“Il Gruppo Pd in commissione bilaterale di inchiesta sul femminicidio, insieme alla capogruppo dem Sara Ferrari, ha chiesto alla Presidente della commissione medesima, Martina Semenzato, di valutare l’opportunità di un’audizione in presenza o da remoto di Gino Cecchettin, per raccogliere indicazioni e aspettative rispetto al lavoro della commissione e per testimoniargli direttamente un impegno collettivo, in risposta al suo appello rivolto alla politica di lavorare in modo unitario nel contrasto alla violenza contro le donne”. Così la compagine Pd in commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.
“Triste e grave che una sottosegretaria all’Istruzione, Paola Frassinetti, che dovrebbe garantire serietà e competenza per la delega di grande responsabilità culturale che le è stata affidata nei confronti dei giovani e delle giovani di questo Paese, faccia riferimento alla più bieca propaganda della ‘teoria gender’, la cui inesistenza è confermata dalla ricerca scientifica in Gender Studies di tutte le università italiane. Quanto viene quotidianamente propagandato e diffuso in merito alla supposta Teoria Gender contribuisce a creare barriere alla libertà personale e a fomentare odio e discriminazione. Ci si aspetterebbe altro da una carica dello Stato che ha responsabilità nella formazione dei cittadini e delle cittadine. L’importante impegno pubblico per educare all’affettività e alla parità, al fine di prevenire la violenza sulle donne, non può basarsi su teorie antiscientifiche”.
Lo sostiene la deputata Sara Ferrari, capogruppo Pd nella commissione parlamentare sul Femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere.
“Dobbiamo trasformare la tragedia in una spinta per il cambiamento”. Sono le parole che abbiamo ascoltato ieri a Padova da Gino Cecchettin. Lo ha detto anche a noi che siamo parte delle istituzioni e abbiamo il potere di creare le condizioni per il cambiamento. Il PD ha ottenuto la formazione degli operatori nella nuova legge a contrasto della violenza sulle donne: ma la norma è senza risorse e la Ministra si era impegnata a trovarle. Perciò le abbiamo chiesto oggi quali iniziative siano state adottate o abbia intenzione di adottare per finanziare la formazione degli operatori e sostenere i centri antiviolenza". Lo ha detto in Aula la vice presidente del Gruppo Pd Valentina Ghio, illustrando il question time alla ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. "
Nella replica la deputata Sara Ferrari, capogruppo PD in commissione femminicidio, si è detta insoddisfatta “perché ci sarebbe piaciuto dire oggi al padre di Giulia che non ci saremmo accontentati dei soldi che già ci sono. Ci sarebbe piaciuto sentire dal governo che avrebbe colto l'occasione per un passo ulteriore, invece di chiedere ai vari settori dello stato di provvedere con proprie risorse alla formazione specifica del personale e dei magistrati, sottraendola necessariamente ad altri servizi e strumenti per le donne. Significa non rispettare l’impegno che Roccella stressa ha assunto quando abbiamo approvato all’unanimità la nuova legge, che risulta vana nel rafforzare le misure cautelari, se tutti gli operatori e quelli della giustizia non sono preparati sulla specificità del fenomeno della violenza, non sanno riconoscerla e compiere una corretta valutazione del rischio, che possa evitare di piangere anche l'anno prossimo altre cento donne uccise e contare altri cento assassini”.
Governo fa battaglie contro la violenza sulle donne solo di facciata
“Voglio esprimere la mia solidarietà alla collega Barbara Floridia per le parole inqualificabili e offensive del senatore della Lega Nino Germanà. Post di facebook prontamente rimosso, a riprova del fatto che le battaglie della
Lega e del Governo contro la cultura ancora patriarcale e sessista sono solo di facciata. Una maggioranza ipocrita e ancora legata a retaggi culturali troppo maschilisti. Salvini tace. La presidente Meloni cosa ne pensa?”. Lo scrive sui social network Stefano Graziano, capogruppo Pd in commissione di Vigilanza sulla Rai.
"Il Consiglio d’Europa è la principale organizzazione di difesa dei diritti umani in Europa. Tra i suoi atti che estendono e rafforzano i diritti delle persone, ce n'è uno che mi sta particolarmente a cuore: la Convenzione di Istambul, il più importante trattato internazionale per la prevenzione e la lotta contro la violenza degli uomini sulle donne.
Oggi, però, la Convenzione è sotto attacco: la Turchia, il Paese in cui è stata firmata, si è ritirata. In Ungheria, il Parlamento ne ha bocciato la ratifica e nel 2020 la Polonia, con l’allora ministro della Giustizia, ha annunciato di volersi ritirare. E al Parlamento europeo di Bruxelles non tutte le forze politiche hanno votato a favore della ratifica della Convenzione. Questo dimostra un clima non propizio per l’affermazione dei diritti delle donne.
Dopo la seconda metà del '900, che ha visto una fase di grandi conquiste in tema di diritti umani, oggi questi viviamo un enorme rischio di regressione e erosione. I diritti sanciti dalla nostra Costituzione, dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e dai trattati internazionali non sono più assodati e chi li difende è spesso percepito con fastidio ed è, a sua volta, obiettivo di attacchi. Penso ai movimenti delle donne, delle persone LGBTQIA+ come alle ONG che salvano le vite in mare.
Una deriva che non risparmia nessun paese, Italia compresa.
Anche il diritto umanitario internazionale è disatteso: quello che sta accadendo a Gaza, con oltre 15mila morti di cui il 70 percento sono bambini e donne e la distruzione sistematica di case, ospedali e scuole ne è l'esempio. Una guerra nella quale, a mio avviso, si stanno violando principi stabiliti dal diritto umanitario internazionale.
Battersi per il rispetto dei diritti umani, oggi, significa soprattutto battersi per la pace, per far tacere le armi, per il disarmo nucleare. Il rispetto dei diritti umani è un principio universale che vale ovunque e sempre, non ad intermittenza. I diritti umani non sono un optional e non sono negoziabili.
Come diceva Stefano Rodotà: “I diritti parlano, sono lo specchio e la misura dell’ingiustizia, e sono uno strumento per combatterla”.
E' questo che, oggi, ho voluto sottolineare nel mio intervento alla seduta straordinaria del Monitoring Committee dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel Mondo.
"Chiedo al Partito Democratico di fare da apripista e da esempio: inizi un percorso di formazione nei territori, nei circoli, nelle assemblee, tra i dirigenti e le dirigenti. Coinvolga esperte ed esperti qualificati per contribuire a sconfiggere la mentalità patriarcale e violenta. "Mi riguarda", ci riguarda, come recita il titolo scelto dalle Democratiche toscane per l'evento contro la violenza maschile sulle donne di oggi a Castelfiorentino. Tania Cintelli, la portavoce, ha scelto questa città perché qui, il 28 settembre scorso, Alfred Vefa ha ucciso la moglie Klodiana Vefa, 35 anni. L'ha uccisa con un colpo di pistola e poi si è ammazzato. Perché è così: l'assassino ha spesso le chiavi di casa. Oppure è spesso un ex che non sopporta di essere stato lasciato, che non sopporta la libertà della compagna, la sua autodeterminazione, la sua indipendenza. E l'ammazza.
Tutto questo riguarda ognuna e ognuno di noi: è evidente che non basta inasprire le pene, questo non ferma gli assassini e gli uomini violenti. Servono, certo, i responsabili vanno perseguiti e condannati. Ma non salvano le vite delle donne.
Serve invece una rivoluzione culturale che sradichi il patriarcato che genera discriminazioni e violenza. Bisogna riconoscere e fermare la violenza maschile contro le donne le fare formazione ovunque, nelle scuole, nelle aziende, negli uffici pubblici, nelle redazioni, nei luoghi di lavoro, nei luoghi di aggregazione. E anche nei partiti.
Partiamo da noi del Pd, nell'auspicio che gli altri, poi, facciano lo stesso". Lo dichiara, da Castelfiorentino, Laura Boldrini deputata Pd e Presidente del comitato permanente della Camera sui diritti umani nel Mondo.
“Con le sue allucinanti teorie del “maschio alfa che non uccide”, il consigliere brindisino di FdI, Cesare Mevoli, è riuscito inconsapevolmente a dimostrare quanto siano vere e fondate le parole di Elena Cecchettin. Quando ho letto il suo post ho provato vergogna, come padre, come uomo e come essere umano. Perché la politica c’entra davvero poco con tutto questo.
Ascoltare considerazioni di questo tenore e di questa gravità, soprattutto da un rappresentante delle istituzioni, fa onestamente accapponare la pelle perché ci fa capire, qualora fosse ancora necessario, quanto radicata e pervicace sia una certa cultura di dominio e sopraffazione maschile. Questa cultura non parla solo il linguaggio della violenza ma anche quello della negazione e dello svilimento del problema e delle vittime.
A Cesare Mevoli non ho consigli da dare, né dimissioni da chiedere. Mi pare abbastanza evidente che il suo sia un caso ormai perso e irrecuperabile soprattutto sul piano umano. La presenza di persone come lui nella vita di tutti i giorni e nelle istituzioni ci ricorda quanto sia difficile portare avanti il nostro impegno per Giulia e per tutte le donne. Ci obbliga a ricordare esattamente contro cosa e per chi dobbiamo combattere ogni giorno”. Lo dichiara il deputato
“La violenza contro le donne va riconosciuta per poter intervenire il prima possibile. Per questo occorre formare gli operatori che vengono in contatto con le vittime, anche coloro che raccolgono le segnalazioni come quella giunta dal vicino di casa di Giulia Cecchettin.
Grazie al Partito democratico la legge appena approvata prevede la formazione obbligatoria ma manca un impegno di spesa. Per questo occorre che il governo faccia seguire fatti alle molte parole spese contro i femminicidi in questi giorni: stanzi subito fondi nella legge di bilancio per intervenire sulla violenza prima che sia troppo tardi”.
Così in una nota Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
Chiediamo ai vertici della Rai che, in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, sia assicurata adeguata copertura con diretta televisiva dell’importante manifestazione della società civile che si terrà domani a Roma e che coinvolgerà associazioni e decine di migliaia di persone. Quest'anno questa ricorrenza cade in un momento emotivamente impattante per la coscienza collettiva del Paese a seguito del recente caso di femminicidio che ha riguardato Giulia Cecchettin. Riteniamo che tale richiesta rientri pienamente nelle prerogative della Rai e chiediamo che possa pertanto essere accolta.
Così i componenti del PD in commissione di Vigilanza Rai in una lettera alla Presidente Marinella Soldi e all' Amministratore Delegato Roberto Sergio.
“Sulla violenza di genere dobbiamo fare un lavoro di informazione e soprattutto formazione delle figure professionali che operano in questi ambiti, dando loro anche molta più forza.
La violenza contro le donne è un tema che tutte le forze politiche devono affrontare unite. In questo senso è stata proficua l’unità fra la segretaria Schlein e la presidente Meloni. Pensavamo di aver fatto passi da gigante invece ci stiamo rendendo conto, alla luce di quanto purtroppo emerge ogni giorno dai tragici fatti di cronaca come quello di Giulia Cecchettin, che siamo ripiombati culturalmente a 70 anni fa. Dobbiamo fare molto di più, ma sicuramente un primo passo riguarda la conoscenza e la denuncia del problema. Oggi sappiamo che le richieste di aiuto da parte delle donne si sono triplicate e questo è un dato importante”. Lo ha detto il deputato del Pd, Stefano Graziano, ospite di Agorà Rai Tre.
“La nuova legge per contrastare il fenomeno dei femminicidi non basterà ma è sicuramente un passo avanti. La nostra speranza però, è una legge che intervenga sulla prevenzione secondaria, che cerchi di rafforzare, migliorare l'efficacia delle misure cautelari, così come ha chiesto la commissione femminicidio della scorsa legislatura. Parliamo di braccialetto elettronico, divieto di avvicinamento alla vittima e ai suoi figli, obbligo di allontanamento. Tutto questo per cercare di evitare che una violenza che si è già manifestata, possa portare all'uccisione della donna, quindi al femminicidio. Dobbiamo intervenire anche sulla prevenzione primaria, per evitare che la violenza si manifesti, si impari, cominci ad agire. Occorre lavorare sull'educazione nelle scuole per una nuova cultura del rispetto delle differenze, nel rapporto uomo donna, e il rispetto della libertà delle donne. Va fatto in tutti gli ordini di scuola, formando i docenti, lavorando con i minori e con le loro famiglie. La scuola, il pubblico, deve assumersi questa responsabilità”. Lo ha detto la deputata dem Sara Ferrari, della presidenza del Gruppo Pd e componente della commissione parlamentare di inchiesta sul Femminicidio, intervistata sul sito web dei deputati Pd.
“Per fare tutto questo – ha aggiunto l’esponente Pd – servono risorse che al momento il governo non ha stanziato. Noi rischiamo di dire parole e non poter fare fatti, perché il governo ha fatto una legge in varianza di spesa. Noi abbiamo approvato comunque la norma, ma abbiamo chiesto che nel bilancio il governo stanzi questi soldi, perché la formazione, in particolare degli operatori che a vario titolo seguono le donne vittime di violenza e i loro figli, deve essere personale specializzato. Per essere specializzato deve essere formato, quindi ci vogliono i soldi. Servono anche nuove persone specializzate e formate all'interno delle procure. Non tutte le procure italiane hanno questo personale”.
“Il Partito Democratico – ha concluso Ferrari – ritiene necessario intervenire sull'educazione. Non avremo una nuova cultura se non lavoriamo sulle nuove generazioni, per costruire relazioni di genere corrette e rispettose. Abbiamo chiesto la calendarizzazione, quanto prima, delle proposte di legge che noi abbiamo già depositato, sia alla Camera che al Senato, sull'educazione all'affettività e alla parità. Sono convinta che troveremo una larga condivisione, un accordo, su un punto di caduta anche su questo tema”.
“Ci sono molti modi per un uomo di non accettare l’autonomia di una donna. Dalle piccole cose quotidiane fino all’estremo della violenza o all’omicidio. Sono piani incommensurabilmente differenti, ma la radice è la stessa. È in questo senso che la violenza contro le donne di alcuni uomini riguarda tutti gli uomini e i loro comportamenti. La radice è la difficoltà o il rifiuto di riconoscere ‘l’altra’ come differente da sé e soggettività libera e autonoma. Non è un caso che proprio il pensiero femminista ci sproni da anni ad affrontare il valore delle differenze. Ciò che è differente da sé è ‘altro e ha pari dignità’. E visto che il mondo non è pensato su un pensiero neutro, ma maschile, l’oppressione della donna ha come fondamento il non riconoscimento di questa identità. Accade nei modelli di organizzazione del tempo, del lavoro, dei salari, dei servizi sociali. (…) Molti uomini vivono i passi in avanti compiuti in questi anni non come libertà ma come disagio personale e collettivo e anche per questo esplode la violenza. L’unica cosa da fare è, ripeto, quindi non fermarsi, non tornare indietro come qualcuno prova a fare. Bisogna casomai moltiplicare l’impegno e continuare a cambiare”.
Così Nicola Zingaretti, deputato democratico e presidente della Fondazione Pd, in un commento pubblicato sull’HuffingtonPost.
Da oggi c’è una legge che inasprisce le pene contro i femminicidi. Un passo in avanti importante per una battaglia difficile e che non finisce qui. Abbiamo lavorato per migliorare il testo collaborando con la maggioranza. Ora questa disponibilità ci consenta di dare corso agli impegni per la formazione degli operatori e la rapida calendarizzazione delle proposte di legge per rafforzare le politiche di prevenzione. Serve uno scatto in avanti coraggioso per introdurre l’educazione all’affettività e alla sessualità e al rispetto delle differenze di genere in tutte le scuole, stanziando le risorse adeguate. Lo dobbiamo a Giulia Cecchettin, a sua sorella Elena e a tutte le donne vittime di violenza: dobbiamo combattere alla radice una cultura del patriarcato ancora così diffusa nella società.
Così in una nota Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati
Uomini, serve dire “basta, tocca a noi”. Sì, proprio così. Tocca a noi, a tutti noi. Elena, la sorella di Giulia, nella tragedia ha avuto il coraggio di usare le parole giuste per darci una grande opportunità: passare dalla mera solidarietà alla lotta. E non solamente contro la violenza maschile sulle donne. Ma contro il patriarcato che la determina. Tocca a noi, a tutti noi. Questo è lo scarto necessario da fare. Tocca a noi perché non basta combattere i violenti, ma capire fino in fondo quale sistema determina quella violenza. E quel sistema si chiama patriarcato. Ed ognuno di noi, nel proprio piccolo, lo riproduce. Tocca a noi perché siamo noi a non dover aver paura ogni volta ad uscire di casa. Non siamo noi a dover aver paura se ti metti la gonna, se torni a casa solo, se ti offrono da bere e non sai se ti mettono la droga dello stupro dentro. Non devi aver paura di lasciare la tua fidanzata o moglie, non devi aver paura della ritorsione sui tuoi figli. Noi queste paure non le conosciamo quindi nella leggerezza d'animo possiamo coltivare i nostri legittimi dubbi se il punto sono gli uomini violenti o ciò che determina quella violenza. Le donne non possono.Le donne sanno che ogni giorno la persona che hanno accanto, quella che fino a ieri era il padre premuroso e gentile, il marito amorevole, il collega educato, il vicino a modo, si può trasformare e diventare aguzzino e omicida. Le donne il nemico lo sanno riconoscere e si chiama uomo figlio sano del patriarcato. Sano, cioè che non dà segni di violenza fino a che non uccide. Ognuno di noi lo è in quanto uomo cresciuto in questa società: la società del possesso e del dominio di un genere sull’altro. Facciamoci i conti, soprattutto quando lo riproduciamo, più o meno inconsapevolmente, con una battuta sessista o lasciando passare un messaggio sbagliato di un amico, o comportandoci in modo verbalmente violento, giudicando come si veste la nostra compagna o come si comporta. La repressione non basta. Serve la prevenzione. E la prevenzione passa da uomini che lottano per cambiare il modello in cui siamo nati e cresciuti. E quel modello si chiama patriarcato.
Lo scrive sui social Marco Furfaro, deputato e componente della segreteria nazionale del Partito Democratico.
"Oggi il Senato approverà definitivamente la legge contro la violenza di genere, ora però abbiamo bisogno di affrontare il problema all'origine, ovvero costruire un sistema educativo che estirpi il patriarcato dalla nostra cultura".
Lo ha detto la deputata Pd Michela Di Biase, componente della commissione Giustizia, intervenendo all'iniziativa sulla violenza di genere organizzata dalla Procura della Repubblica di Velletri.
"La legge sarà approvata all'unanimità grazie al lavoro di proposta del Partito Democratico costruito con gli emendamenti in commissione. Ma c'è un problema - ha aggiunto Di Biase - su cui dobbiamo metterci subito al lavoro: serve investire risorse sulla formazione del personale che fronteggia i casi di violenza, che non sono previste dalla legge, e soprattutto serve l'impegno corale del Parlamento per costruire una iniziativa legislativa forte sull'educazione affettiva e sessuale nelle scuole".