
Cadono come birilli gli impegni solenni presi dal governo subito dopo l'evento catastrofico. Dismessi stivali e scorta, nei giorni delle visite di solidarietà e dei voli in elicottero, la presidente Meloni e il suo ministro Lollobrigida non hanno inviato nemmeno un euro agli agricoltori romagnoli. Eppure la situazione è drammatica. È devastato un territorio con 21mila aziende agricole e allevamenti.
Servirebbero rapidità negli interventi e nella gestione delle risorse che le organizzazioni agricole hanno stimato, al momento, in 1,1 miliardi a fronte del rilevamento dei danni effettuato. Sono andati perduti raccolti su centinaia di migliaia di ettari di ortaggi, grano orzo, mais, girasole, colza e soia, frutteti e vigneti. A questo si dovrà aggiungere la necessità di espiantare e reimpiantare 15 milioni di piante e ci vorranno diversi anni prima che torneranno a produrre. A questi danni si sommano quelli alle strutture, le serre, gli edifici rurali, le stalle, i macchinari e le attrezzature perse oltre all'esigenza di bonificare i terreni e ripristinare la viabilità nelle aree rurali con frane nelle aziende e lungo le strade.
Di fronte a tutto questo i soldi rimangono serrati a Palazzo Chigi e non sono assegnati alla disponibilità del Commissario Figliuolo per cominciare a ripristinare una certa normalità.
Lo dichiara Stefano Vaccari, capogruppo PD in Commissione Agricoltura della Camera