Tariffa al 30% sarà devastante per intera filiera agroalimentare, per pasta sarà addirittura del 46%
“La tariffa doganale al 30% sarà devastante, per il nostro sistema agroalimentare in primis e per altri comparti strategici come la chimica e la farmaceutica, l'automotive,
la meccanica e la metallurgia, la moda. Il racconto di "Meloni amica di Trump" è caduto e il Made in Italy è esposto a una crisi senza precedenti. I formaggi pagano già dazi del 15%, che salirebbero al 45%. La pasta oggi paga il 16%, salirebbe al 46%. E non dimentichiamo le ricadute su un settore strategico come quello del vino. L'Europa deve continuare a trattare, in maniera meno timida, e Meloni deve uscire dalla sua torre d'avorio e dimostrare di avere l'autorevolezza necessaria per tutelare il Made in Italy. Se ai dazi aggiungiamo l'ipotesi di tagli alla nuova Politica agricola comunitaria, è bene che il ministro Lollobrigida smetta di fare il passacarte e agisca, insieme al collega Fitto, per scongiurare questo scenario”. Così la capogruppo democratica nella commissione agricoltura della Camera, Antonella Forattini.
“I dazi annunciati dal presidente Trump rappresentano un attacco diretto al nostro sistema industriale e in particolare al comparto automotive, settore strategico per l’Italia e per l’Europa intera. È in gioco non solo la competitività del Made in Italy, ma l’identità produttiva di interi territori e migliaia di posti di lavoro”. Così Alberto Pandolfo, capogruppo del Partito Democratico in commissione Attività Produttive della Camera.
“Secondo le stime – prosegue l’esponente dem – l’impatto sui fatturati potrebbe superare i 3 miliardi di euro. A rischio tra i 10 e i 15 mila posti di lavoro, in gran parte legati a piccole e medie imprese che basano la loro sopravvivenza sull’export. È un colpo durissimo, che può mettere a rischio stabilimenti e filiere fondamentali in regioni dove l’automotive è motore economico e sociale. Anche i consumatori subiranno gravi conseguenze. Il costo di un’auto nuova potrebbe aumentare fino a 3 mila euro. Una spesa insostenibile per tante famiglie italiane già schiacciate dal caro vita”.
“Di fronte a questo scenario – conclude Pandolfo - servono misure straordinarie: un piano nazionale di salvaguardia dell’occupazione, con sostegno mirato alle PMI, incentivi fiscali per l’innovazione, investimenti in ricerca e sviluppo, e una rete solida di politiche attive per i lavoratori. L’Italia non può permettersi di restare a guardare. È indispensabile che con l’Unione Europea reagisca con fermezza. L’Europa ha la forza per contrastare il protezionismo e tutelare il lavoro. Ma il governo Meloni deve uscire dall’ambiguità e sostenere con chiarezza il negoziato europeo, senza strizzare l’occhio a chi mette in ginocchio la nostra economia”.
"L'atteggiamento assunto finora dalla Premier Meloni sui dazi è stato di totale e assoluta subalternità nei confronti di Trump e questo sta danneggiando pericolosamente il nostro Paese, lo sta rendendo irrilevante a livello internazionale, ma sta mettendo a rischio la nostra economia e la nostra occupazione in settori strategici. Pensiamo all'automotive, all'agroalimentare, alla meccanica farmaceutica, dove rischiano di saltare centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Non bisogna assecondare Trump a tutti i costi. Bisogna negoziare a schiena dritta con una posizione unitaria e coesa dell'Europa. Non con azioni bilaterali come quelle che la presidente del Consiglio ha provato a mettere in campo nei mesi scorsi o come quelle che propongono ancora oggi esponenti della Lega, come il senatore Borghi. Bisogna fare, insomma, l'esatto opposto della strategia fallimentare messe in campo finora dal Governo e da Meloni che doveva fare da Pontiere e si ritrova a fare da portabandiera invece di Trump". Lo ha dichiarato Piero De Luca, deputato del Pd e capogruppo in commissione affari europei a Quattro di Sera su Rete4
Giorgetti ha avvisato che oltre il 10% i dazi sarebbero insopportabili per il sistema Paese: lo dico per tutti quelli della maggioranza che hanno minimizzato l'impatto e questo ha portato a non adottare ad oggi nessuna misura economica di sostegno all'economia al lavoro, come fatto in Spagna.
Chiediamo con forza -ha ribadito il dem- che la premier venga in Parlamento a dire cosa intende fare a livello nazionale ed a livello europeo. perché l'unica proposta che è arrivata finora è quella fantasiosa del Ministro Lollobrigida sulla bresaola. Noi chiediamo si lavori a un’azione che porti l'Europa a negoziare un'intesa sostenibile non una resa, mettendo sul tavolo delle trattative anche contro dazi, delle contromisure e misure anti coercitive come quelle legate, per esempio, alla tassazione delle Big Tech. Bisogna poi adottare misure di sostegno al lavoro e alle imprese sul modello Sure, e ampliare i mercati per esempio, ratificando gli accordi come il Mercosur. Bisogna cioè difendere gli interessi dell'Italia e dell'Europa. Il governo non lo sta facendo e il nostro Paese rischia di pagarne un costo drammatico". Così ha concluso De Luca.
“Di fronte alla nuova ondata di dazi annunciati da Donald Trump, il governo italiano continua a restare in silenzio e privo di una strategia. È questa l’accusa che rivolgiamo da mesi alla maggioranza: l’assenza totale di una linea politica chiara ed efficace per tutelare il sistema produttivo nazionale. Un’assenza tanto più grave se si considera che la maggioranza non è stata nemmeno in grado di presentare una propria mozione su un tema così cruciale in Parlamento”. Lo dichiara Piero De Luca, capogruppo Pd in commissione Politiche dell’Unione Europea alla Camera.
“Il governo Meloni – prosegue l’esponente dem – non è all'altezza del proprio ruolo, ha scelto di appaltare le proprie scelte strategiche agli interessi del presidente americano, in una posizione di subalternità e servilismo inaccettabili. La Premier e la sua maggioranza hanno preferito coltivare un rapporto personale con Trump, sacrificando le imprese e i lavoratori italiani sull’altare dell’opportunismo politico. Così facendo, hanno compromesso la tenuta sociale ed economica del Paese. I dazi al 10 per cento, e ancor più l’ipotesi di dazi al per cento, rischiano di avere effetti devastanti su settori fondamentali come agroalimentare, automotive, meccanica, farmaceutica. Di fronte a questa minaccia, il governo avrebbe dovuto promuovere un fronte compatto a livello europeo. Invece, ha agito in modo bilaterale, isolando l’Italia e indebolendola nei tavoli comunitari”.
“L’Unione Europea, che ha competenza esclusiva in materia commerciale, deve reagire con fermezza, adottando contromisure efficaci, anche contro le Big Tech. Come ricordato dal Presidente Mattarella, il libero commercio non è solo una leva economica, ma uno strumento essenziale di pace e stabilità. Difenderlo significa proteggere l’Europa e il futuro dell’Italia”, conclude Piero De Luca.
“Dopo decenni passati a costruire relazioni internazionali, oggi ci ritroviamo in un nuovo far west globale fatto di instabilità, tensioni e guerre. E gran parte della responsabilità è anche di chi, come Trump, ha lavorato per indebolire gli organismi multilaterali e gettare benzina sul fuoco dei conflitti. Discutere di dazi oggi – come stiamo facendo in Aula – significa affrontare un tassello di questa strategia di destabilizzazione geopolitica.” Lo ha dichiarato Piero De Luca, capogruppo del Partito Democratico in Commissione Affari Europei alla Camera, nel corso dell’esame della mozione PD sui dazi. “Ed è proprio per questo che è ancora più grave che la maggioranza non abbia alcuna linea politica. Non abbia presentato una mozione, non abbia alcuna visione. Siamo davanti a un Governo che non è all’altezza della storia orgogliosa e della tradizione diplomatica italiana.”
“Con la nostra mozione – ha proseguito De Luca – chiediamo al Governo di cambiare rotta. Finora, invece di difendere gli interessi dell’Italia e dell’Europa, avete preferito la subalternità a Trump. Avete ignorato il problema per mesi. Avete persino affermato che i dazi sarebbero un’opportunità. Ma su quale pianeta vivete? Con le imprese, i sindacati, i dati economici ci parlate ogni tanto? Come fa ad essere un’opportunità una Trump Tax che rischia di far saltare almeno 25.000 imprese del nostro Paese, che rischia di dimezzare le stime di crescita, che sarà un Vietnam per interi settori come la meccanica, la farmaceutica, il tessile, la moda, il legno, l’automotive, l’agroalimentare? Pensiamo solo quest’ultimo comparto che vale 69 miliardi di euro. L’ipotesi concreta di nuovi dazi al 17% rispetto al mercato USA – che è il secondo per importanza a livello globale – avrà un impatto negativo di quasi 2 miliardi.”
De Luca ha poi attaccato la Premier Meloni per essere andata con “il cappello in mano alla Casa Bianca” e “aver scambiato un negoziato commerciale con una gita”, accettando aumenti negli acquisti di gas liquido americano che ci costerà il doppio e investimenti sbilanciati su prodotti USA.
“La politica commerciale è competenza esclusiva europea, non si risolve con viaggi da cheerleader. Serve una strategia unitaria UE, servono protezioni per lavoratori e imprese, serve una vera difesa del Made in Italy. Non le boutade come quella lanciata da Lollobrigida, l'operazione bresaola con la carne ormonata per salvare l'Italia dai dazi. Siamo al ridicolo.”
"Basta improvvisazione, basta propaganda, basta patriottismo alla rovescia. Il Governo smetta di fare il cavallo di Troia del trumpismo e inizi, finalmente, a indossare la maglia dell’Italia e dell’Europa, se davvero vuole proteggere imprese e famiglie dal disastro economico che questi dazi rischiano di provocare. Serve un cambio di passo: finora vi siete inginocchiati a Trump e avete tradito il Paese. Dazi al 10% non sarebbero un'intesa, ma solo una resa che penalizzerebbe drammaticamente l’Italia. Altro che patrioti: siete i patrioti della patria sbagliata” ha concluso De Luca.
l Partito Democratico ha presentato una mozione alla Camera per chiedere al Governo una risposta immediata, coordinata e strutturata alla crisi commerciale innescata dai dazi imposti dall’Amministrazione Trump, in difesa del lavoro, delle imprese e del made in Italy. La mozione impegna l’esecutivo «a definire con urgenza una strategia nazionale organica di risposta alla crisi commerciale in atto, coinvolgendo le parti sociali, le associazioni d’impresa, le istituzioni territoriali e le forze parlamentari di maggioranza e opposizione».
Il testo presentato dai gruppo del Pd della Camera chiede inoltre di sostenere «una risposta europea unitaria alle politiche dei dazi dell’Amministrazione Trump, che escluda ogni controproducente e inadeguata tentazione di bilateralizzare la risoluzione del conflitto commerciale, miri alla progressiva eliminazione dei dazi e ampli le contromisure includendo i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle big tech, nonché a promuovere l'istituzione di un Fondo europeo di sostegno per rispondere agli effetti dei dazi sul sistema economico e sociale, attivando anche un meccanismo simile a Sure per rafforzare la rete di protezione sociale dei lavoratori».
La mozione punta anche «a promuovere una politica commerciale europea volta alla diversificazione dei mercati di sbocco, anche accelerando la ratifica di nuovi accordi commerciali di libero scambio, a partire dal Trattato Mercosur, con idonee compensazioni per i settori agricoli sensibili e a rilanciare la Global minimum tax».
A livello nazionale, si propone «di adottare iniziative immediate e straordinarie» finalizzate, tra l’altro, «a potenziare gli strumenti di garanzia pubblica per l’accesso al credito, in particolare il Fondo centrale di garanzia per le Pmi e Sace», «a rifinanziare gli ammortizzatori sociali e sostenere il rinnovo dei contratti collettivi nazionali scaduti», «ad aumentare le risorse a favore dell’export e dell’internazionalizzazione delle imprese, anche per prevenire rischi di delocalizzazione verso gli Stati Uniti, e realizzare una vera ed effettiva politica di tutela del made in Italy».
La mozione chiede infine «di favorire il disaccoppiamento del prezzo dell'energia elettrica da quello del gas attraverso la stipula di contratti di lungo termine di compravendita di energia elettrica rinnovabile tra produttori e acquirenti/consumatori, nonché a revisionare l'attuale meccanismo di formazione dei prezzi dell'energia elettrica e prevedere l'approvvigionamento tramite acquisti congiunti europei», «ad accelerare lo sviluppo delle fonti rinnovabili, favorire i public purchase agreement e legare le concessioni energetiche alla riduzione dei costi per imprese e famiglie», «a rafforzare il programma Transizione 4.0, rifinanziare il Fondo automotive e riorientare le risorse del programma Transizione 5.0 verso strumenti più efficaci».
“L’audizione di ENI Versalis in Commissione Attività Produttive della Camera ha confermato in modo inequivocabile che l’Italia si sta ritirando dalla chimica di base.
ENI presenta un piano da oltre 2 miliardi di euro al 2030, ma lo fa senza fornire alcun elemento di credibilità economica.
Le perdite cumulate di Versalis dal 2008 superano gli 8 miliardi di euro, segno di una crisi strutturale non affrontata. La dismissione della chimica di base (etilene, propilene, polimeri) viene giustificata solo in base al costo dell’energia, senza alcuna strategia di compensazione per il tessuto produttivo nazionale. I nuovi progetti green, pur presentati come la chiave del rilancio, appaiono frammentati, scollegati e privi di integrazione industriale come dimostra da anni il sito di Portotorres.
Il documento di ENI di fatto si configura come un’operazione di propaganda istituzionale ma priva di fondamento economico e di impatto strategico per il Paese.
A fronte di questo scenario, il silenzio del Governo è inaccettabile. Non si può parlare di autonomia strategica europea e, nello stesso tempo, rinunciare a produzioni chimiche fondamentali per intere filiere industriali – dall’automotive all’agroalimentare, dalla farmaceutica alla manifattura tecnologica.
Importare molecole da Paesi extra-UE non è solo una scelta antieconomica, ma anche un errore ambientale e geopolitico. Invece di promuovere investimenti per la decarbonizzazione e la riconversione degli impianti esistenti, si sceglie la delocalizzazione industriale.
Un Governo serio chiederebbe ad ENI la pubblicazione integrale dei documenti finanziari e industriali che giustificano la riorganizzazione di Versalis e procederebbe con una revisione della strategia nazionale sulla chimica, per individuare le produzioni da considerare strategiche e presidiarle con politiche pubbliche.
Un governo serio convocherebbe un tavolo istituzionale con imprese e sindacati per evitare la completa perdita di competenze, occupazione e capacità produttiva nel settore.
Non si può accettare che una grande impresa a partecipazione statale abbandoni i suoi compiti industriali per seguire logiche puramente finanziarie. Il Governo ha il dovere di intervenire. Subito”. Lo dichiara il deputato del Pd Silvio Lai, componente della Commissione Bilancio di Montecitorio.
“La tanto attesa audizione di Eni versalis sul Piano di riorganizzazione, dopo le audizioni dei sindacati e delle regioni coinvolte, non ha portato le rassicurazioni necessarie rispetto al futuro dei siti e dei lavoratori dell’indotto di Priolo e Brindisi, sugli investimenti del “quadrilatero padano” (Ravenna, Ferrara, Mantova e Porto Marghera) oltre a Porto Torres.
Colpisce che nell’audizione di un colosso internazionale dell’energia che rappresenta un asset fondamentale del tessuto industriale italiano, si dia per scontato che una filiera fondamentale come la chimica di base non abbia futuro in europa, come testualmente affermato in Commissione, per i costi eccessivi delle materie prime dell’energia.
Per l’azienda conviene dismettere la produzione di molecole come etilene e propilene per acquistarle da Paesi extra-UE. Un approccio in netta contraddizione con la dichiarazione congiunta che l’Italia ha sottoscritto con altri paesi europei per realizzare un “eu critical chemicals act”, che definisca le molecole strategiche per i settori della chimica e delle industrie ad essa collegate (automotive edilizia farmaceutica agroalimentare green tech) e che preveda interventi per modernizzare e decarbonizzazione gli impianti esistenti.
Da Eni, società partecipata dallo Stato, non ci saremmo aspettati una resa così sconsolata, ma piuttosto un piano industriale dí accompagnamento dei settori fondamentali nella transizione ecologica. Non si può presentare come svolta green la dismissione di produzioni a favore di chi, a un costo di produzione inferiore, le prosegue a un costo ambientale altissimo e oltretutto rinunciando a un processo di decarbonizzazione di queste produzioni per renderle competitive e sostenibili dal punto di vista ambientale in un quadro europeo.
E sui costi dell’energia ci saremmo aspettati da una azienda come Eni Versalis quali sono le scelte che intende adottare per concorrere a ridurre il costo dell’energia e quali possono essere i provvedimenti più utili al paese che il governo non ha ancora adottato”. Lo ha detto Vinicio Peluffo, deputato Pd e vicepresidente della commissione Attività produttive di Montecitorio, a margine dell’audizione di Eni Versalis in commissione, auspicando un intervento del governo per scongiurare un errore strategico così grave come quello di uscire dalla produzione della chimica di base.
“I dati della produzione industriale di oggi dimostrano come il settore della moda insieme a quello dell’automotive siano ancora oggi in profonda crisi.
Ricordiamo che il settore della moda e di tutta la filiera del tessile riguarda 80 mila realtà, piccole e micro imprese con 600 mila lavoratori.
Servono misure urgenti, non c’è piu tempo di aspettare perché rischiamo di perdere una grandissima eccellenza. Per questo abbiamo deciso come Partito democratico di mettere in campo le nostre proposte per le imprese, per salvare il settore del Made in Italy importantissimo anche per l’export. In questi mesi il Partito Democratico ha già fatto un lungo lavoro per cercare di salvare il comparto industriale tessile e ci saremmo aspettati una maggiore attenzione da parte del Governo.
Oggi noi chiediamo innanzitutto che il governo metta in moto una vera e propria politica industriale per questo settore, seria, rivolta al futuro e che affronti le transizioni ecologica e digitale in maniera adeguata.
Servono politiche per creare le condizioni della crescita anche delle piccole realtà industriali e artigianali. Occorre rivedere anche gli strumenti di incentivazione all’innovazione, una
revisione degli strumenti a sostegno del Made in italy, politiche di contrasto a concorrenza sleale e illegalità e la tracciabilità di questa filiera.
Chiediamo che venga salvaguardata la continuità lavorativa, con la cassa integrazione in deroga per tutto il 2025, riformando lo stesso strumento in modo che possa andare incontro anche alle realtà lavorative più piccole.
Noi non molliamo perché questo settore merita una grande attenzione che il Governo non dà. E con il colpo dei dazi questo settore rischia di chiudere i battenti per sempre”. Lo ha detto Simona Bonafè, vicepresidente vicaria del gruppo pd alla camera, in conferenza stampa di presentazione delle proposte del Partito Democratico per il settore moda, tessile, abbigliamento.
L’audizione del presidente e ad di Renault Luca De Meo ha ricordato l’importanza del comparto automotive per l’intera industria manifatturiera italiana ed europea, la profonda trasformazione che sta attraversando e l’oggettivo gap competitivo con le case automobilistiche cinesi. L’industria europea ha di fronte a sé una finestra di 3-5 anni per recuperare il terreno perduto sull’innovazione dell’auto a trazione elettrica e sempre più digitale e connessa. Per utilizzare al meglio questo tempo, il governo italiano e la maggioranza dovrebbero dismettere i toni da crociata contro una tecnologia con cui tutto il settore automotive deve fare i conti da qui ai prossimi anni. Oggi è più che mai necessaria un’iniziativa europea per politiche industriali all’altezza della sfida, garantendo al settore strumenti di sostegno e di accompagnamento nella transizione, come il fondo automotive a livello europeo proposto dal Partito democratico e misure nazionali coerenti. Servono infatti politiche di sistema: dalle materie prime critiche allo sviluppo di gigafactory per la produzione di batterie; dall’incremento della ricerca applicata agli incentivi green per le flotte aziendali; dalla diffusione di infrastrutture di ricarica all’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili per abbattere i costi della bolletta. Un aspetto fondamentale di una strategia di rilancio è il sostegno al segmento dei veicoli mass market di più piccole dimensioni che hanno sempre rappresentato il cuore delle vendite in diversi paesi europei, a partire dall’Italia. In questo ambito la collaborazione tra produttori su piattaforme comuni è un’opportunità su cui insistere. Bene ha fatto De Meo a rilanciare la proposta di progetti europei sul modello del consorzio Airbus.
Così Vinicio Peluffo, capogruppo Pd in commissione Attività produttive di Montecitorio, commentando l’audizione del Presidente e AD di Renault Luca de Meo sul piano d’azione industriale europeo per l’Automotive.
“Il governo Meloni è piatto, inconcludente e privo di una visione strategica. Di fronte a sfide decisive come i dazi o la transizione industriale, continua a nascondere la testa sotto la sabbia, fingendo che vada tutto bene, mentre la nostra industria è ferma da 26 mesi consecutivi. Il ministro Urso si è dimostrato del tutto inadeguato a gestire dossier che vanno affrontati su scala europea e transatlantica, a partire dalle trattative con gli Stati Uniti su acciaio e automotive, che oggi gravano pesantemente sulle imprese italiane”. Lo dichiara Ubaldo Pagano, capogruppo Pd in commissione Bilancio, intervistato sui canali social dei deputati Pd.
“Il Partito Democratico – aggiunge l’esponente Pd - chiede serietà, responsabilità e un cambio di passo: serve un esecutivo che rappresenti l’Italia in Europa con credibilità, non uno che si comporti come un infiltrato, isolandoci da ogni negoziato strategico. Non si può continuare a fare i servi sciocchi di una linea americana che non tutela minimamente il nostro sistema produttivo”.
“Infine – conclude Pagano – è paradossale che un governo in carica da oltre due anni scarichi ogni responsabilità su altri: se le auto non si vendono, è colpa della transizione green; se la sanità è in crisi, è colpa delle Regioni. Siamo guidati da una maggioranza che, pur avendo il potere, si comporta come se fosse all’opposizione. E l’Italia, nel frattempo, paga il prezzo di questa irresponsabilità”.
“La notizia della messa in vendita di Italdesign da parte di Audi rappresenta un grave campanello d’allarme per l’industria piemontese e per l’occupazione di oltre mille lavoratori. Per questo, insieme al collega Arturo Scotto, ho presentato un’interrogazione urgente al Ministro del Lavoro, da discutere in Commissione, per chiedere quali iniziative intenda adottare il Governo per tutelare la continuità produttiva e i posti di lavoro nella sede di Moncalieri”.
Così Mauro Laus, deputato del Partito Democratico, a seguito dell’allarme lanciato dalle RSU e dai sindacati metalmeccanici in merito alla possibile cessione della storica azienda di car design fondata da Giorgetto Giugiaro.Italdesign è molto più di un marchio - aggiungono i democratici - è un presidio di competenze, innovazione e valore aggiunto nel settore dell’automotive, già duramente colpito dalla crisi della transizione elettrica. È inaccettabile che, nonostante i bilanci positivi e i segnali di tenuta economica, un’operazione finanziaria metta a rischio l’integrità industriale e il futuro di centinaia di famiglie piemontesi. “Ringrazio - aggiunge Laus - la consigliera regionale Laura Pompeo e Maria Grazia Grippo, responsabile regionale Lavoro del PD, per aver sollevato con forza questa vicenda sul territorio. Nei prossimi giorni, il gruppo PD in Consiglio regionale porterà la questione all’attenzione della Giunta, affinché anche la Regione faccia la sua parte. Non possiamo permettere che Italdesign faccia la fine di Bertone o Pininfarina. Il Governo deve attivarsi subito per monitorare l’operazione e garantire un futuro certo a questa eccellenza italiana.”
Così una nota dei democratici Mauro Laus e Arturo Scotto componenti della commissione lavoro della Camera.
“In Piemonte manca sia il piano socio sanitario sia uno sulle politiche industriali. Sollecitiamo una regia unica e unitaria di tutte le crisi industriali per dare una risposta non solo alle necessità produttive ma anche a quelle di lavoratori e lavoratrici. Torino era la capitale dell’automotive, oggi lo è della cassa integrazione” così Chiara Gribaudo, vicepresidente nazionale del Partito Democratico, dopo la visita, insieme all’ex ministro Andrea Orlando, alle aziende enogastronomiche del cuneese in mattinata e subito dopo alla Lear di Grugliasco.
“Qui non si usano gli strumenti normativi a disposizione e il Pd è a disposizione, sia sul piano regionale sia nazionale, con proposte che però vengono puntualmente bocciate dalle maggioranze di destra - prosegue la deputata dem - In questo momento anche le aziende che vivono un buon momento, come quelle enogastronomiche del cuneese, ci parlano di preoccupazioni molto forti: l’eccellenza rischia di essere compromessa” conclude Gribaudo.
"Intervengo per chiedere a nome del Pd che la presidente Meloni venga a riferire nel più breve tempo possibile in quest'aula, in quanto il suo governo non sembra ancora avere le idee chiare su cosa intenda fare rispetto alla politica dei dazi messa in campo dal presidente americano. Siamo stanchi di questo suo atteggiamento. Giorgia Meloni deve iniziare a comprendere che è la presidente del Consiglio ogni giorno e non soltanto nelle giornate buone ed è chiamata a svolgere le sue funzioni anche quando le cose si mettono male e non solo quando c'è da tagliare qualche nastro o inaugurare un cantiere farlocco. Qui invece siamo alla solita strategia: quando si presenta un problema la presidente del consiglio scompare; si volatilizza. Come si suol dire nessuno ha mai visto Giorgia Meloni e un problema nella stessa stanza negli ultimi due anni e mezzo. E allora il dubbio che ci viene in mente è che Giorgia Meloni e il problema siano la stessa cosa, coesistono in questo momento nella dinamica perversa in cui il Paese rischia di essere avviluppato per via delle scelte di Trump.
Alla faccia dei rapporti privilegiati che ci avrebbero consentito di essere l'unico interlocutore degli Stati Uniti, rischiamo di essere quelli che hanno maggiore possibilità di essere soccombenti dinanzi ai dazi. Agroalimentare, automotive, moda, sono comparti che rischiano il collasso e la presidente Meloni non ha il coraggio di dire una parola. Non c'è una linea univoca in tutto il governo. E' inaccettabile che mentre noi continuiamo a subire le conseguenze di una politica commerciale vecchia di cent'anni, il nostro governo resti in silenzio. E' giunto il momento di sapere quale sia la posizione della presidente del consiglio, come intende difendere gli interessi dell'Italia, della nostra economia, imprenditori e lavoratori. E' finito il tempo del nascondino. La presidente Meloni si assuma le sue responsabilità e venga urgentemente in Parlamento a spiegare come faranno gli italiani a pagare le bollette e a sfamare le loro famiglie se perderanno il lavoro". Lo ha detto in apertura dei lavori d'Aula Ubaldo Pagano capogruppo Pd in commissione Bilancio di Montecitorio.
“Il resto d’Europa si sta muovendo. La Spagna di Sánchez ha annunciato un fondo da 14,1 miliardi, Macron in Francia ha chiesto di fermare gli investimenti negli USA. E in Italia? Si minimizza”, dichiara Chiara Gribaudo, vicepresidente nazionale del Partito Democratico.
“Giorgia Meloni dice che non è una catastrofe. Mi domando: se fosse stata all’opposizione, o se negli Stati Uniti a prendere queste decisioni scellerate fosse stato un democratico, la nostra Presidente del Consiglio affermerebbe le stesse cose?” prosegue la deputata dem. “Conoscendo il nazionalismo di bandiera tipico di questa destra, immagino che starebbe urlando allo scandalo, chiedendo protezione per l’Italia e seri interventi”.
Per quanto riguarda la situazione piemontese, la cuneese Gribaudo aggiunge: “Il vicepresidente nazionale di Forza Italia e governatore del Piemonte, Alberto Cirio, non ha nulla da dire sul danno che questa situazione arreca all’economia, in particolare all’agricoltura e all’automotive, settori già in difficoltà? Il Piemonte esporta una buona fetta della sua produzione vitivinicola, ma anche macchinari industriali e componentistica per l’automotive. Per affrontare questa crisi non bastano posizioni ferme, come invocato dal presidente del Piemonte, ma serve un governo unito, capace di fare davvero gli interessi dei cittadini e delle cittadine, non di lisciare il pelo a Trump con frasi accomodanti”.