I rilievi formulati dalla Corte dei Conti sulla delibera CIPESS relativa all’approvazione del progetto definitivo e del Piano Economico Finanziario del Ponte sullo Stretto, confermano tutte le perplessità che come opposizione avevamo sollevato. Il governo continua a procedere con forzature e scorciatoie, senza rispettare né le procedure né le prescrizioni tecniche ed economiche richieste da norme nazionali ed europee". Lo dichiara Marco Simoni, capogruppo Pd in commissione Ambiente di Montecitorio.
"Il progetto, secondo le osservazioni della Corte dei Conti, è caratterizzato da atti trasmessi in modo anomalo, procedure incomplete, prescrizioni tecniche e pareri mancanti, stime economiche incoerenti e poco trasparenti, dubbi sulla qualificazione dei soggetti coinvolti e possibili incompatibilità con le direttive europee, delineando così un’opera segnata da improvvisazione, opacità e dal concreto rischio di tradursi in un enorme spreco di denaro pubblico. E' necessario che il governo ed il ministro Salvini facciano immediatamente chiarezza. Il tempo dei vittimismi e delle polemiche è finito", conclude Simiani.
“La Corte dei Conti ha bocciato la delibera CIPESS sul Ponte sullo Stretto con cinque pagine di rilievi tecnici e procedurali. Un fatto che conferma le criticità già emerse sulla sostenibilità economica, sul rispetto delle norme europee e sulle valutazioni ambientali.
Non si tratta di un passaggio formale, ma di una sonora bocciatura che mette in discussione l’impianto stesso del progetto. Salvini e il Governo devono smetterla con gli annunci propagandistici e spiegare al Paese cosa sta realmente accadendo.
Presenteremo diverse interrogazioni parlamentari perché il Parlamento deve essere informato punto per punto, con la massima chiarezza e trasparenza. È in gioco la credibilità delle istituzioni e l’uso corretto delle risorse pubbliche” così una nota del capogruppo Pd e del vicepresidente della commissione trasporti della camera, Anthony Barbagallo e Andrea Casu.
“Ora il Parlamento si assuma le sue responsabilità”
Il Consiglio regionale della Sardegna ha approvato la legge che disciplina procedure e tempi per l’accesso al suicidio medicalmente assistito. La Sardegna è la seconda Regione, dopo la Toscana, a dotarsi di una normativa attuativa delle sentenze della Corte costituzionale (n. 242/2019 e successive). “È una legge giusta e necessaria: accompagna il malato senza imporre nulla, nel pieno rispetto di dignità e libertà, seguendo rigorosamente i quattro requisiti fissati dalla Consulta”, dichiara Silvio Lai (PD), che sottolinea “il lavoro decisivo della Commissione Sanità e della sua presidente Carla Fundoni (PD), che hanno condotto l’istruttoria e rafforzato la tenuta giuridica del testo”.
Il provvedimento garantisce assistenza sanitaria gratuita, verifica delle condizioni tramite commissione multidisciplinare e Comitato etico territorialmente competente, oltre a un passaggio obbligato per le cure palliative e tempi certi per le aziende sanitarie.
“Ora un’altra Regione segue l’esperienza della Toscana—prima ad approvare una legge analoga l’11 febbraio 2025, poi impugnata dal Governo. Il testo sardo Peraltro recepisce le criticità emerse in Toscana e riduce il rischio di contenzioso con verifiche cliniche, tempistiche e ruolo dei Comitati etici più puntuali. Con questa approvazione il PD e il centro sinistra difendono i diritti e danno attuazione alle sentenze costituzionali. La maggioranza in Parlamento continua a eludere un vuoto legislativo che va colmato. Il Parlamento la smetta di rinviare e chiuda il cantiere nazionale: lasciare cittadini e servizi sanitari nel limbo è viltà politica e strumentalizzazione sulla pelle di chi soffre”, conclude Lai.
“Il riferimento fatto oggi dal ministro Piantedosi al caso Cecilia Sala è del tutto fuoriluogo: parliamo infatti di una vicenda che nulla aveva a che vedere con la Corte penale internazionale e che non è in alcun modo paragonabile al caso del torturatore Almasri”. Lo dichiara la capogruppo democratica nella Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, Antonella Forattini.
“Ancora una volta il ministro cerca di trovare giustificazioni al ricatto al quale il governo ha deciso di cedere. Cambiare continuamente le carte in tavola, rendere sempre più confusa e opaca la ricostruzione dei fatti e costruire una verità a posteriori e su misura per coprire un atto grave che ha fatto perdere credibilità al Paese. È grave e irrispettoso nei confronti del Parlamento che queste nuove versioni arrivino tramite interviste televisive e non nelle sedi istituzionali – come la Giunta per le autorizzazioni o l’Aula – dove invece avrebbe dovuto riferire la verità.
Non comprendiamo perché il ministro non abbia detto subito ciò che il governo ha poi inserito nelle memorie depositate. Continuare a modificare la narrazione li ha resi poco credibili e imbarazzanti. Il Parlamento merita chiarezza e rispetto: chiediamo che il governo si assuma fino in fondo le proprie responsabilità e dica una volta per tutte la verità sul caso Almasri”.
“La Corte dei Conti conferma quanto denunciamo da mesi: la gestione di Agrigento Capitale della Cultura 2025 è un disastro. Governance instabile, conti opachi, rendicontazioni incomplete, ritardi e affidamenti viziati hanno trasformato un’occasione storica in un fallimento adesso certificato". Così in una nota la deputata siciliana del PD Giovanna Iacono.
"Per mesi i nostri allarmi - continua la parlamentare - sono stati inascoltati o derubricati come allarmismo, nell’indifferenza complice di Comune, Regione e Ministero. A pagare il prezzo, come al solito, è Agrigento e la sua comunità. Mortificata, derisa, illusa e abbandonata davanti ad un disastro costruito giorno dopo giorno da una classe dirigente arruffona e inadeguata.
Ho presentato una nuova interrogazione al Ministro della Cultura per chiedere come intenda intervenire: servono trasparenza, rigore e responsabilità". "Agrigento e la Sicilia meritavano prestigio e sviluppo, non sprechi e promesse tradite”, conclude Iacono.
“La sentenza della Corte d’Assise di Chieti sull’omicidio di Alina Cozac a Spoltore rischia di tradursi in una insostenibile contorsione della Giustizia e della norma: pare quantomeno difficile comprendere come si possa derubricare un delitto da volontario a preterintenzionale valutando solo per quanto tempo le mani dell’uomo hanno stretto la gola della donna. Sarebbe come dire che il compagno voleva ucciderla, ma non troppo. Mi ritengo un garante del diritto alla difesa e del giusto processo, ma credo anche che il diritto non possa essere stiracchiato o sbrindellato come un elastico in virtù di valutazioni emozionali". Così in una nota il deputato abruzzese del Pd Luciano D'Alfonso sulla sentenza dell'omicidio di Alina Cozac.
Ma, al di là delle motivazioni - continua il parlamentare dem - quello che oggi suscita perplessità è l’impatto che l’esito delle investigazioni e degli interrogatori in aula ha generato: da una prima lettura della vicenda se ne deduce che la sera dell’omicidio l’uomo avrebbe voluto ferire la compagna, ma siccome le sue mani hanno indugiato sul collo della donna pochi minuti o secondi, vuol dire che dopotutto non voleva proprio ucciderla, e se poi è morta è stato un tragico incidente. Una tale lettura, che significa veramente fare un gioco di prestigio con il diritto penale, manderebbe in archivio anni di lotte sul femminicidio che pure hanno partorito la norma che disciplina i reati del Codice Rosso. E non credo che fossero queste le intenzioni dei magistrati giudicanti. Sicuramente la sentenza non ha determinato la chiusura di una vicenda tragica, drammatica, che ha segnato il nostro Abruzzo, una vicenda che a nostra volta non possiamo derubricare come l’ennesimo episodio da relegare a una fredda statistica di fine anno". "Spetterà agli ulteriori gradi della Magistratura, che è scontato verranno interpellati, decidere se eventualmente aggiustare, o meno, il tiro di una lettura della norma che effettivamente rischia di diventare un caso-scuola, apripista di sentenze difficili da accettare e da capire”, conclude D'Alfonso.
“L'intercettazione della Guardia di Finanza, prima, e dei Carabinieri, poi, al porto di Pozzallo (RG) e a Villa San Giovanni (RC) di due traffici illegali di migliaia di uccelli selvatici, nascosti all'interno di scompartimenti a -2 gradi, con limitate scorte di acqua e cibo, in minuscole gabbie con poca aria, ci conferma che il fenomeno del traffico illecito e del bracconaggio continuano a rappresentare un grave problema in Italia, soprattutto nelle regioni del Sud, anche in collegamento con mercati esteri (Malta, Nord Africa, paesi dell'Est)”. È quanto si legge in un'interrogazione dei deputati PD, Eleonora Evi, prima firmataria, Anthony Barbagallo e Patrizia Prestipino con cui si chiede al governo di fare piena luce sul traffico transfrontaliero di fauna selvatica protetta e sulle reti di intermediari.
“È altresì necessario – continuano i parlamentari dem - sapere cosa stia facendo il Tavolo di Coordinamento per il contrasto agli illeciti sugli uccelli selvatici per sollecitare i dati annuali mancanti delle Regioni, per attuare la parte del Piano d'Azione che prevede il ripristino degli organici della vigilanza venatoria provinciale e per inasprire le sanzioni rimaste al 1992”. “E' infine sempre più urgente l’adozione di linee guida nazionali per il progressivo superamento dell’uso dei richiami vivi”, concludono i deputati PD.
“La pubblicazione dei resoconti ufficiali della Camera relativi alla seduta di ieri della Giunta delle autorizzazioni a procedere sul caso Almasri conferma tutta la gravità di una vicenda che getta un’ombra pesantissima sul Governo della Presidente Meloni e sui suoi principali uomini di fiducia e Ministri.
Dalla Relazione emerge che, nel corso delle riunioni straordinarie del 19, 20 e 21 gennaio, i principali esponenti di governo - tra cui il Ministro dell'Interno - hanno di fatto avallato la strategia del “mancato intervento”. Scelta politica che ha determinato la scarcerazione di un torturatore e omicida come Almasri, criminale ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità.
Legittimare un piano per lasciare libero un sanguinario capo milizia sarebbe un fatto gravissimo. Tanto più vista la retorica anti immigrazione che propinano agli italiani ogni giorno.
Altrettanto preoccupante è ciò che emergerebbe sul rafforzamento dei rapporti con la milizia Rada, organizzazione filo-islamista radicale, responsabile di violenze disumane e di persecuzioni religiose, a cui il Governo avrebbe di fatto appaltato la sicurezza degli interessi economici in zona di ENI e dei cittadini italiani in Libia.
Che sarebbero stati messi nelle mani di chi è accusato di torture, stupri e omicidi così come del traffico di esseri umani.
Il Parlamento non può tacere di fronte a una vicenda che mette a rischio la credibilità delle nostre istituzioni e la sicurezza degli italiani. È assolutamente necessario che si faccia subito chiarezza di fronte agli organi costituzionali e al popolo italiano.” così Matteo Mauri responsabile nazionale sicurezza del Pd commenta gli atti sul caso Almasri, che da oggi sono disponibili nei resoconti ufficiali della Camera.
“Dai resoconti ufficiali della Camera dei deputati, pubblicati oggi, relativi alla seduta di ieri della Giunta delle autorizzazioni a procedere sul caso Almasri, emergono elementi di estrema gravità. Il Governo Meloni non solo ha scelto di non intervenire, favorendo la liberazione di Almasri, ma, da quanto riportato, ha finito per rafforzare i rapporti con un gruppo islamista radicale come la milizia Rada, responsabile di crimini efferati e violenze disumane anche strumentalizzando in maniera blasfema la religione. È inaccettabile che l’Italia, per mera convenienza politica, si sia affidata a un’organizzazione che perseguita, tortura e uccide persone innocenti. Almasri non è un ricercato qualsiasi: come emerge dal mandato d’arresto della Corte penale internazionale, a suo carico ci sono accuse di eccezionale gravità. Parliamo di 34 omicidi accertati, di cui 12 per torture, 16 per mancanza di cure mediche, 4 per ferite da arma da fuoco e 2 per esposizione a condizioni climatiche estreme. A questi si aggiungono 22 violenze sessuali documentate, perpetrate contro donne, uomini e minori. Le imputazioni comprendono torture sistematiche, incarcerazioni arbitrarie, trattamenti disumani e persecuzioni religiose e morali contro cristiani, atei, omosessuali e oppositori politici. Affidare a figure come queste la gestione delle persone migranti e di sicurezza è una vergogna nazionale. Il Governo ha il dovere di chiarire immediatamente in Parlamento perché ha scelto di sacrificare la verità e la dignità del nostro Paese sull’altare di un patto scellerato con chi rappresenta l’opposto dei valori democratici e umani che la nostra Costituzione tutela” così Paolo Ciani, vice capogruppo Pd-Idp alla Camera e segretario di Demos, commenta gli atti sul caso Almasri, che da oggi sono disponibili nei resoconti ufficiali della Camera.
«Quanto emerge oggi dagli atti ufficiali della Camera dei deputati sulla seduta di ieri della Giunta delle autorizzazioni a procedere sul caso Almasri è di una gravità senza precedenti. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha mentito al Parlamento e agli italiani quando ha sostenuto che la scarcerazione di Almasri fosse stata una scelta autonoma della magistratura. L’istruttoria del Tribunale dei ministri dimostra invece che vi fu una precisa strategia del Governo, concordata nelle riunioni del 19 e 20 gennaio, fondata sul “mancato intervento” del Ministero della Giustizia: una scelta politica che ha reso inevitabile la liberazione del criminale libico. È altrettanto evidente che la successiva espulsione di Almasri non fu il frutto di un automatismo tecnico, come fatto intendere da Meloni, ma l’esito di un piano deciso a tavolino, con tanto di volo già predisposto prima ancora della scarcerazione. In quella riunione del 20 gennaio – a cui parteciparono ministri, sottosegretari e i vertici dei nostri apparati di sicurezza – si discusse consapevolmente di come non intervenire per lasciare che la Corte d’Appello disponesse la liberazione, così da poter poi procedere all’espulsione. Siamo davanti a una menzogna inaccettabile da parte della Presidente del Consiglio. Per questo chiediamo che venga immediatamente a riferire in Parlamento: la trasparenza è un dovere, non un optional” conclude Antonella Forattini, capogruppo democratica in Giunta delle autorizzazioni a procedere commentando gli atti sul caso Almasri, che da oggi sono disponibili nei resoconti ufficiali della Camera.
“Accogliamo con soddisfazione la risposta fornita oggi dal Governo in Commissione Finanze al nostro question time sul tema del contrasto al gioco d’azzardo patologico e delle misure necessarie dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità del divieto di utilizzo nei pubblici esercizi di apparecchiature per l’accesso al gioco online”. Così Virginio Merola, capogruppo Pd in commissione Finanze e Stefano Vaccari, segretario di Presidenza della Camera, firmatari dell’interrogazione presentata oggi.
“La pronuncia della Corte ha creato un vuoto normativo che va colmato con urgenza, e apprezziamo che il sottosegretario Federico Freni abbia dichiarato nella risposta che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha già avviato un percorso per una nuova disciplina capace di coniugare libertà di impresa e tutela della salute. In particolare, riteniamo molto importanti le misure illustrate oggi dal Governo, che prevedono strumenti innovativi, con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, per rafforzare l’autoesclusione, introdurre limiti più stringenti per i giocatori più giovani e garantire una maggiore trasparenza e consapevolezza durante l’attività di gioco”.
“Nel 2024 l’erario ha incassato complessivamente oltre 10,4 miliardi di euro dal settore dei giochi, con una sostanziale stabilità rispetto al 2023, di cui circa 9,1 miliardi di euro dal gioco tradizionale e 1,3 miliardi dal gioco telematico. Se da un lato cala il gettito dalle AWP (4 miliardi nel 2023, scesi a 3,8 miliardi nel 2024), dall’altro aumenta quello derivante dal gioco online (+14,36%). Questo dimostra che il business si sta spostando verso il digitale, ma senza che il Governo abbia ancora introdotto misure adeguate a prevenire i rischi di ludopatia legati a questa nuova dimensione. Il Parlamento dovrà ora fare la sua parte, traducendo queste linee di indirizzo in una cornice legislativa chiara ed efficace. Per noi la priorità resta la lotta alla ludopatia, un fenomeno che mette a rischio la salute e la dignità di troppe persone e famiglie. Non abbasseremo la guardia sull’operato di questo Governo e continueremo a seguire con attenzione l’iter delle nuove proposte normative, lavorando per un sistema di regole che tuteli davvero i cittadini”.
"La più grande organizzazione di esperti di genocidio del mondo, l'International Association of Genocide Scholars (Iags), ha dichiarato che quello che Israele sta facendo a Gaza è genocidio. Lo afferma in una risoluzione approvata con l'86 per cento di voti favorevoli. Dopo questa ennesima, autorevole dichiarazione, non esistono più alibi e non ci possono essere più reticenze. Anche chi finora ha negato o ha minimizzato, come se non bastassero già i pronunciamenti della Corte internazionale di giustizia, non potrà più voltarsi dall'altra parte.
E questo vale anche per il mondo dell'informazione in cui questa notizia non ha avuto il rilievo che meritava. Anzi, tranne rare eccezioni, è stata colpevolmente oscurata.
Mentre a Gaza il popolo palestinese continua ad essere decimato e in Cisgiordania continua l'esproprio e l'occupazione delle case e delle terre dei palestinesi da parte dei coloni israeliani, nel nostro Paese, nei palazzi e nelle redazioni dobbiamo ancora assistere a titubanze, balbettii e tentennamenti. Una complicità intollerabile". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
“Solo 9,3 milioni di euro spesi su 500 stanziati per l’innovazione e la meccanizzazione in agricoltura. Una cifra che equivale all’1,89% delle risorse disponibili e che racconta, meglio di qualsiasi slogan, il fallimento di questa misura strategica del PNRR.” Lo dichiarano in una nota congiunta le deputate e i deputati del Partito Democratico Antonella Forattini, Stefano Vaccari, Enzo Romeo, Irene Marino e Andrea Rossi, che hanno presentato un’interrogazione al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
“La Corte dei Conti, nella sua ultima relazione, ha certificato i gravi ritardi nell’attuazione di questo investimento, destinato a sostenere 15.000 aziende agricole per l’acquisto di macchinari innovativi, la sostituzione dei vecchi trattori, l’introduzione di tecniche di precisione e tecnologie Agricoltura 4.0. Un’occasione fondamentale per rendere il settore più sostenibile, efficiente e competitivo – aggiungono – che rischia di andare perduta per l’inadeguatezza gestionale di questo Governo.”
“È inaccettabile che uno strumento pensato per accompagnare la transizione ecologica e valorizzare il Made in Italy alimentare resti impantanato tra ritardi burocratici e piattaforme digitali obsolete. Il Ministro venga in Commissione a riferire con chiarezza: quali misure intende adottare per sbloccare i fondi? Quali interventi saranno rimodulati o, peggio, cancellati?”
“Il comparto agricolo non può più aspettare. Ogni ritardo danneggia le imprese, compromette gli obiettivi ambientali e mina la credibilità del nostro Paese in Europa. È ora che il Governo Meloni si assuma le proprie responsabilità.”
"Più che un decreto Economia è un decreto per le rendite, per continuare a proteggere le posizioni dominanti e scaricare sui cittadini, lavoratori e contribuenti, i costi delle inefficienze, delle rinunce politiche e dei ritardi del Governo. I miglioramenti apportati grazie agli emendamenti dell'opposizione non sono sufficienti per dare il nostro voto favorevole al provvedimento".
Così Silvio Lai, deputato Pd della commissione Bilancio, intervenendo in Aula sul decreto Economia.
"Nel decreto - aggiunge - non c'è nessuna misura riferibile alla programmazione economica, dall'industria al lavoro, dai salari ai dazi, nel mentre si è aggravata la fase della decrescita come segnalato dall'Istat. Peraltro sotto il profilo dell’urgenza e della sua regolarità il decreto è un omnibus che la Corte Costituzionale ha già denunciato ed è stato bocciato dagli organismi superpartes del Senato, perché non è chiaro cosa abbia indirizzato le scelte normative del Governo nel provvedimento. Siamo alla confusione totale. Quando ci sono soluzioni, queste sono inique e pericolose come quelle sul payback dei dispositivi medici. È stata presentata come una mediazione, ma il risultato finale è che pagano le piccole aziende (quanto le grandi) che hanno fornito prodotti al Servizio Sanitario Nazionale per errori di programmazione. Sulle opere pubbliche fuoriuscite dal Pnrr, ora ammesse al fondo per le opere indifferibili, siamo davanti a un paradosso: si usano risorse ordinarie per coprire fallimenti straordinari, senza alcuna analisi pubblica su chi ha sbagliato, quali enti hanno perso tempo, quali gare non sono partite. Nel decreto ci sono anche disposizioni sulle cripto-attività, fintech, startup. Bene. Ma tutto si riduce a modifiche formali e strumenti di incentivo senza visione. Nessuna connessione con il sistema scolastico, l’università pubblica, la formazione dei giovani. E poi emerge il modo con cui il lavoro viene trattato da questo Governo che voleva aumentare a 4 anni la precarietà e dare il via ai contratti di zona. Per l’esecutivo Meloni il lavoro è solo merce come fossimo nell’800. Sulla Sugar tax ennesimo rinvio. Ormai siamo ad 800 milioni di costi che hanno pagato i cittadini per far risparmiare le grandi aziende come Coca-Cola e Pepsi. La sintesi è: rendita privata, costo pubblico. Il nostro voto contrario è la coerente conseguenza dell'ennesimo scadente decreto. Di economia - conclude - speriamo di occuparcene la prossima volta".
“La sentenza della Corte di Giustizia Europea sui paesi sicuri segna uno spartiacque: il modello Albania, per come era stato concepito dal Governo Meloni, non regge e non è compatibile con il diritto comunitario. Un paese non può essere inserito nella lista dei paesi sicuri da uno stato qualora non offra una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione, e l’eventuale designazione deve poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo. Già dopo il primo trasferimento ad ottobre il governo avrebbe dovuto fermarsi: alla luce di questa sentenza i tentativi di novembre e gennaio risultano dolosi, attuati per esigenze meramente politiche e propagandistiche. Se c’è un momento in cui fermare questa follia, quello è adesso: la “prima fase”, la funzione originaria dei centri, non è sostenibile, e la seconda, quella che trasforma il centro di Gjadër in CPR, ha mostrato in questi mesi le sue enormi disfunzionalità, in termini di diritti umani innanzitutto, ma anche a livello logico, logistico ed economico. Il Governo continuerà a portare in Albania persone che già si trovano trattenute in Italia, per poi doverle riportare tutte in Italia, anche in caso di rimpatrio? Continuerà a deportare persone vulnerabili, che poi verranno valutate come incompatibili con il trattenimento? Continuerà ad accanirsi su poche decine di sfortunati, per tenere in piedi il frutto mostruoso della sua propaganda? L’unica soluzione dignitosa per l’esecutivo è di fermarsi: rinunciare a questa follia, risarcire chi ne ha pagato il prezzo, e abbandonare la bugia del “funzioneranno”: il nostro paese merita politiche migratorie migliori” così la deputata democratica, Rachele Scarpa.