“Il Governo Meloni infligge un colpo durissimo alla lotta contro la criminalità. Il limite di 45 giorni introdotto nel nostro ordinamento per le intercettazioni, peraltro anche per reati gravissimi come omicidio, sequestro di persona, violenza contro le donne, è una scelta politica che mette a rischio le indagini e l’individuazione degli autori di reati gravi e si spiega solo in ragione del pregiudizio della destra italiana verso la magistratura e verso il principio di autonomia e indipendenza che la sorreggono.
La maggioranza poteva correggere questa deriva, avrebbe potuto accogliere gli emendamenti che chiedevano di escludere l’omicidio e i reati del Codice Rosso dal limite alle intercettazioni. Ma ha scelto di bocciarli, dimostrando una grave irresponsabilità. In un Paese nel quale la destra non da’ risposte davanti a casi come quello di Paragon e’ davvero incredibile che le energie di governo e maggioranza siano dedicate a contrastare le intercettazioni regolari, che rispondono ai requisiti di legge e che sono autorizzate dalla magistratura”. Così il capogruppo democratico nella commissione giustizia della camera, Federico Gianassi.
“Come può chiamarsi 'spettacolo' una vomitata di insulti, bodyshaming e atti sessuali simulati su un cartonato che raffigura una donna? Con un monologo di tre ore dal titolo 'Gurulandia', Fabrizio Corona pochi giorni fa al Teatro Nazionale di Milano e al Teatro Alfieri di Torino ha dato il peggio di sé, dimostrando, ancora una volta quale sia la sua insulsa e disgustosa opinione che ha nei confronti delle donne”. Così si legge nell'interrogazione fatta dalle deputate PD, a prima firma Eleonora Evi, al ministro della Cultura, Alessandro Giuli, con cui si chiede al governo se e come intenda intervenire per contrastare la diffusione di messaggi intrisi di violenza e bodyshaming.
“Tra gli insulti a diverse figure pubbliche – spiegano le parlamentari PD - Corona ha preso di mira soprattutto Selvaggia Lucarelli, rivolgendole offese sull’aspetto fisico e mimando atti sessuali su di un cartonato raffigurante la giornalista”.
Per le deputate PD “non si tratta solo di un fatto grave e disgustoso nei confronti di una singola donna a cui va tutta la nostra solidarietà. Qui c’è in ballo molto di più, ha a che fare con quello che accade a tutte le donne, ha a che fare con quello che consideriamo 'normale' che accada alle donne, Non è satira, non è comicità, non è spettacolo, non è intrattenimento. È solo ed esclusivamente cultura dello stupro, è solo violenza verbale, è becera volgarità, è, ancora una volta, la tossicità del patriarcato”, concludono le deputate dem. L'interrogazione è stata firmata da Evi, Ascani, Braga, Prestipino, Gribaudo, Ghio, Serracchiani, Ferrari, De Biase, Forattini, Iacono, Madia, Manzi, Malavasi, Marino e Roggiani.
"Niente deroga ai 45 giorni di limite per le intercettazioni neanche durante le indagini per violenza, stalking a altri reati del Codice rosso. E sappiamo bene cosa significhi per una donna essere vittima di questi reati e in cosa possono sfociare. Ma le deputate di destra hanno preferito non votare il nostro emendamento che chiedeva di allungare i tempi delle intercettazione, che in molti casi per le donne sono dei vere e proprie salva vita. Hanno preferito accontentarsi di un ordine del giorno che non modifica la legge. 45 giorni di intercettazioni sono pochi per tutte le indagini, per quelle sui reati previsti dal codice rosso sono sicuramente insufficienti.
Alle colleghe della destra ho chiesto di votare l’emendamento per rafforzare la prevenzione dei femminicidi, ma purtroppo non hanno voluto unire le forze con noi. Nelle legislature precedenti le deputate, a prescindere dal partito di appartenenza, collaboravano insieme sui temi della violenza di genere e della tutela delle donne. Ma nella prima legislatura che vede una donna presiedere il Consiglio dei ministri, questo non succede più: se l’emendamento è presentato dalle opposizioni non deve passare. Questo è l'ordine.
Davvero l'appartenenza di partito viene prima della lotta contro la violenza sulle donne?". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Coordinatrice dell'Intergruppo della Camera per le donne, i diritti e le pari opportunità.
“Oggi celebriamo la Giornata Internazionale della Donna, un momento di riflessione e di impegno per contrastare le tante disuguaglianze che ancora attraversano la nostra società e che penalizzano in modo particolare le donne, soprattutto nel mondo del lavoro. Le disparità salariali, le difficoltà di accesso ai ruoli di vertice e il mancato riconoscimento di diritti fondamentali, come quello all’autodeterminazione sul proprio corpo, rappresentano ostacoli per moltissime donne. Quelle donne che la prima Presidente del Consiglio donna continua a ignorare.”
Lo dichiara Chiara Braga, presidente del Gruppo Pd alla Camera, sottolineando l’importanza di azioni concrete per garantire pari opportunità.
“Il Partito Democratico – ha aggiunto l’esponente dem - è in prima linea con le proprie proposte che vanno in questa direzione: dal salario minimo per garantire un lavoro dignitoso e meno precario, all’aumento della disponibilità degli asili nido e di una sanità di qualità su tutto il territorio nazionale, fino all’introduzione dei congedi parentali paritari e obbligatori per entrambi i genitori. Sono interventi necessari per permettere alle donne di conciliare davvero i tempi di vita e di lavoro e migliorare la qualità della vita di tutti.”
“Dobbiamo – ha concluso Braga - agire con determinazione per contrastare ogni forma di violenza di genere. Per questo, ci impegniamo a modificare la legge introducendo il principio del consenso come elemento fondamentale nel reato di violenza sessuale. È una battaglia di civiltà che non possiamo più rimandare. La giornata dell’8 marzo non è solo una celebrazione, ma un’occasione per rinnovare un impegno quotidiano. Il Partito Democratico continuerà a lavorare dentro e fuori le istituzioni per una società più giusta, equa e libera da ogni discriminazione di genere”.
“Dopo un anno di immobilismo, il governo si decide finalmente a ripartire le risorse del Reddito di Libertà, un sostegno fondamentale per le donne vittime di violenza. Un ritardo gravissimo, che ha lasciato senza aiuti migliaia di donne che avevano presentato domanda, ben 3.000 richieste rimaste inevase. Questo mentre la ministra Roccella, invece di intervenire con tempestività, ha di fatto bloccato i fondi già disponibili.” Lo dichiarano in una nota i Parlamentari del Partito Democratico della Commissione Femminicidio Ferrari, Ghio, Forattini, D’Elia, Valente e Sensi, sottolineando come l’incremento del Reddito di Libertà da 400 a 500 euro sia stato possibile in particolare grazie ai 40 milioni di euro stanziati dalle opposizioni nel 2023 e che Roccella mette in campo solo oggi.
“Ancora una volta, il governo arriva tardi e solo dopo le nostre continue denunce. È inaccettabile che strumenti così essenziali per il contrasto alla violenza di genere vengano ignorati e bloccati per mesi, lasciando le donne senza misure di sostegno economico per sé e i propri figli. La lotta alla violenza non può essere relegata a interventi tardivi e insufficienti: servono risorse certe, distribuite con regolarità e senza ostacoli burocratici.”
I parlamentari del PD annunciano che continueranno a vigilare affinché i fondi vengano erogati con continuità e chiedono al governo un cambio di passo per garantire alle donne vittime di violenza un reale sostegno nel loro percorso di autonomia e sicurezza.
"Resto inorridito davanti alle parole di Priamo Bocchi, consigliere regionale di Fratelli d'Italia in Emilia-Romagna secondo cui 'l'uomo è violento perché ha perso un po' di virilità'. Quindi per lui, il problema non è la violenza maschile, ma che gli uomini, poverini, non si sentono abbastanza 'virili'. E dunque danno fuoco alle donne, le strangolano, le fanno a pezzi, le massacrano di coltellate. Non fa una piega. Ma non è tutto: secondo Bocchi, il termine 'femminicidio' è inutile, quando invece è una realtà brutale”. Lo scrive su X il deputato dem Marco Furfaro.
“Il silenzio - continua il capogruppo Pd in Commissione Affari sociali alla Camera - non è un'opzione, non questa volta, non quando c'è in gioco la vita delle donne. Ma la vera domanda è una: Giorgia Meloni è d'accordo? Meloni, che ha fatto della sua identità di donna e madre un simbolo, accetta che un suo consigliere derida il termine femminicidio? Meloni, che si dichiara paladina della sicurezza, tollera che qualcuno nel suo partito giustifichi l’uccisione delle donne come un 'problema di virilità'?” “Se Giorgia Meloni non si dissocia, allora il messaggio è chiaro: la violenza non è un problema. È solo 'mancanza di virilità'. E questo, in un Paese dove una donna viene uccisa ogni tre giorni, è inaccettabile”, conclude Furfaro.
“Se le notizie di stampa che riportano la denuncia delle attiviste di Extinction Rebel di essere state costrette a spogliarsi integralmente davanti alle poliziotte e a fare squat, fossero confermate, saremmo in presenza di una situazione inaccettabile di abuso di potere e violenza di Stato. Un trattamento degradante, che certamente non si addice ad un’istituzione pubblica, chiamata a tutelare e non certo ad umiliare le persone. Nella denuncia risulta anche che questo trattamento è toccato soltanto alle ragazze, trai i 23 attivisti fermati dalle forze dell’ordine durante la manifestazione indetta da Ultima Generazione, Extinction Rebellion e Palestina Libera, il 13 gennaio a Brescia. La questura di Brescia dichiara che il rispetto dei diritti umani è sempre stato mantenuto. Nel pieno rispetto del difficile lavoro delle forze dell'ordine, riteniamo necessario, come chiesto anche in aula alla Camera, che il ministro Piantedosi chiarisca quanto emerso. Chiederemo che anche la commissione d’inchiesta sui femminicidi e la violenza si attivi per appurare quanto accaduto”. Lo dicono le deputate dem in commissione bicamerale contro i femminili di e la violenza sulle donne, Sara Ferrari, Antonella Forattini e Valentina Ghio.
“Le motivazioni della Corte di assise di Modena, che ha ridotto la pena per l’autore di un duplice femminicidio, sono inaccettabili. Definire “umanamente comprensibili” i motivi che lo hanno spinto a uccidere la moglie e la figlia di lei è un chiaro segnale di quanto il patriarcato continui a permeare il nostro sistema giudiziario. Minimizzare la gravità del crimine spostando l'attenzione sulle “dinamiche familiari nefaste” è una giustificazione pericolosa che rischia di normalizzare la violenza. Non esistono motivi “umanamente comprensibili” per un duplice omicidio, ma solo la perpetuazione di un sistema che legittima il controllo maschile sulle donne.
Questa decisione è un insulto alle vittime, alle loro famiglie e rappresenta un grave passo indietro nella lotta contro la violenza di genere. In attesa di leggere la sentenza nella sua interezza, è evidente che essa conferma quanto già contestato all’Italia dalle sentenze europee: la mancanza di un’adeguata formazione per gli operatori che trattano le vittime di violenza.
È fondamentale che la formazione prevista dalla legge sul Codice Rosso, in particolare con le modifiche introdotte lo scorso anno, venga resa effettiva e diffusa al più presto, per evitare che continuino a esserci sentenze simili” così la capogruppo democratica nella commissione femminicidio e violenza contro le donne, Sara Ferrari insieme alle deputate dem Valentina Ghio e Antonella Forattini.
"Il Governo ha scelto di cancellare i programmi di educazione all'affettività nelle scuole spostando le risorse sui progetti per formare i docenti sull'infertilità e come prevenirla. È una decisione gravissima, un tradimento degli intenti con cui era nato il fondo in legge di Bilancio. È anche la conferma di una maggioranza che insegue i 'pro vita' e lavora contro i diritti delle donne". Lo dichiara la deputata Pd Michela Di Biase, capogruppo in commissione bicamerale Infanzia e Adolescenza. "La violenza contro le donne può essere contrastata con programmi sull'educazione affettiva e sessuale, ma questo Governo lavora in direzione contraria - evidenzia la deputata Pd-. Nel Paese sono nati centinaia di progetti positivi nelle scuole italiane grazie all'iniziativa di dirigenti scolastici e associazioni studentesche, ma l'Italia è uno dei pochissimi Paesi europei in cui non esiste ancora un programma nazionale di educazione alla sessualità a scuola. Ogni volta si dice che bisogna partire dall'educazione dei più piccoli - prosegue Di Biase - e invece l'unica cosa che questo Governo sa fare, aldilà dei proclami, è tagliare i fondi necessari all'educazione all'affettività, al riconoscimento dell'altro e al rispetto reciproco. E' solo partendo da questi progetti che si potranno porre le basi per una societa' libera dagli stereotipi di genere e dalla violenza contro le donne", conclude la capogruppo Pd in commissione Infanzia.
“Gravissima la decisione del governo, dichiarata oggi in aula alla Camera in risposta ad un question time, di utilizzare i 500.000 € ottenuti in legge di bilancio dalle opposizioni su proposta dell’onorevole Magi, per “corsi per i docenti sull’infertilità“, anziché per l’educazione “all’affettività e alla sessualità” nelle scuole, come approvato dal Parlamento. È sconcertante che una piccola conquista delle opposizioni nella direzione dell’educazione scolastica volta alla prevenzione della violenza di genere e per promuovere la cultura del rispetto tra le nuove generazioni, venga stravolta nei suoi obiettivi per organizzare invece formazione rivolta agli insegnanti riguardo alla prevenzione dell'infertilità. Quest’operazione politica manipolatrice, volta a soddisfare la “fissazione sessuofobica di certa destra”, non solo indegna per il metodo, ma irresponsabile nei confronti della lotta ai femminicidi e alla violenza contro le donne e contemporaneamente incapace di rispondere alla domanda pressante dei giovani e dei docenti di avere informazione ed educazione sul fenomeno della violenza. Basta frequentare davvero una qualsiasi scuola e lo si può verificare”. Così le deputate del PD Sara Ferrari, Antonella Forattini e Valentina Ghio della Commissione bicamerale femminicidio e violenza.
"Grazie a Gisèle Pelicot per aver reso chiaro e inequivocabile che la vergogna deve ricadere sugli stupratori e non su chi la violenza la subisce. Mai.
La colpa va attribuita a chi ce l'ha: al marito e a quelle decine di uomini che senza farsi alcuno scrupolo hanno abusato di lei per dieci anni.
La storia di Gisèle ha molto da insegnare, molto, a chi nega la cultura patriarcale che regna anche nei nostri civilissimi paesi europei, a partite da alcuni di coloro che ricoprono ruoli istituzionali. Quel "avevo il permesso del marito" che alcuni degli stupratori hanno usato quasi per giustificarsi è emblematico dell'idea che si ha del consenso, dell'autodeterminazione delle donne, della loro volontà, del loro corpo. Una proprietà dei maschi.
La vicenda di Gisèle Pelicot passerà alla storia. A noi il compito di sovvertire questa cultura prevaricatrice e violenta.
Grazie, Gisèle". Lo dichiara Laura Boldrini deputata PD e Coordinatrice dell'Intergruppo della Camera per le donne, i diritti e le pari opportunità.
“Esprimiamo soddisfazione per l’approvazione unanime dell’emendamento per il rifinanziamento del Reddito di Libertà con l'incremento di un milione di euro. Si tratta di un segnale verso il sostegno concreto alle donne vittime di violenza, nonostante la nostra proposta, come indicava l'emendamento a firma Ghio, Ferrari e Forattini, fosse di stanziare dieci milioni di euro per poter ampliare la platea delle donne aventi diritto. Questa misura rappresenta uno strumento cruciale: l’indipendenza economica è la chiave per permettere alle donne di affrancarsi dalla violenza e ricostruire la propria vita.
Ci auguriamo che questo incremento porti anche alla velocizzazione delle modalita' di distribuzione e di accesso alle risorse del Reddito di Libertà, che comportano gravi ritardi di assegnazione. Lo dimostra il fatto che le risorse stanziate lo scorso anno non sono state ancora interamente assegnate.
Rendere più efficace e accessibile questa misura significa dare un segnale concreto a chi lotta ogni giorno per la propria libertà e sicurezza”. Così in una nota le deputate Pd componenti della Commissione Femminicidio, Valentina Ghio, Sara Ferrari, Antonella Forattini.
"Grazie all'Ordine dei giornalisti del Lazio e Luisa Betti Dakli che oggi ha organizzato un evento di formazione sulla violenza che colpisce le donne online. Una forma di violenza che conosco molto bene per esserne bersaglio da anni.
È importante che giornaliste e giornalisti, chi lavora con i media e la comunicazione abbiano chiare le tante facce della violenza che punta a zittire le donne che si espongono e sono in prima linea. È necessario fare cordone attorno alle donne alle ragazze che ne sono colpite le cui vite rischiano di essere stravolte in modi irreversibili perché spesso rimangono sole. Attacchi mirati, spesso orchestrati, lanciati da figure politiche quasi sempre di ultradestra che, in questo modo, vorrebbero spingere le donne fuori dalla sfera pubblica e, soprattutto, da ruoli di vertice.
Una violenza che non possiamo sottovalutare che sempre denunciata e contro la quale non bisogna mai abbassare la guardia.
In altri paesi sono state approvate leggi per contrastare il fenomeno di odio in rete. Lo stesso deve accadere in Italia dove le proposte ci sono, tra cui una a mia prima firma, ma non vengono calendarizzate. Ne va della democrazia, del diritto delle donne di parlare, esprimersi liberamente, partecipare alla vita politica e pubblica del Paese. Un tema che il Parlamento non può più rimandare". Lo dichiara Laura Boldrini deputata PD e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
Le capogruppo delle forze di minoranza nella commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e ogni forma di violenza hanno scritto alla Presidente della commissione stessa, censurando le sue parole di accusa alle opposizioni, per la mancata condivisione di una mozione unitaria sul contrasto alla violenza, espresse nella seduta di ieri alla Camera dei Deputati. “Additare le opposizioni come responsabili del mancato testo unitario, per coprire le divisioni della maggioranza, e’ atto grave soprattutto se viene da chi dovrebbe svolgere un ruolo terzo” - dicono le componenti di PD, 5stelle, AVS, Italia Viva e Azione. “Abbiamo chiesto- proseguono inoltre - alla Presidente della Commissione Semenzato una convocazione urgente della commissione, per garantire il ripristino del rispetto e del confronto come precondizioni necessarie per proseguire un percorso di collaborazione con lo stesso senso di responsabilità e condivisione, che vi e’ sempre stato da parte di tutti i gruppi politici e reimpostare il lavoro che verrà e che ci deve vedere tutte e tutti dalla parte del contrasto alla violenza sulle donne”.
La capogruppo del Partito Democratico in Commissione femminicidio Sara Ferrari, interviene sulle parole odierne del Ministro Valditara: “il ministro all’istruzione- dice- ha perso un’altra occasione per tacere sul tema del contrasto alla violenza sulle donne. Ha attribuito infatti quello che lui definisce “riduzione della percentuale dei femminicidi compiuti da partner” all’impegno della ministra alle pari opportunità Roccella sulla prevenzione. Vanificata la speranza che Valditara si preoccupi del fatto che comunque i femminicidi non diminuiscono, dovrebbe anche informarsi sul fatto che sui due strumenti di prevenzione, la formazione degli operatori e l’educazione scolastica, la ministra Roccella in realtà non ha mosso un dito. Nella legge sulla violenza approvata lo scorso anno la proposta delle opposizioni sull’educazione strutturale all’affettività e alla parità nelle scuole (prevenzione primaria) è stata bocciata per volontà della ministra stessa e la parte che riguarda la formazione degli operatori e della magistratura (prevenzione secondaria) è prevista in norma come obbligatoria soltanto grazie ad un emendamento del PD. Per onestà intellettuale - precisa Ferrari - andrebbe detto quindi che se in Italia la legge prevede la formazione degli operatori lo si deve al PD e se non c’è invece l’educazione strutturale nelle scuole lo si deve proprio alla Ministra Roccella. Il Ministri del governo Meloni continuano infatti a preoccuparsi più di aumentare le pene, che non sono un deterrente, piuttosto che fare vera prevenzione.