• 25/08/2020

Siamo certi che le raccomandazioni, le preoccupazioni e gli impulsi che in questi mesi abbiamo fornito in materia di 5G saranno debitamente tenuti in conto dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio nel corso dell’incontro odierno con il suo omologo della Repubblica Popolare Cinese, Wang Yi. In particolare, anche sulla scorta delle recenti disposizioni legislative varate da governo e parlamento italiano in materia di cybersicurezza e golden power, le pur significative esigenze commerciali e di mercato, che assumono un ruolo fondamentale in una economia aperta come quella europea, non possono prevalere su quelle che attengono alla sicurezza nazionale, ove queste siano messe in pericolo”. Lo scrive in una nota il deputato dem Enrico Borghi, membro del Copasir e della presidenza Pd a Montecitorio.

 

“Le recenti disposizioni legislative cinesi - sottolinea Borghi - che in settori decisivi come la sicurezza nazionale, il controspionaggio, la crittografia e la cybersecurity, obbligano imprese e cittadini cinesi che operano all’estero a fornire tutte le informazioni di cui vengono in possesso alle autorità governative di Pechino, oltre ad essere in evidente contrasto con i principi del nostro ordinamento ci espongono ad un evidente potenziale rischio specifico. E’ chiaro, infatti, che su questa base l’esfiltrazione dei dati è divenuta un obbligo di legge per le aziende e i cittadini che rispondono all'ordinamento alla Repubblica Popolare Cinese, con tutto ciò che ne consegue.  La Cina è un significativo partner commerciale, e contemporaneamente non rientra nel perimetro delle alleanze politiche e militari italiane. Le scelte che l’Italia deve compiere in materia di rivoluzione digitale, intelligenza artificiale e innervamento telematico non possono che essere conseguenti a questo assunto.