Lavoro
È diventata legge, dopo l’approvazione in seconda lettura da parte della Camera il 15 novembre 2017, la proposta che introduce una nuova disciplina sulla protezione da discriminazioni o ritorsioni dei lavoratori che segnalano illeciti.
In provvedimento in pillole:
- il pubblico dipendente che, nell’interesse dell’integrità della PA, segnala condotte illecite o di abuso, di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro, non possa subire misure ritorsive determinate dalla segnalazioni quali sanzioni, demansionamenti, licenziamento, trasferimenti, o essere sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi – diretti o indiretti – sulle condizioni di lavoro.
- la segnalazione da parte del dipendete può essere fatta al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza o all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), ovvero può sporgere denuncia all’autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile;
- l'adozione di misure ritorsive è comunicata dall'interessato o dai sindacati più rappresentativi all'ANAC, che a sua volta ne dà comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica o agli altri organismi di garanzia o di disciplina per le determinazioni di competenza.
- le tutele sono estese espressamente anche ai dipendenti degli enti pubblici economici e ai dipendenti di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, e si applica altresì ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica;
- divieto di rivelare l’identità del segnalante: particolare attenzione viene dedicata alla tutela della riservatezza dell’identità del segnalante. È vietato rivelare l’identità del whistleblower, ma non sono ammesse segnalazioni anonime. Il segreto sul nome, in caso di processo penale, è protetto nei modi e nei tempi di cui all’articolo 329 c.p.p. (Obbligo del segreto).
- ANAC - È previsto che l’ANAC predisponga, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, linee guida per la presentazione e la gestione delle segnalazioni, prevedendo l’utilizzo di modalità informatiche e promuovendo il ricorso a strumenti di crittografia per garantire la riservatezza dell’identità del segnalante e per il contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione.
- resta confermata l'esclusione del diritto di accesso alla segnalazione.
- all'ANAC sono attribuiti poteri sanzionatori: qualora si accertino misure ritorsive, al responsabile si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro, fermi restando gli altri profili di responsabilità. È invece prevista una sanzione di importo compreso tra 10.000 e 50.000 euro qualora venga accertata l'assenza, ovvero l'adozione di procedure per l'inoltro e la gestione delle segnalazioni non conformi a quelle previste dalle linee-guida. Una sanzione del medesimo importo è prevista a carico del responsabile per mancata verifica e analisi delle segnalazioni;
- spetta all’amministrazione o all’ente l’onere di dimostrare che le discriminazioni o ritorsioni a carico del segnalante sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione. Le discriminazioni o ritorsioni adottate dell’amministrazione o dall’ente sono nulle
- diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro: Il lavoratore licenziato a causa della sua segnalazione ha diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro dal giudice, al risarcimento del danno e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti dalla data di licenziamento a quella di reintegrazione.
- clausola anti-calunnie: Ogni tutela salta nel caso di condanna del segnalante in sede penale (anche in primo grado) per calunnia, diffamazione o altri reati commessi con la denuncia.
La tutela del lavoratore che segnala illeciti viene estesa anche al settore privato, con una modifica al decreto legislativo n. 231 del 2001 relativo alla disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.
I modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati. Essi dovranno ora prevedere:
- uno o più canali che consentano, a coloro che a qualsiasi titolo rappresentino o dirigano l’ente di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;
- almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante;
- il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;
- nel sistema disciplinare adottato, sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate;
È inoltre previsto che l'adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni possa essere denunciata all'Ispettorato nazionale del lavoro dal segnalante e dalla organizzazione sindacale indicata dal medesimo, nonché la nullità delle misure ritorsive, quali licenziamenti ritorsivi o discriminatori nei confronti del soggetto segnalante, nonché del mutamento di mansioni e di ogni altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante.
Inversione dell’onere della prova - Si prevede inoltre che sia onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all’irrogazione di sanzioni disciplinari, o a demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro – e successivi alla presentazione della segnalazione – dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa.
Scriminante della rivelazione del segreto - Il perseguimento, da parte del dipendente pubblico o privato che segnali illeciti, dell'interesse all'integrità delle amministrazioni (sia pubbliche che private) e alla prevenzione e repressione delle malversazioni costituisce giusta causa di rivelazione del segreto d'ufficio (articolo 326 c.p.), del segreto professionale (articolo 622 c.p.), del segreto scientifico e industriale (articolo 623 c.p.) nonché di violazione dell'obbligo di fedeltà all'imprenditore da parte del prestatore di lavoro (articolo 2105 c.c).
La giusta causa non opera ove l'obbligo di segreto professionale gravi su chi sia venuto a conoscenza della notizia in ragione di un rapporto di consulenza professionale o di assistenza con l'ente, l'impresa o la persona fisica interessata.
Si prevede, infine, che, quando notizie e documenti che sono comunicati all'organo deputato a riceverli siano oggetto di segreto aziendale, professionale o d'ufficio, costituisce violazione del relativo obbligo di segreto la rivelazione con modalità eccedenti rispetto alle finalità dell'eliminazione dell'illecito e, in particolare, la rivelazione al di fuori del canale di comunicazione specificamente predisposto a tal fine.