“In questi giorni 169mila famiglie hanno ricevuto un sms con l'indicazione che da agosto non riceveranno più il reddito di cittadinanza. A parte l’insensibilità nel comunicare via sms la fine dell'aiuto a chi è in grave difficoltà e l'irresponsabilta’ di fomentare fratture sociali pericolose, ma sconcertante è l'invito a rivolgersi ai servizi sociali dei Comuni, senza aver concordato con i sindaci questa modalità e soprattutto dato loro gli strumenti per affrontarla. Quindi, dopo aver tagliato il fondo affitti che consentiva ai Comuni di sostenere le spese abitative dei cittadini in difficoltà, dopo aver unilateralmente definanziato i progetti Pnrr dei Comuni per lotta al dissesto e rigenerazione urbana, il governo scarica il malcontento della cancellazione del reddito sulle spalle dei Comuni. Un atteggiamento irresponsabile, senza solidarietà istituzionale e sociale, che evidenzia un'idea di società dove chi è in difficoltà viene abbandonato al proprio destino con un sms, passando la palla ai sindaci senza nemmeno avvisarli”.
Così la vicepresidente dei deputati democratici, Valentina Ghio.
“Sul salario minimo e il reddito di cittadinanza la destra ha scelto da che parte stare. Contro qualsiasi forma di sostegno a chi è in difficoltà. Non si rendono conto di quali siano le emergenze del Paese. Quasi quattro milioni di lavoratori e lavoratrici sopravvivono con redditi da fame, a questi si stanno aggiungendo tutti i percettori di Rdc che in questi giorni vengono espulsi dal programma di protezione con un sms. La destra ha scelto quali sono le sue priorità: docile con chi sfrutta, ammiccante con chi evade, feroce con chi non ha nulla”.
Lo dichiara il capogruppo del Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
Si poteva aggiustare, finalizzare all’inserimento al lavoro. Hanno scelto la strada più facile e più ingiusta: cancellare il reddito di cittadinanza con l’arroganza di un sms. Alla destra non interessa combattere la povertà, preferisce strizzare l’occhio agli evasori.
Lo ha scritto su Twitter Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei deputati
Prima tagliano l’unico strumento contro la povertà a 169mila famiglie con un sms, poi pretendono una commissione parlamentare per processare il reddito di cittadinanza, ma condonano gli evasori: la destra toglie alle persone più in difficoltà per pagare le loro mance ai più forti.
Lo scrive su Twitter Alessandro Zan, deputato e responsabile Diritti della segreteria nazionale del PD.
Il taglio del reddito di cittadinanza sta mettendo a dura prova le città, soprattutto nel Mezzogiorno. Il Governo ha abbandonato il campo e lasciato soli i sindaci a gestire la rabbia di migliaia di persone mandate sul lastrico da un giorno all’altro. Meloni ci metta la faccia e convochi un tavolo con gli amministratori locali. Servono risorse immediate per assumere assistenti sociali, dare una risposta a chi perde il reddito e dare continuità ai progetti comunali del Pnrr le cui risorse sono state sottratte da Fitto. Non si è mai visto un governo che appicca incendi, anziché contribuire a spegnerli.
Così Arturo Scotto, capogruppo PD in commissione Lavoro della Camera.
“Comunicare via sms a una famiglia che non riesce a mettere il pranzo con la cena l’eliminazione del Reddito di Cittadinanza è oggettivamente un esercizio cinico. Ci vuole stile persino quando si dichiara guerra ai più poveri”.
Lo scrive su Twitter il capogruppo del Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
"Siamo di fronte ad una ministra del Turismo, che dovrebbe promuovere le nostre aziende nel mondo, che scopriamo dall'inchiesta di Report aver mentito spudoratamente e su più punti in Senato. Siamo di fronte ad una ministra che da sempre critica i percettori di reddito di cittadinanza chiamandoli 'fannulloni' ma allo stesso tempo ha scarsissimo rispetto dei propri lavoratori dipendenti. Bilanci in rosso, lavoratori mandati a casa senza liquidazione, ditte strozzate per mancato saldo delle forniture. A questo punto la domanda è una sola: la maggioranza ancora vuole tenere una persona che ha dimostrato una così scarsa etica imprenditoriale ed istituzionale a capo del Ministero del Turismo? E' una questione di rispetto delle istituzioni, di opportunità politica, e non certo di giustizialismo. Per questo chiediamo che la ministra faccia un passo indietro, per tutelare il prestigio e la dignità dell'istituzione che presiede, poiché al momento non sembra sia in grado di fornire risposte chiare ed inequivocabili sull'accuse di illecito mosse proprio dai dipendenti delle sue aziende. Non riteniamo che una persona così possa e debba ricoprire il ruolo di ministra della Repubblica". Lo ha detto intervenendo in Aula la deputata del Pd, Chiara Gribaudo, che ha illustrato l'interpellanza urgente del Pd al Governo sul caso sollevato dalla trasmissione televisiva Report che vede coinvolta la ministra del Turismo Daniela Santanchè.
"La vicenda che riguarda la ministra Santanchè è molto grave e imbarazzante per tutte le istituzioni democratiche - ha replicato al Governo il deputato del Pd Emiliano Fossi -. Il Governo continua a non rispondere con la precisa volontà di cambiare le modalità di stare all'interno delle stesse istituzioni. Non si presenta in Aula la ministra Santanchè, non si presenta la presidente del Consiglio, che interviene dall'estero. Qui abbiamo due questioni: non solo la responsabilità soggettiva ed oggettiva dell'imprenditrice Daniela Santanchè, nonché attuale Ministra del Turismo, ma vi è anche e soprattutto una questione di dignità: la ministra ha mentito al Paese e alle Camere nell'esercizio delle sue funzioni, mentre riferiva in Parlamento. E di fronte a questo un ministro con una dignità personale, politica ed istituzionale avrebbe immediatamente presentato le sue dimissioni, anche per tutelare la dignità del proprio Governo".
Pd reitera richiesta di dimissioni della ministra del Turismo nel corso del Question time alla Camera
“Se hai giurato sulla Costituzione non puoi mentire al parlamento e stare un minuto in più al tuo posto. Noi del Partito democratico ribadiamo la nostra richiesta di dimissioni della ministra Santanchè ”. Così il deputato Dem Artuto Scotto nel corso del Question time alla Camera, dopo che il collega e vicepresidente del gruppo Toni Ricciardi aveva interrogato il ministro del Lavoro Calderone per sapere “quali immediate iniziative intenda adottare al fine di verificare i comportamenti della Visibilia Editore, in merito all’utilizzo della cassa integrazione durante il periodo della pandemia.” “Voi dite no al salario minimo per tre milioni di lavoratori poveri – ha proseguito Scotto replicando alla ministra del Lavoro- definite il reddito di cittadinanza paghetta di Stato, ma chiudete un occhio su una vostra collega che avrebbe preso i soldi della cassa integrazione Covid facendo lavorare i propri dipendenti, peraltro a loro insaputa: un uso cinico e spregiudicato delle risorse pubbliche”. Per Scotto, “appare del tutto evidente che il ministero del Lavoro non manderà nessuno a controllare e il governo non darà nessuna risposta. Il ministro ci ha informato che se ne occuperà l’Ispettorato del lavoro, che nel frattempo il governo ha decapitato senza nominare i nuovi vertici. O che se ne occuperà l’Inps, per il quale è stato fatto addirittura un decreto per commissariarlo.” Insomma, ha concluso il parlamentare Dem- “voi state semplicemente aggirando la realtà. Ma prima o poi qualcuno vi presenterà il conto per le fughe, le omissioni e le menzogne che state riversando su questa incresciosa vicenda.”
Dichiarazione di Rachele Scarpa, deputata Pd
"Dedicata a te": ovvero come prendere in giro per chi non arriva a fine mese. Una carta con 382,50 euro per spese alimentari, per uno stanziamento compplessivo di 500 milioni, con requisiti stringenti. La povertà è un problema strutturale: davvero il Governo pensa, dopo aver tagliato il reddito di cittadinanza, che basterà una misura una tantum, insufficiente, decisamente poco finanziata? Che ne sarà di chi non rientra nei requisiti? Delle persone anziane sole, o delle famiglie che, pur in povertà, non hanno prodotto l'indicatore della situazione economica?
L'eliminazione del RDC lascerà senza aiuti molte più famiglie di quelle a cui sarà destinata questa mancetta. Una cosa riconosco al governo però: serve una bella faccia tosta per fare cose come tagliare il fondo morosità incolpevole, o eliminare l'unica forma di contrasto alla povertà esistente, e poi prendere quelle persone, abbandonate a loro stesse, sceglierne solo alcune, dare loro una Postepay con 380 euro dentro, una tantum, e dire loro: "tieni, questa è Dedicata a te".
Un tentativo goffo di mascherare la mancanza di risposte all’aumento del costo della vita. Il governo dopo aver cancellato il reddito di cittadinanza, l’unico strumento di protezione dalla povertà, ha tentato di costruire con la “carta spesa” una risposta inadeguata – il corrispettivo di un caffè al giorno, e per una sola volta – e distorsiva lì dove esclude categorie sociali deboli e senza rete come le persone sole.
Lo ha detto a Skytg24 Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati
“Il governo taglia il reddito di cittadinanza per quattrocentomila famiglie, ma poi tira fuori una social card che dà diritto a poco più un caffè al giorno. E lo spaccia per sostegno al potere d’acquisto. Non servono interventi una tantum e frammentari: occorrono misure strutturali per il contrasto alla povertà e ai bassi salari. Li aspettiamo sulle cose serie: rinnovi dei contratti per 7 milioni di persone e introduzione del salario minimo per legge. Il resto assomiglia molto a una elemosina di stato, che fra l’altro presenta anche elementi contraddittori e ingiusti in quanto sembra escludere proprio i più poveri”.
Lo dichiara il deputato democratico Arturo Scotto, capogruppo in commissione Lavoro.
“È preoccupante che il governo italiano non abbia ancora sottoscritto la dichiarazione del Consiglio dell’Unione Europea sull’avanzamento dei diritti lgbtqia+ nell’Unione promossa dalla Presidenza di turno spagnola. È un documento importante che invita la Commissione Europea a continuare il lavoro già iniziato con la Prima Strategia per l’uguaglianza delle persone lgbtqia+ nell’Unione (2020-2025) e invita anche gli Stati membri ad adottare provvedimenti necessari per contrastare ogni forma di discriminazione, odio e violenza sulla base dell’orientamento sessuale, del genere e dell’identità di genere. E viene richiesto ai singoli Stati un impegno preciso nel raggiungimento della piena uguaglianza di tutte le persone, come prescrive anche la nostra Costituzione.
Già 15 stati hanno sottoscritto il documento, tra cui tutti i membri fondatori dell’Unione, a eccezione dell’Italia: perché il governo, in particolare nella persona della ministra Roccella che dovrebbe essere competente in materia, non ha aderito?". Così Alessandro Zan, deputato e responsabile diritti nella Segreteria Nazionale del Partito Democratico, e Brando Benifei, capodelegazione al Parlamento Europeo del Partito Democratico.
"È urgente e necessario - concludono gli esponenti Pd - che anche l’Italia sottoscriva questo impegno, altrimenti significa che siamo davanti all’ennesimo tassello del piano di discriminazione del governo Meloni contro la cittadinanza lgbtqia+, dopo il vergognoso attacco alle famiglie arcobaleno, l’appoggio alle leggi omotransfobiche ungheresi e il sostegno al folle e obbrobrioso pdl Varchi. Già ad aprile il Parlamento Europeo, con l’approvazione di una mozione, aveva associato le condotte dell’esecutivo a quelle di Polonia e Ungheria. Se anche in questo caso il governo italiano deciderà di stare con Orban e Morawiecki, che ovviamente non hanno aderito alla dichiarazione del Consiglio, vorrà dire che l’Italia sarà definitivamente posizionata tra quei Paesi che fanno della discriminazione di una parte delle sue cittadine e dei suoi cittadini una precisa politica pubblica e istituzionale, come già avviene tra i Paesi di Visegrad.”
Un decreto lavoro che aumenta la precarietà e impoverisce chi è già povero. Così aveva voluto festeggiare il primo maggio il governo Meloni. E oggi diventa legge un provvedimento ingiusto e iniquo che cancella il reddito di cittadinanza, liberalizza i contratti a termine e allarga l’uso dei voucher. Le uniche misure di riduzione del cuneo fiscale sono a tempo e assai ridotto nelle risorse. Insomma poco o niente per i lavoratori e come sempre penalizzate le donne per le quali non sono previste misure di sostegno, di conciliazione e di riduzione dell’età pensionabile. Una legge che non affronta minimamente i problemi dei lavoratori, che si chiamano salari bassi e lavori precari, e che non dà nessuna risposta al peso dell’inflazione sulla vita di tante famiglie.
Così in una nota Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei deputati
Il decreto Lavoro del governo Meloni è un concentrato di cinismo sociale, un incoraggiamento all’espansione del nero, una spintarella all’evasione contributiva, un colpo secco al sindacato, un manifesto carico di arroganza nei confronti della parte più debole della società. Nei fatti alimenta la precarietà, non la combatte. Introduce la liberalizzazione totale dei contratti a termine e allarga la sfera dei voucher. Dunque legalizza lo sfruttamento e lo schiavismo in alcuni settori come l'agricoltura. Interviene poi sul reddito cittadinanza tagliando il sussidio per oltre 400.000 nuclei familiari e restringendo ulteriormente la possibilità di accesso all'assegno di inclusione.
Ci troviamo di fronte ad una manovra politica chiara che ha l’obiettivo di colpire il lavoro, indebolirlo nella sua dignità e nella sua capacità di contrattazione e affossare i poveri che sono i veri colpevoli per questa destra della mancata crescita del Paese. Vi siete presentati come quelli che non vogliono disturbare “chi vuole fare”. L’avete spacciata come libertà e invece si trattava di una semplice licenza di arbitrio. Restano invece scolpite nella nostra memoria le parole di un grande leader politico, Enrico Berlinguer: “Noi vogliamo una società che rispetti tutte le libertà, meno una: quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani, perché questa libertà tutte le altre distrugge e rende vane”. Per queste ragioni il nostro no è forte e convinto. Perché lavoro e libertà non possono mai essere separati.
Così Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro, intervenendo in Aula per la dichiarazione di voto sul decreto lavoro.
Dichiarazione di Cecilia Guerra, deputata Pd
“L'Italia, purtroppo, è l'unico Paese, in Europa, che, grazie a questo Governo, sarà privo di una misura di contrasto alla povertà di tipo universale e questo decreto Lavoro, su cui sarà messa l’ennesima fiducia, è finalizzato all'esclusione e al lavoro povero e precario, proprio il contrario di quello che è stato detto. E per quanto riguarda la questione sociale non si può certo dire che sia finalizzato all'inclusione , poiché le cosiddette misure di contrasto alla povertà comporteranno che tra i 400.000 e i 500.000 nuclei familiari rimarranno, dopo questo intervento, senza quell'aiuto che prima avevano e che si chiamava reddito di cittadinanza”. Così Maria Cecilia Guerra, del Partito democratico, nel corso della discussione generale, in aula alla Camera, sul Decreto Lavoro. Durissima l’esponente Dem nei confronti di un provvedimento “che riguarda tutta la fascia delle persone fra i 18 e i 59 anni e questo decreto è assolutamente cieco rispetto al fatto che in quella fascia di età ci sono soggetti che hanno disagi anche gravi di diversa natura, quali disagi psichici, percorsi di marginalità, persone senza fissa dimora che prima accedevano al reddito di cittadinanza”. E poi “per quanto riguarda la creazione del lavoro – ha aggiunto Guerra- cosa creiamo se la scelta fondamentale di questo decreto è l'espansione delle possibilità di utilizzare il lavoro a termine che sta diventando una piaga nel nostro Paese.” Per Guerra, “i contratti di lavoro a termine avevano avuto un rallentamento dopo la pandemia, ma invece, negli ultimi 2 mesi, ci dicono i dati dell'Osservatorio sul precariato dell'INPS, ma ce lo dice anche la Banca d'Italia, ancora una volta, hanno ripreso a crescere, così come i lavori stagionali e gli intermittenti. In più, nel lavoro a termine c'è anche una straordinaria incidenza del part time, nel 35 per cento dei casi.” “Se in questo Paese non passa il concetto base che il lavoro va pagato – ha concluso l’esponente del Pd- , non andremo da nessuna parte. Abbiamo un modello di sviluppo centrato sullo sfruttamento delle persone, sulla compressione del costo del lavoro, che ci rende non competitivi, perché purtroppo siamo in concorrenza con Paesi dove c'è ancora più schiavismo che da noi, un moderno schiavismo, ovviamente, e invece perdiamo il treno dell'innovazione, che ci potrebbe dare molto di più.”