“La manovra del governo della destra è contro il Sud. Nella Legge di bilancio c’è una totale assenza di misure e politiche per il Mezzogiorno”. Così il Gruppo Pd che ha depositato alla Camera una mozione che invece mette al centro lo sviluppo e il rilancio del Sud.
L’iniziativa parlamentare impegna in particolare il governo: a sostenere il negoziato in sede Ue per la fiscalità di vantaggio sul lavoro e a rilanciare le misure di politica industriale regionale, a partire dalla decontribuzione per gli investimenti e dagli incentivi fiscali delle aree Zes; a incrementare le risorse contro il dissesto idrogeologico e per la transizione ecologica; a sbloccare l’erogazione dei 22 miliardi del Fondo sviluppo e coesione; a garantire il rispetto della quota Sud del 40% del Pnrr, sostenendo gli enti territoriali con le competenze necessarie; a determinare i livelli essenziali delle prestazioni, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, come previsto dalla Costituzione, a prescindere dalla realizzazione dell'autonomia differenziata, assicurando il pieno coinvolgimento del Parlamento e la previsione delle risorse necessarie a colmare i divari di cittadinanza che dividono il Paese.
“Il governo si fermi e cambi rotta - aggiunge il vice segretario del Partito Democratico, Peppe Provenzano, e primo firmatario della mozione - Di tutte le misure necessarie per contenere l’impatto della crisi nel Mezzogiorno e promuovere la ripartenza dell’area nella manovra non c’è traccia. E lo smantellamento del ministero per il Sud è la conferma di questa assoluta mancata di attenzione della destra”. Il vicepresidente dei deputati dem, Piero De Luca, annunciando anche un apposito pacchetto di emendamenti sul Mezzogiorno alla Legge di Bilancio, per accompagnare l’iniziativa del Gruppo, ha rimarcato la forte preoccupazione per l'azione del Governo considerato che “al vuoto drammatico di proposte per il Sud nella manovra, si affianca la proposta incostituzionale di autonomia differenziata avanzata nei giorni scorsi dal ministro Calderoli, che aumenterebbe i divari e le diseguaglianze territoriali ai danni del Meridione”.
Dichiarazione di Debora Serracchiani, presidente gruppo Pd e Federico Gianassi capogruppo Pd in commissione Giustizia.
Siamo preoccupati per l’impostazione data dal ministro Nordio nel tracciare stamane in commissione alla Camera le linee programmatiche del suo ministero.
In particolare, dal ministro sono emerse tante contraddizioni e posizioni che reputiamo divisive e che rischiano di fare della giustizia solo un terreno di scontro. Il rischio è di tornare indietro negli anni, quando invece la giustizia ha bisogno di guardare al futuro con capacità innovativa valorizzando quanto è stato fatto con le riforma Cartabia. Anche stamane il ministro della Giustizia ha ribadito di essere contro l’ampliamento della sfera penale, che l’esecuzione della pena non può essere solo in carcere e che devono essere limitate le intercettazioni. Osserviamo però che il primo provvedimento, il cosiddetto decreto rave, crea un nuovo reato, prevede il carcere e l’uso delle intercettazioni. Una contraddizione totale, tanto da creare fibrillazioni nella stessa maggioranza, come dimostrano i tanti emendamenti presentati da Forza Italia.
Nordio sembra mosso prevalentemente dal desiderio di introdurre temi identitari, come la separazione delle carriere, l’attacco alle intercettazioni, il superamento dell’obbligatorietà dell’azione penale. Eppure, non sono stati citati i tanti passi in avanti fatti nella scorsa legislatura con la riforma Cartabia su questi temi. L’attacco alle intercettazioni sembra rivolto più allo strumento, che alle violazioni della norma. Troviamo in definitiva pericoloso, come fa Nordio, alimentare un terreno di scontro.
Apprezziamo invece l’impegno a non rinviare l’entrata in vigore della riforma Cartabia, a cui sono collegate le risorse del PNRR. Come Pd saremo inflessibili e garanti dell’applicazione di quella riforma e lavoreremo per mobilitare le migliori energie del Paese e delle diverse anime della giurisdizione contro culture e approcci divisivi perché la giustizia non sia terreno di scontro ma occasione di sviluppo e potenziamento della qualità della nostra democrazia.
La destra continua a mettere in pericolo l'attuazione del Pnrr, un Piano straordinario di investimenti e riforme strategiche per il Paese. Il governo oggi propone, infatti, una norma confusa e pasticciata che affida al servizio centrale per il Pnrr, incardinato presso il ministero dell’Economia, l’attività di supporto all’altro ministero al quale è stata affidata dalla presidente Meloni la gestione del Recovery, cioè il ministero delle Politiche Ue. Tutto senza che vengano specificate funzioni e competenze del servizio stesso. Nè come questo impatterà sull’attuazione efficace e tempestiva del Pnrr. Chiediamo al governo di riferire con urgenza al Parlamento per spiegare al Paese lo stato di attuazione del Pnrr e quale sia la sua posizione rispetto a questo programma di investimenti straordinario, che per noi deve essere attuato quanto più rapidamente possibile e non deve essere in alcun modo frenato o insabbiato. Il Governo ha il dovere di rispondere e di chiarire le sue reali intenzioni. Ribadiamo però che allentare o bloccare il Piano di ripresa e resilienza produce un danno irreparabile al Paese. Noi ci opporremo con forza."
Lo ha detto il vicecapogruppo dei deputati del Pd Piero De Luca, intervenendo in Aula.
“Votare contro il Ministero per l'innovazione e la transizione digitale significa votare contro l'interesse del Paese. Oggi la maggioranza ha respinto il nostro Ordine del Giorno”. Lo ha scritto su twitter il deputato del Pd, Andrea Casu, intervenuto in Aula sul dl Ministeri.
“Non riusciamo a comprendere la scelta di rinunciare - ha spiegato Casu in Aula - a indicare chiaramente un Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale proprio nel momento in cui il Paese si trova a gestire le risorse del PNRR, tenuto conto che proprio larga parte di tali fondi, (40,29mld di euro ovvero il 21,05 del totale del Piano, fonte Italia Domani) è destinato alla digitalizzazione del Paese”.
“Considerato che l’Italia è il Paese europeo, nel quadro di Next Generation EU, ad aver previsto di investire maggiori risorse per la digitalizzazione, questa decisione appare in totale controtendenza con il quadro dei Paesi europei che hanno destinato più risorse nel settore. Ricordiamo che Spagna, Germania, Grecia e Francia che hanno investito meno risorse dell’Italia hanno tutti un Ministero che fa esplicitamente riferimento al digitale”, ha concluso il deputato dem.
“Questo decreto è il primo atto legislativo del nuovo governo di destra. E’ il biglietto da visita che ci dice quali sono le sue priorità. E’ legittimo cancellare dal ministero delle Infrastrutture e i trasporti, proprio la mobilità sostenibile. Certo sorge il dubbio che della mobilità sostenibile interessi poco. Dubbio fondato visto l’azzeramento delle risorse per il fondo per le piste ciclabili in Legge di bilancio. E’ legittimo cancellare il nome di transizione ecologica dal ministero dell’Ambiente, ma si abbia il coraggio di dire chiaramente che si leva il nome transizione ecologica perché non ci si vuole occupare di transizione ecologica. Quello che ci preoccupa è che possa essere la porta per smontare il Pnrr che prevede il 40% di risorse per progetti sulla rivoluzione verde. Non vi permetteremo di sabotare un piano di investimenti straordinario. Il Pnrr non va rinegoziato, va attuato”.
Così Simona Bonafè, della Presidenza del Gruppo Pd alla Camera, intervenendo in Aula per esprimere il voto contrario sul Dl Ministeri.
“Avete voluto chiamare il ministero dello Sviluppo economico - ha aggiunto - ministero delle Imprese e del Made in Italy senza però prevedere in Legge di bilancio il rifinanziamento dei fondi come Industria 4.0 e Sabatini, che potrebbero davvero sostenere la competitività delle nostre imprese all’estero. E potrei continuare con Agricoltura e sovranità. E arriviamo al ministero dell’Istruzione e del merito. Il Pd non è contrario al merito. Parlare del merito nella scuola dell’obbligo non può però essere disgiunto dal riaffermare il tema delle uguaglianze di opportunità. Ma Il merito si calcola dopo che si è adempiuto alla responsabilità repubblicana di rimuovere gli ostacoli, con soldi per le borse di studio, sostegno ai costi universitari per i meritevoli, libri gratuiti, alloggi, compensazione del gap informatico delle famiglie più povere. Quando avrete fatto tutte queste cose potrete premiare e valorizzare il merito. Ma tutto questo nella Legge di bilancio non c’è. Avete vinto le elezioni, avete una maggioranza chiara per governare. Noi voteremo contro - ha concluso - e sappiate che continueremo ad essere vigili perché nessuna maggioranza può far tornare indietro il nostro Paese”.
“Resto sorpreso dalle dichiarazioni di Maria Elena Boschi. A luglio del 2021 nel primo decreto semplificazioni per il Pnrr, Italia Viva votò a favore di un emendamento dei relatori che cambiava completamente il modello operativo per la lotta al dissesto idrogeologico, superando l’approccio centralista di Italia Sicura e introducendo misure di potenziamento di responsabilità, poteri e mezzi in capo agli enti locali, unica strada per affrontare le complessità e le diversità di situazioni che si determinano sul territorio in materia di fragilità del suolo e dei bacini. Non servono polemiche retrospettive, non serve restare ancorati a modelli superati e farne una ideologia. Serve venire incontro alle comunità a rischio nelle forme più efficaci e flessibili. Le Regioni e gli enti locali che chiedono autonomia, facciano. In primo luogo quel che spetta loro fare”. Così in una nota il deputato del Partito Democratico, Roberto Morassut.
“L’Europa sta investendo da tempo nella transizione ecologica: l’unico modello di sviluppo capace di coniugare crescita produttiva e benessere sociale, salvaguardia dell’ambiente ed occupazione, tutela delle risorse e produzione energetica rinnovabile. Esponenti dell’attuale governo e della maggioranza hanno già negato in passato l'emergenza climatica e denigrato la green economy, cambiare quindi nome al ministero non è soltanto una pessima scelta dal punto di vista simbolico, ma rischia quindi di essere il primo passo verso politiche ambientali retrograde”: è quanto dichiara Simona Bonafè, vice presidente del deputati Pd, sulla scelta del governo Meloni di cambiare nome, attraverso il Decreto Ministeri, al dicastero della Transizione ecologica.
“Quello che più ci preoccupa, in questa direzione, è infatti che questo possa essere l’espediente per smontare il Piano nazionale di riprese e resilienza, perché sappiamo bene tutti che il 40 per cento delle risorse del Pnrr deve essere obbligatoriamente destinato a progetti e processi di transizione ecologica nelle sue varie declinazioni”: conclude Simona Bonafè.
La manovra del governo è davvero piccola e peraltro anche dal centrodestra qualcuno l'ha definita una tisana calda. Negli incontri che abbiamo fatto in questi giorni con le parti sociali, sia con le associazioni datoriali che sindacali, sono stati tutti concordi nel ritenerla deludente e soprattutto iniqua.
Questa manovra interviene sulle fragilità ancora molto forti nel nostro Paese, ad esempio togliendo ai cosiddetti occupabili il reddito di cittadinanza senza dare alcuna alternativa e senza soprattutto aver impostato adeguatamente i fondi del Pnrr sulle politiche attive. È stato fatto un obbrobrio su opzione donna, che è in questo momento una delle pochissime possibilità che hanno le donne di andare in pensione prima, tra l'altro rinunciando già al 30% dell'assegno. L'allungamento dell'età a 60 anni, per di più collegato a situazioni di gravi difficoltà, non fa altro che fare cassa sulle pensioni delle donne e soprattutto non aiuta chi sperava di avere in questo strumento una forma strutturale di fuoriuscita dal mondo del lavoro. Come PD interverremo sicuramente, abbiamo già predisposto emendamenti per rendere strutturale opzione donna e vorremmo addirittura allargare la platea, ma soprattutto cercare di aiutare le donne che hanno un montante contributivo molto basso e fanno fatica ad andare in pensione.
Così la capogruppo dei deputati Pd Debora Serracchiani, ai microfoni di Radio Immagina.
“Perdere i fondi del Pnrr non solo sarebbe una follia, ma addirittura una sciagura per l’Italia in un momento così critico da un punto di vista economico e sociale, e ancora delicato da un punto di vista sanitario. Il Pnrr è, come detto, un’occasione storica per ricostruire dalle fondamenta l’Italia, realizzando le riforme strutturali attese da anni per modernizzare il Paese e investendo nei settori strategici dell'ambiente della transizione digitale, delle infrastrutture e della coesione sociale e territoriale, con particolare attenzione al Mezzogiorno. L’obiettivo è quello di recuperare ritardi e rendere più competitivo ed equo il Paese, attraverso fondi straordinari che però arrivano solo se si rispettano rigorosamente gli obiettivi fissati. In questo contesto, è evidente che se bisogna adeguare alcuni interventi all’aumento delle materie prime, lo si faccia. Ma guai a tornare indietro e smontare completamente il Piano, modificandone l'impalcatura, l’impianto e le priorità. Le conseguenze le pagherebbero gli italiani e soprattutto il Sud. Purtroppo però la confusione nel governo regna sovrana sul punto. La competizione sul riparto di competenze tra Fitto e Giorgetti non aiuta, ma anzi sta contribuendo all'immobilismo. Il governo la smetta di giocare col fuoco e acceleri invece di bloccare l'attuazione del Pnrr. È il momento di mettere da parte la propaganda e lavorare per l'Italia e gli italiani”. Cosi Piero De Luca, vicecapogruppo Pd alla Camera e capogruppo in Commissione Affari europei parlando con Huffington Post.
“Negli ultimi due anni il numero degli appalti pubblici è cresciuto in maniera esponenziale e le risorse del Pnrr sono state impiegate in modo efficace. Rimangono sicuramente alcune criticità legate alle capacità di progettazione dei piccoli enti e il governo dovrà attivarsi in questa direzione, coerentemente con quanto raggiunto fino ad oggi, per garantire la cantierabilità di tutti i finanziamenti ottenuti dall’Ue. Il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, dovrebbe impegnarsi in questa direzione, anziché fornire dati fuorvianti e inventandosi modifiche non concertate al Codice degli appalti che potrebbero addirittura mettere in discussione quanto di buono è stato fatto”. Lo dichiara il deputato dem Marco Simiani, capogruppo Pd in commissione Ambiente a margine dell'audizione del ministro Salvini.
“Valuteremo il ministro Salvini dai suoi atti e senza alcun pregiudizio. Ma certamente usciamo da questa audizione preoccupati e delusi. Intanto sul tema del Mezzogiorno: saremo vigili affinché non venga distolto un euro delle somme assegnate con il Pnrr e gli altri strumenti di finanziamento per recuperare il gap Nord/Sud. Ed ancora, nessun riferimento nella relazione del ministro al tema, a noi tanto caro, della continuità territoriale; la mobilità sostenibile scomparsa dall'agenda del governo non solo nominalmente. Silenzi sul regime delle concessioni autostradali, nonché per le energie rinnovabili su porti, aeroporti e ferrovie. Sulle dighe avremmo voluto ascoltare una proposta per affrontare l’enorme problema ambientale della dismissione dei vecchi impianti ormai inutili e per ristabilire il normale corso dei fiumi e la ripresa delle zone umide. Ambigui anche i riferimenti sulle sovrintendenze al Codice appalti. Infine, abbiamo ribadito negli interventi di oggi che il Pd terrà alta la guardia sul tema del lavoro e della tutela dei lavoratori nei porti, aeroporti e nelle altre infrastrutture”.
Così il capogruppo del Pd in commissione Trasporti alla Camera, Anthony Barbagallo, a margine dell’audizione del ministro Salvini.
“Dopo l'audizione del ministro Valditara siamo ancora più preoccupati di quanto già non lo fossimo. Lo show degli ultimi giorni non è servito solo a illustrare l'idea di una scuola in cui il merito è una parola vuota e dove si deve mortificare e umiliare lo studente che sbaglia, ma anche a coprire il vuoto di idee che abbiamo registrato oggi nel corso dell'intervento del ministro. La verità è che non è stata data nessuna risposta concreta sul tema del precariato dei docenti, sul potenziamento del sistema integrato 0/6, sugli strumenti di prevenzione del disagio e del bullismo, sull'edilizia e la dispersione scolastica. Del resto, non sono previsti investimenti significativi nella legge di bilancio, non ci sono ulteriori risorse rispetto a quelle previste dal Pnrr, le risorse per il nuovo contratto sono insufficienti e, soprattutto, non è stata pronunciata una parola sulla volontà, contenuta nella legge di bilancio, di ridurre nel corso dei prossimi dieci del 10% il numero delle scuole italiane. E’ del tutto evidente, infatti, che la norma prevista dalla manovra porterà a un accorpamento degli istituti. Il rigore, la disciplina e il classismo della scuola descritta da Valditara a mezzo stampa servono solo a nascondere il tentativo di ridimensionare gli investimenti sull'istruzione che si farà nei prossimi anni, già a partire dalla prossima Legge di bilancio”.
Così la capogruppo dem in VII commissione e responsabile Scuola del Pd, Irene Manzi.
“La tragedia che sta vivendo la popolazione di Ischia conferma l'esigenza di contrastare ogni forma di condono edilizio e di dare al Paese una normativa nazionale sul consumo di suolo, che tenga insieme l'aspetto parallelo della riqualificazione dell'esistente, del quadro europeo e del riparto di competenze tra Stato e regioni. Chiediamo al ministro Pichetto Fratin se intenda promuovere e sostenere l'adozione di una normativa efficace per il contenimento del consumo di suolo che consenta di raggiungere l'obiettivo di «consumo di suolo zero al 2050» e quali iniziative intenda adottare per aggiornare e approvare senza indugi il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici”. Così il capogruppo dem in commissione Ambiente, Marco Simiani, nel corso del Question time alla Camera al ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica.
Nella replica a Pichetto Fratin, il vicepresidente della commissione Trasporti Roberto Morassut si è detto “del tutto insoddisfatto della risposta del ministro, del resto nella relazione sulle linee programmatiche del suo governo la presidente Meloni ha completamente disatteso la conoscenza stessa di un fenomeno che ormi riveste un’importantissima rilevanza sociale per il nostro territorio, il tema del dissesto idrogeologico. C’è voluta l’ennesima tragedia di Ischia e prima ancora delle Marche a ricordarci che il nostro Paese è estremamente fragile. Dispiace che nella replica del ministro non ci sia alcun riferimento al primo decreto Semplificazioni per il Pnrr, che ha introdotto misure di accelerazione e soprattutto di potenziamento degli enti locali, che sono la prima frontiera per affrontare le opere di prevenzione, e che allo stato attuale risultano disattese se non del tutto ignorate da questo governo. Sul tema del consumo del suolo, non occorre solo stanziare dei fondi che purtroppo sono sempre molto pochi, ma finalmente portare a termine un lavoro che il Parlamento aveva impostato e dare così dopo 80 anni delle norme nuove alla rigenerazione urbana di questo Paese. Anche da questo punto di vista, non c’è nessuna traccia nelle linee programmatiche della presidente Meloni, per questo il nostro giudizio non può che essere del tutto negativo”.
"La decisione della maggioranza di destra di eliminare il concetto di ‘Mobilità Sostenibili’ dalla denominazione del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti riporta indietro le lancette della storia del nostro Paese. Non si tratta infatti solo di aver depennato un paio di paroline, ma della scelta politica conseguente di voler togliere dalle priorità i temi dell’innovazione e dello sviluppo tecnologico. Temi centrali in materia di transizione ecologica. Del resto, queste nostre preoccupazioni sono confermate dalla modifica operata anche sulla denominazione del ministero della Transizione ecologica, che diventa ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, privandolo così della connessione tra transizione ecologica e transizione energetica e, quindi, con lo sviluppo delle fonti alternative a quelle fossili. Decisioni miopi viste anche le priorità del Pnrr, che destina il 40% delle risorse proprio alla transizione ecologica, e che preoccupano molto visto che il ministero dei Trasporti è interessato da progetti e riforme che riguardano 4 delle 6 missioni del Piano, con oltre 41 miliardi di euro destinati proprio alla missione ‘Infrastrutture per una mobilità sostenibile’".
Così il capogruppo del Pd in commissione Trasporti alla Camera, Anthony Barbagallo.
“Quest’estate l’agricoltura italiana è stata messa a dura prova da una siccità che non dobbiamo considerare un fenomeno da archiviare. Servono soluzioni sulla gestione del suolo e una vera e propria politica nazionale sull’acqua. Passi avanti sono stati fatti, ma non sono ancora sufficienti. Un’opportunità viene dal Pnrr che mette a disposizione 880 milioni con l’obiettivo di aumentare del 40% le fonti di irrigazione dotate di contatore. Dei 2 miliardi da investire in infrastrutture idriche, solo 350 milioni sono destinati a 20 grandi bacini. Troppo pochi, e comunque non c’è ancora nessun progetto. È necessario mettere a terra tutti i sistemi che permettono di non disperdere acqua, come l’irrigazione goccia a goccia, investire sulla digitalizzazione e sulla relativa formazione. Cruciale, poi, è puntare sulle coltivazioni che ottimizzano l’utilizzo di acqua selezionando le colture e promuovendo incentivi per l’adozione di pratiche agricole più sostenibili. Obiettivi ambiziosi che crediamo possano essere raggiunti, mettendo in campo tutti gli attori e migliorando il monitoraggio. Per questo condividiamo la necessità di istituire una cabina di regia nazionale presso Palazzo Chigi, che coinvolga i ministeri interessati, le Regioni, la Protezione civile, le autorità di distretto, i consorzi di bonifica, le associazioni di impresa, i gestori idrici ed energetici. Anche noi vogliamo la sovranità alimentare, ma per raggiungerla serve una nuova politica agricola lungimirante”.
Lo ha detto la deputata del Pd Antonella Forattini nel suo intervento oggi in Commissione Agricoltura della Camera.