Economia

Manovra economica ingiusta e inadeguata

19/12/2022

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TRA CAOS E CONTINUI RINVII APPROVATA ALLA CAMERA UNA MANOVRA ECONOMICA CHE PUNISCE I POVERI

E AIUTA GLI EVASORI

 

La Legge di Bilancio per il 2023 approvata alla Camera è profondamente iniqua, accentua i divari già esistenti tra i cittadini e tra i territori, ed è inadeguata alla situazione che sta vivendo il Paese.

La prima Manovra del governo Meloni è del tutto incapace di affrontare l’attuale crisi economica e sociale e di reggere l’impatto dei rischi di recessione, perché è priva di visione e non contiene traccia né di quelle strategie anticicliche ed espansive che servirebbero a rilanciare la nostra economia, né delle riforme profonde di cui hanno bisogno i principali settori della vita del Paese.

Inoltre, nel corso dell’esame parlamentare, si è aggiunto, un atteggiamento di totale arroganza e disprezzo delle regole da parte del governo e della maggioranza.

Tra improvvisazione e inadeguatezza, tentativi spasmodici di trovare un’intesa al proprio interno, errori e cattiva gestione dei lavori con riunioni convocate e disdette un’infinità di volte, si è creata una situazione di caos totale, scarsa sensibilità democratica e nessun rispetto per le opposizioni.

La maggioranza, come ha sottolineato la Presidente del Pd-Idp alla Camera Debora Serracchiani, si è “chiusa in se stessa” e, con una serie di evidenti forzature, non ha permesso una vera discussione in commissione Bilancio.

A questo si aggiunga che per la prima volta il fondo a disposizione del Parlamento per le modifiche alla Manovra è stato ridotto rispetto a quanto inizialmente previsto (da 400 a 200 milioni).

 

“Nel disastro di questa Manovra”, ha osservato il Capogruppo del Pd-Idp in Commissione Bilancio Ubaldo Pagano, “le buone notizie arrivano solo grazie al lavoro delle opposizioni”: i pochi miglioramenti che si sono resi possibili sono arrivati, infatti, prevalentemente dagli emendamenti presentati dai deputati Pd-Idp, a proposito dei quali si è peraltro assistito al grave tentativo del governo di impossessarsene, ripresentandoli pressoché uguali dopo averli bocciati in modo pregiudiziale o accantonati senza mai votarli.

È grazie a noi che viene prorogato al 31 dicembre 2023 il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno e nelle Zone economiche speciali (Zes) e il credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo per il Sud, che nella Manovra approvata dal Consiglio dei Ministri era scomparso.

Ed è sempre grazie al nostro impegno che aumenterà la cosiddetta quota premiale del Fondo sanitario nazionale, vale a dire la quota di maggior finanziamento che le Regioni più virtuose possono ottenere rispettando alcuni adempimenti.

O ancora, per fare altri due soli esempi, sono nostri l’emendamento che consente di prorogare i termini per la stabilizzazione del personale sanitario assunto durante l’emergenza della pandemia e quello che introduce il “reddito alimentare” da destinare a chi si trova in condizioni di povertà assoluta.

Al di là di questi risultati, a dominare è un grande marasma, che ha confermato quel che già era chiaro: un conto è fare facili e demagogiche promesse in campagna elettorale e un altro è governare.

 

Sono proprio questi conti con la realtà che hanno portato il governo a scendere a più miti consigli e lo hanno costretto a fare una clamorosa retromarcia rispetto a diverse misure scomparse o corrette nel testo finale su cui è stata posta la fiducia.

Il caso più evidente, con il Partito democratico a evidenziare immediatamente la sua contrarietà e con la Commissione europea a sottolineare – dopo anche la Banca d’Italia – perplessità e rilievi legati agli obiettivi del PNRR riguardanti la lotta all’evasione fiscale, è quello della norma “anti Pos” che aboliva le sanzioni per chi avesse rifiutato di accettare pagamenti elettronici sotto i 60 euro. E a proposito di improvvisazione e di scarsa visione, colpiscono le parole con cui la premier Meloni ha commentato il dietrofront dopo aver sottolineato per settimane quanto fosse fondamentale questa misura per sgravare gli esercenti dal peso delle commissioni bancarie: “ci inventeremo un altro modo”.

Modo che peraltro era già pronto, se solo la maggioranza non avesse respinto un emendamento del Pd-Idp che prevedeva ristori ai commercianti tramite credito d’imposta al 100 per cento sui pagamenti elettronici.

Ritirata anche sulle sanzioni, almeno per quanto concerne le multe dei Comuni: troppo grave la situazione di molti bilanci locali per non prenderne atto ed accettare di cancellare solo interessi e spese accessorie, ma non le sanzioni stesse.

Marcia indietro, se non rispetto alla prima versione della Legge di Bilancio, di certo rispetto a quanto promesso più volte in precedenza, è stata fatta sulle pensioni minime, alzate di pochissimo, a 600 euro, solo per chi ha più di 75 anni e solo per il 2023, poi chissà.

Per il resto, le altre modifiche intervenute sono, quando non dannose, quanto meno irrisorie e scarsamente incisive, dallo sconto contributivo per i neo assunti che sale solamente da 6 a 8 mila euro, al taglio del cuneo fiscale di tre punti percentuali che arriva fino ai 25 mila euro di reddito e non più ai 20 mila, comunque solo per un anno e nettamente insufficiente rispetto alla perdita del potere d’acquisto di salari e stipendi.

Con il Reddito di cittadinanza ulteriormente ridotto a 7 mesi rispetto agli 8 precedenti e poi semplicemente abolito, senza che nulla venga detto su come verrà sostituito. Con la conferma del taglio dell’adeguamento all’inflazione di una larga fascia di pensioni del ceto medio.

Con la stretta su Opzione donna che viene anch’essa improvvidamente confermata, esempio più evidente di come questa sia una manovra che riguardo alle donne ha un segno regressivo, discriminando tra madri e non madri e non tutelando la qualità del lavoro femminile. Con la App 18 praticamente svuotata e con l’intero settore della cultura ed i lavoratori dello spettacolo letteralmente dimenticati: solo grazie ad un emendamento Pd-Idp sono state incrementate le risorse per l’indennità di discontinuità a loro favore.

 

E se a tutto questo aggiungiamo che nessuna chiarezza viene fatta sul futuro del PNRR, che non ci sono risorse aggiuntive per gli investimenti pubblici e che nella Manovra non c’è la minima traccia o una sola semplice indicazione in prospettiva di una riforma che sia una, non è difficile concludere, purtroppo, che il risultato finale di questo insieme di incapacità e improvvisazione, errori e passività, rischia davvero di essere un Paese che va indietro.

 

 

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