"Quasi sedici anni dopo la strage di Viareggio, ci troviamo ancora a fare i conti con una ferita aperta. Oggi, la Corte di Appello di Firenze ha riconfermato la pena massima di cinque anni per l’ex amministratore delegato di FS e RFI, Mauro Moretti, insieme alle condanne per gli altri undici imputati, da quattro a sei anni di reclusione. È una giustizia parziale, perché nessuna pena può riportare in vita le 32 vittime e risarcire le famiglie che hanno pagato il prezzo più alto di questa negligenza e dei tagli alla sicurezza ferroviaria. Eppure, seppur dopo così tanto tempo, riconoscere responsabilità così chiare è un passo fondamentale per evitare che simili tragedie si ripetano. Un abbraccio commosso alle famiglie delle vittime, che non hanno mai smesso di chiedere verità. La loro forza ci ricorda che la memoria non è mai passiva, ma impegno concreto. La vittoria di oggi è amara, ma chiara: per cambiare davvero serve mantenere alta l’attenzione sulle questioni di sicurezza e prevenzione. Continueremo a lavorare in Parlamento affinché ogni sacrificio non sia stato vano e affinché l’Italia sia un Paese più sicuro e responsabile". Così Marco Furfaro, deputato toscano e membro della segreteria del Partito Democratico, sulla sentenza della Strage di Viareggio.
Questo Pnrr sta diventando la Caporetto del Governo Meloni; il più grande fallimento dell’esecutivo di cui si scriverà sui libri di storia. Oggi proponete la revisione di un terzo del Pnrr ad un anno dalla fine. Quindi finora solo fake news e fallimenti: i conti che non tornano come segnalano tutti, da ultimo la Corte dei Conti e l’Anac, nella vostra indifferenza. Questo Piano è diventato la tela di Penelope.
A livello europeo, il governo sta liquidando il capitale politico di storica autorevolezza e credibilità del Paese. Siete isolati, nell’angolo, scomparsi dalle grandi decisioni strategiche, protagonisti di una débâcle diplomatica continua. Sul Pnrr lo stesso. I dati sono inequivocabili purtroppo: Transizione 5.0 ferma al palo; spesa per Politiche attive del lavoro: 7%; spesa per case e ospedali comunità al 7%; inclusione sociale ferma al 13%; trasporti e infrastrutture, spesa al 13%, altro che Ponte sullo Stretto; asili nido, scuola, l’università e la ricerca bloccati al 25%. Siete in enorme ritardo nella spesa. Sugli oltre 194 miliardi di euro stanziati, solo 70 miliardi effettivamente spesi in Italia, cioè il 58% delle risorse ottenute ed il 36% di quelle complessive. Ecco spiegata la ragione della volontà di apportare l’ennesima revisione. Voi siete costretti a mettere una toppa al buco che avete creato finora. Ma una domanda sorge spontanea, ma se andava tutto bene, perché viene presentata la revisione di 1/3 e tra poco forse della metà del Pnrr? Il Parlamento della Repubblica non è un semplice passacarte, ed ha il diritto di partecipare pienamente alle revisioni del Piano. Il Pnrr non è il bancomat dei FRATELLI e delle SORELLE D’ITALIA, è un grande piano che appartiene a tutta l’ITALIA e a tutti gli italiani.
Fermatevi allora. Dateci il tempo di analizzare in dettaglio le vostre proposte e sottoporvi le nostre indicazioni. Lei è tenuto ad una leale collaborazione con le Camere. Vi diffidiamo formalmente a non procedere con la Commissione senza un confronto ulteriore di merito sulle proposte appena ricevute.
Attuate il PNRR e rimettete l’Italia dalla parte giusta della storia altrimenti vi assumerete la responsabilità storica di aver bruciato il futuro dell’Italia e quello dell’Europa". Lo dichiara Piero De Luca della presidenza del gruppo Pd alla Camera e capogruppo Pd in commissione Politiche Ue della Camera, nel corso della dichiarazione di voto sulle risoluzioni PNRR.
“Siamo ormai a poco alla scadenza del 30 giugno 2026, termine ultimo entro il quale devono essere completati tutti gli interventi previsti dal Pnrr, e il quadro è segnato da ritardi strutturali, continui cambi di rotta, modifiche non trasparenti e una governance che appare sempre più debole e confusa. Non è questa la collaborazione istituzionale che serve al Paese. La Corte dei Conti è stata chiarissima: al 31 dicembre 2024 la spesa effettivamente sostenuta ammontava a poco meno di 64 miliardi di euro, appena il 33% del totale. In particolare, sono in forte affanno le missioni su Inclusione e Coesione, Salute e REPowerEU, con livelli di attuazione inaccettabilmente bassi. Ma i ritardi penalizzano le case della comunità, gli studentati universitari, gli asili nido, i piani urbani integrati, i trasporti ferroviari strategici e settori chiave per la transizione ecologica come la mobilità elettrica e l’uso dell’idrogeno verde. E come se tutto questo non bastasse, si ipotizza un ulteriore dirottamento di ben 14 miliardi del Pnrr e 11 miliardi dei fondi di coesione per un nuovo programma di aiuti alle imprese colpite dai dazi commerciali Usa. Non si può affrontare questa fase finale continuando a stralciare, ridurre, rimodulare. Il rischio non è solo perdere risorse: è perdere fiducia, credibilità internazionale e un’opportunità irripetibile di crescita. Non ci sono più alibi. Se il Pnrr fallisce, fallisce l’Italia. E noi abbiamo il dovere di non permetterlo”.
Così la deputata democratica, Rosanna Filippin, intervenendo in Aula sul Pnrr.
“È chiaro a tutti, tranne che governo, che la Corte Costituzionale ha sonoramente bocciato l’impianto fondamentale dell’autonomia differenziata di Calderoli. Nonostante questo l’esecutivo approva oggi in Cdm una delega sostanzialmente in bianco per determinare i Livelli essenziali delle prestazioni su numerosissime materie, senza metterci peraltro un solo euro. L’ennesima fuga in avanti che dimostra la totale mancanza di riguardo nei confronti dei rilievi mossi dalla Consulta e del ruolo del Parlamento, ma soprattutto che conferma il più totale disinteresse per i cittadini del Mezzogiorno che saranno penalizzati fortemente dalle scelte del governo. Il solito baratto fatto sulla pelle degli italiani che aspettano risposte su salari, sanità, trasporti e invece devono assistere allo spettacolo indecoroso di un esecutivo che per tenere buona la Lega e in piedi questa maggioranza ormai spaccata è disposto a mettere in pericolo la coesione nazionale. Faremo, anche questa volta, le barricate in Parlamento e nel Paese per impedire che l’esecutivo faccia scempio dell’unità nazionale”. Così Piero De Luca, deputato e capogruppo Pd in commissione questioni regionali.
“Le parole della Corte dei Conti rappresentano il ‘de profundis’ di Matteo Salvini, il peggior ministro dei Trasporti della storia della Repubblica. Per i giudici contabili, infatti, che hanno redatto la relazione semestrale sull’attuazione del Pnrr, è il comparto dei Trasporti quello con ‘il minor tasso di realizzazione emerso dagli indicatori di categoria’. Parliamo solo di circa il 13 per cento. Un dato che grida vendetta e che espone concretamente il nostro Paese al rischio di vedere andare in fumo una delle più grandi opportunità che avevamo per migliorare le nostre infrastrutture. Nel mirino dei giudici soprattutto il settore ferroviario, di diretta responsabilità del ministro Salvini. Con ritardi nei lavori che in particolare al Sud raggiungono livelli record. Più volte abbiamo invitato il ministro, vicepremier e segretario della Lega, a tirarsi su le maniche e a lavorare per rispettare gli impegni assunti. Oggi siamo ancor di più preoccupati, anche perché ci troviamo alla vigilia dell’arrivo dei mesi estivi. Già l’anno scorso fu un vero e proprio disastro per i cittadini. Abbiamo l’impressione che il peggio debba ancora avvenire”.
Così il capogruppo Pd in commissione Trasporti alla Camera, Anthony Barbagallo.
Subito Stati generali dei Giochi per riscrivere norme
“I dati sul gioco d’azzardo, sia fisico che online, sono inequivocabili e al tempo stesso inquietanti. C’è voluta l’ennesima interrogazione del gruppo Pd per vedere finalmente concessi i numeri del gettito del giocato nel nostro Paese che ci consegnano una realtà ancora più grave di quella immaginata. Nel 2024 il totale del giocato è stato di oltre 157 miliardi, 6,5% in più rispetto al 2023, con una sostanziale stabilizzazione del gioco fisico che è in attesa della riforma di settore ed un aumento concentrato sul gioco online che la riforma l’ha già avuta, godendo dei conseguenti benefici. Dal sistema giochi nelle casse dello Stato vanno poco più di 11 miliardi, una cifra importante ma irrisoria rispetto al totale della raccolta i cui benefici sono ad appannaggio dei grandi interessi. Senza contare che per anni il ministero dell’Economia e delle Finanze, ha giustificato l’incremento dei giochi sotto l’ombrello statale per debellare i fenomeni degenerativi che l’azzardo produce, a tutto beneficio delle casse erariali. I dati, oggi, ci dicono il contrario sia sul versante dell’aumento delle situazioni di regressività sociali, economiche e dell’illegalità prodotte da questo fenomeno e sia dalle somme di denaro che rimangono nelle tasse dell’Erario”.
Così i deputati democratici Stefano vaccari, segretario di presidenza della Camera, e Virginio Merola, capogruppo Pd in commissione Finanze.
“Resta ancora da capire - aggiungono - ed insisteremo per avere anche questi dati, quanti soldi spende lo Stato per contrastare malaffare ed illegalità presente anche nel comparto del gioco legale e il preoccupante fenomeno della ludopatia che colpisce ogni anno migliaia e migliaia di cittadini. Tema autorevolmente segnato anche dalla Corte dei Conti che ha segnalato, in una relazione depositata in Parlamento, come il gioco d’azzardo continua a presentare risvolti anche patologici e costi sociali non trascurabili. Cosa rimane dunque di quegli 11 miliardi non è dato sapere e tantomeno la regressione culturale e sociale di un Paese che investe sul gioco d’azzardo. Si fermi dunque il governo con le sue riforme di parte - concludono - e convochi gli Stati generali dei Giochi, con tutti i portatori di interesse, per una riflessione congiunta che consenta di riscrivere le norme mettendo al centro le persone e tenendo conto delle criticità ormai evidenti”.
“I ritardi sugli investimenti del PNRR per l’Alta Velocità ferroviaria, certificati oggi dalla Corte dei Conti, confermano la totale incapacità del Governo di rispettare gli impegni assunti con l’Europa. Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti registra il tasso di realizzazione più basso tra tutte le categorie del Piano, con gravi criticità proprio sulle tratte strategiche per il Mezzogiorno. Il Ministro Salvini conquista così un nuovo record di ritardi anche per quanto riguarda i cantieri confermando il suo primato di peggiore ministro dei trasporti della storia repubblicana. Anziché affrontare con serietà e competenza le sfide legate agli investimenti sulle infrastrutture, continua a utilizzare il proprio ruolo per finalità propagandistiche, ignorando le emergenze che, ogni giorno, stanno rendendo impossibile la vita a milioni di persone. Il rischio è concreto: per recuperare i ritardi e non perdere i fondi europei, l’estate si preannuncia all’insegna di una congestione incontrollata dei cantieri. I cittadini stanno già pagando il prezzo di queste inefficienze. Serve un cambio di passo immediato: non c’è più tempo da perdere” così una nota del vicepresidente della commissione trasporti della Camera, il deputato democratico, Andrea Casu.
La replica della premier Giorgia Meloni proprio non convince Elly Schlein: "Stanno smantellando la sanita' pubblica", dice la segretaria del Partito democratico ad "Avvenire". La segretaria del Pd tiene stretti i due grafici mostrati anche in Aula. E si appella a dati e numeri per contrastare la narrazione meloniana sui temi cari ai dem: "Stanno smantellando la sanita' pubblica senza il coraggio di ammetterlo. Meloni continua a mentire agli italiani dicendo che hanno fatto il piu' grande investimento della storia nella sanita'. Il problema e' che la spesa sanitaria si calcola in tutto il mondo sul Pil. E quella sta scendendo al minimo storico degli ultimi 15 anni. I suoi tagli - rileva Schlein - li stanno pagando direttamente i cittadini, perche' la Corte dei conti dice che nel 2023 la spesa per curarsi e' aumentata del 10 per cento, cioe' di 4 miliardi. Gli stessi che hanno messo sulla riforma fiscale. Tolgono con una mano quello che fingono di dare con l'altra. Per questo la chiamo tassa-Meloni". La segretaria osserva che "le responsabilita' non stanno mai solo da una parte. Ma qui siamo allo scaricabarile. Meloni da' sempre la colpa a qualcun altro. Sulle liste di attesa da' la colpa alle Regioni, facendo infuriare anche quelle che governano loro, ma non gli hanno dato un euro in piu', mentre avevano lanciato un piano di assunzioni sparito nel nulla. Il personale e' stremato con turni massacranti, in fuga verso il privato o all'estero (40 mila i medici fuggiti negli ultimi anni)". "Non so - continua - da quando la premier non esce dal Palazzo e va in un ospedale. Ci sono ancora i 'gettonisti' e se ci sono e' perche', quando lei era al governo con Berlusconi e io all'universita', hanno messo il tetto alle assunzioni. Oggi detassano gli straordinari. Ma il personale e' allo stremo. Servono risorse per fare nuove assunzioni". Ieri e' stata approvata la legge sulla condivisione degli utili delle imprese. Il Pd si e' astenuto: "Il tema ci e' sempre stato caro, ma contestiamo gli emendamenti del governo che hanno svuotato il testo, firmato anche da una parte di noi, rendendo tutto facoltativo, rimandandolo alla volonta' delle imprese. Noi siamo per una partecipazione piena, anche gestionale". Il Pd ha sposato i referendum, ma resta diviso sui quesiti sul lavoro: "Il Pd ha una linea approvata senza voti contrari in Direzione e prevede l'appoggio ai 5 referendum. Un sondaggio di Pagnoncelli ha mostrato come la nostra base e' la piu' convinta dei quesiti - tra il 92 e il 97 per cento - compreso quello sulla cittadinanza" conclude Schlein.
“Surreale. Il Consiglio dei Ministri ha impugnato la legge regionale sul fine vita della Regione Toscana. Una legge che rispettava pienamente la sentenza della Corte Costituzionale del 2019, per altro. In altri termini: una legge che andava a garantire a chi, trovandosi in una situazione davvero drammatica, con una patologia irreversibile, in dolore continuo, il diritto a porre fine a quella sofferenza in piena scelta e libertà. Al Governo Meloni la possibilità di scegliere non sta bene. I diritti individuali, la libertà di poter decidere per sé stessi è, per loro, intollerabile: deve decidere Meloni per tutti. Lo dimostra questa decisione vergognosa che lede alla dignità di tante e di tanti e che, aggiungo, va anche nella direzione opposta dell’opinione della maggioranza degli italiani. Ora se ne assumano la responsabilità di fronte a chi soffre ogni giorno e alle loro famiglie”.
Lo dichiara Marco Furfaro, deputato toscano e componente della segreteria nazionale del Partito Democratico.
“Il rapporto della Corte dei Conti Europea sull’efficacia del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) mette in luce gravi lacune nella gestione del governo italiano. Sebbene il Pnrr sia stato concepito come uno strumento per affrontare le sfide strutturali del nostro Paese – dalla bassa produttività all’alta disoccupazione, fino alle disparità territoriali – i risultati concreti, secondo la Corte, sono ancora limitati, nonostante il raggiungimento di diversi degli obiettivi prefissati.
Il rapporto evidenzia che solo circa la metà delle misure per il digitale e il mercato del lavoro ha prodotto effetti tangibili, mentre la scarsa attenzione ai risultati concreti rischia di compromettere le aspettative di crescita a lungo termine del piano. Inoltre, la mancanza di dati di qualità e di valutazioni sulla costo-efficacia solleva interrogativi sull’uso responsabile dei fondi europei. Dati allarmanti poiché il Pnrr è un’opportunità storica per l’Italia, ma deve essere gestito con trasparenza, responsabilità e un focus chiaro sui risultati, non solo sul rispetto formale delle scadenze. Non può Fitto, con superficialità, limitarsi a difendere i progressi senza affrontare le criticità.
Fare spallucce come fa Fitto può bastare in Italia dove il Governo ha risposto alle critiche della Corte italiana modificando le regole e limitando i controlli ma non vale in Europa. Serve una revisione seria e immediata della strategia di attuazione del Pnrr, con indicatori di performance che misurino l’impatto reale sulle vite dei cittadini. Serve, come chiediamo costantemente, anche un maggiore coinvolgimento del Parlamento, delle autorità locali e della società civile nel monitoraggio dei progressi, per garantire che i fondi siano utilizzati in modo efficace ed equo, soprattutto a favore del Sud e delle fasce più vulnerabili.
Così il deputato PD, Silvio Lai della commissione bilancio della Camera dei Deputati.
"Il richiamo della Corte dei Conti sullo stato di attuazione del piano carceri suona come una bocciatura per il Ministro della Giustizia. Nella relazione 'Infrastrutture e digitalizzazione: Piano Carceri' i giudici contabili evidenziano l'aumento del sovraffollamento carcerario e le necessità di mettere in campo interventi di manutenzione per superare le gravi condizioni di degrado ambientale e sanitario degli istituti penitenziari. È una conferma ulteriore delle criticità sulle carceri emerse nell'azione di Governo in questa prima metà di legislatura. Servono risorse, ma da questo esecutivo abbiamo registrato solo tagli. Ancora non hanno visto luce interventi strutturali che servono per far fronte all'aumento dei detenuti in Italia e al recupero di istituti penali fatiscenti. Senza considerare che una parte dei problemi segnalati anche dalla Corte dei Conti potrebbero essere superati con interventi normativi mirati a costruire alternative nell'esecuzione penale, alleggerendo il numero di presenze nelle celle". Lo dichiara la deputata Pd Michela Di Biase, componente della commissione Giustizia
“Il problema del sovraffollamento delle carceri è un problema che noi, come Partito Democratico, ormai da molto tempo abbiamo fatto presente al governo, un governo sordo e cieco con occhi rivolti solo ai numeri del passato ma senza proposte concrete che guardino al futuro. Oggi la Corte dei Conti ribadisce quello che già aveva detto il PD: la situazione è grave, mancano strutture adeguate, i detenuti vivono in condizioni igienico - sanitarie precarie e le condizioni di lavoro degli operatori sono indecorose. Ma soprattutto mancano i fondi per finanziare nuovi progetti, per costruire nuove strutture e rendere più accessibili e vivibili quelle esistenti laddove possibile. Senza contare l’assenza quasi totale degli spazi trattamentali. Il governo deve intervenire al piu presto perché la situazione ormai è degenerata”. Lo dichiara Debora Serracchiani, deputata e responsabile Giustizia del Pd.
"Nelle ore in cui Meloni offende i lavoratori italiani, mentendo vergognosamente sui livelli dei salari nel Paese e promettendo misure spot prive di strumenti e risorse reali sulla sicurezza sul lavoro, rileviamo che il governo continua a far finta di nulla sull'effetto devastante dei dazi di Trump, senza mettere in campo nessuna azione per difendere l'economia e la tenuta sociale ed occupazionale del Paese che rischia di perdere 6 miliardi di export, 25 mila imprese e 60 mila lavoratori, con stime di crescita dimezzate. La Premier impegnata a fare foto opportunity con il Presidente USA non ha messo in sicurezza l'Italia: è arrivata tardi e male con misure che sono fumo negli occhi come, del resto, quelle -che sanno di presa in giro- annunciate oggi alla vigilia della festa dei lavoratori. Nella sua maggioranza non hanno ancora capito che alcuni dazi sono già in vigore, senza considerare che uno dei suoi due vicepremier, addirittura, vede nella sciagura dei dazi stessi un'opportunità per l'Italia. È del tutto evidente che il Governo va in ordine sparso e non ha le idee chiare su nulla. Da questo punto di vista emergono, peraltro, le enormi divisioni in politica estera che i silenzi assordanti della premier non riescono a mascherare. L'esecutivo è diviso sulla Corte Penale Internazionale, sulla difesa europea, sul piano Draghi e l'autonomia strategica dell'Europa, sull'aggressione russa all'Ucraina. Le armi di distrazione di massa usate dalla premier non possono cancellare un dato di realtà: questo governo è allo sbando, non sta facendo nulla per difendere gli interessi dei lavoratori e delle imprese italiane, e non sta assicurando credibilità e autorevolezza internazionale al Paese". Lo ha detto Piero De Luca, deputato Pd e capogruppo in commissione politiche europee, a Tagadà su La7.
“Da un governo che ambisce a giocare un ruolo mondiale ci saremmo aspettati ben altro che un Documento programmatico vago, frammentato e senza prospettiva. Lo affermano l’Ufficio parlamentare di bilancio e la Corte dei Conti: il Dfp è insufficiente e privo di dati chiave. È l’ennesima occasione mancata”.
Così Silvia Roggiani, deputata del Partito Democratico, intervenendo in Aula per annunciare il voto contrario del Gruppo al Dfp.
“Avete interrotto - ha aggiunto - una prassi virtuosa che dal 1988 consentiva al Parlamento di svolgere la sua funzione. Nessun vincolo europeo ve lo impediva: è stata una scelta politica, che rivela la vostra totale assenza di visione. Nel documento mancano risposte sui dazi americani, che già colpiscono l’export italiano, e sul Pnrr, unica leva di crescita che ormai è a rischio. Non c’è nulla su Industria 5.0. Il governo ignora le imprese e taglia fondi a sanità e comuni. E mentre gli altri paesi europei investono, la destra scarica i costi su famiglie, lavoratori e pensionati. Il diritto alla casa e alla salute sono negati. In un’Italia che invecchia, il governo sottofinanzia la sanità mentre le persone restano senza medico di base o attendono mesi per un esame. Questo Dfp - conclude Roggiani - non è all’altezza del nostro Paese”.
“Questo Documento di Finanza pubblica più che tracciare una direzione per il futuro del Paese, fotografa il fallimento delle politiche del governo. Un atto che non programma, non pianifica, che certifica l’incapacità della maggioranza di affrontare le crisi con strumenti adeguati. Le previsioni di crescita del Pil per il 2025 si dimezzano rispetto a quelle presentate sei mesi fa: dallo 1,2% previsto dal Psb, ci ritroviamo a un desolante +0,6%. Un dato che potrebbe aggravarsi se le politiche daziarie statunitensi dovessero essere confermato o addirittura inasprirsi. Questo Dfp è un documento vuoto. Manca un quadro programmatico, e non a caso la Corte dei Conti ha parlato di ‘indicazioni limitate’, di ‘mancanza di dettaglio informativo’. Il Ssn è gravemente sottofinanziato. Il concordato fiscale ha avuto un’adesione risibile e i disastri nel riformare aliquote e detrazioni Irpef si traducono in un flop totale. Sul Pnrr i ritardi si accumulano e gli obiettivi rischiano di non essere rispettati. Su Transizione 5.0 risultano prenotati solo 678 milioni su 6,3 miliardi disponibili. Rinominiamola ‘Stallo 5.0’. E mentre in Europa si discute di dazi, mentre gli Stati Uniti alzano barriere commerciali, l’Italia resta muta, appiattita, immobile”.
Così il capogruppo Pd in commissione Bilancio alla Camera, Ubaldo Pagano, intervenendo in Aula nella discussione generale sul Documento di Finanza pubblica.