Sviluppo

Ddl concretezza: dietro i titoli il nulla

10/04/2019

 

ZERO ASSUNZIONI, NESSUNO SBLOCCO DELLE GRADUATORIE, NESSUNA STABILIZZAZIONE

QUESTO GOVERNO E' UN BLUFF

 

Lo hanno chiamato ddl concretezza, purtroppo però dietro gli slogan propagandistici si nasconde una realtà ben diversa, fatta di misure di scarso o nullo effetto, se non addirittura controproducenti.

Si tratta, nel complesso, di norme episodiche, senza una visione d’insieme che permetta di affrontare i problemi più urgenti del settore, quelli che vanno dal trattamento giuridico ed economico del personale non dirigenziale alle politiche di reclutamento e alla formazione.

 

IL “NUCLEO DELLA CONCRETEZZA”: UN’INUTILE SOVRAPPOSIZIONE DI ORGANISMI

L'articolo 1 del disegno di legge istituisce, presso il Dipartimento della funzione pubblica, un “Nucleo della concretezza”, preposto alla verifica della realizzazione delle azioni concrete per il miglioramento dell’efficienza della pubblica amministrazione, da determinarsi in un apposito Piano triennale.

La prima e immediata osservazione da fare riguarda il fatto che i compiti di questo nuovo organismo appaiono del tutto sovrapponibili a quelli di altri uffici, a cominciare dall’Ispettorato per la funzione pubblica, che in base all’articolo 60 del d.lgs. n.165 del 2001 già “svolge compiti ispettivi vigilando sulla razionale organizzazione delle pubbliche amministrazioni, l’ottimale utilizzazione delle risorse umane, la conformità dell’azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento e l’osservanza delle disposizioni vigenti sul controllo dei costi, dei rendimenti e dei risultati e sulla verifica dei carichi di lavoro”. Il forte rischio è quello di creare, con questa sovrapposizione di organismi, un sistema tutt’altro che innovativo, contraddistinto piuttosto da un vero e proprio groviglio di competenze, ruoli e funzioni.

 

CONTRASTO DELL’ASSENTEISMO: GIUSTO L’OBIETTIVO, SBAGLIATO IL MODO

Non solo in questo provvedimento non c’è traccia di una maggiore “cura” a livello di formazione e motivazione del personale della pubblica amministrazione, nelle cui mani è spesso la vita quotidiana dei cittadini e quella delle imprese che formano il tessuto produttivo del Paese. Al contrario: l'articolo 2 prevede l’introduzione di sistemi di verifica biometrica dell’identità e di videosorveglianza degli accessi – in sostituzione di quelli di rilevazione automatica attualmente in uso – per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche ai fini della verifica dell’osservanza dell’orario di lavoro.

È assolutamente sacrosanto sanzionare i dipendenti che non rispettano orari e regole. Anzi, è persino sbagliato e riduttivo chiamarli, con terminologia giornalistica, “furbetti del cartellino”, perché in realtà si tratta di una truffa a danno dello Stato e dei cittadini, quindi si deve parlare di “truffatori”. Detto ciò, è sbagliato pensare di combattere questo fenomeno odioso e intollerabile sparando nel mucchio, generalizzando, criminalizzando un’intera categoria – parliamo di circa tre milioni di lavoratrici e lavoratori pubblici – come se fosse composta da potenziali “fannulloni”.

L’assenteismo va contrastato con fermezza e richiede sanzioni severe, peraltro già introdotte nella scorsa legislatura. La videosorveglianza e la verifica biometrica – effettuata cioè con apparecchi biometrici che rilevano impronte digitali e iride – sono però strumenti sproporzionati, che sembrano richiamare ambienti disciplinari sottoposti a regole di massima sicurezza e che sono invasivi rispetto all’identità personale di ogni cittadino.

 

ASSUNZIONI: TROPPO POCO, SENZA UN VERO PIANO INNOVATIVO

L'articolo 3 interviene in materia di assunzioni, confermando che a decorrere dal 2019 le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e le agenzie e gli enti pubblici nazionali non economici possono procedere ad assunzioni (a tempo indeterminato) nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa pari al 100 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell’anno precedente.

Viene poi consentito, sempre dal 2019, il cumulo delle risorse, corrispondenti a economie da cessazione del personale già maturate, con riferimento ad un arco temporale non superiore a cinque anni, anziché non superiore a tre anni, come prevede la normativa vigente.

Vengono quindi introdotte, con riferimento al triennio 2019-2021, norme transitorie volte a ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego.

Si tratta, nel complesso, di misure che non fanno fronte al reale fabbisogno di personale delle amministrazioni pubbliche, che come è stato da più parti sottolineato potrebbe aumentare a seguito delle nuove “finestre” di pensionamento anticipato previste da “Quota 100”. E comunque, quale che siano le dimensioni della platea dei lavoratori pubblici in uscita, si può già affermare che questo provvedimento non determinerà nuove assunzioni, per il semplice fatto che lo sblocco totale del turn-over era già stato previsto dai governi precedenti (si veda l’articolo 3 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla legge 11 agosto 2014, n.114), per di più con decorrenza dal 2018.

 

 

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