“Unica certezza è che usa Fsc come bancomat a danno Sud”
Il governo Meloni ci nasconde da mesi la verità sui dati e progetti del Pnrr. Lo dicono tutti, dalle forze di opposizione alle testate giornalistiche, fino all’Ufficio Parlamentare di Bilancio: sul Piano non c’è più un briciolo di trasparenza e persino alle Commissioni parlamentari non è concesso di sapere nulla. E né l’ultima Relazione, né l’intervento del ministro Fitto di oggi ci fanno fare un passo avanti. Il provvedimento presentato qualche giorno fa non rifinanzia tutte le misure tagliate. E laddove le rifinanzia, lo fa a scapito di altri investimenti pubblici e di altri fondi a danno dei territori e di interi ambiti di spesa che restano inevitabilmente mutilati.
Questo decreto non è affatto risolutivo. Anzi, alimenta soltanto la grandissima confusione che c’è intorno al Piano. L’unico dato certo è che il Fondo di Sviluppo e Coesione torna ad essere il Bancomat preferito del governo, a grave danno del Mezzogiorno. Al netto dei toni trionfalistici, i ritardi nell’attuazione del Piano sono purtroppo un fatto accertato. Dalle stime della vostra stessa Nadef, avevate preventivato di spendere 41 miliardi nel 2023. Ne avete spesi solo 21. Basta leggere con onestà ciò che scrive la Corte dei Conti nell’ultima relazione, ossia che il ritardo sugli investimenti è evidente e che avrà un impatto sulla crescita. Invece che far proliferare i commissari straordinari o chiudersi nelle segrete stanze di Palazzo Chigi, invitiamo il governo a coinvolgere il Parlamento. Ci porti nelle Commissioni i dati e i documenti che servono agli italiani per capire e a noi per aiutare. Ci coinvolga nella riflessione delle scelte e non ci presenti una contabilità falsata ed edulcorata. È così che si garantisce l’attuazione del Pnrr, non con questo atteggiamento testardo di omissioni ed insopportabile saccenza.
Così Ubaldo Pagano, capogruppo del Pd in commissione Bilancio della Camera, intervenendo in Aula per la dichiarazione di voto.
“Nel corso delle audizioni alla camera sul nuovo Pnrr, l’assessore Donini, in rappresentanza della conferenza delle Regioni, ha smentito con chiarezza quanto dichiarato oggi dal Ministro Fitto in Aula. Le regioni confermano che c’è un vero e proprio definanziamento di 1,2 miliardi di euro sulla sanità e in particolare sulla costruzione degli ospedali: risorse che si chiede alle regioni di sopperire, risorse su cui le regioni contavano e che erano già impegnate. Le conseguenze sono state dette in modo chiarissimo in audizione: si bloccheranno i cantieri per ospedali e sanitá territoriale e quelle risorse ad oggi non ci sono ne possono essere stanziate dalle regioni” così in una nota il capogruppo democratico nella commissione Bilancio della Camera, Ubaldo Pagano, insieme alle deputate e deputati dem, Silvia Roggiani, Roberto Speranza e Cecilia Guerra.
“Il Pnrr poteva essere una straordinaria opportunità di crescita per l’Italia ma, nella realtà dei fatti, la destra ha perso tempo a riformare la governance e a modificare un piano che è stato ampiamente depotenziato”.
Così la deputata Pd Silvia Roggiani, intervenendo in Aula sulle comunicazioni del ministro Raffaele Fitto sullo stato di attuazione del Pnrr.
“I numeri raccontano una realtà molto differente rispetto al racconto del Ministro Fitto: l’Italia ha già ottenuto il 52,4% delle risorse del Pnrr e non sta centrando nessuno degli obiettivi trasversali del Piano sulla riduzione delle disuguaglianze territoriali tra nord e sud, sul divario di genere e su quello generazionale. Un gravissimo danno in un paese in cui il tasso di occupazione femminile è di 14 punti inferiore alla media europea e che si trova ultimo come occupazione giovanile. L’accanimento contro gli Enti locali lascia senza parole. Una parte dei progetti per i Comuni e le Città metropolitane che la destra ha tagliato sono stati rifinanziati a carico del bilancio dello Stato, lasciando il tutto nell’incertezza e peggiorando la prospettiva dei conti pubblici. Il Pnrr del Governo conferma poi come l’esecutivo non creda nella sanità pubblica, che dovrebbe garantire un servizio universale per tutte e tutti i cittadini. Con il taglio del governo di 1,2 miliardi alla sanità si cancellano dal Pnrr più di 300 case di comunità, 300 ospedali, togliendo a migliaia di cittadini la possibilità di accedere alle cure”.
Rimodulazione governo colpisce sanità, asili nido e politiche per il mezzogiorno
“I dati sullo stato di attuazione del Pnrr smentiscono l’euforia del Ministro Fitto. I primati italiani decantanti dal governo non sono purtroppo veritieri e il livello di spesa effettivamente sostenuto finora dal nostro paese è ben inferiore alle risorse già trasferite. La rimodulazione del Piano voluta dal governo incide negativamente su misure strategiche che sono state immotivatamente ridimensionate: dagli interventi a sostegno dell’occupazione giovanile ai divari economici territoriali, agli investimenti sugli asili nido, alla sanità territoriale che ha visto un consistente tagli del numero delle strutture e dei presidi territoriali”. Così la risoluzione sullo stato di attuazione del Pnrr presentata dal gruppo parlamentare del Pd a prima firma della capogruppo Chiara Braga, dei capigruppo in commissione Bilancio e Affari europei, Ubaldo Pagano e Piero De Luca e da tutti i componenti democratici nelle commissioni coinvolte.
La risoluzione contesta inoltre al governo il mancato coinvolgimento del parlamento sui numerosi aggiustamenti e impegna pertanto l’esecutivo: a fornire tutte le informazioni per valutare lo stato di avanzamento dei singoli progetti; ad assicurare l'effettivo e integrale rifinanziamento delle misure espunte dal PNRR e di quelle parzialmente definanziate, con particolare riferimento agli interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l'efficienza energetica dei comuni e a quelli per la rigenerazione urbana; ad utilizzare le risorse del Fondo di sviluppo e coesione a copertura degli interventi del PNRR senza pregiudicarne la natura aggiuntiva e il vincolo di destinazione dell’80 per cento in favore del Mezzogiorno; a garantire l'attuazione del nuovo PNRR nel pieno rispetto del cronoprogramma.
“Sul Pnrr è davvero ridicolo continuare ad esaltarsi richiamando confronti inesistenti. Alla premier Meloni ricordiamo, infatti, che siamo l'unico Paese che ha questa mole di risorse e di corrispondenti obiettivi da raggiungere su base semestrale. I dati sono chiari e smentiscono l'entusiasmo del governo. Dopo mesi passati a riformare la governance per accentrare il controllo a Palazzo Chigi, perdendo di vista l'attuazione dei progetti e degli investimenti, la quarta rata è stata pagata circa 6 mesi dopo la scadenza del 30 giugno. Sulla quinta rata, relativa a progetti da realizzare entro il 31 dicembre 2023, il governo ha ridotto gli obiettivi da raggiungere da 69 a 52 perché in ritardo sul cronoprogramma. Questo ha comportato una drastica riduzione delle risorse che scendono dai 18 miliardi inizialmente previsti a 10,5 per la scadenza di fine anno. Infine, quanto alla spesa dei fondi, la percentuale al 2023 è ben inferiore alle risorse trasferite, essendo pari a circa 45,6 miliardi di euro a fronte dei 101,93 miliardi ottenuti finora dall'Italia, corrispondenti a circa il 52,4% del totale. Insomma, la destra ha prodotto finora un disastro che si vende come un miracolo. Alle spalle degli italiani”.
Così Piero De Luca, capogruppo Pd in commissione Politiche europee alla Camera.
Servirebbe bagno di verità per affrontare questa dramma”
Sono sorprendenti e rammaricano le parole della ministra Roccella sulla difficoltà di “trovare un ospedale dove andare a partorire piuttosto che uno dove andare ad abortire”. Peccato che sia un dato opposto alla realtà descritta dai consultori: sei ginecologi su dieci sono obiettori e, soprattutto al Sud, le donne sono costrette a cambiare città per fare la loro scelta, mentre la Ru486 si trova in modo diffuso solo in tre Regioni. Ma ancora più incredibile è quando Roccella afferma che il governo ha fatto la sua parte sul tema della natalità, intervenendo su congedi, asili, decontribuzioni.
Dispiace contraddire la ministra, ma in Italia i posti per gli asili nido sono sempre meno, con una media di 27 per ogni 100 bambine e bambini. Una situazione particolarmente complessa per tutte le famiglie, ma soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree interne. Su questo tema, il governo Meloni non ha dedicato nulla in manovra, anzi con il Pnrr hanno tagliato 100.000 posti di asili nido. I contributi sui congedi non sono strutturali, ma insufficienti e relativi al solo anno 2024. Per quanto riguarda la decontribuzione, la manovra la prevede per le lavoratrici con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, per le madri di tre figli fino al compimento di 18 anni del più piccolo, o per quelle con due figli fino al compimento di 10 anni dell’ultimo nato. E le autonome? E quelle a tempo determinato? Come sempre la propaganda finisce quando incontra la realtà. Servirebbe un bagno di verità e di umiltà per affrontare insieme e bene il dramma della natalità, che è davvero un problema enorme per il futuro del nostro paese.
Così la deputata democratica della commissione Affari sociali, Ilenia Malavasi.
“La Premier, nemmeno oggi, ha perso l’occasione per ricordarci che della Toscana le interessa poco: si presenta con un’ora di ritardo e porta alla Toscana solo la ripartizione di fondi Ue, atto dovuto di risorse già disponibili. Non un euro in più dal suo governo, che continua a dimenticare i toscani: su sanità, alluvione, trasporti e tanto altro ancora una volta nessuna risposta. I 683 milioni di euro per la Toscana dei Fondi di sviluppo e coesione sono un atto dovuto, non c’è un soldo in più dal governo ma solo la ripartizione di risorse europee stanziate da Bruxelles”.
Lo dichiara il deputato Pd e segretario Dem della Toscana, Emiliano Fossi, sulla firma tra governo e Regione Toscana dell’accordo sul Fondo Sviluppo e coesione.
“La premier - aggiunge - è venuta a fare campagna elettorale, ma non abbocchiamo: Giorgia Meloni ha portato una borsa vuota e continua ad utilizzare il suo ruolo istituzionale per la propaganda. La Toscana e i Toscani hanno bisogno di risposte, a partire dalle richieste del governatore Giani, a cui va il nostro sostegno per le difficoltà in cui sta operando e tutta la nostra solidarietà per il poco rispetto che Meloni ha dimostrato oggi nei suoi confronti e dell’istituzione che rappresenta: basta bugie e passerelle del governo, in questo anno e mezzo il governo ha soltanto penalizzato la Toscana. La lista è lunghissima: dalle mancate risorse per i danni causati dalle alluvioni (oltre 2 miliardi di danni) ai tagli alla sanità (200 milioni per il payback mai trasferiti); dalle grandi opere definanziate (interporto Livorno e Tramvia Firenze solo per citarne alcune), ai 400 milioni di euro di progetti Pnrr sottratti; dai colpevoli ritardi per l’istituzione della Zls allo stop del Biotecnopolo di Siena. Potremmo continuare questo elenco ancora - conclude - ma non smetteremo mai di far presente al governo che i Toscani meritano rispetto, non chiacchiere”.
“Dalla ministra Calderone, intervenuta oggi in audizione alle camere, ci aspettiamo ancora risposte chiare alle nostre osservazioni e proposte sul tema della sicurezza sul lavoro. Cominciamo con due domande, facili facili. La prima: intende o non intende rimuovere la norma con cui, nel collegato lavoro in approvazione alla Camera, ha soppresso l’obbligo del badge e le relative sanzioni nei cantieri, lasciandolo solo per appalti e subappalti? La seconda, perché, pur di fronte all’evidenza che la maggioranza degli incidenti sul lavoro nei cantieri avviene nella catena degli appalti e subappalti e pur di fronte alla consapevolezza che questo succede perché in questa catena non si cercano competenze che il committente non ha, ma vie per comprimere i salari e aggirare le norme, comprese quelle su sicurezza e salute, non accetta la proposta che le abbiamo fatto, assieme alle forze sociali, di estendere al settore privato ciò che è già previsto per gli appalti pubblici: l’obbligo per l’appaltatore di applicare il contratto, per la parte sia economica sia normativa, siglato, per il settore e territorio in cui opera, dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative? Perché ha stravolto questa nostra proposta prevedendo per l’appaltatore il ben diverso obbligo di applicare il solo trattamento economico dei contratti più diffusi e quindi, in prospettiva, di contratti siglati da associazioni datoriali e da sindacati senza alcuna rappresentatività (altrimenti detti “pirata”) e che aggirano gli obblighi di formazione per la sicurezza sul lavoro?” così la deputata democratica, responsabile nazionale lavoro del Pd, Maria Cecilia Guerra.
"Con il recente decreto Pnrr incardinato nei giorni scorsi alla Camera, i tagli del governo Meloni alla Toscana sono purtroppo ufficiali: in base a una primissima stima almeno 400 milioni di euro (ma potrebbero essere molti di più) di progetti definanziati che riguardano soprattutto i piccoli comuni e temi fondamentali come la riduzione del rischio idrogeologico, l'efficienza energetica, il Tpl, i servizi portuali e la rigenerazione urbana". Lo dichiara in deputato dem Marco Simiani, capogruppo Pd in commissione Ambiente.
"Si tratta - conclude Simiani - perlopiù di progetti già cantierabili o conclusi, ma ormai senza risorse, oggi tolte per finanziare altri interventi e non sappiamo se e come verranno reintrodotte. Solo per fare alcuni esempi esplicativi: due milioni di euro contro il rischio idrogeologico e per messa in sicurezza delle strade a rischio frane nelle strade del comune di Camaiore (Lucca), mezzo milione di euro per la sicurezza e l'efficientamento energetico per le scuole di Scandicci (Firenze), 300 mila euro per la sicurezza stradale e 250 mila euro per l'adeguamento antincendio delle scuole nel comune di Borgo San Lorenzo (Firenze), oltre 284 mila euro per contrastare il dissesto idrogeologico nel comune di Licciana Nardi (Massa Carrara); 120 mila euro per la sicurezza idraulica nel comune di Castiglione della Pescaia (Grosseto) e 170 mila euro per il risparmio energetico di alcune scuole di Siena. Il Partito Democratico cercherà in ogni modo di modificare il decreto e cancellare questi tagli durante la discussione in Parlamento".
“Si è svolta oggi l’audizione della Ministra Calderone, che ci ha consentito di avviare un dialogo più approfondito e speriamo proficuo sulle nuove norme in materia di sicurezza sul lavoro, ed in particolar modo su quelle contenute nel nuovo decreto sul PNRR. Proprio perché credo che su questi temi non debbano esserci divisioni e serva l’impegno di tutti ho anche chiesto che il disegno di conversione venga attribuito alla Commissione Lavoro e non solo alla Bilancio” ha dichiarato Chiara Gribaudo, Presidente della Commissione d’Inchiesta sulle condizioni lavoro della Camera dei Deputati e Vicepresidente della Commissione XI Lavoro, che ha aggiunto “Ho voluto far presente alla Ministra di alcune criticità che vediamo in particolar modo sulla cosiddetta “patente a punti” perché da più parti gli esperti del settore ci segnalano che la decurtazione a seguito di eventi lesivi, dovendo attendere i tempi lunghi della giustizia italiana, rischia di essere altamente inefficace a prevenire gli incidenti. La risposta migliore alla tragedia del crollo nel cantiere dell’Esselunga di Firenze poteva venire dall’emanazione del decreto di attuazione per introdurre un sistema premiale per le imprese edili, dove non possiamo permetterci di aspettare ottobre visto che continuano a morire lavoratori persino ultrasettantenni, senza andare a modificare la legge 81/08, che risulta essere ancora una delle normative più avanzate d’Europa ma poco attuate e rispettate.”
“La sicurezza sul lavoro è un tema drammatico su cui il parlamento è chiamato a legiferare in modo efficace e con urgenza. Dobbiamo essere uniti nel contrastare questa vera e propria emergenza nazionale”. Così la responsabile lavoro del Pd, la deputata, Maria Cecilia Guerra, è intervenuta in aula alla Camera nel corso dell’esame del provvedimento che prevede la possibilità di inserire anche le tematiche della sicurezza sul lavoro nell’ambito dell’insegnamento dell’educazione civica. “Se questa è la risposta della maggioranza, siamo davanti a una risposta spot del tutto inefficace – sottolinea Guerra - che si scontra con le grandi promesse della ministra Calderone su un intervento legislativo organico per contrastare le tragedie delle morti e degli incidenti sul lavoro. Anche il pacchetto di misure introdotto nel decreto omnibus Pnrr – aggiunge Guerra – sono insufficienti quando non sbagliate e sono affogate all’interno di un provvedimento talmente ampio che non consentirà al parlamento di esaminarle in modo approfondito e costruttivo. Chiediamo un cambio di passo e quindi che si applichino anche negli appalti privati le stesse regole degli appalti pubblici: con il riconoscimento della parità normativa ed economica fra committente e appaltatori, una nuova azione di contrasto al lavoro nero o irregolare e misure che impediscano di guadagnare competitività attraverso la compressione del costo del lavoro”.
“Cosa ha da nascondere Fitto? Perché non vuole riferire in parlamento sullo stato di avanzamento del Pnrr?”. Lo chiede il capogruppo democratico nella commissione Affari europei della Camera, Piero De Luca dopo che Governo e maggioranza hanno bocciato e rinviato a data da definire la richiesta del Pd di riferire quanto prima sullo stato di attuazione del Pnrr. “Dalla quarta relazione del 22 febbraio e dall'ultimo provvedimento adottato in Cdm - aggiunge De Luca - emerge un quadro molto preoccupante e pericoloso. C'è una forte tensione in maggioranza tra dicasteri sul riparto dei fondi rimodulati, una mancanza di coperture per i progetti cancellati a luglio scorso, nonché un ritardo drammatico nella spesa delle risorse attribuite finora al nostro Paese che si attesta appena al 52%. Fitto ha il dovere di fare chiarezza subito all'Italia”.
Venga in Parlamento a spiegarci tutte le bugie su Piano e Zes
Un anno fa ha sfruttato la giustificazione dei ritardi nella registrazione della spesa per sradicare dalle mani delle Regioni la gestione dei fondi europei. Oggi quella stessa motivazione diventa un alibi per smarcarsi dalle accuse di non aver speso i fondi del Pnrr. Delle due, l’una: o Raffaele Fitto ha gravemente mentito agli italiani quando denunciava le Regioni ‘inadempienti’, oppure sta mentendo ora che i dati certificano il ritardo dell’Italia nell’attuazione del Piano. Secondo la IV relazione sullo stato di attuazione del Piano, abbiamo speso meno della metà dei fondi ricevuti dall’Ue. Da quando Fitto è ministro, siamo riusciti a utilizzare poco più di 21 miliardi su 41 che il suo stesso Governo preventivava di spendere nella Nadef 2022. Ma l’aspetto più sconcertante è sempre lo stesso: la sua innata capacità di nascondersi dietro un dito, usando come al solito due pesi e due misure.
Uno dei suoi primi ‘progetti rivoluzionari’ ha riguardato la governance dei fondi europei. Sul presupposto, sbagliato, che le Regioni non sanno spendere, ha accentrato a Palazzo Chigi tutte le decisioni che prima spettavano agli enti territoriali. Invano abbiamo provato a dire che i dati sulla spesa erano falsati dai ritardi nella registrazione sulla piattaforma Regis. Il ministro è andato avanti come un treno, portando sotto la Presidenza del Consiglio risorse e gestione. Oggi, invece, messo all’angolo dai dati pubblicati dal suo stesso Governo, la questione dei ritardi su Regis viene curiosamente riabilitata, assume credibilità e dignità. Insomma, è colpa degli enti locali, il Governo sta facendo tutto bene. E così nel nuovo decreto Pnrr ritorna un leitmotiv tipico di Fitto: scaricare su altri le sue responsabilità. Ma quello che ancora una volta Fitto omette meschinamente è che quei pochi progressi che si registrano sono proprio dovuti agli sforzi dei Comuni che, come ha ricordato qualche giorno fa Antonio Decaro, hanno già bandito 230mila gare per oltre 35 miliardi di euro. Il decreto appena licenziato dal Governo, poi, svela altri due bluff che abbiamo denunciato per tempo. Il primo riguarda le risorse a copertura dei 16 miliardi di euro di progetti stralciati a luglio scorso dal Piano. Come sospettavamo, grossa parte di quei soldi sono stati tolti dal FSC. In parole povere, si sconfessa il principio dell’aggiuntività dei fondi Pnrr e si continuano ad usare le risorse destinate al Mezzogiorno come bancomat per tappare i buchi del Governo Meloni. Il secondo riguarda le Zes. Non potendo ammettere gli enormi ritardi nell’entrata in funzione delle nuove strutture, Fitto sospende di un mese tutti i procedimenti in corso, anche quelli a un passo dalla conclusione, bloccando investimenti per centinaia di migliaia di euro e creando fortissime disparità tra progetti appena presentati e progetti già quasi interamente istruiti. Quello che sentiamo quotidianamente dire da Fitto non ci stupisce più di tanto, perché chi ha avuto la sfortuna di conoscerlo come Presidente di Regione sa benissimo qual è il suo modus operandi. Ciò che però resta inaccettabile è che gli sia consentito di trovare ogni volta una scusa nuova per non venire in Parlamento a chiarire tutte le sue contraddizioni.
Così Claudio Stefanazzi, deputato pugliese del Partito Democratico.
“Il caos organizzativo creato dal ministro Sangiuliano sta bloccando gli investimenti previsti nel Pnrr Cultura”. Così la capogruppo democratica nella Commissione Cultura della Camera, Irene Manzi che sottolinea come “i dati della Relazione presentata trionfalmente dal ministro Fitto destano molte preoccupazioni sull’operato del ministero della cultura che, va sottolineato, si trova nel mezzo di una profonda riorganizzazione che sta mettendo in discussione anche l’ordinaria amministrazione. E non è un caso che il Mic abbia sinora rendicontato solo il 3,4% dei 4,4 miliardi previsti dal Pnrr. Con alcuni interventi del tutto bloccati come gli zero euro spesi sui venti milioni previsti per le competenze digitali del personale, a meno di due anni dal termine del programma di interventi. Il Ministero sta viaggiando con il freno a mano tirato a causa della caotica gestione del ministro Sangiuliano attento solo a tagliare nastri, ad appropriarsi di interventi ereditati dalla precedente gestione e a cercare consenso e posizionamenti politici in vista delle prossime elezioni regionali in Campania. Perdere l’occasione del Recovery sarebbe veramente una grave responsabilità. Avevamo avvertito il ministro dei rischi a cui andava incontro nell’avviare una profonda riorganizzazione nel mezzo dell’attuazione del Pnrr – conclude Manzi - ma non ha voluto ascoltarci”.
“Un governo totalmente allo sbando nella gestione del Pnrr. Quello che accade ogni giorno, oltre alle notizie che leggiamo e ai dati riportati da fonti accreditate, certificano il fallimento di una destra che continua a fare solo propaganda mentre la realtà parla di ritardi, buchi e continui rinvii. Come quello di un nuovo decreto annunciato da settimane per accelerare la spesa delle risorse del Piano, che non riesce a vedere la luce per incapacità e tensioni interne alla maggioranza. Per colpa del Governo, l’Italia rischia di non riuscire ad attuare progetti già previsti per migliorare servizi essenziali come istruzione, sanità, trasporti, riqualificazione urbana. Sono mesi che i comuni e gli enti locali attendono risposte precise ad esempio sui 10 miliardi cancellati dall'ultima rimodulazione del Pnrr per interventi fondamentali per le nostre comunità. Abbiamo chiesto come Partito democratico più volte al ministro Fitto di riferire ed informare il Parlamento sullo stato attuale reale dell’attuazione del Pnrr ma non abbiamo avuto nessuna risposta. Una mancanza di rispetto totale nei confronti dei cittadini e del Parlamento. Non sono risorse della destra, sono risorse del Paese”. Così il capogruppo democratico nella commissione affari europei della Camera, Piero De Luca.