• 27/11/2018

“Quanto accade nel mare di Azov non è un fatto minore in un luogo lontano ma è un ennesimo, gravissimo attacco di Mosca contro Kiev”. Lo scrive Lia Quartapelle, capogruppo Pd in Commissione Affari esteri, in una lettera al Foglio.

“Forse la Russia – continua - conta sul fatto che in pochi sanno dove si trovi il Mare di Azov e che quindi l’aggressione a un rimorchiatore e a due navi cannoniere ucraine passi quasi inosservata. Il Mare di Azov è uno sbocco strategico per l’Ucraina: su di esso si affacciano i porti della principale regione industriale del paese, il Donbass. Lo status giuridico del mare di Azov è in bilico dopo l’invasione della Crimea e per chiarirlo l’Ucraina nel 2016 ha attivato un arbitrato internazionale. Nelle more di questa situazione, la Russia, sta provando a forzare la situazione, come di consueto: subito dopo l’occupazione della Crimea, Mosca ha pensato bene di costruire sullo stretto di accesso al mare di Azov un ponte che impedisce a grossi cargo di entrarvi. Successivamente, le autorità russe hanno iniziato a controllare tutti i navigli in entrata e in uscita, allungando i tempi di navigazione. I risultati di questa strategia sono visibili: le crescenti restrizioni imposte dalle autorità russe ai traffici marittimi hanno sottratto un quarto dei ricavi al porto ucraino di Mariupol. Insomma, il disegno russo è molto chiaro: da un lato si vuole tenere impegnata l’Ucraina militarmente con il conflitto congelato nelle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, e dall’altro si mira a determinare il collasso economico del Donbass. Come Italia, come Europa, come Occidente non possiamo accettare senza fiatare questo ennesimo atto di prepotenza della Russia contro l’Ucraina”.

“L’Italia proponga di estendere la missione di monitoraggio dell’Osce anche a quanto sta accadendo nel Mare di Azov e chieda di ridiscutere le sanzioni alla Russia, per incrementarle. All’aggressività sullo scenario internazionale si deve rispondere immediatamente con fermezza, con l’unità tra alleati e con la durezza del diritto internazionale”, conclude.