"Il governo israeliano ha approvato altre 19 colonie in Cisgiordania. Colonie che, per il diritto internazionale, rimangono illegali, come ha stabilito la Corte internazionale di giustizia. Israele è in mano ai ministri estremisti che portano avanti il processo di annessione della Cisgiordania sia tramite l'esercito, sia tramite l'azione violenta dei coloni che godono di una totale impunità. Un regime del terrore messo in atto dal governo Netanyahu che opprime i palestinesi che vivono da sempre in Cisgiordania a cui vengono sottratte con la forza le case, le terre, le greggi e ogni bene. Gli obiettivi sono chiari: costringere i palestinesi ad andarsene, appropriarsi delle loro terre e impedire la nascita dello Stato di Palestina.Tutto questo accade nel silenzio assoluto della comunità internazionale, complice dei crimini commessi dal governo Netanyahu non solo in Cisgiordania, ma anche a Gaza. L'avvio del piano Trump, cosiddetto di pace, ha fatto sì che si spegnesse l'attenzione del mondo sulla Striscia. Ma a Gaza i palestinesi continuano a morire uccisi dall'Idf, dalla fame e dagli stenti. Gli aiuti rimangono fuori dai valichi per volere delle autorità israeliane che non ne consentono l’accesso, mentre le persone tentano disperatamente di sopravvivere in tende distrutte che non reggono la pioggia e non proteggono dal freddo.La pace a Gaza non c'è e in Cisgiordania regna la violenza. Ma il mondo si gira dall’altra parte rivelando tutta l'ipocrisia di chi dice "due popoli e due stati", ma non fa nulla perché questo accada". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
"Bisogna riaccendere i riflettori sulla condizione del popolo saharawi e spingere la comunità internazionale a lavorare per una prospettiva di pace. E potrà essere una pace solida e duratura se si baserà sull’autodeterminazione dei saharawi, da 50 anni privati della loro terra.
È per questa ragione che oggi, al Comitato diritti umani della Camera, abbiamo audito la rappresentante in Italia del Fronte Polisario, Fatima Mahfud insieme a Nadia Conti e Valentina Roversi, rispettivamente presidente e vicepresidente della Rete Saharawi, Francesca Doria, Coordinatrice gruppo diritti umani della Rete Saharawi e Giulia Olmi, Coordinatrice di progetti per il popolo saharawi all’interno del Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (CISP).
Con le nostre interlocutrici abbiamo parlato della condizione del Sahara Occidentale, occupato dal Regno del Marocco fin dal 1975, e della situazione dei diritti umani sia dei 170mila rifugiati nei campi del deserto algerino, sia dei saharawi che vivono nel territorio occupato dal Marocco.
Dopo numerose prese di posizione sia delle Nazioni Unite che della Corte europea di giustizia a favore dell’autodeterminazione del popolo saharawi e di un referendum per decidere il futuro del territorio attualmente occupato dal Marocco, una recente Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu mette invece alla base dell’avvio di negoziati di pace la proposta unilaterale di Rabat che prevede semplicemente l’autonomia del Sahara Occidentale all’interno del Marocco. Una prospettiva che come è noto non è condivisa dal Fronte Polisario.
Nel frattempo, si aggravano le condizioni di vita nei campi profughi algerini, dove si vive soltanto grazie ad aiuti internazionali che si riducono sempre di più. Nel territorio occupato dal Marocco continuano a consumarsi discriminazioni e repressione verso le voci che chiedono il rispetto dei diritti del popolo saharawi, in particolare giornalisti e attivisti.
Purtroppo l’opinione pubblica mondiale è all’oscuro di questa realtà anche perché i mezzi di informazione non si occupano del Sahara Occidentale.
In un momento in cui il diritto internazionale è sotto attacco, principi come l’autodeterminazione dei popoli devono tornare al centro dei dibattiti. Vale per i palestinesi, per i curdi e vale anche per i saharawi". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
Mentre il governo gioca con le tre carte, leva, mette, sposta e rimette risorse pubbliche, la Corte dei conti interviene nuovamente per dichiarare illegittimo il decreto con cui il ministero delle infrastrutture ha approvato le nuove norme per la realizzazione del Ponte sullo stretto. I giudici contabili esprimono preoccupazione proprio per l’incertezza sul costo dell’opera e le difficoltà a reperire le coperture. Ad oggi infatti il ponte è interamente pagato con soldi pubblici mentre in origine si parlava di investimenti privati: cambia così la natura del contratto e non vengono rispettati gli impegni di legge. Assisteremo ora al solito piagnisteo contro i giudici ma la verità è che Salvini non sa nemmeno difendere il suo giocattolo e l’opera si dimostra ogni giorno tanto costosa quanto inutile. A questo punto chiediamo che tutte le risorse vengano usate per una legge di bilancio carente su tutti i fronti dalla sanità alle pensioni, al lavoro.
Così in una nota Chiara Braga, Capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
“Ancora una bocciatura della Corte dei Conti per il Ponte sullo Stretto di Messina. Come scrive Il Foglio online, i giudici contabili evidenziano un inscindibile nesso tra il decreto interministeriale e la delibera del Cipess, già bocciata il 17 novembre per profili giuridici, tecnici e ambientali: vista l’inefficacia di quest’ultima, si deve concludere per la non conformità a legge anche del decreto medesimo. Un fallimento su tutta la linea per il governo. Questa opera continua a dimostrarsi un progetto dannoso, costoso e lontano dalle reali esigenze dei cittadini e del Mezzogiorno. Non ha senso continuare a inseguire un’opera che rischia di consumare miliardi di denaro pubblico senza benefici chiari per le comunità, alimentando solo spese faraoniche e propaganda politica. Visto che il governo sta di fatto riscrivendo proprio in queste ore la manovra, proponiamo una scelta diversa e concreta: mettiamo definitivamente una pietra sopra a questo progetto nefasto e ridiamo i 5 miliardi del Fsc alla Sicilia e alla Calabria per le reali urgenze infrastrutturali.” Così il capogruppo del Pd nella Commissione Trasporti della Camera, Anthony Barbagallo.
“La decisione della Corte costituzionale che salva il Testo unico sul turismo della Regione Toscana, compresa la disciplina sugli affitti brevi, conferma la bontà di una scelta lungimirante e coraggiosa. La Toscana ha legiferato bene, nel rispetto della Costituzione e nell’interesse dei cittadini, mentre il Governo Meloni e la sua maggioranza collezionano l’ennesima sconfitta ideologica su un tema che incide direttamente sulla vita delle persone, sull’accesso alla casa e sulla qualità dei territori”: è quanto dichiara Marco Simiani, capogruppo Pd in Commissione Ambiente di Montecitorio.
“Questa sentenza è la dimostrazione che, quando le istituzioni locali affrontano con serietà e competenza fenomeni complessi come quello degli affitti brevi, si possono dare risposte concrete senza violare le regole. Colgo l’occasione per ringraziare l’ex consigliere regionale Gianni Anselmi, che ha seguito con grande attenzione e determinazione il percorso del Testo unico, e l’assessore regionale Leonardo Marras per il lavoro svolto. Mentre il governo continua a non riuscire a portare in Parlamento leggi efficaci sui problemi reali dei cittadini, la Toscana indica una strada chiara: governare il turismo tutelando comunità, lavoro e diritto all’abitare”.
“Giorgia Meloni, si sa, è la principale nemica dei diritti dei lavoratori italiani, come dimostra la sua feroce battaglia contro la legge sul salario minimo legale. Una battaglia che ha portato lei e il suo Governo ad opporsi persino alla legge approvata dal Consiglio regionale pugliese che prevede la soglia retributiva minima di nove euro l'ora come criterio per poter affidare a un’azienda lavori o servizi nelle gare bandite a livello regionale. Oggi, con la sentenza n. 188, la Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile il ricorso del Governo e dato ragione alla Regione Puglia, certificando l’ennesima pessima figura di Meloni & Co”.
Così Claudio Stefanazzi, Ubaldo Pagano e Marco Lacarra, deputati pugliesi del Partito Democratico.
“Se la Meloni vuole continuare a far finta di nulla, restare sorda alle richieste di condizioni di vita migliori e cieca di fronte ai dati che condannano il nostro Paese agli ultimi posti dell’UE in termini di salari, è libera di farlo, saranno gli elettori, presto, a giudicarla. Ma condurre una guerra ideologica contro le Regioni e i Governatori che invece hanno a cuore la questione sociale più importante nel nostro Paese, non è solo un errore giuridico, come ha dimostrato oggi la Consulta, ma un vero e proprio accanimento ideologico contro milioni di lavoratrici e lavoratori italiani. Se per Meloni e il suo Governo il lavoro può essere soltanto sinonimo di sfruttamento e deprivazione, noi siamo felici di essere dalla parte diametralmente opposta”.
"L'annuncio del Ministro Giorgetti sul parziale definanziamento delle risorse per il Ponte sullo Stretto al fine di tamponare il buco di bilancio causato dalla 'catastrofica' gestione di Industria 4.0, è la confessione di un doppio fallimento da parte di questo Governo. Da mesi, come Partito Democratico, chiediamo chiarezza e trasparenza su un'opera bloccata dalle criticità sollevate persino dalla Corte dei Conti. Oggi scopriamo che non solo non esiste un progetto credibile e finanziabile, ma che i fondi previsti per il Ponte vengono usati come bancomat per coprire gli errori su altre partite. Siamo di fronte a un'operazione di maquillage contabile che non ingannerà i cittadini: il Ponte si sgonfia, ma il Sud resta a mani vuote". Così Anthony Barbagallo, capogruppo PD in Commissione Trasporti della Camera e segretario regionale del Pd Sicilia.
"Il Partito Democratico chiede con forza che - prosegue - si faccia chiarezza sulla reale entità del definanziamento e, soprattutto, sulla sua destinazione. Abbiamo presentato un emendamento che è un atto di giustizia politica: le risorse tolte al Ponte non possono restare in una generica disponibilità, ma devono essere immediatamente riassegnate in favore delle infrastrutture e dello sviluppo di Sicilia e Calabria. È inaccettabile che - conclude - il Governo Meloni abbia già sottratto a queste regioni i vitali fondi FSC. Rimettere ora quei soldi sul piatto per finanziare opere strategiche e la mobilità dei cittadini, anziché lasciarli evaporare in capitoli di spesa generici, è l’unica mossa seria e istituzionale rimasta”.
“Parlamento, Corte dei Conti, magistrati, istituzioni europee, università, scuole, studenti, giornalisti, ONG, associazioni, sindacati: è lungo l’elenco di chi ieri è stato insultato a reti unificate dalla Presidente del Consiglio” così il vicepresidente del gruppo PD della Camera, Toni Ricciardi, che aggiunge: “Abbiamo assistito a uno spettacolo veramente sgradevole, con una Presidente del Consiglio che continua a rivendicare il primato della stabilità di governo. Ma dove sarebbe questa stabilità, se le sue parole producono soltanto fibrillazioni, tensioni e insulti? Meloni confonde il suo accomodarsi quotidiano a Palazzo Chigi, da dove alimenta odio e livore, con la stabilità del Paese, che è tutt’altra cosa. È grave, inoltre, che una Presidente del Consiglio snoccioli dati falsi sull’azione di governo e, soprattutto, continui a presentarsi come politicamente “nata ieri”, rimuovendo però un ventennio trascorso all’ombra e sotto scacco di Berlusconi, con cui ha condiviso anni di fallimenti di governo. Sulla questione “kebabbaro” -conclude Ricciardi - siamo noi gli indignati da tutti quei ministri, che oggi sventolano la bandiera della cucina italiana, mentre per tre anni e mezzo non hanno fatto nulla per gli italiani all’estero che sono i veri custodi e fautori del patrimonio culturale italiano, a partire dal cibo. Anzi, questo governo continua a penalizzarli, arrivando addirittura a togliere la cittadinanza italiana ai loro figli.”
Così l’on. Laura Boldrini, intervenendo all’Assemblea del Pd:
A tre anni dall'elezione di Elly Schlein a segretaria del Pd, voluta da chi ci chiese un cambiamento profondo, possiamo dire che quel cambiamento è in atto.
Lo abbiamo visto con le elezioni regionali e amministrative in cui abbiamo vinto con coalizioni ampie , grazie alla linea testardamente unitaria della segretaria.
E Lo abbiamo visto con le politiche sul lavoro e il salario minimo, anche in questo caso portate avanti con gli alleati dell'opposizione.” Così la deputata Dem Laura Boldrini nel corso del suo intervento oggi all’assemblea del Pd.
“ E lo abbiamo visto in politica estera - ha proseguito Boldrini - perché senza un cambio di linea politica non sarebbero state possibili le iniziative che abbiamo organizzato, dalla manifestazione per Gaza a Roma il giugno scorso con le altre opposizioni, alle due missioni al valico di Rafah e quella all’Aja alla Corte penale internazionale che abbiamo fatto insieme a colleghe e colleghi del Pd e di altri partiti dell'opposizione. Così come non sarebbe stata possibile la presenza sulla Flotilla di Arturo Scotto, Annalisa Corrado e Paolo Romano.
Tutto questo - continua Boldrini - ci ha permesso di essere parte di quel grande movimento che ha riempito le piazze di ragazze e ragazzi per settimane. Siamo stati insieme alla "Generazione Gaza" in molte di quelle piazze e non per "sterile attivismo", come sostiene qualcuno anche qui dentro. Ma perché abbiamo scelto di stare dalla parte del diritto internazionale e della pace, dell'autodeterminazione di un popolo e contro il genocidio.
Nonostante il piano Trump e la tregua, a Gaza centinaia di persone continuano ad essere uccise e a vivere in condizioni disumane, da giorni sotto una pioggia incessante che distrugge ogni riparo: migliaia di tende sono disponibili e anche centinaia di container ma Netanyahu non li fa entrare, tiene i valichi chiusi, un altro volto del genocidio. Vorrei lasciare a questa Assemblea quanto riscontrato dalla nostra recente missione in Cisgiordania dove siamo stati insieme a Mauro Berruto, Valentina Ghio, Sara Ferrari, Ouidad Bakkali e Andrea Orlando. Abbiamo trovato una situazione senza precedenti: la Palestina è strangolata da un regime del terrore messo in atto dal governo Netanyahu che mira a scacciare i palestinesi per appropriarsi delle proprie terre. Una pulizia etnica che purtroppo viene ignorata da gran parte del mondo e dei media. Continuiamo ad occuparcene, a mettere Gaza e la Cisgiordania al centro della nostra azione politica, a richiedere giustizia per le vittime, facciamolo sia in Parlamento che fuori, coerentemente a quanto fatto finora. Questa è una battaglia campale, una battaglia di civiltà di cui noi dobbiamo essere portabandiera.
La linea che abbiamo tenuto finora è quella giusta, va mantenuta e rinsaldata.
“Il caso della nave Spiridon II con le migliaia di bovini intrappolati per lunghe settimane in condizioni drammatiche, molti dei quali morti e, sembrerebbe, gettati direttamente in mare, ha scosso l'opinione pubblica e rappresenta l'ennesima prova di un sistema farraginoso, privo di controlli efficaci e che non tiene conto in alcun modo del benessere degli animali. Sebbene quel caso non riguardi direttamente l'Italia e l'Europa, sono molti e gravi quelli verificatisi in UE nel recente passato che, infatti, hanno spinto la Commissione europea a modificare il Regolamento europeo 1/2005 sul trasporto di animali vivi. Abbiamo presentato una interrogazione al Ministro Lollobrigida, oggi impegnato a Bruxelles per i lavori del consiglio Agrifish la cui agenda prevede anche una discussione sulla proposta di modifica del Regolamento, per sapere quale sia la posizione del nostro paese, se si intenda promuovere una revisione incisiva della normativa vigente in materia di trasporto di animali, sostenendo in particolare il divieto di esportazione verso Paesi terzi extra-UE, l’adozione di standard più rigorosi per la tutela degli animali vulnerabili e la transizione verso il trasporto di carne e carcasse, come raccomandato dall’EFSA e dalla Corte dei Conti europea. Il trasporto di animali vivi oggi in Europa ed in Italia è lontano anni luce da dare un senso compiuto alle parole benessere animale”. Lo dichiarano i deputati del Pd, Evi, Forattini, Prestipino, Casu, che hanno sottoscritto l’interrogazione al ministro dell’Agricoltura Lollobrigida.
“Fazzolari parla a vanvera e cerca di raccontare questi tre anni di governo con una narrazione trionfalistica secondo cui l’Italia sarebbe oggi un Paese “stabile” e “autorevole” grazie all’azione dell’esecutivo. La realtà è ben diversa. Gli attacchi continui alla Presidenza della Repubblica, alla Corte dei Conti, alla magistratura, ai giornalisti e alla stampa, alle autorità indipendenti, alle scuole, all’università e al mondo della cultura non sono il segno di una democrazia solida, ma di un Paese in perenne fibrillazione istituzionale. Una tensione costante generata da una classe dirigente che, invece di rispettare l’equilibrio tra i poteri, tenta di imporre una presunta supremazia colpendo ogni contrappeso democratico. Fazzolari scambia la durata del governo e l’inerzia delle sue politiche con la stabilità. I continui strappi istituzionali dimostrano quanto sia fragile l’impianto di governo, nonostante la sua permanenza formale. E il paradosso è che mentre Fazzolari rivendica la stabilità del Governo il Ministro Ciriani oggi arriva a dire che la priorità del Paese è la legge elettorale per dare stabilità al Governo. Un’ennesima forzatura dettata solo dalla paura di perdere. Mentre il Paese reale arranca su calo dei salari, blocco della produzione industriale da 30 mesi, sanità pubblica allo stremo, servizi essenziali per cittadini tagliati, a partire dal trasporto pubblico e al comparto sicurezza. Il Governo Meloni è un governo incapace di approvare in tempi decenti una legge di bilancio già di per sé inadeguata. L’Italia merita un equilibrio diverso, fondato sulla cooperazione tra i poteri dello Stato e sull’ascolto del Paese reale, non sulla rivendicazione di risultati che non colmano le criticità aperte né nascondono le tensioni che questo esecutivo ha alimentato” così la capogruppo democratica alla Camera, Chiara Braga.
“Altro che stabilità, il Governo Meloni si sta distinguendo come uno degli esecutivi che più hanno alimentato fibrillazioni istituzionali nella storia della Repubblica. Gli attacchi quotidiani alla Presidenza della Repubblica, alla Corte dei Conti, alla Magistratura, alla stampa e perfino all’apparato militare rappresentano un campanello d’allarme che non può essere ignorato. Siamo profondamente preoccupati per la deriva che questa legislatura sta assumendo: un clima in cui Presidente del Consiglio e ministri sembrano ritenere di poter esercitare il potere oltre i confini posti dalle regole democratiche, mettendo a rischio equilibri e garanzie che costituiscono l’ossatura della nostra democrazia” così una nota del capogruppo in commissione difesa della Camera, Stefano Graziano a margine della conferenza europea dei parlamenti della difesa europea commentando le dichiarazioni di Giorgia Meloni su Cavo Dragone.
“È ormai chiaro che l’operazione Albania, presentata dal governo come un modello da esportare, si sia trasformata in un monumento allo spreco e all’opacità. Proprio mentre il governo sta raschiando il fondo del barile per cercare di reperire risorse per una legge di bilancio tra più povere degli ultimi anni, è inammissibile che continuino ad essere sperperati centinaia di milioni di euro di risorse pubbliche in strutture che restano vuote, in ritardo e circondate da gravi anomalie negli appalti e nelle procedure. Ad aggravare questo quadro vi è ora l’esposto formale di ActionAid Italia alla Corte dei Conti che conferma, con dati e documenti, i dubbi sulla gestione economica, sulle deroghe utilizzate e sulla reale utilità di questi centri. Di fronte a informazioni così gravi, il governo non può più negare la trasparenza. Per questo motivo presenterò una interrogazione in Parlamento”. Così in una nota la vicepresidente dei deputati Pd, Simona Bonafè.
“Mentre i costi esplodono e le responsabilità si accumulano, l’esecutivo continua a scaricare le responsabilità tutto su giudici nazionali ed europei. Pretendiamo trasparenza, responsabilità e l’intera documentazione tecnica e contrattuale. I cittadini non possono continuare a pagare per un’operazione fallita che neppure il governo riesce più a difendere”, conclude Bonafè.
“La Corte dei Conti ha definitivamente smontato l’intero iter del Ponte sullo Stretto: violata la direttiva Habitat, relazione IROPI senza basi tecniche, nessuna valutazione delle alternative e motivazioni costruite su benefici economici che non giustificano alcuna deroga. È una bocciatura senza appello": è quanto dichiara il capogruppo Pd in Commissione Ambiente di Montecitorio Marco Simiani.
“Gravissime anche le irregolarità sugli appalti e sui costi: contratto cambiato in modo sostanziale senza nuova gara, finanziamento diventato interamente pubblico, parere dell’Autorità dei Trasporti saltato e istruttorie incomplete. La Corte conclude che la delibera Cipess non è conforme alla legge. Il governo fermi questa corsa cieca: così il Ponte è solo uno spreco di risorse e un rischio per il paese": conclude.
“A seguito della pubblicazione delle motivazione della sentenze della Corte dei Conti sul Ponte, saremo ancora più convinti e determinati a partecipare sabato 29 a Messina alla grande manifestazione nazionale per dire no al Ponte. Vogliamo ribadire con forza l’inutilità di un’opera che penalizza il Mezzogiorno e mette in ginocchio le regioni del Sud, sottraendo risorse preziose a investimenti davvero utili: strade, infrastrutture idriche, ferrovie e servizi essenziali.
È il momento di dire chiaramente che il Sud ha bisogno di infrastrutture funzionali e sostenibili, non di progetti costosi e dannosi che continuano a drenare risorse pubbliche senza produrre benefici reali per i cittadini” così il democratico Anthony Barbagallo. “Invece di derubricare la portata di questa sentenza Meloni e Salvini prendano atto della bocciatura, chiedano scusa e abbandonino definitivamente questo inutile
progetto”.