“La pratica delle dimissioni in bianco fu una delle prime cambiali pagate nel 2008 dal governo Berlusconi a chi voleva sfruttare i lavoratori. Un’ingiustizia, che colpiva soprattutto le donne, a cui avevamo messo fine nel 2015 con una legge che ripristinava ambiti e limiti ai datori di lavoro e che voi oggi volete trasformare nella portata e nell’efficacia”
Lo ha detto intervenendo in Aula Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati, sull’emendamento al Decreto Lavoro che rivede le regole sulle dimissioni.
“Ridurre i tempi e i sistemi di controllo da parte degli ispettorati diventa il modo per avere lavoratori e lavoratrici più deboli. La maggioranza si appresta a ripristinare, pezzo dopo pezzo e in modo subdolo, una delle piaghe più sommerse e invisibili del mercato del lavoro in Italia, una “clausola nascosta” che prima del 2016 colpiva 2 milioni di dipendenti e che nell’80% dei casi restava un reato taciuto e, quindi, impunito” ha aggiunto la Braga.
“Un passo indietro e ingiustificato che limita le tutele dei lavoratori. Ci troverete sempre dall’altra parte a difendere un lavoro dignitoso, sicuro e degnamente retribuito. Perché per troppe persone oggi non garantisce più adeguate condizioni di vita, ed è sempre più povero, precario e insicuro” ha concluso Braga.
“Non ci sorprende più la volontà del governo di negare la discussione politica in merito ad uno strumento fondamentale per la lotta contro la povertà come è il salario minimo. Il governo preferisce la lotta ai poveri, perché pensa che la povertà sia una colpa”. Lo dichiara il deputato dem Emiliano Fossi, intervenendo in Aula durante la discussione del ddl Lavoro.
“Così – continua il parlamentare - ci si scaglia contro le donne, i giovani e gli stranieri: per voi le donne non devono lavorare o svolgere solo lavori umili, i ragazzi è bene che stiano a casa per etichettarli 'fannulloni' e i migranti dovrebbero rimanere nel loro paese”. “Il Pd continuerà la sua battaglia di civiltà per il salario minimo qui in Aula e nelle piazze”, conclude Fossi.
“'Sotto i 7 euro è sfruttamento; il lavoro è dignità e deve essere pagato correttamente serve un salario minimo garantito; metterò fuori legge uno stipendio da sfruttamento'. Queste sono le parole di Matteo Salvini che con la sua solita ipocrisia in tv grida 'prima gli italiani' e poi dal suo posto di potere vira su un 'prima gli sfruttatori'”. Così il deputato Marco Furfaro, Capogruppo Pd in Commissione Affari Sociali, intervenendo in Aula nella discussione sul ddl Lavoro.
“Il Pd si batterà senza sosta per l'introduzione del salario minimo perché è un argine alla ricattabilità, perché le persone non rinuncino ai propri diritti e possano vivere la democrazia dicendo anche un 'no' e non sotto padrone”, conclude Furfaro.
“E’ un discorso di filiere. Le imprese appaltano, sub appaltano, alla ricerca di un costo più basso del lavoro e, in fondo, c’è lo schiavo. In agricoltura lo stesso discorso. La grande distribuzione strozza gli agricoltori? Può essere, ma sotto gli agricoltori ci sono i caporali e sotto ancora i lavoratori, gli schiavi. Prendiamo le famiglie. Non diamo attuazione alla legge sulla non autosufficienza? Le famiglie non sanno come fare, prendono una badante, non la pagano con il dovuto e si tramuta in una schiava. L’articolo 36 della Costituzione ci dice che il lavoro è dignità e libertà, che il salario deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro, perché altrimenti il lavoro perde dignità e libertà. Noi siamo per salario minimo perché siamo contro la schiavitù”.
Così Maria Cecilia Guerra, deputata Pd e responsabile nazionale Lavoro, intervenendo in Aula.
“Mentre oggi la destra boccia l’emendamento sul salario minimo, si infittiscono due misteri che hanno caratterizzato questa legislatura: il primo è quello della delega al governo sulla questione salariale. La maggioranza si era presa sei mesi di tempo per formulare una proposta, ne sono passati dieci e di quella proposta non vi è traccia. Poi c’è un altro un altro mistero: noi qui oggi parliamo del collegato al Lavoro ed anche questa volta non sappiamo che fine abbia fatto la ministra del Lavoro purtroppo assente. Noi qui parliamo di italiani che nonostante abbiano un lavoro tornano a casa e sono poveri. Oggi votando contro il salario minimo non si fa un torto al Pd o alle opposizioni, ma 4 milioni di lavoratrici e lavoratori”.
Così il deputato dem, Marco Sarracino, responsabile nazionale Coesione, Sud e aree interne del Pd, intervenendo in Aula.
“La destra contrasta una proposta che ha raccolto invece nel Paese il consenso di migliaia e migliaia di persone. Ciò che oggi la maggioranza aggira con un trucchetto sarà comunque costretta a discutere in Parlamento quando approderà la legge di iniziativa popolare. Le tappe di questa vicenda dimostrano le responsabilità della destra: dopo una lunghissima discussione in commissione e in Aula anziché votare il salario minimo viene approvata una delega al governo per aumentare i salari attraverso la contrattazione collettiva. Una delega che passati sei mesi dal voto della Camera resta ancora bloccata in un Senato tramutato in Porto delle Nebbie dalla stessa paura della maggioranza. Paura di scontentare parte del proprio elettorato. Questa destra non ha nulla da proporre e tre milioni e mezzo di lavoratori e lavoratrici vengono lasciati con salari da fame. Devono restare inchiodati alla povertà perché in fondo questa maggioranza li ritiene colpevoli della loro povertà”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
Il Ddl Lavoro non è solo un’occasione mancata. E’ un intervento senza capo, né coda, che serve solo ad allargare le maglie della precarietà e a fare qualche favore agli amichetti di questa destra soprattutto sul piano fiscale. Si tratta di un’operazione pericolosissima i cui effetti ricadranno soprattutto sulle giovani generazioni, alle quali ormai non viene offerto altro che contratti senza tutele e salari da fame rispetto agli altri coetanei europei. Pensavano di approvarselo calpestando il diritto dell’opposizione a presentare emendamenti e condurre una battaglia sul merito. Grazie all’iniziativa del Pd si sono riaperti i termini per gli emendamenti e domani in Aula torneremo a discutere di salario minimo, opzione donna e contratti a termine. Ci batteremo per abrogare gli articoli che liberalizzano i contratti di somministrazione e che eliminano il divieto di dimissioni in bianco. Un colpo all’autonomia delle donne. Consiglio alla destra di mettersi comoda: non rimarremo zitti davanti a questa ennesima deregulation del mercato del lavoro”.
Lo dichiara il capogruppo del Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
“E’ utile ricordare al presidente Rizzetto che le opposizioni in Commissione Lavoro hanno marciato insieme per dieci mesi nel contrasto al Ddl Lavoro, adesso in Aula dopo inspiegabili rinvii da parte del Governo, presentando numerosi emendamenti di merito, di cui dieci firmati unitariamente da Pd, Avs e M5S. La nostra elaborazione comune va avanti da più di un anno e su tutte le battaglie in Commissione abbiamo sempre tenuto in vita una trama unitaria. Tra le proposte al Collegato lavoro non c’è solo il salario minimo che abbiamo ripresentato e che discuteremo martedì in Aula, ma anche il rafforzamento del divieto di dimissioni in bianco, su cui viene messo in campo un’inaccettabile colpo di spugna, il no alla liberalizzazione indiscriminata del lavoro in somministrazione, la limitazione dei contratti a termine, il rafforzamento delle politiche sulla sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Lo dichiarano i deputati della Commissione Lavoro, Arturo Scotto (capogruppo Pd), Davide Aiello (vicecapogruppo M5S) e Franco Mari (capogruppo Avs).
“Un diverso orientamento nella gestione dell’Aula nella giornata di ieri - aggiungono - non cambia la sostanza politica. Resta l’obiettivo di continuare a contrastare insieme le scelte del Governo che anche in questo provvedimento decide di allargare la precarizzazione del mondo del lavoro e di non dare alcuna risposta sui salari. Ai colleghi della destra consigliamo di guardare in casa propria, al fatto che per l’ennesima volta hanno consentito al Governo di calpestare le prerogative della Commissione e del Parlamento. Diano piuttosto risposte politiche - concludono - alle questioni poste dalle opposizioni. Il resto sono chiacchiere”.
“Lo sblocco della procedura Via da parte della Conferenza dei Servizi per il centro di stoccaggio dei cosiddetti ‘gessi rossi’ è un’ottima notizia: la concertazione virtuosa guidata dalla Regione Toscana potrà coniugare attività produttiva dello stabilimento chimico Venator di Scarlino e salvaguardia dell’ambiente. E’ ora però necessario Intervenire a livello comunitario per estendere i dazi sul Biossido di Titanio importato dalla Cina per almeno 5 anni e garantire la Cassa Integrazione Straordinaria per i lavoratori dell’azienda fino a una reale ed efficace azione delle procedure antidumping”. Lo chiede al governo il deputato dem Marco Simiani, capogruppo Pd in commissione Ambiente, attraverso un ordine del giorno al Ddl Lavoro in discussione a Montecitorio.
“La Venator - conclude Simiani - è un polo chimico fondamentale e irrinunciabile per l'economia della provincia di Grosseto e della regione Toscana, oggi in crisi soprattutto a seguito del calo di richiesta mondiale di TiO2 causata della concorrenza sleale delle aziende produttrici dei Paesi asiatici. L’Europa ha finalmente riconosciuto questa pratica illecita ma i dazi, appena introdotti, avranno bisogno di tempo per essere efficaci. E' quindi necessario dilatarli per almeno 5 anni e assicurare contestualmente una tempistica adeguata agli ammortizzatori sociali che coinvolgono tutti i lavoratori (oggi a zero ore) e che termineranno il prossimo mese di gennaio. Dopo che la destra ha impedito la discussione della maggior parte degli emendamenti presentati in Aula dalle opposizioni, facciamo appello ai parlamentari di maggioranza del territorio affinchè sottoscrivano e sostengano questo mio atto di indirizzo fondamentale per garantire un futuro allo stabilimento di Scarlino ed a tutti i suoi lavoratori”.
“Bene la riapertura dei termini degli emendamenti sul Ddl Lavoro. La battaglia che abbiamo fatto in Aula questa mattina ha pagato. Sarebbe stato incredibile non poter discutere l’emendamento sul salario minimo. Soprattutto nel giorno in cui è stato raggiunto il quorum delle firme sulla nostra legge di iniziativa popolare. Dal governo e dalla destra aspettiamo qualche risposta politica, non un bizantinismo tecnico”.
Lo dichiara il capogruppo del Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto
“La presidenza ha reso inammissibili 52 emendamenti. Gli stessi che erano stati già discussi in commissione dopo dieci mesi di gestazione di un provvedimento ormai totalmente svuotato. Un atto che non comprendiamo e che abbiamo chiesto ripetutamente di rivedere. Anche perché rischia di produrre un precedente pericoloso. Tra questi resi inammissibili c’è il salario minimo, che in commissione era stato discusso. Forse non ne vogliono parlare? Forse fa paura persino citarlo dopo che la nostra legge di iniziativa popolare ha superato le 50mila firme? Continueremo a chiedere di riaprire i termini”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto, intervenendo in Aula nella discussione sul Ddl lavoro.
“Chiediamo alla ministra Calderone di seguire in Aula la discussione e il voto sul collegato Lavoro. E’ inaccettabile che in nove mesi di gestazione di un provvedimento tanto complesso quanto dannoso non si sia mai fatta vedere in Commissione. E’ chiaro a tutti che ormai da tempo confonde il ruolo di ministro con quello di consulente di Palazzo Chigi. Sarà pure una deformazione professionale, ma le istituzioni si rispettano”.
Lo dichiara il capogruppo del Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
“L'etimologia del termine valutazione vuol dire anche dare valore. Il sistema di valutazione, introdotto nel 2020 dopo un grande lavoro complessivo che aveva coinvolto il mondo della scuola, le famiglie, gli studenti e i docenti, voleva proprio dare valore a un ‘progresso’, a favorire soprattutto un percorso di crescita degli studenti e di consapevolezza di quelle che potevano essere le difficoltà che incontravano con l'obiettivo di comprenderle e superarle. Di colpo, con un tratto di penna e senza aver avviato alcun monitoraggio, si torna indietro come se non fosse accaduto niente e soprattutto senza passare attraverso un confronto preventivo, un'analisi attenta dei risultati raggiunti con quel sistema innovativo e frutto del lavoro di pedagogisti, educatori, insegnanti, accademici. Ecco perché riteniamo che, con altrettanto analogo colpo di penna, si dovrebbe tornare indietro rispetto a questa controriforma che fa male alla scuola, ma soprattutto, alla crescita dei bambini. La propaganda a scuola non serve a nulla. Bisognerebbe avere più cura del lavoro straordinario di chi se ne occupa con professionalità”. Lo ha detto in Aula alla Camera la deputata dem Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione Cultura, durante l’esame del ddl voto in condotta.
"Grazie a un emendamento del Pd, siamo riusciti a ottenere nel collegato lavoro l’obbligo per il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali di relazionare al Parlamento - entro il 30 aprile di ogni anno - sullo stato della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro. Relazione che si conclude con un voto. Finalmente ci sarà una sessione annuale del Parlamento su quella che si configura come una vera e propria emergenza democratica del nostro paese: gli infortuni sul lavoro". Così in una nota il capogruppo Commissione Lavoro Pd Arturo Scotto.
“Come Pd abbiamo pensato di ingaggiare un investigatore privato per capire che fine avesse fatto il testo del ddl sul collegato Lavoro tanto decantato dal governo con il Decreto 1 maggio, addirittura depositato un anno fa e poi scomparso. Tutto questo perché tra il ministero del Lavoro e dell'Economia non c'è alcun canale di comunicazione e per la gestione dilettantistica della ministra Calderone che sistematicamente ha ignorato tutti i tentativi di miglioramento del testo. Non siamo più disponibili a lavorare in questa maniera”. Lo dichiara il capogruppo in Commissione Lavoro, Arturo Scotto durante la discussione del ddl sul collegato Lavoro a Montecitorio.
“Oggi – continua il deputato dem - abbiamo un testo in Aula voluminoso per gli articoli ma striminzito nei contenuti che promuove una pericolosa deregulation del mercato del lavoro. I dati Istat sul lavoro sono preoccupanti ma il governo preferisce liberalizzare il lavoro in somministrazione, allargare le maglie della stagionalità e dei contratti a termine e abrogare la legge che vietava le dimissioni in bianco”. “Un testo vuoto che produce qualche mancia ma non si occupa del problema degli scarsi salari. Un tema che per voi non esiste” conclude Scotto.