“Sono parzialmente soddisfatto perché il sottosegretario Sibilia ci dice che il sito è stato oscurato immediatamente, che il territorio della Lombardia si è attivato nelle ricerche, però purtroppo il problema non è solo lombardo”. Lo ha dichiarato Michele Anzaldi, deputato del Partito democratico, a proposito della risposta del sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia all’interrogazione sul caso dello studente milanese di 14 anni che si è tolto la vita con una corda da arrampicata lo scorso settembre dopo aver visto dei video su “blackout”, o gioco del soffocamento, una sorta di sfida estrema che consisterebbe nello sperimentare una carenza di ossigeno, fin quasi allo svenimento.
“A gennaio – continua - un altro giovane, a Tivoli, era morto con lo stesso gioco. Poi il sito è stato oscurato, ma è stato oscurato perché non si poteva fare altro, oppure si poteva capire chi c'era dietro quel sito, se era in Italia, se non era in Italia? È perseguibile? Se la stessa cosa fosse successo in uno dei tanti bar della nostra città, chi aveva istigato questi giovani in questa pratica insulsa, folle e suicida, sarebbe stato indagato, avrebbe passato dei guai. C'è questo mondo parallelo, ormai abitatissimo, molto più abitato del nostro mondo reale, che è la Rete, dove succede di tutto e nessuno paga, mentre invece nella vita reale basta parcheggiare male la macchina e uno si ritrova in una serie di guai infiniti. Vorrei quindi sensibilizzare il Governo su questo mondo parallelo, dove vivono tutti i nostri giovani e non, che va dal sesso, ai giochi estremi, a suggerimenti su come auto medicarsi o a come prodursi alimenti in casa. Insomma, si va dalla semplice fregatura a cose dove già due ragazzi - per quello che ne sappiamo, per il fatto che i genitori hanno avuto il coraggio di denunciare e andare a frugare nei cellulari o nel computer del loro figlio - sono morti”.
“Quindi, a mio avviso non bastano, come ha detto il sottosegretario, spot o iniziative, ma servono, come avviene nella vita reale, anche dei provvedimenti che vanno al di là della chiusura o delle reprimende. Occorre qualcosa che faccia capire che i rischi per chi si approfitta della rete e dei nostri giovani sono gli stessi che ci sono nella vita reale”, conclude.