“L’Ufficio di Presidenza della Camera su proposta del questore di Fratelli d’Italia ha deliberato la costituzione di una società in house in luogo degli appalti esterni, previ bandi pubblici, che fino ad ora hanno regolato alcune delle attività di servizio necessarie per il funzionamento materiale dell’istituzione. Avevamo proposto di provvedere ad innalzare gli stipendi degli addetti attraverso i mezzi previsti dalla scrittura degli appalti, quali il quinto d’obbligo. Avevamo anche proposto di vincolare la decisione all’esito di una due diligence - come avverrebbe in qualunque altro contesto. Entrambe le proposte sono state rigettate.
La decisione è stata assunta a maggioranza, con il voto contrario del Pd e di altri rappresentanti dell’opposizione, senza che siano stati approfonditi alcuni aspetti dirimenti segnalati anche nello studio di fattibilità confezionato dalla Ernst&Young, la società scelta dal collegio dei Questori. Nello studio infatti non c’è alcun riferimento alle tipologie di contratto che verranno applicate ai lavoratori e nella stima dei costi del direttore generale e dell’amministratore unico c’è da un lato una sottovalutazione evidente, dall’altro una casella vuota.
Il nostro voto contrario è stato dettato anche dalla necessità di tutela per i lavoratori che attualmente prestano il loro servizio alla Camera attraverso le società assegnatarie degli appalti.
Infatti manca nello studio di fattibilità una analisi approfondita e dettagliata dei costi e della ripartizione delle spese. Al tempo stesso non sono stati previsti i costi di manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti e dei mezzi necessari per garantire il funzionamento delle attività da assegnare alla società in house. Dati non trascurabili per una attenta valutazione economica visto che c’è il fondato rischio che i costi per garantire le attività che oggi sono appaltate potrebbero essere notevolmente superiori a quelli oggi previsti nel bilancio della Camera. E allora dov’è la convenienza di costituire una società in house che dovrebbe avere tra le sue fondamentali prerogative quella di garantire un risparmio economico per l’ente istituzionale? Cosa dirà in quel caso la Corte dei Conti che, come avviene per i Comuni, nello svolgere l’attività di controllo, compresi la giurisdizione sulle competenze e sui limiti funzionali, si troverà a sanzionare per eventuale danno erariale l’amministrazione della Camera?
Che vi saranno perdite è una solida probabilità visto che è stata prevista già una riserva gestionale qualora i conti non tornino.
Considerato che la Camera non potrà intervenire sulle perdite della società in house, la conseguenza non potrà che essere il taglio dei costi e del personale assunto. Ed è questa la nostra principale preoccupazione.
Chi garantirà lavoratori e lavoratrici, in particolare quelli non a tempo pieno, che oggi svolgono la loro attività alla Camera in forza di un contratto di appalto, quando si tratterà di razionalizzare le spese individuando solo la manodopera necessaria?
Per tutte queste ragioni quando la società nascerà chiederemo almeno che vi sia una verifica in Ufficio di Presidenza trimestrale dei costi sostenuti per evitare che si consumi nel silenzio un eventuale percorso negativo. Non vorremmo che la Camera si trovasse tra qualche anno a dover prendere la decisione di dover chiudere la società in house, a licenziare decine e decine di persone e a rispondere del danno erariale”.
Lo dichiarano i deputati democratici Anna Ascani (vice presidente della Camera)e Stefano Vaccari (segretario di presidenza della Camera).