• 09/05/2018

Oggi, a quarant’anni di distanza, non possiamo che ricordare, per prima cosa, la morte di Aldo Moro, il suo assassinio da parte delle Brigate Rosse. La pagina drammatica e conclusiva di un capitolo, aperto il giorno del suo rapimento e dell’uccisione degli uomini della sua scorta, che è stato il più buio, il più duro, e probabilmente anche quella più carico di conseguenze politiche, della storia della nostra Repubblica.

Oggi, però, vogliamo anche pensare, ancora una volta, a Moro vivo. Alla sua straordinaria figura di statista, alla sua visione politica, alla sua moralità, all’impresa più grande alla quale lavorò, pagando per questo il prezzo più alto immaginabile: portare a compimento il faticoso processo di evoluzione del sistema democratico italiano.

A muoverlo, in questa impresa, c’era l’inquietudine crescente per l’approfondirsi del divario tra una società in fermento, in particolare dopo il ’68, e una politica bloccata, che contribuiva a fare della nostra una “democrazia difficile”, quando invece si trattava di dar vita ad una “democrazia compiuta”, ad un sistema semplificato e funzionante, fondato su una competizione leale e trasparente tra posizioni politiche e programmatiche alternative. 

È quasi incredibile constatare come, a distanza di tanto tempo, la sostanza del problema che abbiamo ancora oggi di fronte a noi sia in fondo proprio questa. È vero, moltissime cose sono cambiate e sono diverse rispetto ad allora. Ma è altrettanto vero che lo spirito che animò Moro può essere un orientamento sicuro e prezioso, avendone la volontà e la capacità. Perché per sperare di fare il bene del Paese e di servire l’interesse generale, soprattutto in un momento come quello attuale, sarebbe importante riuscire – per usare proprio le sue parole – “ciascuno a proprio modo, ad escludere cose mediocri per fare posto a cose grandi”.

 

Lo scrive a nome del Gruppo Pd della Camera il presidente Graziano Delrio sulla pagina FB Deputati Pd.