• 09/10/2020

“La catastrofe del Vajont, rimane una macchia indelebile nella storia italiana. Dopo 57 anni, come ogni anno, commemoriamo le quasi duemila persone che persero la vita. Va ricordato, altresì, il contesto in cui maturò la catastrofe, gli antefatti non meno terribili che portarono ai tragici eventi del 9 ottobre 1963: i pericoli di quel progetto faraonico, i soprusi subiti dalle comunità locali e la prepotenza di uno Stato che non solo non riconosceva più la saggezza dei suoi cittadini, ma negava loro persino il diritto di affermare la propria volontà, gli interessi particolari che avevano reso i rappresentanti dello Stato, a tutti i livelli, tanto ciechi da abdicare alle proprie funzioni di controllo, tanto deboli da confondersi ineluttabilmente con i promotori del progetto”.

Così in una nota Roger De Menech, vicepresidente della Commissione Difesa.

“Nel 2008, a Parigi, l'Unesco ha considerato il Vajont come il primo tra i più gravi disastri evitabili della storia dell'umanità, lo ha definito come un ‘racconto ammonitore’. Lo Stato, nel 2013 in occasione del 50° anniversario della catastrofe, con le sue più alte cariche si è inchinato, ha chiesto scusa. Lo stesso presidente Mattarella, lo scorso anno è salito a Longarone per deporre una corona d'alloro al cimitero monumentale delle Vittime del Vajont e rendere loro omaggio. Le scuse, tuttavia, per quanto necessarie, riguardano il passato, non il futuro. Chi oggi, fa parte della classe dirigente di questo Paese ha il dovere di imparare dagli errori e dagli orrori e di pianificare la presenza dell'uomo in armonia con la natura”.

“Il tema del dissesto - prosegue l'esponente dem - deve essere centrale nelle politiche del nostro Paese, la prevenzione il faro di tutte le azioni. Altre tragedie sono seguite al Vajont, altre distruzioni, altri morti. Il tema del dissesto idrico e geologico va affrontato in maniera organica, come si era cominciato a fare nella legislatura precedente. La volontà di voltare pagina rispetto a un passato, anche recente, in cui qualsiasi sfregio al nostro ambiente era non solo possibile, ma addirittura legittimato, deve rimanere un obiettivo primario. Le istituzioni, la politica, i cittadini hanno il dovere di conservare la memoria. Il modo migliore di coltivare la memoria del Vajont non sono le cerimonie, ma le azioni per evitare che altre catastrofi si ripetano”.

 

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