“Con questo governo distratto e superficiale anche le norme di buon senso vengono respinte. La geotermia è una fonte pulita a basso costo e può rappresentare un elemento di competitività se venisse utilizzata per alimentare le industrie dei territori, soprattutto quelle siderurgiche fortemente energivore. Mi riferisco in particolare alla opportunità di realizzare un termodotto in Toscana che possa contribuire al rilancio del polo siderurgico di Piombino, fondamentale non solo a livello territoriale (dove sono coinvolti oltre 1300 lavoratori) ma per l’intera industria nazionale. In tale direzione avevo anche proposto, proprio in virtù delle nuove tecnologie di sfruttamento, un nuovo ed approfondito studio sulle attuali potenzialità della geotermia su tutto il territorio nazionale per il fabbisogno energetico dell’industria pesante. Purtroppo, la destra ha bocciato ogni iniziativa: evidentemente ignora che in Toscana, nei prossimi anni, quasi il 50 per cento dell’energia che serve alla regione sarà prodotta dalle locali centrali geotermiche”. E’ quanto dichiara il capogruppo Pd in Commissione Ambiente della Camera Marco Simiani sul suo ordine del giorno al Decreto Ilva respinto dall’Aula di Montecitorio.
“La presidente Meloni e il suo governo si sono dimenticati che Ilva ha causato l'inquinamento della catena alimentare nel tarantino con conseguenze permanenti su uomini, animali e piante. Questo provvedimento non è certo un buon viatico per il futuro dell'Ilva: da un lato si continua a ridurre le risorse al cosiddetto patrimonio destinato all'ambientalizzazione e dall'altro si permette il protrarsi del ciclo di inquinamento”. Così il deputato dem pugliese Claudio Michele Stefanazzi intervenendo in Aula di Montecitorio sul nuovo decreto ex-Ilva.
“Incurante della salute dei cittadini – continua il parlamentare PD - il governo ci conferma che la produzione di acciaio, anche con impianti obsoleti, deve andare avanti per far sì che il nuovo acquirente possa comprare l'Ilva alle condizioni migliori dal punto di vista industriale, indipendentemente dal fatto che la fabbrica possa interrompere il ciclo di inquinamento ambientale che è arrivato fino alla catena alimentare”. “In questo momento Ilva è interessata da una nuova operazione di compravendita e tutti ci auguriamo che il lieto fine non sia solo la firma sul contratto d'acquisto ma che il nuovo acquirente dia garanzie certe e sia in grado di investire sulla transizione ambientale per la produzione dell'acciaio a Taranto”, conclude Stefanazzi.
Coinvolgere territorio e avviare decarbonizzazione
“La bocciatura da parte dell’Istituto Superiore di Sanità della Vis presentata dai commissari AdI dimostra che con il ciclo integrale non si raggiungeranno mai gli obiettivi di sostenibilità ambientale e di salvaguardia della salute. Continuare ad autorizzare una produzione di questa portata avrà la sola conseguenza di fornire al nuovo acquirente un ottimo alibi per non avviare nemmeno gli investimenti per la decarbonizzazione”.
Così Ubaldo Pagano, capogruppo in commissione Bilancio alla Camera e deputato pugliese del Partito Democratico.
“Per quanto riguarda i profili ambientali e di salute - aggiunge - ribadiamo l’importanza di non slegare procedimenti come Vis e Vds dagli interessi del territorio. È per questo motivo che con i nostri emendamenti all’ultimo decreto Ilva chiediamo che ci sia il coinvolgimento di autorità come Ispra, Arpa e Asl nella valutazione del danno prodotto da determinati livelli produttivi. Credere che l’acciaieria sia solo una ‘questione di Stato’ vuol dire tornare al tempo in cui la città di Taranto, il territorio e la sua comunità devono pagare da soli il prezzo enorme di un interesse nazionale. Questo - conclude - non dobbiamo permetterlo”.
“La gestione delle crisi industriali del governo Meloni è nulla. Questo immobilismo inconcludente ha coinvolto anche l’acciaio, un settore fondamentale per il nostro paese che continua ad essere penalizzato: dopo il disastro dell’Ilva infatti l’inerzia della destra sta compromettendo anche il rilancio del polo produttivo di Piombino. Si tratta non solo di un problema di fondamentale rilevanza per il territorio, dal punto di vista economico, occupazionale e sociale, ma di importanza nazionale per l’intera filiera siderurgica. Il braccio di ferro sulle concessioni demaniali tra Jsw e Metinvest continua da mesi, con annunci di accordi da parte del Ministero delle Imprese, poi puntualmente smentiti dai fatti. Una situazione incomprensibile nella quale il ministero è semplice spettatore di due soggetti industriali privati che sono a dividersi aree pubbliche senza un indirizzo pubblico sul processo di re industrializzazione e senza alcuna garanzia per i 1350 operai attualmente occupati da JSW. E’ quindi urgente che il Ministro Urso venga in Parlamento a spiegare realmente come stanno le cose e per dare risposte concrete: in particolare quali azioni intenda mettere in campo per rilanciare il polo industriale, compatibilmente con la sostenibilità ambientale della produzione, garantendo gli attuali livelli occupazionali”. Così i capigruppo Pd in Commissione Ambiente e Attività Produttive Marco Simiani e Vinicio Peluffo.
“Anche se, con una decisione molto discutibile, la sentenza è stata annullata, la verità emersa dal processo “Ambiente svenduto” è incontestabile.”
Così Ubaldo Pagano, deputato pugliese del Partito Democratico.
“Innanzitutto, ci auguriamo che il provvedimento della Corte d’assise d’appello di Lecce venga impugnato e che sul punto si esprima anche la Cassazione. Non soltanto per evitare che il processo si rifaccia daccapo e che intervenga la prescrizione per alcuni degli imputati ritenuti responsabili di reati gravissimi. Ma anche perché se dovesse passare definitivamente il principio fatto valere in secondo grado, si creerebbe un precedente pericoloso per tutti i processi in materia di reati ambientali gravi. Ciò che è importante ribadire anche in questo momento di generale scoramento - continua Pagano - è che questa vicenda non può e non dovrà incidere sul destino dell’ex Ilva. I danni mortali provocati dall’inquinamento dell’acciaieria non sono né un ricordo sbiadito, né un falso storico, ma il punto di partenza per garantire a Taranto un futuro diverso”.
“Vorrei abbracciare idealmente il popolo del Venezuela, così tanto vicino all’Italia grazie a grandi e profondi vincoli di sangue, auspicando elezioni libere e democratiche per questa prossima domenica. Faccio mio l’appello del presidente del Brasile nonché leader del più grande Paese latino-americano, Luis Inacio Lula da Silva: ‘Se Maduro vuole contribuire alla crescita del Venezuela deve rispettare il processo democratico'. È anche il nostro auspicio, di tutti coloro che hanno a cuore il futuro della democrazia nel mondo e ovviamente di quanti vogliono bene a questo grande e bellissimo Paese e ai tantissimi nostri connazionali lì residenti. Per questo motivo domenica in Venezuela non saremo di fronte ad una semplice consultazione elettorale tra schieramenti opposti (come è normale e giusto che sia in tutte le democrazie). No, il popolo venezuelano voterà per ristabilire una democrazia piena, nel pieno rispetto dei diritti umani e civili, e noi siamo dalla parte del diritto e della democrazia, sempre e dovunque!”.
Così il deputato democratico eletto in Sudamerica, Fabio Porta, intervenendo nell’Aula di Montecitorio.
“E’ proprio il caso di dire che non c’è limite al peggio. Il governo Meloni, completamente a corto di risorse, sta per togliere 150 milioni di euro dal cosiddetto ‘patrimonio destinato’ per tappare i buchi della nuova gestione commissariale. Che detto in soldoni vuol dire togliere le risorse sequestrate ai Riva e destinate alle bonifiche da farsi per recuperare un territorio sacrificato sull’altare di una produzione altamente dannosa per l’ambiente e la salute dei cittadini tarantini, per consentire la prosecuzione dell’attività industriale in una fabbrica che versa in condizioni pietose e di cui non conosciamo ancora i progetti futuri, sempre che davvero ve ne siano. Questo colpo di mano di Urso e Meloni, con un articolo infilato in sordina in un decreto che non c’entra assolutamente nulla con l’ex Ilva, ci conferma che a questo governo non frega nulla né di Taranto, né dei tarantini. La loro priorità, è evidente, sarà sempre quella di assicurare la produzione d’acciaio senza alcuna considerazione del diritto costituzionale ad un ambiente sano. La comunità martoriata di Taranto ha pagato già un prezzo altissimo ed i soldi sequestrati ai Riva servivano a risarcirla”.
Così Ubaldo Pagano, deputato pugliese e capogruppo PD in commissione Bilancio.
È stato approvato il nostro ordine del giorno che impegna il governo ad intervenire per assicurare che Acciaierie d'Italia riprenda gli ordini nei confronti di Sanac, ponendo fine alla situazione di cassa integrazione in cui versano centinaia di lavoratori.
Sanac s.p.a. è una società attiva nel settore della estrazione, produzione e commercializzazione di materie prime e materiali refrattari ed è indirettamente controllata da Ilva s.p.a., società in amministrazione straordinaria; l'azienda, operante con quattro stabilimenti in Sardegna, Toscana, Piemonte e Liguria, riforniva di materiali refrattari gli impianti dell'ex Ilva ed è partecipata dallo Stato tramite Invitalia. Acciaierie d'Italia, però, da tempo si rifornisce all'estero e i lavoratori della Sanac, pur in grado di produrre quanto necessario, sono costretti alla cassa integrazione (nel solo stabilimento di Vado si tratta di 80 lavoratori). Chiediamo al governo, insieme alle diverse sigle sindacali dei lavoratori, che si attivi per vincolare Acciaierie d'Italia alla ripresa degli ordini nei confronti di Sanac.
Così i deputati del Pd Marco Simiani, Emiliano Fossi, Andrea Orlando, Federico Fornaro e Silvio Lai.
Ottima notizia per la Sardegna, può terminare rapidamente la CIG.
Con voto unanime della Camera è stato approvato un odg al decreto ILVA che impegna il Governo ad assicurare che Acciaierie d'Italia riprenda gli ordini nei confronti di Sanac, ponendo fine alla situazione di cassa integrazione in cui versano centinaia di lavoratori. “Si tratta di una iniziativa del Pd a prima firma Simiani e Fossi che riporta speranza anche ai lavoratori che SANAC impegna in Sardegna e che oggi sono in cassa integrazione come tutte le aziende che collaborano con la ex ILVA” cosi Silvio Lai e Marco Meloni, parlamentari sardi del PD sulla vicenda SANAC. “Con questo decreto il Governo sta assumendo decisioni che potevano essere assunte già 6 mesi fa senza far acuire la crisi aziendale che era palese per Acciaierie d’Italia e le cui soluzioni erano altrettanto chiare quanto obbligatorie. Questo ha non solo causato un ritardo sul sistema industriale che dipende da Taranto, indotto compreso, ma anche per quello presente in altre regioni italiane tra cui la Sardegna, e ha generato sofferenze inutili ai lavoratori in cassa integrazione e non” proseguono i parlamentari Dem. “Acciaierie d’Italia nel frattempo ha danneggiato le imprese dell’indotto tra cui SANAC , scegliendo di approvvigionarsi all’estero. Con questo odg il Governo, che gestisce ora Acciaierie d’Italia attraverso Invitalia, deve vincolare l’azienda a riprendere gli ordini nei confronti di SANAC ponendo fine alla cassa integrazione di centinaia di lavoratori in Sardegna.“ concludono Lai e Meloni.
Questo decreto legge è il tredicesimo da 11 anni a questa parte a testimonianza dell'importanza strategica dello stabilimento di Taranto e nasce almeno nelle intenzioni del governo con l'obiettivo di determinare la continuità produttiva dello stabilimento e tutelare quindi non soltanto la produzione, ma anche le lavoratrici e i lavoratori, l’indotto, l'ambiente e la salute dei cittadini. Ecco questi obiettivi hanno e avranno sempre il pieno sostegno del Partito Democratico. Il problema però è che se guardiamo all'ultimo anno e mezzo abbiamo assistito agli effetti di un pessimo combinato disposto formato dal progressivo disimpegno di Arcelor Mittal che a Taranto ha quasi del tutto rallentato fino a fermarsi, mentre in altre realtà all'estero invece ha corso e dall’atteggiamento ondivago di questo governo con due diverse linee. Da una parte il ministro Urso commissariato nella gestione del dossier ex Ilva dal ministro Fitto, che lo scorso maggio ha avviato con il socio privato una trattativa che non ha portato a nulla se non a un memorandum di cui non abbiamo mai conosciuto termini e condizioni.
La questione che noi abbiamo a cuore in questo momento segnalare è rappresentata da due punti decisivi, su cui a nostro avviso è fondamentale che questo provvedimento offra una risposta.
Il primo è la questione dei creditori dell'indotto che devono essere pagati subito perché devono pagare i contributi per la metà del mese di marzo e hanno crediti per più di 130 milioni di euro. È una questione che non può essere ignorata. La risposta deve essere chiara e immediata. La seconda riguarda il piano di decarbonizzazione che deve essere parte integrante del Piano industriale. Non ci può essere un'altra soluzione perché significherebbe rimettere la città e le persone di fronte a quell’ignobile ricatto tra il posto di lavoro e un ambiente sano dove vivere. Quindi noi chiediamo che questo provvedimento si esprima chiaramente sul processo di decarbonizzazione nell'ambito del nuovo piano industriale.
Così Andrea Casu, della presidenza del gruppo PD alla Camera, intervenendo in Aula.
“Sulla produzione nazionale di acciaio si sta consumando l’ultima disfatta del governo Meloni. Va assolutamente scongiurato che il drammatico flop dell’Ilva non si replichi anche a Piombino. Sarebbe un disastro non solo per il territorio toscano ma per il fondamentale settore siderurgico e per l’intera filiera industriale del paese”.
Lo dichiarano i deputati Pd, Marco Simiani, Vinicio Peluffo, Laura Boldrini e Christian Di Sanzo, a seguito della discussione alla Camera dell’interrogazione Pd sul futuro degli stabilimenti di Piombino.
“Ad oggi - aggiungono - dopo mesi di annunci e promesse, per quanto riguarda lo stabilimento Jsw di Piombino non ci sono novità, né sul piano di rilancio industriale, né sulla messa in sicurezza di alcune aree, né sul futuro di 1.400 lavoratori, a cui scadrà tra dieci mesi la cassa integrazione. In questo quadro desolante, l’unica notizia che conforta è l’accordo raggiunto con il gruppo siderurgico Danieli-Metinvest sul quale è però d’obbligo vigilare per evitare altri flop”.
Fiom FIM e Uilm hanno dovuto minacciare autoconvocazione per essere ricevuti”
La convocazione da parte del Governo dei sindacati metalmeccanici sulla vertenza ex Ilva è un atto dovuto. È singolare che Fiom FIM e Uilm abbiano dovuto minacciare l’autoconvocazione per essere ricevuti e ascoltati. Ancora una volta Meloni e Urso dimostrano una scarsa sensibilità nelle relazioni industriali in un paese che rischia di perdere un settore strategico come l’acciaio.
Così il capogruppo del Pd in commissione Lavoro della Camera, Arturo Scotto.
“L’annuncio di Fiom FIM Uilm dell’autoconvocazione a Palazzo Chigi e’ clamorosa. Non era mai accaduto che un Governo non rispondesse a una richiesta di incontro promossa dai sindacati sull’emergenza Ex Ilva. Con 20000 posti di lavoro a rischio e il rischio della fine dell’acciaio in Italia. Siamo davanti a un atto di diserzione di Palazzo Chigi davanti alla difesa degli interessi strategici dell’industria di questo paese. Meloni e Urso non scappino dalle loro responsabilità e convochino immediatamente il tavolo”. Così il capogruppo del Pd in commissione lavoro della Camera, Arturo Scotto.
"L’ultima uscita del Ministro Urso su Acciaierie d’Italia aggiunge ulteriore inquietudine e timori in una situazione che ormai è già oltre il livello di allarme. Se c’è qualcosa di cui il Ministro è a conoscenza e che mette in pericolo la sicurezza dei lavoratori e degli impianti sarebbe utile che lo dica con chiarezza. Come sappiamo, una sentenza della Corte Costituzionale stabilisce che l'ex Ilva è un asset che rientra nell’ambito della sicurezza nazionale la cui tutela è in capo ai soggetti istituzionali, dunque al Ministro. Sarebbe utile capire che cosa si sta muovendo in questi giorni e che cosa stia facendo il ministro per mettere in atto tutte le tutele necessarie per garantire l’incolumità dei lavoratori, la sicurezza e l’integrità degli impianti e la continuità produttiva, che non può essere delegata a terzi". Così il deputato Vinicio Peluffo, capogruppo Pd in Commissione Attività produttive alla Camera.
“ La telenovela sull’ex Ilva deve finire al più presto Il Governo deve assumersi fino in fondo le proprie responsabilità mettendo nuove risorse e diventare azionista di maggioranza, come da tempo chiedono i sindacati.
Il socio privato ha confermato purtroppo tutti i timori e i dubbi presenti fin all’inizio e di non essere interessato al futuro di Acciaierie Italia.
Il Governo ha il dovere garantire un futuro all’azienda, ai lavoratori e al più grande gruppo siderurgico italiano con impianti produttivi a Taranto, Genova e Novi Ligure), garantendo un piano di investimenti e la prosecuzione del risanamento dell’area tarantina.
Il tempo è scaduto e ogni giorno che passa dal ritorno dell’azienda in mani statali aumenta il rischio di attraversare il confine del non ritorno e della chiusura delle produzioni”.
Lo scrive in una nota Federico Fornaro, dell’ufficio di presidenza del gruppo PD alla Camera.
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