“Se l’Italia uscisse unilateralmente dal progetto Tav gli altri attori coinvolti potrebbero chiedere il risarcimento dei costi già sostenuti. E il conto dei danni per l'Italia ammonterebbe a molto più di due miliardi di euro”. Lo dichiarano Piero De Luca e Raffaella Paita, deputati del Partito democratico, a proposito dell’Alta Velocità Torino-Lione.
“Al riguardo – continuano - ricordiamo che sono stati spesi finora circa 1,2 miliardi di euro per le opere preliminari. Di questi 523 milioni provengono dall'Unione europea e 350 milioni dalla Francia. In caso di blocco dell’opera per una decisione dell’Italia, chi ha impegnato tali risorse potrebbe evidentemente chiederne la restituzione in danno. Oltre a questi eventuali risarcimenti, ci sarebbero però anche altri danni economici da considerare. In particolare, l'Italia perderebbe sia le risorse appostate per il periodo 2016-2020, ma ad oggi non ancora erogate, pari a 694,56 milioni di Euro, che gli 813,8 milioni di finanziamento europeo per il 2014-2019, già stanziati, che dovrebbero restituiti all'Unione a causa di un chiaro vincolo di destinazione. Questo senza contare, infine, un terzo capitolo di spese a cui si dovrebbe far fronte. Pensiamo ai costi per la chiusura dei cantieri esistenti e per la messa in sicurezza degli scavi, oltre a possibili contenziosi con le imprese che hanno già ottenuto l’incarico per i lavori. Insomma, il conto dei danni per l'Italia derivanti dall'interruzione della TAV ammonterebbe a molto più di due miliardi di euro”.
“Se consideriamo che, allo stato attuale, per realizzare l'opera l'Italia deve stanziare e impegnare solo ulteriori 366 milioni di euro - in quanto il resto è già tutto previsto nel bilancio nazionale o in arrivo dall'Unione europea - ci si rende conto dell'assoluta follia ideologica di chi pensa di interrompere la realizzazione di questa infrastruttura strategica per il nostro Paese”, conclude.