“Per ragionare sulla indennità per il licenziamento ingiustificato è necessario partire da alcuni elementi di base. Il primo e fondamentale è che l’indennità non è stabilita discrezionalmente dal giudice in misura variabile ma è calcolata in misura fissa: 2 mensilità per anno lavoro, fermo restando un limite minimo di 4 e massimo di 24 mensilità. Pertanto, un lavoratore ingiustamente licenziato con 3 anni di anzianità ha diritto a 6 mensilità di indennizzo, con 12 anni di anzianità ha diritto a 24 mensilità. Il decreto Di Maio non modifica il coefficiente fisso ma solo i limiti minimi e massimi portandoli a 6 e 36. Anche in questo caso dunque un lavoratore ingiustamente licenziato con 3 anni di anzianità ha diritto sempre a 6 mensilità di indennizzo e con 12 anni di anzianità ha sempre diritto a 24 mensilità. Dunque, chi trae beneficio della modifica proposta da Di Maio? Non certo i lavoratori con anzianità superiore a 12 anni: per costoro oggi si applica ancora l’art. 18 e non il Jobs Act; se invece sono assunti oggi, e se tutto rimane com’è, saranno interessati alla riforma tra 13 anni. Il che fa sorgere qualche dubbio. Quindi, a conti fatti e a norme lette, restano soltanto i lavoratori con anzianità fino ad un massimo di due anni, che dalle 4 mensilità di oggi passeranno alle 6 mensilità di domani. Che però non vedranno mai perché basta andare in conciliazione e l’indennità - questa non modificata da Di Maio - ritorna immediatamente a livelli più bassi, fino a due mensilità. Ecco, la grande rivoluzione promessa si traduce in un gioco delle tre carte: molto rumore per nulla. Noi ne siamo consapevoli, per questo abbiamo presentato un emendamento per incrementare l’ammontare dell’indennità che il lavoratore può ricevere in sede di conciliazione. E li che si annida la trappola per i lavoratori. Accetterà Di Maio il nostro emendamento?”.
Lo dichiara il deputato dem Antonio Viscomi della presidenza del Gruppo Pd della Camera