Sbagliato separare turismo da cultura
“L’Anno dei cammini, l’Anno dei Borghi, del Cibo italiano, la Capitale italiana della cultura: tutto smontato per un capriccio. Il turismo con l’agricoltura è un caso unico al mondo, se dovevate farlo, potevate metterlo da solo”. Così l’ex ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini (Pd), intervenendo in Aulla alla Camera dov’era in corso l’esame del disegno legge di conversione in legge del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali.
Da ex ministro, spiega, “mi ero ripromesso di non intervenire, ma oggi è difficile tacere, perché questo Parlamento cambia una scelta fatta dalla stessa Aula cinque anni fa con larga condivisione, quando si scelse di mettere insieme cultura e turismo, mettendo così fine al peregrinare delle competenze del turismo che sono state una delle regioni della debolezza delle politiche del settore negli anni”.
“Si è fatta una scelta permanente di unire in Italia cultura e turismo. Un percorso lungo che ha richiesto oltre due anni. Una scelta condivisa con le regioni italiane al di là del colore politico. Una scelta che ha portato a elaborare in un percorso condiviso con tutti gli attori il Piano strategico del turismo, e che ha portato a scrivere per i prossimi cinque anni le scelte strategiche del nostro paese in un settore centrale come quello del turismo. E sono arrivati i risultati”.
Il turismo, spiega Franceschini, “è cresciuto enormemente negli scorsi anni e crescerà ancora. L’Italia è la prima meta desiderata di viaggio per tutti i turismi del mondo. Perché mettere insieme cultura e turismo non c’è neanche bisogno di spiegarlo in Italia. La cultura è il valore aggiunto che possiamo mettere nella competizione globale in ogni tipo di turismo”.
“Nessuno nel mondo ha la possibilità di legare ad altri tipi di turismo un patrimonio culturale che rende enormemente più competitivo qualsiasi tipo di turismo nel nostro paese rispetto alla concorrenza internazionale. Si è cercato di fare scelte coerenti che sono profondamente legate: se nei nostri musei statali i visitatori sono passati dai 38 ai 50 milioni, questo serve non solo alla cultura ma anche al turismo di quelle città”, ha concluso Franceschini.
“Assecondare una prepotenza, un capriccio senza una ragione logica, va contro un principio fondamentale: non si gioca con le istituzioni e non si gioca con un settore centrale dell’economia italiana nei prossimi decenni”.