Economia

Un decreto Superbonus che fa male a famiglie e imprese

22/05/2024

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MELONI E GIORGETTI INCAPACI DI GESTIRE IN MANIERA ORDINATA LA RIMODULAZIONE DEGLI INCENTIVI

 

Il cosiddetto decreto Superbonus, dl n. 39 del 2024, è stato approvato dal Senato il 16 maggio e ora dalla Camera, il 23 maggio, con l’ennesimo voto di fiducia.

In base alla versione finale dell’emendamento con cui il Governo è intervenuto sul suo stesso provvedimento – con uno scontro nemmeno sotterraneo, ma esplicito, all’interno della maggioranza – è stata espressamente disposta la “spalmatura” su dieci anni delle “spese sostenute a partire dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, con un intervento retroattivo, a partire dal 1° gennaio 2024, riguardante appunto il “Superbonus” (diviso finora in quattro rate), il “bonus barriere architettoniche” e il “sismabonus” (entrambi finora in cinque rate).

Per tutti questi sconti fiscali, le detrazioni dal 2024 in futuro saranno insomma decennali.

E va sottolineato che mentre l’allungamento dei tempi da quattro-cinque anni a dieci anni non toccherà le imprese e le banche che hanno acquistato i crediti fiscali, ad essere colpiti saranno i contribuenti che li utilizzano direttamente nelle loro dichiarazioni dei redditi senza averli mai ceduti.

Insieme a questo fatto di aver sganciato il destino delle detrazioni (normalmente usate dai titolari dei lavori) da quello dei crediti fiscali (ceduti invece a imprese e intermediari), l’aspetto grave è aver introdotto una norma retroattiva di questa portata, calpestando uno dei principali principi costitutivi del patto tra Stato e cittadini.

Quello della retroattività è un vulnus che ferisce a morte il principio fondamentale del legittimo affidamento.

Quando peraltro proprio i cittadini, e le imprese, da tempo non hanno fatto altro che chiedere regole certe e stabili per gestire nel modo migliore l’uscita dal “bonus” del 110 per cento. Una misura, va ricordato, che fu introdotta nel 2020 come strumento di leva economica e finanziaria per sostenere il cruciale settore edilizio e sollevare l’Italia da una fase difficilissima, che fu portata avanti nel 2022 dal Governo Draghi con il pieno sostegno – e persino la richiesta di renderla strutturale – di forze che oggi fanno parte della maggioranza e che è stata prorogata per un anno e mezzo dall’attuale Governo.

Governo che con questo provvedimento pone gran parte dell’onere del blocco del “Superbonus” sulle famiglie e introduce misure che rendono ancora più complicata la gestione dell’incentivo, con ricadute pesanti sull’andamento dei lavori.

Nonostante i proclami, non si è saputo gestire l’esplosione della spesa legata alle misure di incentivo fiscale, arrivata nell’ultimo anno a 122 miliardi di euro: anziché porre un argine, il governo ha creato il disordine e fatto schizzare i conti pubblici.

In questi diciotto mesi la Premier Meloni e il Ministro Giorgetti non sono riusciti a gestire in modo ordinato ed efficace il riordino degli incentivi per la riqualificazione degli edifici, non sono stati in grado di immaginare una exit strategy che portasse a rivedere anche in profondità la misura con tempi e modi tali, però, da non arrecare danni gravi a famiglie ed imprese.