“È positivo che il ministro Giuli porti all’attenzione del Consiglio europeo il rischio dei dazi e il valore strategico dell’industria cinematografica. Ma sarebbe opportuno che mostrasse la stessa attenzione anche in Italia, dove il comparto sta affrontando una crisi gravissima, frutto di scelte politiche errate e di una costante mancanza di dialogo con il settore” lo dichiara Irene Manzi, capogruppo del Partito Democratico in Commissione Cultura alla Camera.
“L’industria cinematografica italiana - aggiunge Manzi - sta attraversando una crisi profonda, e le responsabilità del governo Meloni sono evidenti. Fin dall’inizio del suo mandato, l’esecutivo ha adottato provvedimenti penalizzanti, tagliando risorse fondamentali e generando un clima di incertezza che sta mettendo in ginocchio un’intera filiera produttiva.
Si tratta di un settore che rappresenta da sempre un’eccellenza del nostro Paese, riconosciuta a livello internazionale, e che oggi si trova ad affrontare danni economici e occupazionali senza precedenti.
Chiediamo al governo di fermarsi e di venire in Parlamento: è qui che intendiamo aprire un confronto pubblico, trasparente, e dare voce a tutti gli operatori e le operatrici del settore. Un confronto che deve avvenire senza attacchi o delegittimazioni da parte della maggioranza, e che abbia come obiettivo il miglioramento della legislazione esistente e il rilancio dell’audiovisivo italiano. Le critiche e le proposte che arrivano dal mondo del cinema e della cultura non possono essere liquidate con superficialità o sarcasmo: meritano rispetto, ascolto e risposte concrete” conclude la democratica.
«Le nuove esternazioni del presidente Mollicone contro Elio Germano e Geppi Cucciari, arrivate oggi, confermano un atteggiamento che ha ormai superato il limite dell’arroganza istituzionale. Invece di intimidire chi esprime le proprie opinioni e rivendica libertà artistica e di pensiero, Mollicone dovrebbe ricordarsi del ruolo che ricopre e della responsabilità che ha nei confronti del mondo della cultura. La Commissione Cultura, che presiede, non ha ancora affrontato seriamente il grave stato di crisi dell’industria cinematografica italiana, anche a causa del suo immobilismo. Chieda scusa a Germano, Cucciari e a tutti coloro che cercano di tenere vivo un dibattito libero e costruttivo, e si decida finalmente a calendarizzare la risoluzione del Partito Democratico sul settore cinema, presentata mesi fa e ancora ignorata. E si avvii un’indagine conoscitivo sullo stato dell’industria audiovisiva italia . Altro che diffamazione: qui siamo di fronte a un uso politico e vendicativo delle istituzioni». Così in una nota Irene Manzi, capogruppo del Partito Democratico in Commissione Cultura alla Camera.
«Le dichiarazioni arroganti del presidente Mollicone non sono adatte al ruolo che ricopre. Invece di decidere chi ha diritto di parlare nel dibattito pubblico e dispensare patenti di legittimità artistica, Mollicone dovrebbe occuparsi delle proprie funzioni istituzionali. La Commissione che lui presiede non ha mai discusso seriamente del disastro che sta colpendo l’industria cinematografica italiana, anche grazie al suo colpevole silenzio. Lo invitiamo dunque a smettere di attaccare chi ha il coraggio di dire la verità e a calendarizzare immediatamente la risoluzione del Pd presentata ormai da mesi sullo stato del settore. Altro che diffamazione. Qui c’è solo un disperato tentativo di intimidire chi critica una gestione politica miope e vendicativa”. Così una nota della Capogruppo democratica in commissione Cultura alla Camera, Irene Manzi.
"Abbiamo presentato questa mozione per dare voce al grido di dolore delle piccole e medie imprese del comparto moda, tessile, abbigliamento e calzaturiero, che rappresentano un'eccellenza del Made in Italy ma che oggi affrontano una crisi strutturale senza precedenti". Lo ha detto in Aula alla Camera la vicepresidente vicaria del Gruppo Pd alla Camera, Simona Bonafè, esprimendo il voto favore alla mozione dem per fronteggiare la crisi sul settore di cui è prima firmataria.
"La crisi non è passeggera né congiunturale – ha proseguito l’esponente Pd – ma è determinata da una molteplicità di fattori: la turbolenza dei mercati internazionali, la minaccia dei dazi USA, il calo del potere d’acquisto delle famiglie italiane, il costo dell’energia sproporzionato rispetto ai competitor europei, il cambiamento climatico e la concorrenza sleale del fast fashion. Ma anche dalle scelte sbagliate di alcune grandi griffe del lusso, che hanno scaricato la crisi sugli anelli più deboli della filiera. Il governo è arrivato tardi e male su questa crisi, e l’unico provvedimento adottato, la cassa integrazione in deroga per le imprese sotto i 15 dipendenti, si è rivelato insufficiente e mal strutturato, con gravi penalizzazioni per le realtà più piccole”.
"Non servono interventi una tantum – ha concluso Bonafè - ma misure strutturali che accompagnino la transizione ecologica e digitale delle imprese. Serve sostenere il ricambio generazionale, incentivare le reti d’impresa e contrastare la concorrenza sleale. Le riformulazioni proposte alla nostra mozione sono inaccettabili: non si può più parlare di 'valutare l’opportunità di intervenire'. Il tempo delle valutazioni è finito, servono azioni concrete ora. Da un governo che ha ribattezzato il ministero dello Sviluppo Economico in ministero del Made in Italy ci saremmo aspettati ben altro".
“I dazi al cinema annunciati dal presidente Trump rappresentano una minaccia concreta e grave per l’intera industria cinematografica e audiovisiva italiana. A rischio non è solo l’export culturale del nostro Paese, ma anche la tenuta di un settore già segnato da profonde difficoltà strutturali e normative”. Lo dichiara Irene Manzi, capogruppo del Partito Democratico nella Commissione Cultura della Camera, commentando l’intenzione annunciata dalla presidenza statunitense di imporre tariffe del 100% su tutti i film stranieri importati negli Stati Uniti. “Le decisioni unilaterali di Trump – che evocano un ritorno a forme aggressive di sovranismo economico – sono profondamente preoccupanti», prosegue Manzi. «A tutto ciò si somma il caos normativo generato in Italia dal governo Meloni, che continua a portare avanti politiche incerte e poco lungimiranti, costringendo importanti produzioni internazionali a spostarsi fuori dai nostri confini. Il combinato disposto tra dazi punitivi e l’assenza di un quadro normativo stabile e competitivo – sottolinea – rischia di infliggere un colpo mortale alla filiera del cinema e dell’audiovisivo nazionale, già fortemente provata da mesi di stallo. Per questo motivo, il Partito Democratico lancia un appello al governo: il ministro Giuli batta un colpo. Venga immediatamente in Parlamento a riferire e a spiegare come intende rispondere a questa provocazione assurda e quali misure concrete adotterà per evitare che l’Italia venga esclusa dai grandi circuiti internazionali di produzione. Servono interventi urgenti, credibili e coerenti – conclude la deputata dem – per difendere il nostro cinema, attrarre investimenti esteri e garantire che l’Italia resti un punto di riferimento mondiale nel settore culturale e creativo. Alla sfida di Trump si risponde con politiche industriali, non con il silenzio”.
“Nella giornata mondiale della libertà di stampa, i componenti del Partito Democratico della Commissione di vigilanza Rai esprimono pieno sostegno agli appelli provenienti dalle redazioni della Rai, in particolare da quelle impegnate nei programmi di approfondimento giornalistico come Report.
La cosiddetta "fase due" delineata dall'azienda rischia di compromettere seriamente l'equilibrio e la qualità dell'informazione del servizio pubblico. La prospettiva di svuotare redazioni che, nel corso degli anni, hanno formato professionisti di alto profilo, sostituendoli con nuove figure selezionate attraverso criteri non trasparenti, rappresenta un pericolo per la continuità e l'autorevolezza del giornalismo d'inchiesta.
Riteniamo che la Rai debba garantire la stabilizzazione dei lavoratori precari attraverso contratti giornalistici equi e trasparenti, evitando soluzioni che possano minare la qualità dell'informazione.
Invitiamo la Rai ad avviare un confronto costruttivo con le rappresentanze sindacali e le redazioni, al fine di definire un percorso condiviso che tuteli i diritti dei lavoratori e la qualità del servizio pubblico. Inoltre, chiediamo che la Commissione di Vigilanza Rai sia messa pienamente a conoscenza del percorso che la governance Rai intende portare avanti nella trasparenza e nel rispetto delle prerogative istituzionali” conclude la nota.
"Nelle ore in cui Meloni offende i lavoratori italiani, mentendo vergognosamente sui livelli dei salari nel Paese e promettendo misure spot prive di strumenti e risorse reali sulla sicurezza sul lavoro, rileviamo che il governo continua a far finta di nulla sull'effetto devastante dei dazi di Trump, senza mettere in campo nessuna azione per difendere l'economia e la tenuta sociale ed occupazionale del Paese che rischia di perdere 6 miliardi di export, 25 mila imprese e 60 mila lavoratori, con stime di crescita dimezzate. La Premier impegnata a fare foto opportunity con il Presidente USA non ha messo in sicurezza l'Italia: è arrivata tardi e male con misure che sono fumo negli occhi come, del resto, quelle -che sanno di presa in giro- annunciate oggi alla vigilia della festa dei lavoratori. Nella sua maggioranza non hanno ancora capito che alcuni dazi sono già in vigore, senza considerare che uno dei suoi due vicepremier, addirittura, vede nella sciagura dei dazi stessi un'opportunità per l'Italia. È del tutto evidente che il Governo va in ordine sparso e non ha le idee chiare su nulla. Da questo punto di vista emergono, peraltro, le enormi divisioni in politica estera che i silenzi assordanti della premier non riescono a mascherare. L'esecutivo è diviso sulla Corte Penale Internazionale, sulla difesa europea, sul piano Draghi e l'autonomia strategica dell'Europa, sull'aggressione russa all'Ucraina. Le armi di distrazione di massa usate dalla premier non possono cancellare un dato di realtà: questo governo è allo sbando, non sta facendo nulla per difendere gli interessi dei lavoratori e delle imprese italiane, e non sta assicurando credibilità e autorevolezza internazionale al Paese". Lo ha detto Piero De Luca, deputato Pd e capogruppo in commissione politiche europee, a Tagadà su La7.
“Nei primi mesi del 2025 abbiamo assistito a dati preoccupanti per il mondo del lavoro e dell’economia, dalla posizione dell’Italia al fondo delle classifiche europee per quanto riguarda i salari reali ai numeri tragici degli incidenti nei luoghi di lavoro. È inutile quindi che con un video social Giorgia Meloni venga a raccontarci la sua favoletta, perché i fatti sono ben altri. Le misure proposte dal Governo fin qui sono state inutili: basta bugie, si lavori con strumenti davvero utili ed efficaci sui salari e sulla sicurezza” così Chiara Gribaudo, vicepresidente del Partito Democratico, sul video, diffuso da Giorgia Meloni, per fare gli auguri per il primo maggio.
“Attendiamo con trepidazione le ‘nuove misure concrete’ di cui parla Giorgia Meloni, perché ora il suo Governo non ha più scuse per non portare avanti le politiche sul lavoro di cui l’Italia necessita - prosegue la deputata dem - Sicuramente non ci basta un video propagandistico in cui la premier racconta la favola, che non corrisponde alla realtà, sulle condizioni del mondo del lavoro nel nostro Paese”.
“Le nostre proposte non sono state prese in considerazione e i soldi che arrivano dall’Inail sono inutili senza la volontà politica di cambiare realmente la situazione, perché se a queste parole non seguiranno i fatti c’è il rischio che non cambi niente. Vogliamo il salario minimo, badge elettronici nei cantieri, formazione, diritti nella catena dei subappalti, un aumento reale delle ispezioni e degli ispettori, una procura speciale” conclude Gribaudo.
“Esprimiamo la nostra piena solidarietà alla redazione di Presa Diretta e al giornalista Riccardo Iacona, oggetto di un grave tentativo di delegittimazione attraverso un esposto indirizzato al coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo presso la Presidenza del Consiglio. Una situazione mai vista, gravissima. Il lavoro giornalistico di Presa Diretta rappresenta un esempio di informazione coraggiosa e documentata su uno dei più drammatici conflitti del nostro tempo. Denunciare i bombardamenti su Gaza e dare voce a osservatori indipendenti, come la relatrice ONU Francesca Albanese, è un dovere del servizio pubblico, non un crimine. Tentare di ridurre al silenzio chi racconta fatti scomodi, accusandolo di antisemitismo o disinformazione, è un attacco alla libertà di stampa e al diritto dei cittadini di essere informati. In un contesto in cui la libertà di espressione è sempre più sotto pressione, è fondamentale respingere ogni tentativo di condizionare l’informazione pubblica per via politica o ideologica. Chiediamo che la RAI continui a garantire pluralismo, autonomia editoriale e il diritto dei giornalisti di raccontare la realtà, anche quando fa discutere. Questo è il ruolo del servizio pubblico. Palazzo Chigi prenda immediatamente le distanze da questo grave tentativo di ingerenza e censura”. Così una nota dei componenti democratici della Commissione di Vigilanza Rai.
“Quella di Meloni è stata una strategia fallimentare: voleva essere ponte tra Europa e Stati Uniti su dazi e guerra in Ucraina ma non ha portato a casa alcun risultato, neanche la possibilità che un vertice si svolga a Roma”. Lo ha detto Chiara Braga, Capogruppo PD alla Camera dei Deputati questa mattina a Sky Tg24.
“Le scelte del governo hanno infatti isolato l’Italia come dimostra l’esclusione dal confronto con i leader di Francia e Germania - ha sottolineato Braga - È il frutto di un atteggiamento ambiguo di chi non si è schierato in modo chiaro per non dispiacere all’alleato americano e per i problemi interni alla propria maggioranza. Questo pregiudica anche un ruolo attivo per iniziative di pace e per richiamare gli stessi Stati Uniti a una maggiore responsabilità” ha aggiunto.
“Papa Francesco ha lasciato un’impronta con la potenza di alcuni messaggi e con cambiamenti profondi: il primato della pace e del dialogo rappresenta uno dei lasciti più importanti. Così come l’apertura verso gli ultimi che ha difeso fino alla fine. Messaggi che possono trovare continuità anche nella Chiesa del futuro e essere fonte di ispirazione per chi ha ruoli di governo” ha concluso la capogruppo del PD.
“Da un governo che ambisce a giocare un ruolo mondiale ci saremmo aspettati ben altro che un Documento programmatico vago, frammentato e senza prospettiva. Lo affermano l’Ufficio parlamentare di bilancio e la Corte dei Conti: il Dfp è insufficiente e privo di dati chiave. È l’ennesima occasione mancata”.
Così Silvia Roggiani, deputata del Partito Democratico, intervenendo in Aula per annunciare il voto contrario del Gruppo al Dfp.
“Avete interrotto - ha aggiunto - una prassi virtuosa che dal 1988 consentiva al Parlamento di svolgere la sua funzione. Nessun vincolo europeo ve lo impediva: è stata una scelta politica, che rivela la vostra totale assenza di visione. Nel documento mancano risposte sui dazi americani, che già colpiscono l’export italiano, e sul Pnrr, unica leva di crescita che ormai è a rischio. Non c’è nulla su Industria 5.0. Il governo ignora le imprese e taglia fondi a sanità e comuni. E mentre gli altri paesi europei investono, la destra scarica i costi su famiglie, lavoratori e pensionati. Il diritto alla casa e alla salute sono negati. In un’Italia che invecchia, il governo sottofinanzia la sanità mentre le persone restano senza medico di base o attendono mesi per un esame. Questo Dfp - conclude Roggiani - non è all’altezza del nostro Paese”.
“Con questo Documento di Finanza pubblica ci troviamo di fronte a una brutta pagina per il Parlamento, che viene privato del suo diritto di indirizzo e controllo dell’attività del governo. Da documento di ‘programmazione’ abbiamo subito la sua trasformazione in atto di semplice ‘monitoraggio’, con la scusa che ci troviamo in un momento di incertezza. Ma è proprio nei momenti di incertezza che il Parlamento deve essere messo in condizione di sapere dove la maggioranza intende condurre il Paese. Come avvenuto anche al tempo del Covid. Tutto il potere è oggi invece nelle mani del governo con una totale assenza di trasparenza. Tutto questo con deputati di maggioranza che non prendono mai la parola. Silenzio assoluto. Una maggioranza schiacciante e schiacciata sul governo. Non vengono forniti dati e nota metodologica. Si citano ‘politiche invariate’ senza dire quali esse siano. Nulla sui dazi. Sulla difesa non sappiamo neanche quanto stiamo spendendo oggi e su quali voci, altro che annunci della Meloni sul 2%. Anche su pensioni, sanità e fiscal drag, questo documento rappresenta uno schiaffo al Parlamento”.
Così la deputata democratica e responsabile Lavoro del Pd, Maria Cecilia Guerra, intervenendo in Aula nella discussione generale sul Documento di Finanza pubblica.
“Questo Documento di Finanza pubblica più che tracciare una direzione per il futuro del Paese, fotografa il fallimento delle politiche del governo. Un atto che non programma, non pianifica, che certifica l’incapacità della maggioranza di affrontare le crisi con strumenti adeguati. Le previsioni di crescita del Pil per il 2025 si dimezzano rispetto a quelle presentate sei mesi fa: dallo 1,2% previsto dal Psb, ci ritroviamo a un desolante +0,6%. Un dato che potrebbe aggravarsi se le politiche daziarie statunitensi dovessero essere confermato o addirittura inasprirsi. Questo Dfp è un documento vuoto. Manca un quadro programmatico, e non a caso la Corte dei Conti ha parlato di ‘indicazioni limitate’, di ‘mancanza di dettaglio informativo’. Il Ssn è gravemente sottofinanziato. Il concordato fiscale ha avuto un’adesione risibile e i disastri nel riformare aliquote e detrazioni Irpef si traducono in un flop totale. Sul Pnrr i ritardi si accumulano e gli obiettivi rischiano di non essere rispettati. Su Transizione 5.0 risultano prenotati solo 678 milioni su 6,3 miliardi disponibili. Rinominiamola ‘Stallo 5.0’. E mentre in Europa si discute di dazi, mentre gli Stati Uniti alzano barriere commerciali, l’Italia resta muta, appiattita, immobile”.
Così il capogruppo Pd in commissione Bilancio alla Camera, Ubaldo Pagano, intervenendo in Aula nella discussione generale sul Documento di Finanza pubblica.
"L’approvazione dell’emendamento del Partito Democratico al decreto sulla Pubblica Amministrazione, che consente la stabilizzazione dei lavoratori precari nelle Fondazioni lirico-sinfoniche, nei Teatri nazionali e in quelli di rilevante interesse culturale, rappresenta un risultato di grande valore politico e sociale”. Lo dichiarano in una nota Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione Cultura alla Camera, e il deputato dem Matteo Orfini, primo firmatario dell’emendamento al decreto Pubblica Amministrazione, che sarà definitivamente votato la prossima settimana alla Camera.
“Siamo orgogliosi - aggiungono Manzi e Orfini - che questo emendamento, sostenuto con determinazione dal Pd, trovi oggi il riconoscimento delle istituzioni culturali. È la conferma che il lavoro parlamentare, quando è radicato nei bisogni reali delle persone, può produrre cambiamenti concreti e migliorare la vita di tante lavoratrici e lavoratori del settore".
"Con questo intervento abbiamo voluto creare le condizioni per sanare una situazione di precarietà che si trascinava da anni, e per garantire finalmente diritti, stabilità e dignità professionale a chi contribuisce ogni giorno alla vita culturale del nostro Paese", concludono i democratici.
“Massima vicinanza e solidarietà al Circolo Aniasi, al suo segretario Ludovico Manzoni e a tutta la comunità del PD milanese per la violenta intimidazione subita mercoledì scorso durante un’iniziativa pubblica.”
“Non saranno quattro teppisti incappucciati a toglierci la voglia e la forza di continuare a dibattere, incontrarci e fare politica. A pochi giorni dal 25 aprile questi episodi sono ancora più inquietanti e ci ricordano come i valori dell’antifascismo, della democrazia e della nostra costituzione vadano difesi ogni giorno.”
La dichiara Peppe Provenzano, responsabile esteri, europa e cooperazione internazionale del Partito Democratico