“Prendiamo atto della risposta del governo in Aula oggi per cui - diversamente da quanto sostenuto dal sottosegretario Butti in Commissione Semplificazione - si va verso una proroga della convenzione per il servizio Spid di 24 mesi estensibile a 36 mesi. E' una scelta opportuna che il Pd sollecita dalla scorsa primavera quando l'orientamento del governo era quello di dismettere lo Spid all inizio del 2026". Lo dichiara il capogruppo Pd in Commissione Trasporti alla Camera, Anthony Barbagallo in un'interpellanza urgente.
"Sono confortanti pure le notizie relative all'erogazione dei 40 milioni alle aziende interessate che da anni svolgono un servizio di grande rilevanza senza percepire le somme pattuite", continua il parlamentare dem. "Continueremo nei prossimi mesi a monitorare l'utilizzo dell'identità digitale per accertare che si raggiunga l'obiettivo previsto dal Pnrr di 42,3 milioni di identità digitali attivate. Oggi siamo a circa 40 milioni che coprono l '80% della popolazione maggiorenne grazie proprio allo Spid. Sullo sfondo resta la sfida della carta di identità elettronica con accessi di poco superiori ai 6 milioni per cui serve un cambio di marcia da parte del governo sulle aree interne e sulle persone più anziane su cui i risultati sono scarsi e l'azione del governo assente", conclude Barbagallo.
“Ho presentato un’interrogazione parlamentare al Ministro della Salute per denunciare l’ingiusta esclusione della provincia di Agrigento dai finanziamenti FSC e PNRR destinati al potenziamento della radioterapia in Sicilia. Una scelta che penalizza gravemente i cittadini agrigentini e li costringe troppo spesso a viaggi della speranza per curarsi.” Lo dichiara la deputata Pd Giovanna Iacono sottolineando come “oggi la radioterapia sia fondamentale nel trattamento oncologico: circa il 65% dei tumori viene curato con questa metodica, percentuale che con i nuovi acceleratori lineari può arrivare fino all’85%. È quindi inaccettabile che all’Ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento, e in una provincia con 446.437 abitanti, ci sia un solo acceleratore lineare, installato nel 2016 e rimodernato nel 2024, quando ne servirebbero almeno tre.”
“Ho chiesto al Ministro - continua la parlamentare dem - di spiegare i criteri adottati e di intervenire subito per garantire ad Agrigento almeno due nuovi acceleratori lineari, nel rispetto del diritto costituzionale alla salute e dell’equità del Servizio Sanitario Nazionale.”
“Non possiamo accettare che Agrigento resti fanalino di coda della sanità siciliana. La salute non è un privilegio ed è dovere delle istituzioni garantire a tutti i cittadini le stesse possibilità di cura, senza disparità territoriali. Agrigento merita rispetto e un servizio sanitario all’altezza dei bisogni della sua comunità”, conclude Iacono.
“Il Piano nazionale di ripresa e resilienza sta diventando purtroppo il piano dei ritardi e dei rimpianti. Ai gravi ritardi accumulati si sommano tagli a progetti fondamentali: trasporti regionali, iniziative per le persone con disabilità, centri per l’impiego e politiche attive del lavoro, interventi contro il rischio idrogeologico in Emilia-Romagna, Toscana e Marche. Una situazione critica e preoccupante, che rischia di compromettere il futuro dell’Italia e dell’Europa”. Lo dichiara Piero De Luca, capogruppo Pd in commissione Affari europei alla Camera.
“Ad oggi – aggiunge l’esponente dem – il governo deve ancora spendere circa 110 miliardi di euro in meno di un anno, avendone spesi solo 86. Eppure, il ministro Fitto non ha chiarito quali misure intenda adottare per accelerare. Abbiamo chiesto di attuare il piano, non di smontarlo. I ritardi non sono imputabili agli enti locali, che sono in regola, ma soprattutto ai ministeri nazionali. Serve meno propaganda e più impegno concreto: meno centri in Albania e più centri per l’impiego in Italia”.
“Saltare questo piano – conclude De Luca – significa soprattutto penalizzare il Mezzogiorno, cui era destinato almeno il 40 per cento dei progetti territorializzabili per ridurre i divari di servizi e infrastrutture. Quella scelta non fu casuale, ma frutto di una visione politica coraggiosa della passata legislatura, che ha reso possibile il Next Generation EU e il Pnrr. Se oggi il Paese dispone di queste risorse, è grazie al lavoro dei democratici e dei progressisti. Il governo Meloni, invece, rischia di dissipare un patrimonio economico e sociale decisivo per il futuro dell’Italia”.
“Il PNRR rischia di diventare il Piano nazionale dei Ritardi e dei Rimpianti. A meno di un anno dalla scadenza, mancano all’appello 110 miliardi di euro da spendere e 280 obiettivi da raggiungere: un fallimento annunciato, certificato dalla nuova richiesta di revisione. Il Ministro è venuto qui in Parlamento con un documento vuoto, 11 pagine in cui non dice nulla sul contenuto reale di questa ennesima modifica, solo indicazioni generiche. Una specie di Manuale delle Giovani Marmotte, che offende il ruolo delle Camere e ignora il confronto istituzionale. Nessuna chiarezza su progetti cancellati, fondi persi, ritardi gravi dei ministeri competenti. Tagli agli asili, sanità territoriale, transizione ecologica e infrastrutture nel Mezzogiorno: è inaccettabile! Il Governo sta smantellando il Piano, anziché attuarlo. Chiediamo rispetto del cronoprogramma, stop ai tagli e no all’utilizzo delle risorse PNRR per la difesa”. Lo ha detto in Aula il deputato del Partito Democratico, Piero De Luca, in dichiarazione di voto sul Pnrr.
“Far fallire il Piano vuol dire bruciare la possibilità storica di migliorare le condizioni di vita nel nostro Paese. Ma vuol dire anche mettere in discussione il senso politico del PNRR, quale simbolo di un’Europa vicina ai cittadini e ai territori, simbolo del lavoro che dovremmo svolgere per un’Europa sempre più forte, autorevole e autonoma da un punto di vista strategico. Il problema è proprio questo. Voi nell’Europa non ci credete, e non lavorate né per difenderla né per rafforzarla, come dimostra il fatto che non è chiara la vostra posizione sul prossimo quadro finanziario pluriennale. Attuare il PNRR vuol dire difendere gli interessi del nostro Paese, ma vuol dire anche collocare l’Italia dalla parte giusta della storia, quella immaginata nel Manifesto di Ventotene, quella federalista, volta a costruire gli Stati Uniti d’Europa. Se il prossimo anno non riuscirete a portare a termine il Piano nei tempi e modi previsti come vi abbiamo indicato, avrete il dovere politico di rassegnare le dimissioni perché responsabili dinanzi alla storia ed al Paese di aver bruciato il futuro dell’Italia e quello dell’Europa intera", ha concluso Piero De Luca.
“Il Pnrr doveva essere un’opportunità di rilancio per il nostro Paese ma il governo l’ha trasformato in un’occasione perduta. Le tante rimodulazioni hanno avuto il solo scopo di accentrare a Palazzo Chigi la programmazione e la spesa degli obiettivi indipendentemente dall’efficacia e dall’efficienza di questa scelta: un disastro per il Paese”. Così il deputato Claudio Michele Stefanazzi, intervenendo alla Camera sulle comunicazioni del ministro Foti sul Pnrr.
“L’anima del Piano, ovvero la coesione territoriale, la parità di genere e le politiche per i giovani sono scomparse. Che fine hanno fatto – chiede il parlamentare dem al ministro - i 60mila nuovi alloggi per studenti universitari e il potenziamento dei centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro? La stessa sorte dei 100mila posti negli asili nido: tutti cancellati. Il target europeo di posti in asilo per popolazione sarà raggiunto solo perché il Governo ha consentito alle regioni del Nord di raggiungere percentuali oltre il 70%, condannando il sud a rimanere sotto il 10%. I fondi e gli investimenti per il Sud o vengono eliminati o finiscono in un progetto fallimentare come il Ponte sullo Stretto”.
“Il PNRR è un ‘regalo’ che questo governo ha ereditato e sprecato per la sua incapacità. Le risorse potevano essere spese per la sanità pubblica, invece che continuare a favorire quella privata e utilizzate per costruire infrastrutture laddove non esistono”, conclude Stefanazzi.
“Il Pnrr è un’opportunità straordinaria, uno strumento irripetibile trattato da questo governo come un semplice compitino ragionieristico. All’ennesima riformulazione di questo piano non vediamo una visione sul futuro dell’Italia, un’Italia più competitiva, più coesa, più moderna.
Inoltre, la riformulazione che c’è stata proposta è priva di cifre sull’impatto e va ad incidere su progetti fondamentali, importanti per la competitività e la coesione sociale.
Se inoltre di questi 140 miliardi ottenuti ne sono stati spesi effettivamente 86 in 3 anni, è legittimo porsi delle domande: come intendete spendere i restanti miliardi e quelli che ancora devono arrivare?
Come pensate di gestire nel prossimo anno alcuni progetti che sono molto indietro come infrastrutture, studentati, asili nido, misure per le imprese”. Lo ha detto intervenendo in aula sulla discussione generale a proposito delle comunicazioni del ministro Foti sul PNRR, Simona Bonafè, vicepresidente vicaria del gruppo Pd alla Camera.
”Le dichiarazioni della premier Meloni sul PNRR appaiono ancora una volta come un’operazione di propaganda e confusione politica più che un’analisi concreta dello stato di attuazione del Piano. La realtà è che la proposta di revisione del PNRR si è resa necessaria non per migliorare l'efficienza, ma per cercare di superare ritardi accumulati e criticità strutturali che sono emerse nella fase di attuazione. A dispetto della narrazione trionfalistica, la revisione è il risultato obbligato dei ritardi nella spesa sulle misure già finanziate e ottenute”. Lo dichiara Piero De Luca, deputato Pd e capogruppo in commissione politiche europee.
“Se si impegnano risorse senza realizzare concretamente i progetti, si finisce con il raccontare numeri che non producono alcun impatto concreto e rischiano di non corrispondere allo stato dei fatti. Il vero problema non è “quante risorse sono state impegnate”, ma quante sono state spese efficacemente e nei tempi previsti rispetto a quelle finora ottenute. Ad oggi la spesa effettiva, secondo quanto dichiarato pochi giorni fa dal Ministro Foti, è ferma a circa 86 miliardi di euro sui 140,4 finora ottenuti dall’Unione europea con il pagamento della settima rata. Un conto sono gli impegni contabili un altro la capacità di portare a termine gli interventi e, se non avanza il ritmo della spesa certificata in questi ultimi mesi di attuazione, l’Italia rischia doppiamente di sprecare le risorse e l’opportunità unica rappresentata dal PNRR.
"Del resto, l'aver dovuto operare una sesta revisione per “superare le criticità” è la prova evidente che quelle criticità esistono eccome, altro che “rigorosa attuazione. La verità, conclude il dem, è che i dati vengono utilizzati come fumo negli occhi, mentre si ignorano i ritardi veri: quelli che mettono a rischio la credibilità dell’Italia in Europa e, soprattutto, i benefici concreti per cittadini e imprese”.
“Il Piano nazionale di ripresa e resilienza era stato concepito anche come uno strumento per ridurre i divari sociali e territoriali, destinando maggiori risorse al Mezzogiorno, alla Sanità, alla scuola e agli asili nido. Il governo Meloni ha modificato profondamente quel piano, ma senza restituirgli la sua natura sociale: oggi il Sud è il grande assente”. Lo dichiara Nico Stumpo, deputato del Pd e componente della commissione Affari sociali, intervistato sui canali social dei deputati dem.
“Il ministro ha riferito che sono stati spesi 86 miliardi – aggiunge Stumpo – ma le risorse complessive sono 197 e l’esecutivo vorrebbe utilizzarne oltre 100 in un solo anno, quando in tre anni non è riuscito a superare i 97. È un ritardo clamoroso che rischia di tradursi in un fallimento per l’Italia. Senza il Pnrr, il nostro Paese sarebbe rimasto schiacciato dall’inflazione: eppure questo governo non trova il coraggio di ammettere i suoi limiti e di riconoscere il merito di chi aveva portato a casa le risorse europee”.
Secondo l’esponente dem, “anche quello che viene presentato come una grande scommessa, il ponte sullo Stretto, in realtà penalizza il Mezzogiorno, perché sono stati sottratti fondi di coesione a Sicilia e Calabria, tagliando risorse per l’alta velocità e lo sviluppo reale delle Regioni”.
“Se il governo non riuscirà a investire i 197 miliardi concessi dall’Ue – conclude Stumpo – perderemo una straordinaria opportunità per digitalizzazione, infrastrutture, sanità e scuola. Rischiamo un’occasione sprecata, l’ennesima del centrodestra”.
“Rivolgo un appello al governo Meloni: non ostacoli l'immediato recepimento della direttiva europea del 2024 a tutela dei giornalisti e della libertà di informazione”. Così Piero De Luca, capogruppo Pd in commissione Unione europea alla Camera, intervistato sui canali social dei deputati dem.
“La direttiva – ricorda l'esponente Pd – introduce garanzie fondamentali per proteggere cronisti e reporter da azioni intimidatorie e cause temerarie, strumenti usati per limitare e condizionare l’attività giornalistica. Si tratta di una norma urgente e necessaria, che andava recepita nella legge di delegazione europea ora in discussione in Parlamento. Il governo ha scelto di non inserirla, dimostrando ancora una volta scarsa attenzione verso il lavoro dei giornalisti”.
“Secondo i dati dell’Ordine – aggiunge De Luca – nel nostro Paese le azioni vessatorie contro la stampa sono aumentate in misura preoccupante, fino a raggiungere livelli record rispetto ad altri Stati membri. Per questo presenteremo un emendamento mirato, affinché l’Italia non perda altro tempo e garantisca finalmente una cornice normativa coerente con i principi europei”.
Il deputato dem denuncia anche “il rapporto complicato tra governo e stampa, evidente nelle rarissime conferenze del Presidente del Consiglio. Meloni fugge dal confronto perché preferisce alimentare una narrazione di comodo, evitando le domande sui problemi realialari fermi, sanità sottofinanziata, costo della vita in crescita, Pnrr in affanno, mancanza di una politica industriale. Per noi la libertà di stampa è sacra, un presidio irrinunciabile della nostra democrazia. Faremo di tutto perché l’Italia recepisca questa direttiva senza ulteriori ritardi”.
“Dietro i numeri del bilancio si nascondono scelte politiche profonde, e quei numeri ci parlano della vita concreta delle persone. La propaganda del governo non può nascondere la realtà: l’Italia non sta meglio, anzi famiglie e imprese sono sempre più in difficoltà. I dati Istat ci dicono che quasi un italiano su dieci vive in povertà assoluta, e tra loro il 14% sono bambini e adolescenti. L’Eurostat certifica che oltre il 10% dei lavoratori sono poveri, anche a tempo pieno, mentre il governo ha cancellato la proposta di salario minimo e rinunciato a dare risposte concrete. Sul fronte della sanità, 5,8 milioni di persone hanno rinunciato a curarsi e le liste d’attesa sono sempre più lunghe”.
Così Silvia Roggiani, della Presidenza del Gruppo Pd alla Camera, intervenendo in Aula alla discussione generale sul Rendiconto e Assestamento.
“Nonostante la propaganda - ha aggiunto - la spesa sanitaria in rapporto al Pil resta sotto la media europea e Ocse. La crescita economica è ferma: produzione industriale in calo da oltre due anni, previsioni di crescita ridimensionate allo 0,5% nel 2025 e 0,7% nel 2026. Anche il Pnrr è stato sprecato: sono stati tagliati più di 100mila posti nido, un’occasione persa per il Paese e un peso scaricato ancora una volta sulle donne. Mentre la pressione fiscale resta al 42,5%, record dal 2020, il governo continua con condoni e rottamazioni, arrivati ormai alla quarta edizione in tre anni. E mentre le banche registrano utili stratosferici, si rifiuta di introdurre una tassa sugli extraprofitti che potrebbe restituire risorse a cittadini e servizi. Questi sono i numeri che ci avvicinano alla prossima legge di bilancio. Dobbiamo dare un’anima ai numeri: l’anima di un Paese che si occupa di chi non ha lavoro, di chi lavora ma è sfruttato, di chi non riesce a pagare l’affitto, dei giovani che lasciano l’Italia e delle donne che rinunciano a una famiglia perché il peso della cura grava solo su di loro. Questo - ha concluso - è il vero senso della politica, e su questo il governo Meloni continua a mancare l’appuntamento”.
“Il cosiddetto decreto ‘salva-obiettivi giustizia’ è in realtà un decreto ‘toppa’ che, come sempre accade, è anche peggio del buco. Non contiene soluzioni, ma accresce i problemi. Il governo lo presenta come uno strumento per rispettare i target Pnrr, ma è solo una toppa composta da misure emergenziali e frammentarie: altro che giustizia come secondo pilastro del Pnrr. Mi riferisco, ad esempio, all’impiego straordinario di magistrati onorari e da remoto, ai poteri straordinari ai capi uffici, al tirocinio accelerato dei neo-magistrati, alle proroghe di organi e figure ausiliarie, alle modifiche su consulenze, uffici di sorveglianza e legge Pinto. Queste criticità ormai acclarate evidenziano una situazione molto grave. Ecco alcuni numeri per comprendere la drammaticità della situazione: mancano all’appello 1.800 magistrati togati (il 17% della pianta organica), le carenze di personale amministrativo e tecnico sfiorano il 40%, i processi civili durano in media 1.900 giorni (ben lontani dall’obiettivo Ue dei 1.500 entro il 2026), con sopravvenienze in continuo aumento (+12%)”.
Così la responsabile Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, intervenendo in Aula per annunciare il voto contrario del Gruppo sul Dl Giustizia.
“Il Pd - ha aggiunto - in commissione ha sottolineato in particolare il nodo dei 12mila lavoratori precari Pnrr (ufficio per il processo, data entry, tecnici), essenziali per smaltimento arretrati e digitalizzazione, ma privi di prospettive di stabilizzazione (solo 3mila avranno continuità oltre il 2026). L’Anm ha anche avvertito del rischio di paralisi senza il loro apporto. Questo decreto non prevede risorse aggiuntive, assunzioni né stabilizzazioni, ma solo deroghe e proroghe. Si sacrificano qualità ed equità della giustizia per ‘fare numeri’ verso Bruxelles. Il nostro giudizio è quindi molto critico e negativo. Chiediamo - ha concluso - assunzioni, stabilizzazione dei precari, investimenti in digitalizzazione e una riforma organica del sistema”.
“Il ministro Foti continua con il gioco delle tre carte sul Pnrr e a pochi mesi dalla scadenza, a causa dei gravi ritardi accertati, il governo rischia il più grande fallimento politico della storia del Paese. Uno strumento unico di quasi 200 miliardi per il rilancio dell'Italia, ottenuto grazie allo straordinario lavoro politico del Pd, dei governi precedenti e da figure eccezionali come il compianto David Sassoli, viene dilapidato dal governo Meloni”. Lo dichiara Piero De Luca, deputato e capogruppo Pd in Commissione Affari esteri, in replica al ministro Tommaso Foti durante il Question time alla Camera.
“Il governo – continua il parlamentare dem – doveva attuare e non smontare il Pnrr con cinque revisioni che si sono confermate inadeguate. Il risultato finale è impietoso con una spesa totale pari al 40% di quello che andrebbe fatto e 110 miliardi che vanno ancora spesi. La spesa in sanità è ad un terzo, con 6 milioni di italiani sono costretti a rinunciare alle cure. E sono già saltati posti per asili nido, case ed ospedali di comunità, infrastrutture strategiche”. “Non c'è nessun successo come dichiara Foti e alle prossime elezioni, a partire dalle regionali, il governo dovrà rispondere del perché ha bruciato investimenti fondamentali per le famiglie e le imprese”, conclude De Luca.
“Il governo ha cambiato la natura del Pnrr cancellando tutta l'idea sociale con la quale era nato. Ritardi infiniti e tagli indiscriminati stanno bloccando il Piano e chi ne paga le conseguenze è soprattutto il Sud del Paese. Se l'esecutivo avesse un briciolo di dignità dovrebbe provare a tener fede allo scopo originale del Pnrr e realizzare concretamente le opere che ha annunciato e poi cancellato”. Così il deputato Pd Nico Stumpo intervenendo durante il Question time al ministro Tommaso Foti sullo stato dell'opera e il completamento del Pnrr.
“Se oggi discutiamo di Pnrr – sottolinea l'esponente dem - è perché il governo Meloni ha ereditato 194 miliardi dai governi precedenti al fine di investire sul sistema Paese. Anche in questo caso il ministro Foti ha perso l'occasione di dire che il merito è di 'quelli di prima' perché non ha il coraggio di dire le cose per come stanno”. “Il ministro racconta i 'dati' dimenticando che la maggior parte dei fondi del Pnrr, 106/7 miliardi pari a più del 60%, forse sono solo programmati o poco più. E l'Italia galleggia per l'incapacità del governo Meloni”, conclude Stumpo.
“Con il decreto in esame siamo di fronte all’ennesimo commissariamento deciso dal governo Meloni: il 65esimo dall’inizio della legislatura. Una scelta che non nasce dall’urgenza, ma da una logica di accentramento e di controllo che svuota di fatto il ruolo delle istituzioni territoriali e mortifica il confronto democratico”. Lo ha detto in Aula alla Camera la deputata dem Ilenia Malavasi, componente della commissione Affari sociali esprimendo il voto di astensione del Gruppo del Pd sul decreto recante misure urgenti per il commissariamento dell’Agenas e per il finanziamento dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù.
“Il governo – prosegue l’esponente Pd – non ha voluto né programmare né ricercare un’intesa con le Regioni, come invece prevede la prassi consolidata. È grave che un’agenzia strategica come Agenas, che opera a stretto contatto con le Regioni e monitora l’attuazione della riforma territoriale del DM 77 e del PNRR, venga commissariata senza un percorso di condivisione. Questo conferma un metodo miope, che tradisce incapacità di governare la sanità pubblica e rischia di avere ricadute pesanti sui cittadini, già oggi costretti a liste d’attesa insostenibili e a disuguaglianze territoriali sempre più marcate. Il Partito Democratico ha presentato in commissione emendamenti di buon senso, per limitare la durata del commissariamento, prevenire conflitti di interesse e garantire trasparenza”, ma il governo ha scelto la via del muro contro muro, respingendo ogni proposta”.
“Di fronte a questo atteggiamento – conclude Malavasi – non possiamo che ribadire la nostra contrarietà: commissariare non può diventare un modus vivendi, una scorciatoia che centralizza potere senza dare soluzioni ai problemi strutturali della sanità. La nostra astensione al decreto è motivata dall’articolo che stanzia 20 milioni per l’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Parliamo di un’eccellenza italiana e internazionale che offre cure pediatriche gratuite, anche a bambini provenienti da zone di guerra. Il nostro voto riconosce il valore di questa realtà straordinaria. Ma al tempo stesso chiediamo una riflessione più ampia sul futuro della sanità pediatrica in Italia, per garantire a tutti i bambini pari diritti di accesso e qualità nelle cure”.
Il governo, rispondendo alla nostra interrogazione in commissione Ambiente sui progetti di raccolta delle bottiglie di plastica monouso finanziati con il PNRR e il raggiungimento degli obiettivi europei, ha fatto il gioco delle tre carte mischiando dati e percentuali per creare volutamente confusione. Noi avevamo chiesto di conoscere i dati aggiornati relativi alla raccolta di bottiglie di plastica attraverso gli ecocompattatori, ed il relativo contributo ai tassi complessivi di raccolta per conseguire gli obiettivi UE, ma il governo ci ha risposto solo con la percentuale di materiali riciclabili raccolti in tali ecocompattatori, nel tentativo di magnificare dei risultati invece deludenti. Inoltre, gioca con le interpretazioni delle norme europee, citando deroghe, che tuttavia dalla lettura del Regolamento europeo sugli imballaggi sarebbero solo temporanee e non esentano dal conseguimento dell'obiettivo finale del 90%, di fatto facendoci solo perdere tempo. Questo atteggiamento di chiusura è molto pericoloso perché il sistema di deposito cauzionale (DRS) è al momento l’unica strategia efficace per raggiungere l’obiettivo europeo vincolante di raccolta del 90% di bottiglie di plastica e lattine al 2029. Il fatto che ben 17 paesi europei lo abbiano già implementato e diversi altri hanno già annunciato la sua introduzione è eloquente. L'Italia rischia di perdere leadership nell’economia circolare e rimanere indietro con numerose conseguenze: spesa pubblica per la plastic tax, costi che gravano sui comuni per gestire il littering, gas serra da incenerimento delle plastiche e relativi costi riversati sulla collettività. Come Partito democratico abbiamo lavorato ad una proposta di legge a prima firma Roggiani per chiedere di introdurre quanto prima un sistema di deposito cauzionale in Italia.
Così i deputati del Pd Evi, Simiani, Curti, Ferrari e Roggiani.