"Nelle ore in cui Meloni offende i lavoratori italiani, mentendo vergognosamente sui livelli dei salari nel Paese e promettendo misure spot prive di strumenti e risorse reali sulla sicurezza sul lavoro, rileviamo che il governo continua a far finta di nulla sull'effetto devastante dei dazi di Trump, senza mettere in campo nessuna azione per difendere l'economia e la tenuta sociale ed occupazionale del Paese che rischia di perdere 6 miliardi di export, 25 mila imprese e 60 mila lavoratori, con stime di crescita dimezzate. La Premier impegnata a fare foto opportunity con il Presidente USA non ha messo in sicurezza l'Italia: è arrivata tardi e male con misure che sono fumo negli occhi come, del resto, quelle -che sanno di presa in giro- annunciate oggi alla vigilia della festa dei lavoratori. Nella sua maggioranza non hanno ancora capito che alcuni dazi sono già in vigore, senza considerare che uno dei suoi due vicepremier, addirittura, vede nella sciagura dei dazi stessi un'opportunità per l'Italia. È del tutto evidente che il Governo va in ordine sparso e non ha le idee chiare su nulla. Da questo punto di vista emergono, peraltro, le enormi divisioni in politica estera che i silenzi assordanti della premier non riescono a mascherare. L'esecutivo è diviso sulla Corte Penale Internazionale, sulla difesa europea, sul piano Draghi e l'autonomia strategica dell'Europa, sull'aggressione russa all'Ucraina. Le armi di distrazione di massa usate dalla premier non possono cancellare un dato di realtà: questo governo è allo sbando, non sta facendo nulla per difendere gli interessi dei lavoratori e delle imprese italiane, e non sta assicurando credibilità e autorevolezza internazionale al Paese". Lo ha detto Piero De Luca, deputato Pd e capogruppo in commissione politiche europee, a Tagadà su La7.
“Da un governo che ambisce a giocare un ruolo mondiale ci saremmo aspettati ben altro che un Documento programmatico vago, frammentato e senza prospettiva. Lo affermano l’Ufficio parlamentare di bilancio e la Corte dei Conti: il Dfp è insufficiente e privo di dati chiave. È l’ennesima occasione mancata”.
Così Silvia Roggiani, deputata del Partito Democratico, intervenendo in Aula per annunciare il voto contrario del Gruppo al Dfp.
“Avete interrotto - ha aggiunto - una prassi virtuosa che dal 1988 consentiva al Parlamento di svolgere la sua funzione. Nessun vincolo europeo ve lo impediva: è stata una scelta politica, che rivela la vostra totale assenza di visione. Nel documento mancano risposte sui dazi americani, che già colpiscono l’export italiano, e sul Pnrr, unica leva di crescita che ormai è a rischio. Non c’è nulla su Industria 5.0. Il governo ignora le imprese e taglia fondi a sanità e comuni. E mentre gli altri paesi europei investono, la destra scarica i costi su famiglie, lavoratori e pensionati. Il diritto alla casa e alla salute sono negati. In un’Italia che invecchia, il governo sottofinanzia la sanità mentre le persone restano senza medico di base o attendono mesi per un esame. Questo Dfp - conclude Roggiani - non è all’altezza del nostro Paese”.
“Questo Documento di Finanza pubblica più che tracciare una direzione per il futuro del Paese, fotografa il fallimento delle politiche del governo. Un atto che non programma, non pianifica, che certifica l’incapacità della maggioranza di affrontare le crisi con strumenti adeguati. Le previsioni di crescita del Pil per il 2025 si dimezzano rispetto a quelle presentate sei mesi fa: dallo 1,2% previsto dal Psb, ci ritroviamo a un desolante +0,6%. Un dato che potrebbe aggravarsi se le politiche daziarie statunitensi dovessero essere confermato o addirittura inasprirsi. Questo Dfp è un documento vuoto. Manca un quadro programmatico, e non a caso la Corte dei Conti ha parlato di ‘indicazioni limitate’, di ‘mancanza di dettaglio informativo’. Il Ssn è gravemente sottofinanziato. Il concordato fiscale ha avuto un’adesione risibile e i disastri nel riformare aliquote e detrazioni Irpef si traducono in un flop totale. Sul Pnrr i ritardi si accumulano e gli obiettivi rischiano di non essere rispettati. Su Transizione 5.0 risultano prenotati solo 678 milioni su 6,3 miliardi disponibili. Rinominiamola ‘Stallo 5.0’. E mentre in Europa si discute di dazi, mentre gli Stati Uniti alzano barriere commerciali, l’Italia resta muta, appiattita, immobile”.
Così il capogruppo Pd in commissione Bilancio alla Camera, Ubaldo Pagano, intervenendo in Aula nella discussione generale sul Documento di Finanza pubblica.
"I racconti che abbiamo raccolto - proseguono gli esponenti dem - parlano da soli: persone ammanettate per oltre dodici ore durante il viaggio, poi immobilizzate con fascette di plastica sulla nave, senza sapere dove stessero andando. Una volta arrivate, sono state trasferite nel Cpr albanese. In soli sei giorni abbiamo documentato 22 episodi critici: autolesionismo, proteste, gravi disagi psichici e numerose richieste di psicofarmaci. Tre migranti sono già tornati in Italia, nonostante i problemi di salute già presenti alla partenza o a ridosso di una sentenza attesa il giorno successivo".
Riforma inaccettabile, colpisce la tutela dei cittadini.
“Quella portata avanti dal governo Meloni non è una riforma della Corte dei Conti, ma un attacco diretto alla sua funzione di controllo. È coerente con il disegno di indebolimento degli organi indipendenti di garanzia che questo esecutivo porta avanti sin dall’inizio della legislatura. Prima la magistratura, poi la magistratura onoraria con la separazione delle carriere, e oggi la magistratura contabile”. Così il deputato Federico Gianassi, capogruppo Pd in commissione Giustizia, commenta l’approvazione del testo sulla riorganizzazione della Corte dei Conti, passato al Senato.
“La Corte dei Conti – sottolinea l’esponente dem - ha il compito di indagare sugli illeciti commessi dai funzionari pubblici che arrecano danni economici ai cittadini. Se l’intento fosse stato realmente quello di migliorarne l’efficienza, avremmo contribuito con spirito costruttivo. Ma l’obiettivo è un altro: svuotare l’organo di controllo, ridurre le sanzioni, accentrare i poteri e indebolire i meccanismi di tutela per i cittadini”.
“Questa riforma – conclude Gianassi - incide pesantemente sull’autonomia e l’indipendenza della Corte. Con l’introduzione di vincoli gerarchici sulle indagini, si contraddicono principi fondamentali della nostra Costituzione. Prevedere che si risponda solo per il 30 per cento del danno arrecato alla pubblica amministrazione significa che il restante 70 per cento sarà a carico dei cittadini. È inaccettabile. Il Partito Democratico si oppone con forza a questo disegno. I cittadini hanno diritto a istituzioni che vigilano e garantiscono l’uso corretto delle risorse pubbliche”.
“Il Partito Democratico voterà contro la proposta di legge sulla Corte dei Conti, perché demolisce ogni possibilità di azione dei cittadini di fronte agli sprechi di risorse pubbliche. Non condividiamo la separazione delle carriere anche nella magistratura contabile, la gerarchizzazione del pubblico ministero e le norme che violano i principi costituzionali riguardanti l’inamovibilità del giudice e l’indipendenza del pubblico ministero. L’ipotesi poi di veder addirittura cancellate anche le sue articolazioni regionali rischia di compromettere l’efficacia di tutto il sistema. Ci troviamo di fronte a una Pdl che prevede l’impunità di fatto per il governo, con l’assoggettamento degli apparati dello Stato, lo svuotamento dei poteri e delle funzioni degli organi giudiziari e di controllo”.
Così la deputata democratica e responsabile Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, motiva le ragioni del voto contrario del Gruppo alla Pdl Corte dei Conti.
“Viene il sospetto - aggiunge - che sia stata scritta proprio per proteggere l’attuale esecutivo dall’uso disinvolto dei fondi pubblici come, ad esempio, nel caso dello scandaloso protocollo Albania sui centri per migranti. Tutti i nostri emendamenti che miravano a contrastare alcune delle peggiori disposizioni introdotte, tra cui la definizione della colpa grave, l’estensione delle cause di non punibilità, la ‘pietra tombale’ del parere preventivo sugli atti successivi, la riduzione del controllo concomitante, la delega in bianco al governo per riorganizzare la Corte, sono state bocciate. Ci troviamo dinnanzi - conclude - a una riforma sbagliata e che viola gli stessi principi costituzionali”.
“Il Partito Democratico esprime la propria ferma contrarietà al provvedimento sulla Corte dei Conti in discussione alla Camera, che ha una finalità chiaramente demolitoria del ruolo di garanzia dell’istituzione nei confronti dei cittadini e contro gli sprechi di denaro pubblico. Tra gli aspetti più gravi del testo segnaliamo l’introduzione di una vera e propria impunità per il Governo, con una norma profondamente sbagliata, che appare costruita su misura per proteggere l’attuale esecutivo da un uso disinvolto dei fondi pubblici – come dimostrato, ad esempio, dallo scandaloso protocollo con l’Albania. Una norma che non ha nulla a che vedere con la battaglia, giusta e condivisibile, che da anni portano avanti i sindaci per superare la cosiddetta “paura della firma”, chiedendo di separare in modo chiaro e netto – anche dal punto di vista normativo – le funzioni politiche da quelle tecniche. Quella sì che sarebbe una riforma utile, capace di chiarire le competenze e di conseguenza le responsabilità e garantire trasparenza senza lasciare sacche di impunità per nessuno, non certo l’emendamento Montaruli, che si configura invece come un vero e proprio scudo a tutela dell’attuale Governo su molti dossier critici” così una nota dei democratici Debora Serracchiani, Federico Gianassi, Simona Bonafè e Marco Lacarra nel corso dei loro interventi in aula alla Camera.
“Per Meloni chi vince le elezioni si prende tutto, compresi i soldi degli italiani”
Anche in questo caso, come in tutte le occasioni in cui il governo Meloni ha voluto incidere sul sistema della giustizia, il mirino non è puntato verso l’efficientamento, la buona amministrazione, l’efficacia dell’azione pubblica in tutte le sue forme. Ma, al contrario, verso l’assoggettamento degli apparati dello Stato, lo svuotamento dei poteri e delle funzioni degli organi giudiziari e di controllo. È questa la logica che pervade anche il provvedimento che abbiamo all’esame: addomesticare il controllore.
La parola “responsabilità” viene completamente cancellata dal vocabolario dell’amministrazione della cosa pubblica. E la norma che forse incarna più di tutte questa scandalosa volontà è quella sulla prescrizione. Insomma, questo provvedimento serve a voi, più che al Paese. Fare della Corte dei Conti un organo quasi esclusivamente dedito a funzioni consultive, peraltro sovrapponendosi con le funzioni di altri importanti pezzi dello Stato come il Consiglio di Stato o l’ANAC, vuol dire rinunciare ad esercitare un controllo effettivo sulla condotta di chi, per conto dello Stato e di tutte le sue articolazioni, gestisce le risorse pubbliche. La norma che prevede la sostanziale impunità per il governo è l’emblema di questa intenzione ed inaugura una nuova era dell’amministrazione della cosa pubblica nel nostro Paese: il tempo dell’irresponsabilità e dell’uso disinvolto dei fondi pubblici, come insegna il caso del centro per migranti in Albania. È questa l’Italia di Meloni, Salvini e compagnia cantante: chi vince le elezioni si prende tutto, compresi i soldi degli italiani.
Così Marco Lacarra, deputato del Pd in Commissione Giustizia, intervenendo in Aula.
Questo provvedimento viola la Carta costituzionale e si ascrive alla politica di attacco della destra e del governo nei confronti della magistratura, resa ancora più evidente dalle incredibili parole pronunciate dal sottosegretario Mantovano che ancora una volta ha preso di mira l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati. Sono molti i motivi di merito che ci inducono ad esprimere la nostra totale contrarietà e ci preme evidenziare che ben 10 norme presentano profili di incostituzionalità. Il primo è costituito da una legge delega al governo che contiene principi e criteri troppo generici e che prevede la promiscuità tra sezioni giurisdizionali consultive e di controllo, due funzioni distinte che devono essere separate. Viene poi stabilito che l’interrogazione delle sezioni riunite della Corte si impone al pubblico ministero, che però è una parte autonoma e indipendente. Inoltre, si stabilisce un principio di subordinazione gerarchica dei pubblici ministeri rispetto al procuratore generale e viene sottratta la programmazione del controllo concomitante agli uffici competenti. Viene introdotto un regime di pubblicità incompatibile con l'articolo 100 della Costituzione e viene ridimensionato il principio della colpa grave, con una definizione difforme da quella prevista oggi nel Codice degli Appalti. Ancora, viene stabilito un quantum risarcitorio troppo modesto e si applica in modo esteso il silenzio-assenso che non dovrebbe essere consentito nell'esercizio di funzioni magistratuali. Infine, segnaliamo la violazione del regolamento europeo sulla tutela delle banche dati, laddove nella legge è consentito al procuratore generale accedere in tempo reale alle banche dati sulle indagini territoriali.
Così il capogruppo Pd in commissione Giustizia alla Camera, Federico Gianassi, intervenendo in Aula.
Il Partito Democratico conferma netta contrarietà al provvedimento sulla Corte dei Conti in discussione alla Camera che ha finalità demolitoria del ruolo a garanzia dei cittadini dinanzi a sprechi pubblici. “Per questo – sottolineano la responsabile giustizia del Pd e i capigruppo in commissione Affari costituzionali e Giustizia di Montecitorio, Debora Serracchiani, Simona Bonafè e Federico Gianassi – abbiamo presentato una questione pregiudiziale di costituzionalità e una cinquantina di emendamenti che mirano a contrastare diverse disposizioni, tra cui la definizione della colpa grave, l’estensione delle cause di non punibilità, la "pietra tombale" del parere preventivo sugli atti successivi, la riduzione del controllo concomitante, la delega in bianco al governo per riorganizzare la Corte”.
“Inoltre – proseguono i democratici - ci opponiamo alla separazione delle carriere anche nella magistratura contabile, alla gerarchizzazione del pubblico ministero e alle norme che violano i principi costituzionali riguardanti l’inamovibilità del giudice e l’indipendenza del pubblico ministero. La possibile cancellazione delle articolazioni regionali della Corte dei Conti è un altro punto che non possiamo accettare, poiché rischia di compromettere l’efficacia del sistema.”
“Tra gli aspetti più gravi – aggiungono Serracchiani, Bonafè e Gianassi - segnaliamo anche la norma che prevede l’impunità per il governo: una norma sbagliata, fatta per proteggere l’attuale esecutivo dall’uso disinvolto dei fondi pubblici come nel caso dello scandaloso protocollo Albania e altri dossier? Per evitare questa assurda e ingiustificabile conseguenza – concludono i democratici – occorre stralciare quella norma. Non c’entra nulla la battaglia che da anni fanno i sindaci per superare la cosiddetta ‘paura della firma’ e chiedere di separare a livello normativo in modo chiaro e netto le funzioni politiche da quelle tecniche, scelta che chiarirebbe il campo delle responsabilità e non lascerebbe sacche di impunità . Per questo abbiamo presentato un emendamento che ridisegna ruoli e competenze degli amministratori locali ma se sarà respinto allora sarà chiaro che l’obiettivo, come tutta questa riforma dimostra, non era modernizzare la corte e chiarire il quadro delle responsabilità ma creare uno scudo per il governo sui tanti dossier critici.”
“Il Governo e la maggioranza, ignorando ogni vincolo normativo, foraggiano con armamenti al regime golpista del Niger, in palese violazione della legge italiana e delle normative militari. Un governo peraltro che lo Stato italiano, come riportato nella relazione, neanche riconosce. Siamo davanti a una situazione molto grave in palese
Violazione della legge che vieta la cessione di armi a Paesi che non riconosciamo ufficialmente e con i quali i rapporti di partenariato sono stati interrotti, come avvenuto con il Niger dopo il colpo di Stato del 2023. Di fronte alle proteste unanimi delle opposizioni, il Governo si è sottratto a ogni confronto in Commissione, rifugiandosi dietro report militari che non chiariscono la legittimità di questo atto. Il Partito Democratico proseguirà questa battaglia fino a coinvolgere tutte le autorità giurisdizionali competenti, compresa la Corte dei Conti, per verificare la legalità dell'operazione e l’eventuale spreco di risorse pubbliche. È inaccettabile che, mentre il Governo non ha una strategia chiara per il Niger e il Sahel, violi anche le leggi sulla cooperazione militare”
Così una nota dei componenti democratici delle commissioni Difesa e Esteri della Camera dei Deputati.
"Sul Pnrr si preannuncia un disastro e, come ormai avviene su molte altre questioni, si stanno palesando due governi. Uno che continua la propaganda e l’altro che prova ad evitare il disastro. I fatti sono noti: l'Italia ha ottenuto un finanziamento di 122 miliardi di euro. Al momento ne ha spesi solo 63. Ne deve incassare (e spendere) altri 73 entro un anno. Il ministro Foti, anche oggi, dice che va tutto bene e siamo puntuali. Al contempo, il ministro Giorgetti, che sa quanto la cassa della finanza nazionale dipenda dal Pnrr, sta già trattando da mesi per il rinvio. Il governo, per coprirsi le spalle, dà la colpa ai Comuni per i ritardi accumulati, ma occorrerebbe ricordare che Fitto ha perso 15 mesi per smantellare la struttura di sostegno e spostare dal Mef al suo ministero la gestione dei fondi per farsi le sue assunzioni, con l’assenso della premier e annullando i controlli della Corte dei Conti che davano fastidio. In queste bizzarre dinamiche governative si consolida il disastro, ma per Meloni, Giorgetti e Foti 'va tutto bene madama la marchesa'. Meloni venga immediatamente in Parlamento per riferire sullo stato di attuazione del Pnrr". Così il deputato Pd Silvio Lai, componente della commissione Bilancio.
“I dati presentati oggi dalla Corte dei Conti confermano l’urgenza di un’operazione verità sugli investimenti del PNRR e sul rispetto della loro realizzazione, sia in termini di spesa che di tempistiche. Finora il governo ha agito nella totale mancanza di trasparenza, con ministri che hanno sempre negato i ritardi, smentiti ora in modo eclatante dalla relazione della Corte.
Meloni deve riferire al più presto in Parlamento. Non è più accettabile che il governo continui a nascondere la realtà ai cittadini e alle istituzioni. Il PNRR doveva rappresentare una svolta storica per il Paese, ma la sua attuazione è stata gestita con superficialità e opacità. E i dati confermano purtroppo i ritardi nell'attuazione che rischia di far saltare investimenti fondamentali in sanità, istruzione, politiche sociali, infrastrutture. È in Parlamento che deve essere fatta chiarezza su questo fallimento. La Presidente del Consiglio non può più sottrarsi al confronto: riferisca subito sullo stato reale del Piano e spieghi perché il governo continua a rallentare il Piano e immagina proroghe invece di garantire investimenti concreti e tempestivi per il futuro dell’Italia”. Lo ha detto il capogruppo democratico della commissione affari europei della camera, Piero De luca, intervenendo questa mattina in apertura dei lavori nella seduta di Montecitorio. “Meloni venga in Parlamento serve un’operazione verità e trasparenza sullo stato di attuazione di un progetto di investimento che doveva rappresentare una svolta storica per il nostro paese e che il governo sta invece mettendo in discussione per le proprie incapacità, come conferma la richiesta del ministro Giorgetti, riportata da Repubblica, di una proroga con rinvio del termine finale di attuazione del Piano”.
La relazione della Corte dei Conti conferma gravi criticità nell’attuazione del PNRR, con ritardi su istruzione, welfare, inclusione e salute. Questi ambiti, fondamentali per la coesione sociale e la riduzione delle diseguaglianze, restano ai margini dell’azione di governo, dimostrando l’assenza di una visione chiara sulle reali emergenze del Paese”. Così in una nota il capogruppo democratico nella commissione Affari sociali della Camera e responsabile welfare del Pd, Marco Furfaro commenta la relazione della Corte dei Conti sullo stato di avanzamento del Pnrr. “Inoltre - aggiunge Furfaro - se fosse confermata l’intenzione del ministro Giorgetti di chiedere uno slittamento del Pnrr, come riportato da Repubblica, saremmo di fronte all’ennesima dimostrazione dell’incapacità del governo di programmare e utilizzare le risorse disponibili. Un fatto gravissimo che segnala l’inefficienza nella gestione dei fondi e la mancanza di una strategia per affrontare le urgenze sociali.
Questa situazione certifica l’assenza di una reale volontà di abbattere le diseguaglianze e garantire diritti fondamentali ai cittadini. Il governo, invece di agire con responsabilità, continua a rinviare, compromettendo il futuro del Paese”, conclude Furfaro.
Schlein, difesa d'ufficio di Nordio su Almasri pagina vergognosa Poteva ma ha scelto di non lasciare in carcere un torturatore (ANSA) - ROMA, 26 MAR - "La sua difesa d'ufficio di un torturatore libico rappresenta una delle pagine più vergognose a cui è sottoposto questo Parlamento". Lo ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein parlando in Aula alla Camera nell'ambito delle dichiarazioni di voto sulla mozione di sfiducia al ministro Nordio. "I fatti - ha evidenziato - qui sono incontrovertibili e per quante omissioni e falsità abbiate messo in campo sono molto chiari: contravvenendo una esplicita richiesta d'arresto da parte della corte penale internazionale e a causa della sua mancata risposta alle sollecitazioni del procuratore generale l'arresto non è stato convalidato e Almasri non solo è stato scarcerato ma addirittura riportato a Tripoli con tutti gli onori, libero di continuare a uccidere, torturare, stuprare. Come fa a rimanere ancora al suo posto?". "Ho ascoltato i contraddittori argomenti dei colleghi di maggioranza - ha proseguito - ma la cosa è molto semplice: noi riteniamo che avesse l'obbligo di intervenire e vi si sia sottratto, loro ritengono che lei non doveva ma poteva ma la sostanza non cambia: poteva ma ha scelto di non far rimanere in carcere un torturatore libico. E' stata una scelta politica, ne prendiamo atto". "Se aveva un dubbio poteva chiamare la Corte? Perché non lo ha fatto?"