Terminata la missione parlamentare in Sicilia nei centri per minori non accompagnati
“In Sicilia abbiamo potuto verificare che sono in campo buone progettualità, purtroppo siamo consapevoli che non basta un posto per dormire e per mangiare, seppur buono, per esaurire l’accoglienza. I migranti, soprattutto i minori non accompagnati, portano con sé fragilità e il compito di chi accoglie è anche cercare di sanarle o, quantomeno, di lenirle”
- Così Elena Carnevali, capogruppo del Partito Democratico nella Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, al termine della missione in Sicilia orientale per verificare l’accoglienza ai minori non accompagnati. Catania, Pozzallo e Noto i luoghi della Sicilia orientale dove si è recata la delegazione per visitare 4 centri -
“La regione Sicilia è quella che più si fa carico dell'accoglienza di minori stranieri non accompagnati e che ha visto, soprattutto negli ultimi mesi, crescere costantemente il numero di ragazzi e ragazze presenti. Secondo i dati che fotografano la situazione al 31 marzo, infatti, in Sicilia sono presenti 5916 minori, cioè il 38,3% dei minori accolti sul territorio nazionale, di cui 573 ragazze, pari al 52% del totale. Dei centri visitati due sono finanziati con Fondo asilo migrazione e integrazione per la prima accoglienza, cioè quelli destinati ad ospitare i migranti per i 30 giorni successivi allo sbarco, dove – spiega la deputata Dem - abbiamo riscontrato che sono quelli che meglio possono rispondere alle esigenze di protezione e accompagnamento e che fanno della dimensione educativa la parte primaria, occupandosi di formazione, accesso allo studio, “imparare facendo”.
“Ci sono, però, ancora delle ombre nel sistema e il nostro compito è fare luce – sottolinea Carnevali - affinché i nodi irrisolti possano essere sciolti al più presto. È necessario un maggior controllo dei centri per verificare non solo il rispetto di legge, ma che siano in grado anche di corrispondere alle esigenze delle persone ospitate. Dalla nostra esperienza, maturata nelle missioni di questi anni, possiamo confermare che le comunità piccole sono quelle che meglio rispettano gli standard. E anche se i centri di prima accoglienza svolgono il loro compito, i tempi lunghi per l’assegnazione del tutore e per il riconoscimento giuridico costringono i minori a permanere in strutture non adeguate all’inserimento nella comunità. Le norme ci sono ma è necessario uniformare le prassi che non possono differenziarsi sulla base della provincia di appartenenza. Però non solo i tempi burocratici che portano ragazze e ragazzi a diventare maggiorenni durante la prima accoglienza: anche la scarsità di posti per la seconda accoglienza e la difficoltà nel ricollocamento all’estero contribuiscono a rendere il percorso difficoltoso.
“Il nostro compito non si esaurisce con questa missione. Andremo avanti perché il numero di ragazze e ragazzi che arrivano sul nostro territorio, porta dell’Europa, aumenta costantemente e – conclude Carnevali - abbiamo il dovere e l'obbligo di garantire loro il rispetto delle convenzioni sui diritti internazionali del fanciullo e una buona qualità progettuale mirata all'inserimento sociale, educativo e formativo e per un futuro lavorativo” .