Giustizia
SI AFFRONTA IL TEMA DELL'ACCESSO AI BENEFICI PENITENZIARI
Il provvedimento affronta il tema dell’accesso ai benefici penitenziari e alla liberazione condizionale da parte di detenuti condannati per specifici reati, particolarmente gravi, e attualmente ritenuti tali da precludere l’accesso ai benefici stessi, in assenza di collaborazione con la giustizia (si tratta dei c.d. “reati ostativi”, di cui all’art. 4-bis della legge n. 354 del 1975, legge sull'ordinamento penitenziario).
In sintesi, il testo unificato delle proposte di legge è volto a:
✓ individuare le condizioni per l’accesso ai benefici penitenziari, delineando un peculiare regime probatorio, fondato sull’allegazione da parte degli istanti di elementi specifici che consentano di escludere per il condannato sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi;
✓ introdurre una nuova disciplina procedimentale per la concessione dei benefici;
✓ spostare dal magistrato di sorveglianza al tribunale di sorveglianza, organo collegiale, la competenza ad autorizzare il lavoro all’esterno e i permessi premio quando si tratti di detenuti condannati per specifici gravi reati (terrorismo, eversione dell'ordine democratico, associazione mafiosa).
Inoltre, sono apportate diverse modifiche alla disciplina vigente in materia di liberazione condizionale per i condannati all’ergastolo per i c.d. reati ostativi, non collaboranti con la giustizia.
In particolare, si prevede che questi condannati possano accedere all’istituto solo dopo aver scontato 30 anni di pena e nel rispetto dei requisiti e del procedimento delineato per l’accesso ai benefici penitenziari.
Viene prevista anche la possibilità per la Guardia di finanza di compiere accertamenti sui detenuti ai quali si applica il regime carcerario previsto dall’art. 41-bis della legge n. 354 del 1975.
Con questa legge, se per un verso la mancata collaborazione degli ergastolani per reati gravi come quelli di mafia e terrorismo non potrà più costituire una condizione ostativa assoluta di accesso ai benefici penitenziari la stessa però continuerà a costituire motivo di presunzione di pericolosità specifica, con l’effetto che sul detenuto non collaborante graverà l’onere di rendersi parte attiva nel dimostrare non solo di avere partecipato attivamente e positivamente ai percorsi di recupero intramurari, ma anche di avere reciso ogni collegamento con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e che non esiste il pericolo di ripristino di tali collegamenti.